La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga la seguente legge:
CAPO I
REVISIONE DELL'ORDINAMENTO DELLE AUTONOMIE LOCALI
Art. 1.
(Autonomia statutaria e regolamentare e partecipazione popolare).
1. Il comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 giugno 1990, n.1 42, è sostituito dal seguente:
"2. Lo statuto, nell'ambito dei principi fissati dalla legge, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente, e in particolare specifica le attribuzioni degli organi, le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, prevedendo l'attribuzione alle opposizioni della presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite. Lo statuto stabilisce altresì l'ordinamento degli uffici e dei servizi pubblici, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento, dell'accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi".
2. All'articolo 4 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
"2-bis. La legislazione in materia di ordinamento dei comuni e delle province e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia espressamente i principi che costituiscono limite inderogabile per l'autonomia normativa dei comuni e delle province. L'entrata in vigore di nuove leggi che enunciano tali principi abroga le norme statutarie con essi incompatibili. I consigli comunali e provinciali adeguano gli statuti entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore delle leggi suddette ".
3. All'articolo 4, comma 4, della legge 8 giugno 1990, n. 142, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: "Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione all'albo pretorio dell'ente".
4. All'articolo 5, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, le parole: "della legge" sono sostituite dalle seguenti: "dei principi fissati dalla legge".
Art. 2.
(Ampliamento dell'autonomia degli enti locali).
1. L'articolo 2 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
"Art. 2. - (Autonomia dei comuni e delle province). - 1. Le comunità locali, ordinate in comuni e province, sono autonome.
2. Il comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.
3. La provincia, ente locale intermedio tra comune e regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo.
4. I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa ed amministrativa, nonchè autonomia impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica.
5. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali".
2. All'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, le parole: "disciplina la" sono sostituite dalle seguenti: "indica i principi della";
b) al comma 4, la parola: "determina" è sostituita dalla seguente: "indica";
c) al comma 7, le parole: "fissa i criteri e le procedure" sono sostituite dalle seguenti: "indica i criteri e fissa le procedure" e le parole: "per la formazione e attuazione degli atti e degli strumenti della programmazione" sono sostituite dalle seguenti: "per gli atti e gli strumenti della programmazione".
Art. 3.
(Partecipazione popolare).
1. L'articolo 6 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
"Art. 6 - (Partecipazione popolare) - 1. I comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale, anche su base di quartiere o di frazione. I rapporti di tali forme associative con il comune sono disciplinati dallo statuto.
2. Nel procedimento relativo all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei principi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n.241.
3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonchè procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere altresì determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere altresì previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali".
Art. 4.
(Azione popolare, diritti di accesso e di informazione dei cittadini)
1. All'articolo 7 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1. Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano a comune";
b) al comma 2, secondo periodo, sono aggiunte le seguenti parole:
", salvo che il comune costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore".
2. L'articolo 23 della legge 7 agosto 1990, n.241, è sostituito dal seguente:
"ART. 23. - 1. Il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto previsto dall'articolo 24".
3. Le associazioni di protezione ambientale di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n.349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale. L'eventuale risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell'associazione.
Art. 5.
(Interventi per lo sviluppo delle isole minori).
1. In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più comuni, può essere istituita, dai comuni interessati, la Comunità isolana o dell'arcipelago, cui si estendono le norme sulle comunità montane.
Art. 6.
(Fusione dei comuni, municipi, unione di comuni).
1. All'articolo 11 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è sostituito dal seguente:
"2. Le regioni predispongono, concordandolo con i comuni nelle apposite sedi concertative, un programma di individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, realizzato anche attraverso le unioni, che può prevedere altresì la modifica di circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione di contributi e incentivi alla progressiva unificazione. Il programma è aggiornato ogni tre anni, tenendo anche conto delle unioni costituite ai sensi dell'articolo 26";
b) al comma 4, le parole: "di comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti anche con comuni di popolazione superiore" sono sostituite dalle seguenti: "dei comuni" e le parole: "agli eventuali" sono sostituite dalla seguente: "ai";
c) il comma 5 è abrogato.
2. L'articolo 12 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
" ART. 12. - (Municipi). - 1. Lo statuto comunale può prevedere l'istituzione di municipi nei territori delle comunità di cui all'articolo 11, comma 3.
2. Lo statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione e le funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni con pari popolazione".
3. All'articolo 14, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo la parola: "programmi" sono inserite le seguenti: "da essa proposti".
4. All'articolo 24 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente:
"3-bis. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti".
5. L'articolo 26 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
"Art. 26 (Unioni di comuni). - 1. Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza.
2. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e individua altresì le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.
3. Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze.
4. L'unione ha potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i comuni.
5. Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati".
