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NORMATIVA
Normativa regionale - Valle d'Aosta

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Legge 20.06.2006, n. 13
Approvazione del piano regionale per la salute ed il benessere sociale 2006/2008
 

Il Consiglio regionale ha approvato;


IL PRESIDENTE DELLA REGIONE


promulga la seguente legge:


ARTICOLO 1
(Approvazione del piano)


1. Ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella regione), è approvato il piano regionale per la salute ed il benessere sociale per il triennio 2006/2008, allegato alla presente legge.


ARTICOLO 2
(Dichiarazione d’urgenza)


1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 31, comma terzo, dello Statuto speciale per la Valle d’Aosta ed entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione.
La presente legge sarà pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione autonoma Valle d’Aosta.
Aosta, 20 giugno 2006.
Il Presidente
CAVERI


ALLEGATO 1
PIANO REGIONALE PER LA SALUTE ED IL BENESSERE SOCIALE 2006 - 2008


INDICE
Elementi e principi generali di riferimento
Lo scenario
La metodologia
Programmare sulla base dei nuovi bisogni e delle nuove condizioni di vita
Programmare per una popolazione di montagna Lo sviluppo della territorialità e l’orientamento per l’evoluzione del distretto
I livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP) La sostenibilità del rapporto tra risorse ed attività o prestazioni Pag.15 La popolazione ed il contesto di riferimento Struttura demografica e sociale Il benessere sociale Pag.19 Lo stato di salute
Valori e strategie di sviluppo e qualificazione per la promozione della salute e del benessere sociale1. Sviluppare il ruolo di governo della Regione nella definizione degli obiettivi di salute e benessere sociale, nonché nella determinazione del sistema di offerta delle prestazioni.
2. Implementare i sistemi di conoscenza delle differenze di salute e di benessere sociale nella popolazione.
3. Contrastare le disuguaglianze nella salute mediante azioni esplicite, di riconosciuta evidenza e sostenibili secondo i criteri di finanziamento del sistema.
4. Garantire a tutti i cittadini equità ed universalità di accesso a cure e ad azioni appropriate ed efficaci rispetto ai bisogni, con particolare attenzione alla congruità dei tempi e alle modalità di risposta.
5. Potenziare il ruolo strategico della prevenzione.
6. Assumere decisioni di programmazione in relazione ai bisogni di salute e di benessere sociale della popolazione, documentati dall’analisi epidemiologica e sociale.
7. Definire i livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) e delle prestazioni sociali (LEP) garantiti dalla Regione.
8. Assumere il territorio come riferimento fondamentale per lo sviluppo e la qualificazione del servizio socio-sanitario regionale e per la promozione di un sistema di servizi che si fa carico, in modo unitario, delle necessità sanitarie e socio-educative-assistenziali della popolazione.
9. Assicurare autonomia della persona ed il suo diritto ad una vita autodeterminata.
10. Valorizzare e sostenere la famiglia, riconoscendo e sostenendone il ruolo nella formazione e cura della persona, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale.
11. Assicurare la sostenibilità delle decisioni assunte in rapporto alla disponibilità di risorse finanziarie, tecnologiche ed umane necessarie a realizzare gli obiettivi della pianificazione.
