I numeri del ministero della Salute, origine dell'allarme lanciato da Mario Monti, che aveva messo in dubbio la futura sostenibilità del nostro sistema sanitario dimostrano quanto quei timori non fossero infondati perché senza aumenti di tasse locali già nel 2011 molte regioni avrebbero tinto di rosso i propri bilanci sanitari.
Il quadro risulta altresì preoccupante se si considerano tre indicatori chiave: la spesa degli italiani per la salute, i debiti del sistema, le imposte richieste ai cittadini.
Il rapporto di Compendio Sic Sanità, presentato da FederAnziani lo scorso dicembre ritrae una situazione preoccupante, che minaccia uno dei capisaldi della nostra democrazia: il diritto alla salute di tutti i cittadini. La spesa degli italiani per i ticket sanitari è aumentata del 53% in 3 anni ma il valore delle prestazioni mediche ricevute è rimasto inalterato. Mentre la spesa sanitaria nazionale, nel suo complesso è aumentata del 60% in dieci anni.
Gli italiani dal 2012 hanno acquistato di tasca propria il 50% dei farmaci (6,3 mld di euro) rispetto alla spesa sostenuta dal SSN (12,3 mld di euro), questo a fronte di una spesa sanitaria media pro capite nazionale rimasta quasi invariata negli ultimi 3 anni: da 1.782 euro del 2008 a 1.883 euro del 2010.
I dati della Cgia di Mestre denunciano una Sanità bisognosa di cure. I debiti delle Asl verso i fornitori hanno raggiunto la quota di 40 miliardi. Una cifra da capogiro, anche se risulta difficile quantificare con precisione l’indebitamento complessivo delle Asl e degli Ospedali dal momento che regioni in rosso come Lazio, Campania, Abruzzo, Sicilia e Calabria non comunicano i dati alla Corte dei Conti. Lo rileva uno studio della Cgia di Mestre che sottolinea oltre all'ammontare del debito anche la lentezza dei pagamenti: 300 giorni la media nazionale ma nel Sud si arriva a 973 giorni in Calabria, 894 in Molise e 770 giorni in Campania.
Da quest’anno, inoltre - segnala l'ufficio studi di Mestre - con l’estensione del Patto di Stabilità Interno anche ai Comuni con un numero di residenti compreso tra i 1.000 e i 5.000 abitanti (pari a 3.700 città), si corre il pericolo che il problema del ritardo dei pagamenti si allarghi ulteriormente. Anche questi Enti, infatti, potrebbero non riuscire a saldare le fatture in tempi certi e ragionevoli alle migliaia e migliaia di imprese impegnate nella realizzazione di piccole opere pubbliche od in attività di fornitura.
E per migliorare la salute dei conti, la terapia (oltre al tentativo di individuare e rendere operativi modelli alternativi di finanziamento e riorganizzazione dei servizi e delle prestazioni) è ancora quella del 'salasso'. L’emendamento alla spending review, che anticipa al 2013, anziché dal 2014, la facoltà di aumentare dello 0,6% le Addizionali Regionali IRPEF nelle 8 Regioni alle prese con il deficit sanitario, potrebbe trasformarsi, da quest'anno, in un’ulteriore stangata di 138 euro medi, per i 12,6 milioni di contribuenti residenti in quei territori. A fare i calcoli è l’Osservatorio periodico sulla fiscalità locale della UIL Servizi Politiche Territoriali.
Se le Regioni in questione (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), spiega Guglielmo Loy – Segretario confederale UIL, si avvalessero di tale facoltà, il carico fiscale medio passerebbe dai 326 euro attuali ai 464 euro l’anno prossimo, con un aumento del 42,3%.
In particolare, in Campania l’aumento sarebbe di 204 euro medi (+ 57%); in Sicilia di 195 euro (+ 67%); in Abruzzo di 192 euro (+ 66,7%); in Calabria e Molise 189 euro.
Ci si chiede se il salasso fiscale sarà sufficiente a evitare i tagli delle prestazioni.
07 gennaio 2013