6. Dopo l'articolo 26 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è inserito il seguente:
"Art. 26-bis (Esercizio associato delle funzioni). - 1. Al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, le regioni provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell'ambito del programma territoriale di cui all'articolo 11, comma 2, le forme di incentivazione dell'esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, con l'eventuale previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a quanto stabilito dagli articoli 11, 24 e 26, le regioni si attengono ai seguenti principi fondamentali:
a) nella disciplina delle incentivazioni:
1) favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la corresponsione dei benefici in relazione al livello di unificazione, rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione;
2) prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione e di unione, rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale;
b) promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori benefici da corrispondere alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta dei consigli comunali interessati, di procedere alla fusione".
7. L'adozione delle leggi regionali di cui all'articolo 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142, introdotto dal comma 6 del presente articolo, avviene entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Trascorso inutilmente tale termine, il Governo,entro i successivi sessanta giorni, sentite le regioni inadempienti e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, provvede a dettare la relativa disciplina nel rispetto dei principi enunciati nel citato articolo 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142. Tale disciplina si applica fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
8. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, adotta, con proprio decreto, i criteri per l'utilizzo delle risorse di cui all'articolo 31, comma 12, della legge 23 dicembre 1998, n.448.
Art. 7.
(Comunità montane).
1. L'articolo 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
"Art. 28. (Comunità montane). - 1. Le comunità montane sono unioni montane, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni delegate e per l'esercizio associato delle funzioni comunali.
2. La comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. I rappresentanti dei comuni della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il sistema del voto limitato.
3. La regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e l'esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione della comunità montana avviene con provvedimento del presidente della giunta regionale.
4. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo:
a) le modalità di approvazione dello statuto;
b) le procedure di concertazione;
c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;
d) i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell'Unione europea;
e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
5. La legge regionale può escludere dalla comunità montana i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L'esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefici e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale può prevedere, altresi, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l'inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della comunità.
6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede allo scioglimento della comunità montana.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 possono essere applicate dalle regioni, d'intesa con i comuni interessati, anche all'unione di comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana.
8. Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle comunità montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell'ambito territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà socio- economica.
9. Ove in luogo di una preesistente comunità montana vengano costituite più comunità montane, ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali attribuiti all'ente originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti dall'articolo 36 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.504, e successive modificazioni".
2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni dispongono, ove occorra o su proposta dei comuni interessati, il riordino territoriale delle comunità montane, verificando l'adeguatezza della dimensione delle comunità montane esistenti, anche rispetto all'attuazione dell'articolo 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, nonchè l'adeguamento degli statuti alle nuove norme sulla composizione degli organi.
3. Sono abrogati l'articolo 4 della legge 3 dicembre 1971, n.1102, e il comma 8 dell'articolo 29 della legge 8 giugno 1990, n. 142. In sede di prima applicazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni adeguano, ove occorra, le proprie rappresentanze nelle comunità montane ai sensi del comma 2 dell'articolo 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dal comma 1 del presente articolo. In caso di mancato adeguamento nei termini indicati, l'organo rappresentativo e validamente costituiti dai soli rappresentanti dei comuni aventi titolo ai sensi del medesimo comma 2.
Art. 8.
(Decentramento comunale. Circondari).
1. Il comma 4 dell'articolo 13 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
"4. Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell'ambito dell'unità del comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento".
2. Il comma 5 dell'articolo 13 della legge 8 giugno 1990, n. 142, èsostituito dal seguente:
"5. Nei comuni con popolazione superiore a trecentomila abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria".
3. Dopo il comma 1 dell'articolo 16 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è inserito il seguente:
"1-bis. Nel rispetto della disciplina regionale, in materia di circondario, lo statuto della provincia può demandare ad un apposito regolamento l'istituzione dell'assemblea dei sindaci del circondario, con funzioni consultive, propositive e di coordinamento, e la previsione della nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza assoluta dall'assemblea dei sindaci e componente del consiglio comunale di uno dei comuni appartenenti al circondario. Il presidente ha funzioni di rappresentanza, promozione e coordinamento. Al Presidente del circondario si applicano le disposizioni relative allo status del presidente del consiglio di comune con popolazione pari a quella ricompresa nel circondario".
Art. 9.
(Sede degli uffici delle amministrazioni dello Stato e rapporti tra pubbliche amministrazioni).
1. Quando ragioni di economicità e di efficienza lo richiedono, gli uffici periferici delle amministrazioni dello Stato possono essere situati nel capoluogo di provincia o in altro comune della provincia.
Art. 10.
(Notificazioni degli atti delle pubbliche amministrazioni).
l. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni, possono avvalersi, per le notificazioni dei propri atti, dei messi comunali, qualora non sia possibile eseguire utilmente le notificazioni ricorrendo al servizio postale o alle altre forme di notificazione previste dalla legge.