12. Condividere un Piano che è anche Progetto.
Obiettivi per il soddisfacimento dei bisogni di salute e di benessere sociale
n. 1 Garantire lo sviluppo della conoscenza dei bisogni di salute e di benessere sociale, con particolare riguardo all’analisi delle disuguaglianze di salute e dei loro determinanti
A Consolidamento dell’osservazione epidemiologica B Sviluppo dell’osservazione sociale n. 2 Estendere l’osservazione epidemiologica ai determinanti di tipo ambientale Istituzionalizzazione dell’osservazione epidemiologica ambientale
n. 3 Razionalizzare l’organizzazione delle attività di prevenzione e di promozione della salute Sviluppo della distrettualizzazione delle attività e revisione dei compiti del Dipartimento di Prevenzione
n. 4 Promuovere programmi di prevenzione primaria per la promozione della salute e per la tutela dai rischi
Promozione di corretti stili di vita
n. 5 Promuovere la salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro, nonché la prevenzione degli incidenti domestici
A Prevenzione dell’infortunistica sul lavoro
B Prevenzione degli incidenti domestici
n. 6 Garantire la sicurezza degli alimenti conformemente alle indicazioni della normativa comunitaria e sostenere il miglioramento qualitativo delle produzioni tradizionali
A Responsabilizzazione dei produttori alimentari
B Sviluppo del sistema di analisi del rischio
n. 7 Contrastare le principali cause di morte per malattia presenti nella popolazione, con particolare riguardo alle patologie cardiovascolari, cerebrovascolari ed ai tumori
A Realizzazione di programmi di prevenzione primaria e secondaria
B Sviluppo ed attivazione di programmi di screening
n. 8 Potenziare i rapporti tra ospedale e territorio e rendere effettivi la continuità assistenziale e lo sviluppo dell’organizzazione unitaria dei servizi basata sul distretto
A Sviluppo dell’integrazione tra ospedale e territorio Pag.55 B Potenziamento delle attività dell’area materno infantile C Riduzione delle liste di attesa e potenziamento dei percorsi di cura
n. 9 Sviluppare l’assistenza primaria, la medicina specialistica territoriale e le cure palliative e monitorare l’assistenza farmaceutica
A Aggiornamento del modello di assistenza primaria e della medicina specialistica ambulatoriale B Monitoraggio dell’assistenza farmaceutica e della sua appropriatezza
C Prosecuzione delle pratiche riconducibili alle medicine non convenzionali
D Sviluppo delle cure palliative,dlla terapia del dolore e degli interventi assistenziali nella fase finale della vita
n. 10 Sostenere e monitorare la qualità e la specificità del sistema di emergenza e urgenza sanitaria
Monitoraggio dell’attività del sistema di emergenza e urgenza sanitaria finalizzato al miglioramento dell’appropriatezza
delle prestazioni n. 11 Potenziare attività di assistenza domiciliare, semi-residenziale e residenziale alternative al
ricovero, mediante processi di integrazione fra servizi sanitari e sociali
A Sviluppo di servizi domiciliari, semi- residenziali e residenziali in un contesto di rete tra servizi sanitari e sociali
B Sviluppo e consolidamento dei servizi territoriali per la salute mentale
C Sviluppo della rete dei servizi per le dipendenze patologiche
D Miglioramento della rete dei servizi per la tutela della salute dei detenuti
n. 12 Sviluppare l’attività di lungoassistenza e l’attività di riabilitazione intensiva secondo la logica di rete integrata di servizi alla persona
Miglioramento dell’offerta assistenziale nei settori della riabilitazione e della lungodegenza
n. 13 Promuovere una nuova organizzazione delle sedi ospedaliere secondo criteri di eccellenza
Sviluppo dell’organizzazione ospedaliera secondo logiche orientate ai processi e ai differenti gradi di intensità di cura n. 14 Contenere la mobilità sanitaria passiva
Controllo della domanda di prestazioni sanitarie e implementazione dell’offerta in rapporto alle cause di fuga e allo sviluppo di attività di eccellenza
n. 15 Consolidare l’attenzione della programmazione sanitaria verso le attività rivolte a garantire servizi ai turisti Consolidamento e sviluppo delle funzioni dell’assistenza sanitaria maggiormente interessate dai flussi turistici
n. 16 Separare la definizione delle politiche sociali dalla realizzazione delle attività conseguenti e promuovere il coordinamento delle politiche sociali con le altre politiche di attenzione alla persona
A Individuazione dei soggetti con compiti di realizzazione delle politiche sociali di livello regionale
B Promozione e sviluppo, nell’ambito dell’offerta di servizi sociali, dell’interdisciplinarietà e del coordinamento con le politiche per la salute, per l’istruzione, per la formazione, per il lavoro, per la casa, per i trasporti e per la tutela dei diritti.
