E' normale, per chi arriva a 105 anni di età, che alla fine si parli solo della sua longevità, meglio se in buona forma. Anche con Oscar Niemeyer, l'ultimo dei grandi architetti del Novecento, è stato così e con qualche ragione in più rispetto alla regola. Come personaggio famoso è il caso di dire monumento lui stesso alla sua epoca, il padre delle curve eleganti.
Non era infatti una leggenda, persino dopo aver superato il secolo di vita. L'arrivo di Niemeyer in studio tutte le mattine a Copacabana, puntualissimo. Le riunioni con gli amici fino a tarda notte a discutere di cosmologia, i progetti in corso e le inaugurazioni da presenziare, sempre malvolentieri. Meglio le cene romantiche con la moglie - la seconda, sposata a 99 anni - o un concerto dell'amico Chico Buarque. Al pronipote che si era offerto per organizzare la festa dei 105, il prossimo 15 dicembre, aveva solo raccomandato: non voglio gente brutta, per il resto fai tu.
“Padre di Brasilia”, la definizione che lo ha accompagnato nel mondo negli ultimi sessant'anni, non è completamente esatta.
Oscar Niemeyer è stato l'architetto al quale il governo brasiliano dell'epoca affidò gli edifici più importanti della nuova capitale, inaugurata nel 1960.
La pianta della città è dell'urbanista Lucio Costa - che vinse un concorso, prevalendo su progetti ancora più visionari. Il vero padre della capitale è certamente il presidente Juscelino Kubitschek, che fece la folle scommessa di tirarla su in quattro anni, il tempo del suo mandato.
Alla fine degli anni Cinquanta, Niemeyer era un architetto conosciuto per alcuni lavori modernisti a Belo Horizonte, e per aver partecipato al gruppo riunito attorno a Le Corbusier che aveva progettato il palazzo di vetro dell'Onu a New York (dove prevalsero le sue idee su quelle del maestro francese).
L'idea di Kubitschek si rivelò vincente: quell'uomo che dominava così bene i concetti di pieno e vuoto nelle costruzioni, e l'armonia tra le curve di cemento e la pianura infinita sullo sfondo, era l'artista giusto per riempire il nulla più assoluto, l'altopiano centrale del Brasile, con una città unica e indimenticabile.
Brasilia divenne la città costruita da Oscar Niemeyer. Piaccia o non piaccia il risultato: poche città al mondo, infatti, dividono le opinioni quanto la capitale federale del Brasile.
Iniziò dall'Alvorada, la residenza privata del Presidente della Repubblica, proseguì con il Planalto, il Quirinale brasiliano, e poi il Congresso, i ministeri, il Supremo Tribunal, e persino la cattedrale, lui comunista e ateo dichiarato, quella costruzione che ricorda due mani giunte elevate al cielo, poi scopiazzata ovunque.
Se ne innamorò Arnoldo Mondadori di quelle curve di cemento, quando volle costruire la nuova sede della casa editrice alle porte di Milano. Miemeyer progettò quello che ritiene il suo edificio più bello, come spiegò in una intervista al “Corriere” di qualche anno fa.
Nell'architettura il vuoto è importante quanto il pieno, per dare armonia all'insieme. E poi lo spazio interno senza divisioni fu una scelta di democrazia.
In Brasile sarebbe stato impossibile costruire un palazzo di giornalisti senza la stanza del direttore, quella della segretaria...» Teorizzatore dell'open space, si direbbe oggi. Ma anche la sua Brasilia, senza dirlo apertamente all'epoca, fu un esempio del credo egualitario applicato all'architettura e all'urbanismo.
Nella sua Rio inventò il Sambodromo, lo stadio dedicato alle sfilate del carnevale, e sull'altro lato della baia, a Niteroi, il fantascientifico Museo di arte contemporanea, che sembra un'astronave posata su uno scoglio.
Al grande Maestro del ventesimo secolo pensiamo che l'Architettura debba dire grazie e non solo l'Architettura!
6 dicembre 2012