2. Al comune che vi provvede spetta da parte dell'amministrazione richiedente, per ogni singolo atto notificato, oltre alle spese di spedizione a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento, una somma determinata con decreto dei Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'interno e delle finanze.
3. L'ente locale richiede, con cadenza semestrale, alle singole Amministrazioni dello Stato la liquidazione e il pagamento delle somme spettanti per tutte le notificazioni effettuate per conto delle stesse Amministrazioni, allegando la documentazione giustificativa. Alla liquidazione e al pagamento delle somme dovute per tutte le notificazioni effettuate per conto della stessa Amministrazione dello Stato provvede, con cadenza semestrale, il dipendente ufficio periferico avente sede nella provincia di appartenenza dell'ente locale interessato. Le entrate di cui al presente comma sono interamente acquisite al bilancio comunale e concorrono al finanziamento delle spese correnti.
4. Sono a carico dei comuni le spese per le notificazioni relative alla tenuta e revisione delle liste elettorali. Le spese per le notificazioni relative alle consultazioni elettorali e referendarie effettuate per conto dello Stato, della regione e della provincia, sono a carico degli enti per i quali si tengono le elezioni e i referendum. Ai conseguenti oneri si provvede a carico del finanziamento previsto dal decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica di cui al comma 8 dell'articolo 55 della legge 27 dicembre 1997, n.449.
5. Il primo comma dell'articolo 12 della legge 20 novembre 1982, n.890, è sostituito dal seguente:
"Le norme sulla notificazione degli atti giudiziari a mezzo della posta sono applicabili alla notificazione degli atti adottati dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni, da parte dell'ufficio che adotta l'atto stesso".
6. Dopo il quinto comma dell'articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n.689, è inserito il seguente:
"La notificazione dell'ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall'ufficio che adotta l'atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n.890".
7. Ciascuna Amministrazione dello Stato individua l'unità previsionale di base alla quale imputare gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo entro i limiti delle relative dotazioni di bilancio.
Art. 11.
(Funzionamento dei consigli e delle giunte comunali e provinciali).
1. Al comma 1 dell'articolo 31 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia".
2. All'articolo 31 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
"1-bis. I consigli sono dotati di autonomia funzionale ed organizzativa. Con norme regolamentari i comuni e le province fissano le modalità attraverso le quali. fornire ai consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie, potendo altresì prevedere, per i comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti e per le province, strutture apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 1 i consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti".
3. All'articolo 31 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
"3- bis. I consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti sono presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Quando lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di presidente del consiglio sono esercitate dal consigliere anziano ai sensi dell'articolo 1, comma 2-ter, della legge 25 marzo 1993, n.81. Nei comuni con popolazione sino a quindicimila abitanti lo statuto può prevedere la figura del presidente del consiglio".
4. Dopo il comma 6 dell'articolo 31 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è inserito il seguente:
"6-bis. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative".
5. All'articolo 31, comma 7, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, dopo la parola: "comunale" sono inserite le seguenti: "o provinciale"; dopo le parole: "il sindaco" sono inserite le seguenti: "o il presidente della provincia".
6. All'articolo 31 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 7- bis, è inserito il seguente:
"7-ter. Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari e ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio".
7. All'articolo 33 della legge 8 giugno 1990, n. 142, i commi 1 e 2 sono sostituiti dal seguente:
"1. La giunta comunale e la giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che la presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore ad un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a sedici unità".
8. Fino all'adozione delle nuove norme statutarie di cui all'articolo 33, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nel testo modificato dal comma 7 del presente articolo, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:
a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti; non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;
b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.
9. All'articolo 34, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dall'articolo 16 della legge 25 marzo 1993, n.81, le parole da: "unitamente" fino alla fine del comma sono soppresse.
10. All'articolo 34 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dall'articolo 16 della legge 25 marzo 1993, n.81, dopo il comma 2, è inserito il seguente:
"2-bis. Entro il termine fissato dallo statuto, il sindaco o il presidente della provincia, sentita la giunta, presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato. Lo statuto disciplina altresì i modi della partecipazione del consiglio alla definizione, all'adeguamento e alla verifica periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori".
11. Il comma 3 dell'articolo 34 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituo dall'articolo 16 della legge 25 marzo 1993, n.81, è abrogato.
12. Il comma 3 dell'articolo 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
"3. Il sindaco coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonchè, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti".
13. è abrogata la legge 13 luglio 1966, n.611. All'attività di panificazione autorizzata ai sensi della legge 31 luglio 1956, n.1002, si applicano gli articoli 11, comma 4, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.114.
14. Al comma 7 dell'articolo 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dall'articolo 4, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n.127, sono soppresse le parole: "della spalla destra" ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo : "Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla".
15. All'articolo 37 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, al comma 2, secondo periodo, dopo le parole: "almeno due quinti dei consiglieri assegnati" sono inserite le seguenti: ", senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della provincia,".