n. 17 Definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) regionali quale strumento per assicurare l’uniformità dei servizi e delle prestazioni in ambito assistenziale e socio-educativo e destinare in maniera vincolata, anche per la parte della finanza locale, il fondo regionale per le politiche sociali
A Definizione delle prestazioni che costituiscono i livelli essenziali
B Destinazione vincolata, anche per la parte di finanza locale, del fondo regionale per le politiche sociali Pag.90
n. 18 Assumere il territorio del distretto come ambito di lettura, di analisi e di soddisfacimento dei bisogni e come area privilegiata della programmazione della rete di servizi
Avvio delle azioni finalizzate alla stesura dei Piani di zona
n. 19 Sviluppare un Piano regionale di comunicazione sociale per ridurre gli ostacoli all’accesso ai servizi
Sviluppo di un Piano regionale di comunicazione sociale per ridurre gli ostacoli all’accesso ai servizi, mediante l’attivazione di una strategia di informazione in una logica di rete
n. 20 Completare la definizione degli standard delle prestazioni sociali e consolidare ed estendere l’utilizzo di strumenti
atti a garantire l’equità di accesso lle prestazioni ed ai servizi
A Completamento della definizione di standard delle prestazioni sociali
B Consolidamento ed estensione dell’utilizzo di strumenti atti a garantire l’equità di accesso alle prestazioni e ai servizi
n. 21 Sviluppare la solidarietà e la responsabilità sociale secondo il principio della sussidiarietà verticale ed orizzontale
A Promozione di un coordinamento regionale per le politiche giovanili
B Sostegno alla famiglia come risorsa di coesione e solidarietà sociale
C Sostegno, in ambito regionale, nazionale ed internazionale, del volontariato sociale
n. 22 Attivare politiche di prevenzione del disagio minorile e giovanile e di intervento a favore di minori e giovani in situazione di disagio
A Prevenzione del disagio minorile e giovanile
B Realizzazione di interventi in favore di giovani ultradiciottenni in situazione di disagio
C Realizzazione di uno spazio suppletivo di emergenza alle comunità regionali per minori, idoneo ad accogliere minori
stranieri non accompagnati
n. 23 Sviluppare gli interventi tesi a contrastare le situazioni di bisogno sociale, con particolare attenzione alla disabilità e alla non autosufficienza
A Sostegno alle persone con disabilità e alle loro famiglie e potenziamento del lavoro di rete
B Sostegno all’integrazione sociale delle persone con disabilità e il loro inserimento in contesti occupazionali
C Avvio di una sperimentazione di un pronto intervento sociale
n. 24 Assicurare lo sviluppo continuo delle professionalità sanitarie e sociali sulla base delle esigenze della domanda di prestazioni e del soddisfacimento dei bisogni della popolazione regionale
Monitoraggio dei fabbisogni di risorse umane e definizione di strumenti omogenei per la programmazione e l’attuazione dello sviluppo continuo delle professionalità in ambito sanitario e sociale
n. 25 Estendere il regime dell’autorizzazione a tutte le strutture e le attività sanitarie e sociali, come garanzia del livello qualitativo delle prestazioni, applicare e sviluppare il regime dell’accreditamento delle strutture, delle attività e dei professionisti in ambito sanitario e sociale
A Autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di strutture e di attività sanitarie, socio- sanitarie, socio-
assistenziali e socio- educative
B Accreditamento delle strutture, delle attività e dei professionisti in ambito sanitario al fine di orientare i processi di
crescita della qualità del Servizio Sanitario Regionale verso l’eccellenza
n. 26 Estendere la rete dei sistemi informativi sanitari e sociali regionali al fine di favorire l’accesso ai servizi da
parte del cittadino e di sostenere i processi di programmazione e di controllo delle risorse umane, economiche e tecnologiche
in ambito sanitario e sociale
A Estensione della rete dei sistemi informativi sanitari e sociali regionali, al fine di favorire l’accesso ai servizi da
parte del cittadino e l’attività di comunicazione
B Sviluppo della rete dei sistemi informativi sanitari e sociali regionali, al fine di sostenere i processi di
programmazione e di controllo delle risorse umane, economiche e tecnologiche in ambito sanitario e sociale
n. 27 Realizzare l’unificazione delle sedi ospedaliere al fine di organizzare l’assistenza per acuti in base al miglior rapporto tra tipologie di prestazioni e risorse impiegate
Ammodernamento delle strutture ospedaliere in un unico presidio
n. 28 Sostenere il processo di rinnovamento strutturale e tecnologico delle strutture e delle attività sanitarie e socio-sanitarie regionali commisurato al grado di innovazione tecnologica ed organizzativa prevalente in ambito sanitario Conclusione degli interventi di ristrutturazione e di manutenzione straordinaria presso il presidio ospedaliero di Viale Ginevra ad Aosta ed attuazione di progetti mirati per lo sviluppo della rete assistenziale sanitaria territoriale
n. 29 Dotare la rete dei servizi sociali di strutture logistiche adeguate a sostenere il processo di decentramento dell’assistenza sociale
Adeguamento della rete delle infrastrutture dei servizi sociali ai fabbisogni emergenti della popolazione regionale, con particolare attenzione all’attuazione di progetti mirati nell’ambito dell’assistenza alle persone anziane e disabili
n. 30 Sostenere con adeguate risorse finanziarie le azioni del presente Piano Individuazione dei criteri per il finanziamento delle azioni necessarie al perseguimento dei bisogni di salute e di benessere sociale Rapporti tra la programmazione socio-sanitaria e la programmazione economica regionale e monitoraggio delle attività di Piano
Rapporti tra la programmazione socio sanitaria e la programmazione economico finanziaria regionale Monitoraggio delle attività di Piano
Allegato all’obiettivo n. 18
Linee guida per i Piani di zona
Gli attori Pag.150 La programmazione partecipata
I contenuti dei Piani di zona
Fasi di predisposizione
Livelli essenziali delle prestazioni
Azioni di supporto
Allegato all’obiettivo n. 25
Il fabbisogno espresso di residenzialità nelle cure alla persona
I parametri assistenziali L’offerta di residenzialità erogata presso strutture ospedaliere e territoriali regionali
L’offerta di residenzialità erogata presso strutture ospedaliere e territoriali extra-regionali
Cronoprogramma degli obiettivi del Piano


ELEMENTI E PRINCIPI GENERALI DI RIFERIMENTO
Lo scenario.
Il passaggio ad un nuovo documento regionale di programmazione sanitaria e sociale si realizza attraverso un processo che aggiorna ed adegua le strategie fino ad allora realizzate, alle esigenze e fattori nel frattempo intervenuti e allo studio delle prevedibili evoluzioni.
Guidano questo processo i risultati già raggiunti dalla pianificazione attuata, uniti alle nuove evidenze emerse dall’analisi dei bisogni di tipo epidemiologico e sociale.
La fase di elaborazione della nuova pianificazione regionale si colloca in un contesto nazionale di rilevante evoluzione istituzionale ,normativa e culturale che può così essere sintetizzato:
- il processo di riforma del Titolo V della Costituzione attuato con la legge costituzionale n. 3/2001, che ha sancito la federalizzazione delle componenti sanitarie e sociali del welfare, ponendo le condizioni per il passaggio da un sistema di welfare statale ad un sistema di politica comunitaria (welfare community), rafforzando cos ìil federalismo fiscale introdotto dalla legge n. 133/1999 e reso operativo dal decreto legislativo n. 56/2000;
- la legge n. 328/2000, legge quadro lungamente attesa per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali;
- il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 febbraio 2001, concernente l’atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie;
- il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 novembre 2001 relativo alla definizione dei livelli essenziali di assistenza;
- le previsioni di una ulteriore fase di devoluzione e ripartizione dei compiti fra Stato e Regioni in materia di salute e di assistenza sanitaria;
- la ricerca di definizioni di livelli di fabbisogno anche nel campo dei servizi sociali, in analogia ai livelli di assistenza individuati per la sanità, nell’esigenza di assicurare parametri equi ed uniformi di prestazioni in risposta ai bisogni della popolazione.
Sotto il profilo culturale emerge con sempre maggiore rilevanza la necessità di sviluppare soluzioni gestionali per il governo dei servizi alle persone, nell’esigenza di affrontare unitariamente le componenti sanitarie, socio sanitarie e sociali secondo i principi di una politica di comunità, o welfare community. Ciò comporta che:
1. il servizio sanitario può contribuire all’aumento delle attese di vita della popolazione, ma è insufficiente, anche al massimo della sua appropriatezza, per affrontare problemi di organizzazione sociale, di sistema economico-produttivo, di assetto territoriale, di dinamica demografica che hanno un profondo impatto sulle condizioni di vita, sulla distribuzione dei rischi, sulla disponibilità delle risorse, in altre parole, sulla salute ed il benessere in generale;
2. il servizio sanitario va considerato all’interno di un sistema sanitario più ampio e non in sovrapposizione ad esso, che necessita di collegamenti e di coordinamenti tra tutte le componenti del servizio socio sanitario regionale a vario titolo impegnate nel promuovere, mantenere e ristabilire uno stato di salute fisica e psichica;
3. si rende necessario procedere allo sviluppo ed alla qualificazione dei servizi e degli interventi sociali, che consentano al servizio socio-sanitario regionale di svilupparsi non tanto come organizzazione di elementi aggregati per il raggiungimento di predefiniti obiettivi, quanto come insieme di elementi fra loro interagenti, che operano per perseguire i
medesimi obiettivi, indipendentemente dall’organizzazione amministrativa di appartenenza;
4. lo sviluppo in termini di sistema dei servizi per la salute ed il benessere sociale, porta a:
individuare nell’integrazione tra tutte le componenti sociali la metodologia di lavoro ideale per aprire l’organizzazione del servizio sanitario a logiche non più solo sociosanitarie, ma di salute e di benessere in senso più ampio;
avviare un dialogo interdisciplinare ed interistituzionale che sottolinei la necessità di operare una connessione fra le diverse tipologie di servizi rivolti alla popolazione (quelli sanitari, quelli sociali, quelli della casa, della scuola, dei trasporti e dell’ambiente, che possono tutti influire sullo stato di salute e di benessere sociale della popolazione) in modo il più possibile complementare gli uni agli altri, secondo una concezione unitaria di “servizi alla persona”;
individuare nel territorio e nelle sue articolazioni - comunità montana o distretto - l’ambito privilegiato nel quale ricomporre l’unitarietà dei servizi alla persona;
evidenziare la necessità di ruoli istituzionali che distinguano chi governa, chi gestisce, chi organizza, chi produce,
indipendentemente dalle coincidenze determinate dalla dimensione del territorio;
sollecitare tutte le potenzialità dell’associazionismo e del volontariato
coinvolgendo i cittadini e le loro associazioni nelle scelte che riguardano la salute ed il benessere sociale, secondo una
logica di programmazione partecipata;
valorizzare il ruolo della famiglia nell’educazione alla salute, al benessere e nell’assistenza ai suoi componenti,
coinvolgendola e sostenendola come soggetto di irrinunciabile valore umano e sociale per la comunità valdostana.