16. All'articolo 38 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
" 2-bis. In casi di emergenza, connessi con il traffico e/o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonchè, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 2".
Art. 12.
(Trasferimento di competenze dal prefetto al sindaco).
1. Sono trasferite al sindaco le competenze del prefetto in materia di informazione della popolazione su situazioni di pericolo per calamità naturali, di cui all'articolo 36 del regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970, n.996, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1981, n.66.
Art. 13.
(Autonomia organizzativa, ordinamento del personale e disposizioni in materia di bilancio).
1. All'articolo 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, prima del comma 1 è inserito il seguente:
"01. Ferme restando le disposizioni dettate dalla normativa concernente gli enti locali dissestati e strutturalmente deficitari di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.504, e successive modificazioni, i comuni, le province e gli altri enti locali territoriali, nel rispetto dei principi fissati dalla presente legge, provvedono alla determinazione delle proprie dotazioni organiche, nonchè all'organizzazione e gestione del personale nell'ambito della propria autonomia normativa e organizzativa, con i soli limiti derivanti dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti. è conseguentemente abrogato l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n.347. Nell'organizzazione e gestione del personale gli enti locali tengono conto di quanto previsto dalla contrattazione collettiva di lavoro. Il personale assegnato ai comuni ai sensi dell'ultimo periodo del comma 46 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n.662, è collocato in un ruolo sovrannumerario ad esaurimento in attesa che si rendano liberi posti nell'organico dell'ente di pari livello da destinare, prioritariamente, a detto personale".
2. Al comma 1 dell'articolo 46 della legge 27 dicembre 1997, n.449, le parole: "e che al termine del periodo massimo previsto per la chiamata alle armi non sia stato incorporato," sono soppresse; dopo le parole: "polizia municipale" sono inserite le seguenti: "e delle guardie provinciali"; e dopo le parole: "culturali e ambientali" sono inserite le seguenti: "ad attività di vigilanza ittico-venatoria in ambito provinciale, per servizi di tutela ambientale e di gestione dei beni culturali di interesse dei comuni".
3. All'articolo 53 della legge 8 giugno 1990, n. 142, il primo periodo del comma 1 è sostituito dal seguente: "Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile".
4. Il comma 2 dell'articolo 55 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
"2. I comuni e le province deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo, osservando i principi di unità, annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. Il termine può essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, in presenza di motivate esigenze".
Art. 14.
(Contratti).
1. All'articolo 56 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la rubrica è sostituita dalla seguente: "Determinazioni a contrattare e relative procedure";
b) al comma 1, le parole: "da apposita deliberazione" sono sostituite dalle seguenti: "da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa".
Art. 15.
(Interventi nel settore della pubblica istruzione).
1. Gli interventi previsti dall'articolo 1-bis del decreto-legge 23 ottobre 1996, n.542, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n.649, come modificato dall'articolo 1, comma 5, della legge 2 ottobre 1997, n.340, devono essere completati entro il 31 dicembre 2004 sulla base di un programma, articolato in piani annuali attuativi, predisposto dai soggetti o enti competenti.
2. I soggetti o gli enti di cui ai comma 1 rispondono a norma delle vigenti disposizioni nel caso di mancata effettuazione degli interventi di loro competenza previsti nei singoli piani.
3. Ai fini di cui al presente articolo le regioni possono anche autorizzare l'utilizzazione delle eventuali economie comunque rivenienti dai finanziamenti disposti ai sensi delle leggi indicate nel comma 7 dell'articolo 1 della legge 2 ottobre 1997, n.340. Gli adempimenti di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 29 settembre 1998, n.382, di competenza degli organi individuati con il decreto del Ministro della pubblica istruzione 21 giugno 1996, n.292, emanato ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 19 marzo 1996, n.242, devono essere completati entro il 31 dicembre 2000.
CAPO II
AREE METROPOLITANE
Art. 16.
(Modifiche alla legge 8 giugno 1990, n 142, in materia di aree e città metropolitane).
1. Il Capo VI della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
"Capo VI - AREE METROPOLITANE. - ART. 17. (Aree metropolitane). - 1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonchè alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.
2. Su conforme proposta degli enti locali interessati la regione procede entro centottanta giorni alla delimitazione territoriale dell'area metropolitana. Qualora la regione non provveda entro il termine indicato, il Governo, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, invita la regione a provvedere entro un ulteriore termine, scaduto il quale procede alla delimitazione dell'area metropolitana.
3. Restano ferme le città metropolitane e le aree metropolitane definite dalle regioni a statuto speciale.
Art. 18.
(Città metropolitane).
1. Nelle aree metropolitane di cui all'articolo 17, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine all'attività economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali possono costituirsi in città metropolitane ad ordinamento differenziato.