Secondo quanto appena detto, si pone in evidenza che:
- l’attenzione della pianificazione sanitaria non può limitarsi al rapporto salute/malattia;
- le politiche per la salute non possono essere affrontate con i soli strumenti del servizio sanitario, ma vanno inquadrate
nell’ambito più ampio del sistema di benessere sociale (ovvero del sistema di garanzie che consente il massimo benessere
sociale e sanitario alla popolazione nei limiti delle risorse disponibili);
- ogni problematica relativa alla salute ed al benessere sociale deve essere risolta ponendo al centro la persona e la sua
qualità della vita, da sostenere con dinamiche di autosviluppo del singolo, della famiglia e delle comunità locali;
- un sistema nuovo, come quello richiesto dalla politica di comunità, non può essere governato con gli strumenti della
precedente programmazione.
Esso richiede una nuova configurazione e nuove modalità di raccordo fra la pianificazione regionale, la pianificazione
locale e la pianificazione territoriale;
- è forte la necessità di una intersettorialità sia nella programmazione degli interventi per la salute e per il benessere
sociale, sia nella organizzazione dei servizi sanitari e sociali, considerando a tal fine le esigenze di:
- raccordo fra la programmazione sanitaria e la programmazione territoriale più ampia;
- definizione di strumenti di raccordo fra competenze proprie del servizio socio sanitario regionale e quelle degli enti
locali;
- sussidiarietà orizzontale, con la presenza del privato sociale e del volontariato;
- organizzazione del sistema di servizi secondo un modello di reti integrate.
La metodologia.
Rispetto a tale scenario, da un lato, si ritengono ancora validi i principi ispiratori del precedente Piano socio-sanitario
regionale per il triennio 2002-2004 ai quali, pertanto, si rinvia in termini di continuità, dall’altro, emergono nuovi
bisogni che richiedono di procedere nell’ottica di:
- porre al centro dell’attenzione la persona, come soggetto di diritti e di bisogni e come protagonista dell’
organizzazione dei servizi, valorizzando però al contempo in essa la consapevolezza del limite. La coscienza di limiti, sia di conoscenza, sia di efficacia, ad oggi insuperabili persino per la scienza medica più avanzata, aiuta chi è in condizione di malattia, e la famiglia che lo assiste, a superare meglio situazioni spesso molto difficili;
- garantire l’eticità del sistema, sia per quanto riguarda gli operatori - ai quali va l’invito ad aderire alle regole della buona pratica professionale - sia per quanto riguarda i cittadini - che sono invitati ad informarsi in modo corretto ed esauriente per valorizzare al massimo la consapevolezza e la libertà di scelta -, sia infine per quanto riguarda il rapporto tra operatori e cittadini, che deve essere imperniato sul reciproco ascolto e nel rispetto della persona, dei bisogni e dei ruoli;
- assicurare il governo dell’offerta, come definita dai livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) e dai futuri livelli delle prestazioni sociali (LEP), definendo cosa deve essere messo a disposizione, dove e con quali caratteristiche, al fine di rispondere ai bisogni ed alla conseguente domanda di prestazioni;
- distinguere l’offerta, della quale è responsabile il Governo della Regione, dalla organizzazione produttiva, di cui rispondono l’Azienda U.S.L. per le prestazioni sanitarie e sempre più gli enti locali per le prestazioni sociali;
- promuovere la salute, intendendo con ciò non l’assenza di malattia, ma il processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria condizione di benessere psico-fisico e di migliorarla;
- assicurare il processo di integrazione fra servizi sanitari e servizi socio-assistenziali orientando l’organizzazione delle prestazioni verso una logica sistemica che garantisca il coordinamento di adeguati percorsi di cura e di assistenza alla persona;
- guidare il processo di modificazione e di decentramento agli enti locali dell’organizzazione e della gestione dei servizi socio-assistenziali;
- migliorare l’efficacia delle prestazioni e l’efficienza delle gestioni.
Con questa metodologia si intende passare dalla pianificazione socio- sanitaria comunemente detta, alla pianificazione per la salute ed il benessere sociale o, meglio, da un Piano socio-sanitario regionale ad un “Piano per la salute ed il benessere sociale” della popolazione valdostana.
Conseguentemente il piano si sviluppa nel rapporto fra obiettivi, attività e monitoraggio dei processi e degli esiti,
osservando in proposito che:
- i valori e gli indirizzi strategici sono le direttrici fondamentali lungo le quali scorre tutto il processo di
pianificazione e dalle quali derivano obiettivi e attività;
- gli obiettivi sono conseguenti e realizzativi dei valori strategici che il piano individua come linee di indirizzo per la
pianificazione;
- le attività sono le azioni, le iniziative, i processi con cui si intende rendere più efficace ed efficiente l’offerta di
servizi e di prestazioni alla persona per il perseguimento degli obiettivi;
- il periodo di validità della pianificazione, per alcune attività può assumere un valore progettuale di lungo periodo alla
cui base però è necessario concordare un processo decisionale sui futuri assetti organizzativi e sulla loro evoluzione.
Trasversalmente a tutto ciò, l’attività di osservazione dei bisogni di salute e di benessere sociale, svoltaa livello
istituzionale, assume la funzione di verifica e di aggiornamento dell’azione di pianificazione così intrapresa.
Programmare sulla base dei nuovi bisogni e delle nuove condizioni di vita.
Il fondamentale compito di un sistema per la salute edil benessere sociale è quello di tutelare e promuovere la salute
fisica, psichica e sociale di tutti i cittadini. Tale traguardo risulta però raggiungibile solo se il servizio sanitario e
quello sociale sono in grado di soddisfare, dopo averli misurati e valutati, i bisogni della popolazione di riferimento.
La lettura dei bisogni non prescinde dalle caratteristiche del contesto in cui il bisogno nasce e si manifesta,siano queste
generalizzate a livello nazionale o proprie di un ambito regionale.
La Valle d’Aosta, al pari di quanto accade a livello nazionale, sta vivendo un’epoca caratterizzata da rilevanti cambiamenti
del contesto sociale, scientifico e tecnologico che hanno mutato i bisogni della popolazione, facendo emergere nuove esigenze
di cura e di assistenza legate soprattutto alla cronicità.
L’innalzamento dell’età media della popolazione, dovuto anche alla diminuzione della mortalità perpatologie acute, ha
determinato un aumento delle patologiecronico-degenerative collegate all’età e spesso associate alla disabilità. E’
necessario predisporsi ad affrontare unadomanda di assistenza di natura diversa da quella tradizionale,caratterizzata da
nuove modalità di erogazione, basate suiprincipi della continuità delle cure per periodi di lunga durata e, soprattutto,
dall’integrazione tra prestazioni sanitariee sociali.
Oltre a ciò, l’evoluzione delle professioni hamodificato il mercato del lavoro, rendendolo più consapevole eprofessionale, ma
anche molto più dinamico, al punto cheancora per qualche anno saremo condizionati da carenze dovute ad una mutabile
programmazione formativa. Strategico in questo senso risultail ruolo che l’Università della Valle d’Aosta assumerànella
creazione delle figure professionali, soprattutto se svolto instretta collaborazione con la realtà del mercato del lavoro.
L’evoluzione delle tecnologie sanitarie e genetiche permette inoltre oggi di raggiungere risultati quali-quantitativi
impensabili nel passato, ma pone il problema dell’assorbimento di risorse economiche sempre maggiori a fronte della garanzia
diequità ed universalità delle prestazioni.
Si è altresì assistito ad un mutamento culturale ampio che ha prodotto uno straordinario incremento della domanda percepita
di salute da parte dei cittadini che si sentono finalmente al centro del sistema salute e chiedono prestazioni diqualità, che
garantiscano continuità assistenziale,valutazione multidimensionale e multiprofessionale. Un mutamento culturale che non
sempre però ha orientato le richieste nelsenso dell’appropriatezza, poiché l’aumento di informazioni facilmente disponibili
su accessi a cure e prestazioni,non sempre ha favorito la finalità educativa arrecando un vantaggio reale per la salute, ma
piuttosto ha di frequente creato situazioni da libero mercato, in cui le regole etiche non sono ancora state scritte e le
persone non hanno ancora acquisito gli strumenticonoscitivi idonei a beneficiare della molteplicità diun’offerta
superspecializzata, senza essere da questa sovrastata econdizionata.