2. A tale fine, su iniziativa degli enti locali interessati, il sindaco del comune capoluogo e il presidente della provincia convocano l'assemblea degli enti locali interessati. L'assemblea, su conforme deliberazione dei consigli comunali, adotta una proposta di statuto della città metropolitana, che ne indichi il territorio, l'organizzazione, l'articolazione interna e le funzioni.
3. La proposta di istituzione della città metropolitana è sottoposta a referendum a cura di ciascun comune partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione. Se la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto al voto espressa nella metà più uno dei comuni partecipanti, essa è presentata dalla regione entro i successivi novanta giorni ad una delle due Camere per l'approvazione con legge.
4. All'elezione degli organi della città metropolitana si procede nel primo turno utile ai sensi della legge 7 giugno 1991, n.182, e successive modificazioni.
5. La città metropolitana, comunque denominata, acquisisce le funzioni della provincia; attua il decentramento previsto dallo statuto, salvaguardando l'identità delle originarie collettività locali.
6. Quando la città metropolitana non coincide con il territorio di una provincia, si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove province, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 16, considerando l'area della città come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto speciale possono adeguare il proprio ordinamento ai principi contenuti nel presente comma.
7. Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in materia di riordino, ad opera dello Stato, delle circoscrizioni provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale.
ART. 19.
(Esercizio coordinato di funzioni).
1. Fino all'istituzione della città metropolitana, la regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie:
a) pianificazione territoriale;
b) reti infrastrutturali e servizi a rete;
c) piani di traffico intercomunali;
d) tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento atmosferico;
e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
f) raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;
g) smaltimento dei rifiuti;
h) grande distribuzione commerciale;
i) attività culturali;
l) funzioni dei sindaci ai sensi dell'articolo 36, comma 3.
ART. 20.
(Revisione delle circoscrizioni territoriali).
1. Istituita la città metropolitana, la regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può procedere alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nell'area metropolitana".
Art. 17.
(Norme transitorie).
1. Previa deliberazione favorevole dei consigli comunali interessati, sono fatti salvi gli atti e i procedimenti posti in essere, ai fini della delimitazione di aree metropolitane e della istituzione di città metropolitane, dalle regioni e dagli enti locali sulla base delle norme vigenti fino alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Le procedure concernenti il riordino territoriale e l'attribuzione di funzioni già iniziate alla data di entrata in vigore della presente legge sono ultimate osservando la disciplina di cui alla legge medesima.
3. La legge istitutiva della città metropolitana stabilisce i termini per il conferimento, da parte della regione, dei compiti e delle funzioni amministrative in base ai principi dell'articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n.59, e le modalità per l'esercizio dell'intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112.
CAPO III
DISCIPLINA DELLO STATUS DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI
Art. 18.
(Disposizioni generali).
1. La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge.
2. Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali e provinciali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonchè i componenti degli organi di decentramento.
3. Per gli amministratori degli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati e finchè previsti, la regione può adeguare la disciplina del relativo status, quanto ai permessi e alle aspettative, ai principi e ai criteri contenuti nelle disposizioni di cui al presente capo. Fino all'approvazione delle leggi regionali le regioni possono a richiesta collocare i presidenti, e i vice presidenti ove previsti, in aspettativa non retribuita ai sensi dell'articolo 22, con oneri previdenziali a carico degli stessi Istituti. I componenti dei consigli di amministrazione dei suddetti Istituti possono parimenti richiedere di usufruire dei permessi di cui all'articolo 24, commi 3 e 4.
ART. 19.
(Condizione giuridica degli amministratori locali).
1. Gli amministratori di cui all'articolo 18, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado. I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.
2. Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 1 sia stata dimostrata con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale. Durante l'accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini è sospesa la validità delle relative disposizioni del piano urbanistico.
3. Il comportamento degli amministratori, nell'esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all'imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli amministratori di cui all'articolo 18, comma 2, e quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni.
4. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l'esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell'ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione.
Art. 20.
(Termine per la rimozione di cause di ineleggibilità o di incompatibilità).
1. All'articolo 7 della legge 23 aprile 1981, n.154, dopo il quarto comma è inserito il seguente:
"Nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale, il termine di dieci giorni previsto dal quarto comma decorre dalla data di notificazione del ricorso".
Art. 2l.
(Modifica all'articolo 6 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n.570 del 1960).
1. All'articolo 6 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n.570, le parole: "chi ricopre la carica di assessore provinciale" sono soppresse.
Art. 22.
(Aspettative).
1. Gli amministratori locali di cui all'articolo 18, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonchè come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.
Art. 23.
(Indennità).
1. Il decreto di cui al comma 9 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonchè i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa.
2. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 9, agli assessori dei comuni capoluogo di provincia con popolazione inferiore a cinquantamila abitanti può essere attribuita l'indennità prevista per i comuni della classe superiore la cui popolazione è da cinquantamila a centomila abitanti, in ordine ai quali si prevede il limite del sessanta per cento per l'indennità degli assessori rispetto all'ammontare delle indennità previste per il sindaco.