Il sistema salute, e l’offerta pubblica in particolare, si trovano, rispetto al passato, costretti anche a proteggere e a
tutelare i cittadini da eccessi di prestazioni, agovernare e correggere una domanda a tratti impropria, con frequente
insoddisfazione da parte degli utenti che ritengono non sia statadata loro risposta al bisogno.
Programmare per una popolazione di montagna.
La promozione della salute nelle diverse realtà del Paese è un impegno e una garanzia che trae origine dallanostra Carta
Costituzionale. Questa stessa Carta afferma che la’salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane rivestono carattere di
preminente interesse nazionale’ (art. 44), da quil’impegno, e il dovere, da parte dello Stato di garantire su tuttoil
territorio nazionale i livelli essenziali ed uniformi diassistenza sanitaria e sociale.
Organizzare e gestire servizi sanitari e sociali in terreni montani comporta senza dubbio difficoltà maggiori e impone scelte
differenziate (parametri diversi, in termini, ad esempio, di posti letto per abitante, tassi di ospedalizzazione piùalti
rispetto a zone di pianura, sistema di emergenza più complesso, ecc..). Svantaggi naturali, svantaggi climatici e orografici,
squilibri nella struttura demografica e talvolta inquella sociale rendono più difficile, in montagna,l’applicazione dei
modelli utilizzati in altre aree del Paese.
Difficoltà ad arrivare in ogni paesino con servizi diqualità, costi più elevati di costruzione delle strutture sanitarie e
sociali sono i problemi con cui confrontarsi stabilmente nelle zonealpine, dove inoltre la vita associativa è piùdifficile e
la distanza dal centro ospedaliero è maggiore.
Senza dubbio va quindi sottolineato il nostro problema fondamentale: la sanità in montagna comporta costi strutturali
superiori alla media nazionale. La Commissione sui problemi della sanità in montagna istituita nel luglio del 2000 con
decreto del Ministero della Salute ha quantificato l’incidenza di tale ’surplus’ nell’ordine del 20%.
Da questa situazione di partenza, non favorevole,bisogna però, nella stesura del nuovo piano regionale per la salute ed il
benessere sociale, utilizzare al meglio tutte le ’specificità’ del nostro territorio, tutte le risorse presenti, prevedendo
modelli organizzativi più efficaci.
Le montagne infatti sono anche territori di qualità.
Questo è certamente riferibile a valori reali ed oggettivi di sanità e salubrità dell’aria e delle acque, alla presenza del
bosco, al panorama, alla minore incidenza di rumori e di tassi di inquinamento, a stili di vita che prevedono maggiore
attività fisica, a prodotti alimentari locali di sicura genuinità. Così come risorsa importante della nostra realtà montana è
il volontariato, frutto di quella solidarietà alpina così importante nel passato e da valorizzare anche oggi come grande
possibilità di integrazione con i servizi pubblici.
Per questa realtà, portatrice di difficoltà ma anche ricca di elementi positivi, bisogna studiare e mettere in opera modelli
organizzativi sanitari e sociali più rispondenti alla nostra specificità. L’attivazione di questi modelli puòdivenire un
laboratorio di qualità non solo per la nostra realtà. Il nostro territorio si presta infatti in modo particolare alla
prevenzione sanitaria primaria e secondaria delle malattie: la Valle d’Aosta, che già spende di più delle altre Regioni in
questo settore, incentiverà anche la ricerca epidemiologica per una prevenzione ancora più efficace.
Si è ben consapevoli infine che fornire un servizio sanitario e sociale efficace e capillare nelle nostre valli e nei nostri
paesi sarà condizione determinante per il mantenimento della popolazione nelle zone alpine e che ciò permetterà il controllo
e la salvaguardia del territorio indispensabili per la sopravvivenza.
Lo sviluppo della territorialità e l’orientamento per l’evoluzione del distretto.
Lo sviluppo dei servizi in una prospettiva di sistema e la conseguente integrazione fra i servizi sanitari e i servizi
sociali per la salute e il benessere sociale, attribuisce al territorio, ed agli enti locali in esso istituzionalmente
rappresentati, un ruolo di centralità, sia sotto il profilo organizzativo, sia sotto il profilo degli strumenti di
programmazione.
Si rende quindi necessario un ulteriore sviluppo del distretto che deve adeguare l’organizzazione dei servizi e delle
attività ai bisogni espressi dalla popolazione e cioè non secondo le modalità indotte dall’organizzazione dei servizi, ma
secondo le modalità comunemente previste dai ’percorsi di cura’, in base ai quali il contributo di ogni singolo operatore,
sanitario o sociale è pensato anche al di fuori dei confini fisici e disciplinari del servizio a cui appartiene, perché
prevede un approccio multifunzionale al bisogno di salute e di assistenza, e soprattutto una maggiore integrazione
organizzativa.