3. 1 consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito nell'ambito di un mese da un consigliere può superare l'importo pari ad un terzo dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 9.
4. Ai soli fini dell'applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi precedenti non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.
5. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all'interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l'ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l'applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali.
6. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L'interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.
7. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.
8. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l'indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, nè di commissioni che di quell'organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.
9. La misura minima delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'interno, adottato, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel rispetto dei seguenti criteri:
a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;
b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell'ente rispetto al totale delle entrate, nonchè dell'ammontare del bilancio di parte corrente;
c) articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;
d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;
e) determinazione dell'indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a 10 mila abitanti, comunque non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a 10 mila abitanti, nella determinazione dell'indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;
f) previsione dell'integrazione dell'indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità , mensile, spettante per ciascun anno di mandato.
10. Il decreto ministeriale di cui al comma 9 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell'adeguamento della misura minima delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell'ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l'anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell'indice dei prezzi al consumo rilevata dall'ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio. Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 9 con la medesima procedura ivi indicata.
11. Le indennità e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 9, possono essere incrementati o diminuiti con delibera rispettivamente di giunta e di consiglio. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 9. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.
Art. 24.
(Permessi e licenze).
1. I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonchè dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata successiva.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o richiamati e di coloro che svolgono il servizio sostitutivo previsto dalla legge. Ai sindaci, ai presidenti di provincia, ai presidenti delle comunità montane che svolgono servizio militare di leva o che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata in attesa di congedo per la durata del mandato.
3. I lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle comunità montane, nonchè degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonchè delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze dei capigruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o di coloro che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo.
4. I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonchè i presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a trentamila abitanti.
5. Le assenze dal servizio di cui ai commi precedenti sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. Gli oneri per i permessi retribuiti sono a carico dell'ente presso il quale i lavoratori dipendenti esercitano le funzioni pubbliche di cui ai commi precedenti. L'ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, è tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore. Il rimborso viene effettuato dall'ente entro trenta giorni dalla richiesta. Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n.67.
6. I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino necessari per l'espletamento del mandato.
Art. 25.
(Rimborsi spese e indennità di missione).
1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell'amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute nonchè la indennità di missione alle condizioni previste dall'articolo 1, primo comma, e dall'articolo 3, primo e secondo comma, della legge 18 dicembre 1973, n.836, e per l'ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.
2. L'articolo 35-ter del decreto-legge 28 febbraio 1983, n.55, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1983, n.131, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
"ART. 35-ter. - 1. Le norme stabilite dalle vigenti disposizioni di legge, relative alla posizione, al trattamento e ai permessi dei lavoratori pubblici e privati chiamati a funzioni elettive, si applicano anche per la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali alle associazioni internazionali, nazionali e regionali tra enti locali. Le spese che gli enti locali ritengono di sostenere, per la partecipazione dei componenti dei propri organi alle riunioni e alle attività degli organi nazionali e regionali delle associazioni, fanno carico ai bilanci degli enti stessi".
3. La liquidazione del rimborso delle spese o dell'indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell'interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.
4. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonchè per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.
5. I consigli e le assemblee possono sostituire all'indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si applica l'uno o l'altro trattamento.
Art. 26.
(Oneri previdenziali assistenziali e assicurativi e disposizioni fiscali e assicurative).
1. L'amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali ed assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, che si trovino nelle condizioni previste dall'articolo 22, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti, per i presidenti dei consigli provinciali, per i presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti delle aziende anche consortili fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali.
2. Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l'amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra fortettaria annuale, versata per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell'incarico.
3. L'amministrazione locale provvede, altresì, a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento per l'indennità di fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo dell'indennità di carica annua da parte dell'ente e per l'eventuale residuo da parte dell'amministratore.
4. Alle indennità di funzione e ai gettoni di presenza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n.724.
5. I comuni, le province, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all'espletamento del loro mandato.
6. Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale dei soggetti destinatari dei benefici di cui al comma 1 è consentita l'eventuale ripetizione degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro cinque anni dalla data del loro versamento, se precedente la data di entrata in vigore della presente legge, ed entro tre anni se successiva.
7. Dopo il comma 7 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n.564, come sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera c), numero 4), del decreto legislativo 29 giugno 1998, n.278, è inserito il seguente:
"7-bis. Le disposizioni di cui al comma 7 si applicano anche agli amministratori degli enti locali territoriali e ai componenti dei consigli regionali; gli enti locali territoriali e le regioni possono provvedere a loro carico".
8. Il termine per l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 7 agli amministratori locali e ai componenti dei consigli regionali è fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Sono comunque da considerare valide le basi contributive sulle quali l'INPS abbia, anche solo temporaneamente, accettato il versamento di contributi.
Art. 27.
(Consigli di amministrazione delle aziende speciali).
1. Fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 19, comma 1, nell'articolo 22, nell'articolo 24, commi 3 e 4, nell'articolo 25, comma 2, e nell'articolo 26.
Art. 28.
(Disposizioni finali e norme di abrogazione).
1. Sono fatte salve le leggi regionali vigenti in materia di aree metropolitane, esercizio associato delle funzioni comunali e di attuazione degli articoli 14 e 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
2. La disciplina di cui all'articolo 2 della legge 27 dicembre 1985, n.816, come autenticamente interpretata dall'articolo 8-ter del decreto-legge 18 gennaio 1993, n.8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n.68, si applica a tutti i lavoratori dipendenti eletti negli organi esecutivi degli enti locali a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 1985, n.816.
3. L'articolo 8 e tutte le altre disposizioni della legge 27 dicembre 1985, n.816, incompatibili con la normativa introdotta dal presente capo, sono abrogati.
4. Sono abrogati il testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n.148, fatto salvo quanto previsto al comma 5 del presente articolo, l'articolo 279 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n.383, e sono contestualmente abrogate tutte le norme incompatibili con la presente legge.
5. Le disposizioni degli articoli 125, 127 e 289 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n.148, si applicano fino all'adozione delle modifiche statutarie e regolamentari previste dalla presente legge.
6. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle amministrazioni locali in scadenza entro il 31 dicembre 1999. 7. Le disposizioni contenute nella presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti e nel rispetto degli statuti e delle norme di attuazione.
CAPO IV
NORME FINALI
Art. 29.
(Modifica alla legge 19 marzo 1990, n.55).
1. All'articolo 15-bis, comma 6-quater, della legge 19 marzo 1990, n.55, le parole: "Le disposizioni di cui al comma 6-ter" sono sostituite dalle seguenti: "Le disposizioni di cui ai commi 6-bis, 6-ter e 6-septies".
Art. 30.
(Anagrafe degli amministratori locali).
1. Avvenuta la proclamazione degli eletti, la Direzione centrale per i servizi elettorali del Ministero dell'interno raccoglie i dati relativi agli eletti a cariche locali e regionali nella apposita anagrafe degli amminitratori locali nonchè i dati relativi alla tenuta ed all'aggiornamento anche in corso di mandato.
2. L'anagrafe è costituita dalle notizie relative agli eletti nei comuni, province e regioni concernenti i dati anagrafici, la lista o gruppo di appartenenza o di collegamento, il titolo di studio e la professione esercitata. I dati sono acquisiti presso comuni, province e regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione telematica.
3. Per gli amministratori comunali e provinciali non elettivi l'anagrafe è costituita dai dati indicati al comma 2 consensualmente forniti dagli amministratori stessi.
4. Al fine di assicurare la massima trasparenza è riconosciuto a chiunque il diritto di prendere visione ed estrarre copia, anche su supporto informatico, dei dati contenuti nell'anagrafe.
Art. 31.
(Testo unico in materia di ordinamento degli enti locali).
1. Il Governo della Repubblica è delegato ad adottare, con decreto legislativo, un testo unico nel quale sono riunite e coordinate le disposizioni legislative vigenti in materia di ordinamento dei comuni e delle province e loro forme associative. Il decreto è emanato, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno. Si applica, in quanto compatibile, il comma 4 dell'articolo 7 della legge 8 marzo 1999, n.50.
2. Il testo unico contiene le disposizioni sull'ordinamento in senso proprio e sulla struttura istituzionale, sul sistema elettorale, ivi comprese l'ineleggibilità e l'incompatibilità, sullo stato giuridico degli amministratori, sul sistema finanziario e contabile, sui controlli, nonchè norme fondamentali sull'organizzazione degli uffici e del personale, ivi compresi i segretari comunali.
3. Nella redazione del testo unico si avrà riguardo in particolare, oltre alla presente legge, alle seguenti:
a) testo unico approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n.383;
b) legge 10 febbraio 1953, n.62;
c) legge 3 dicembre 1971, n.1102;
d) legge 23 marzo 1981, n.93;
e) legge 23 aprile 198 1, n.154;
f) legge 27 dicembre 1985, n.816;
g) legge 8 giugno 1990, n. 142;
h) legge 25 marzo 1993, n.81;
i) legge 31 gennaio 1994, n.97;
l) decreto legislativo 25 febbraio 1995, n.77;
m) legge 15 marzo 1997, n.59, e relativi decreti legislativi di attuazione;
n) legge 15 maggio 1997, n.127.
Art. 32.
(Occupazione d'urgenza di immobili).
1. L'amministrazione comunale può disporre, in presenza dei presupposti di cui alla legge 3 gennaio 1978, n.1, e successive modificazioni, l'occupazione d'urgenza degli immobili necessari per la realizzazione di opere e lavori pubblici o di pubblico interesse, compresi gli interventi di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari per servizi pubblici locali di cui al Capo VII della legge 8 giugno 1990, n. 142. Per le opere ed i lavori di cui al precedente periodo la redazione dello stato di consistenza può avvenire contestualmente al verbale di immissione nel possesso ai sensi dell'articolo 3 della legge 3 gennaio 1978, n.1, e successive modificazioni.
Art. 33.
(Norma interpretativa).
1. La disposizione del comma 33 dell'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n.127, va interpretata nel senso che sono esclusi dal controllo preventivo di legittimità i regolamenti di competenza del consiglio attinenti all'autonomia organizzativa e contabile dello stesso consiglio. Sono fatti salvi gli effetti dei regolamenti del consiglio in materia organizzativa e contabile adottati successivamente alla data di entrata in vigore della legge 15 maggio 1997, n.127, e non sottoposti al controllo, nonchè degli atti emanati in applicazione di detti regolamenti.
Art. 34.
(Disposizioni in materia di personale di custodia e di edifici delle case mandamentali).
1. Salvo quanto previsto dal comma 3 del presente articolo, le case mandamentali esistenti, funzionanti o meno, sono soppresse con decreto del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro dell'interno, sentiti i comuni interessati, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il personale in servizio presso le case mandamentali soppresse può essere inquadrato, a richiesta dei singoli enti, negli organici dei comuni da cui attualmente dipende, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il personale non inquadrato è posto in disponibilità ai sensi degli articoli 35 e 35-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29, come modificato dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80. Fino al completamento delle procedure di inquadramento o di mobilità e, comunque, non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è corrisposto ai comuni, da parte del Ministero dell'interno, un rimborso annuo posticipato pari all'effettivo onere sostenuto per il trattamento economico e previdenziale del personale sopra indicato. Con decreto del Ministro dell'interno sono definite le modalità di certificazione e di rimborso. Salvo quanto previsto nel primo e nel secondo periodo del presente comma, il personale delle case mandamentali soppresse è inquadrato in soprannumero negli organici del Ministero di grazia e giustizia.
3. Le case mandamentali ritenute idonee per condizioni strutturali, capienza ed economicità gestionale mantengono l'attuale destinazione penitenziaria. Il personale delle suddette case mandamentali è inquadrato in soprannumero negli organici del Ministero di grazia e giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria.
4. Gli immobili e le pertinenze delle case mandamentali soppresse, salvo che appartengano al patrimonio dello Stato, rientrano nella disponibilità dei comuni. Per gli edifici in corso di costruzione, i relativi mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti ai sensi dell'articolo 19 della legge 30 marzo 1981, n.119, possono essere utilizzati per il finanziamento delle opere che si rendono necessarie per adeguare detti edifici ad una destinazione d'uso diversa da quella originaria.
5. Gli immobili e le pertinenze delle case mandamentali di cui al comma 3, ivi compresi quelli in costruzione nonchè quelli già destinati a case circondariali o sezioni di case circondariali, qualora realizzati con il finanziamento previsto dalla legge 30 marzo 1981, n.119, o che non appartengono già allo Stato, sono trasferiti senza oneri al patrimonio dello Stato, con decreto interministeriale del Ministero di grazia e giustizia e del Ministero delle finanze e concessi in uso all'Amministrazione penitenziaria. Nel caso di edifici costruiti o in costruzione destinati a sostituire edifici già adibiti a case mandamentali, sono trasferite al patrimonio dello Stato solo le nuove strutture allorchè ultimati i lavori. Gli immobili in corso di costruzione a cura dei comuni sono dagli stessi ultimati nell'ambito dei finanziamenti già assentiti dalla Cassa depositi e prestiti e successivamente trasferiti al patrimonio dello Stato.
6. All'onere derivante dall'attuazione del comma 2, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con proprio decreto, provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto nell'ambito dell'unità previsionale di base 5.1.2.2 "Contributo ai comuni per la gestione delle carceri mandamentali" dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia per l'anno 1999, e corrispondente incremento dello stato di Previsione del Ministero dell'interno per il medesimo anno. Per i successivi esercizi finanziari i fondi saranno assegnati direttamente allo stato di previsione del Ministero dell'interno.
7. All'onere derivante dall'attuazione del comma 3, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con proprio decreto, provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto nell'ambito dell'unità previsionale di base 5.1.2.2 "Contributo ai comuni per la gestione delle carceri mandamentali" dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia per Panno 1999, e corrispondente incremento dell'unità previsionale di base 5.l.1.0 "Funzionamento" del medesimo stato di previsione.
8. La legge 5 agosto 1978, n.469, è abrogata.
Art. 35.
(Disposizione finanziaria).
1. All'onere finanziario derivante dall'attuazione della presente legge provvedono gli enti interessati, senza alcun onere per il bilancio dello Stato. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.