Certamente si tratta di un processo graduale e lento, come il processo culturale e formativo che lo deve accompagnare
affinché la nuova organizzazione dei servizi venga percepita come soluzione ottimale - e non imposta - per rispondere in modo
funzionale ed integrato a bisogni di salute e di benessere sociale sempre più complessi.
Si tratta di un percorso necessario che ha già dimostrato di funzionare efficacemente in alcuni segmenti dell’offerta
sanitaria, come le strutture ospedaliere, e come avviene già da tempo nei settori delle politiche sociali, in cui la presa in
carico è ad opera di équipe multiprofessionali che abitualmente operano uscendo dai confini fisi delle strutture di
appartenenza per incontrare e risolvere il bisogno della persona, insieme ad altre figure professionali, concordando
protocolli di intervento condivisi e comuni.
Tutto ciò comporterà una graduale:
- rivisitazione dei meccanismi organizzativi, consistente nella semplificazione ed ottimizzazione delle attività svolte;
- riprogettazione dei processi, consistente nella ricomposizione delle singole azioni in percorsi o processi orientati alla
persona, che avrà come conseguenza anche la riduzione di funzioni di coordinamento fra le componenti gestionali,
organizzative e produttive del servizio socio sanitario regionale,
- introduzione di sistemi di controllo delle attività esercitate e di valutazione e retribuzione del personale in rapporto
ai risultati conseguiti, sia in termini di esito che di soddisfazione degli utenti.
I livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP).
L’orientamento alla salute, genericamente intesa, e la conseguente esigenza di integrazione fra servizi sanitari e servizi
sociali, determina la necessità di individuare, accanto ai livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA), anche i livelli
essenziali delle prestazioni sociali (LEP).
Per quanto riguarda le politiche sociali, lo Stato è chiamato, a norma della lett. m) del secondo comma dell’art. 117 della
Costituzione, a stabilire quali siano i livelli essenziali delle prestazioni sulla scorta di quanto già stabilito dalla legge
n. 328/2000, ovvero a garantire quell’insieme di prestazioni che costituiscono il fattore unificante della cittadinanza
sociale e ciò soprattutto contro il rischio di diversificazioni all’interno del territorio nazionale.
Oltre a ciò, a livello nazionale, la riforma del Titolo V, Parte II della Costituzione ha profondamente inciso sul riparto
delle competenze legislative ed amministrative tra Stato e Regioni, ridefinendo complessivamente i rapporti tra i livelli di
Governo prevedendo, tra l’altro, che sia lo Stato a definire con proprie norme e in modo uniforme su tutto il territorio
nazionale i ’livelli minimi o irrinunciabili’ delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali, e attribuendo alle
Regioni ladeterminazione di ogni ulteriore intervento nel settore.
Nel settore dei servizi sociali, il ’nucleo essenziale’ dei diritti sociali coincide con quel ’livello minimo’ di
prestazioni, al di sotto del quale viene meno la garanzia riconosciuta a tutti i cittadini italiani dalla Costituzione e che
pertanto rappresenta il ’livello irrinunciabile’ nel momento in cui si progetta una definizione dei livelli essenziali delle
prestazioni. Come dire che per definire i LEP è necessario partire da questa base comune di prestazioni garantite a tutti i
cittadini italiani.
Di conseguenza, nelle politiche sociali si definisce ’livello essenziale’ quel livello aggiuntivo, ulteriore al ’livello
minimo o irrinunciabile’ già previsto dal diritto costituzionale.
Alcuni esempi di ciò che è immediatamente e direttamente esigibile, in quanto riconosciuto come diritto costituzionale sono:
- il diritto al lavoro previsto dall’art. 4 della carta Costituzionale, che promuove le condizioni che rendano effettivo
questo diritto in ciascun cittadino secondo le proprie capacità e scelte;
- il diritto previsto dall’art. 38 della carta Costituzionale al mantenimento e all’assistenza sociale per gli inabili al
lavoro sprovvisti dei mezzi necessari per vivere che si esplica attraverso specifiche prestazioni economiche (pensioni
assistenziali, rendite INAIL, ecc.);
- il diritto previsto dall’art. 30 della carta Costituzionale in tema di tutela dei minori;
- il diritto previsto dall’art. 32 della carta Costituzionale in tema di tutela estensiva della salute, in particolare per
quanto riguarda le cure gratuite agli indigenti.
La legge n. 328/2000, dal canto suo, ha definito i livelli essenziali delle prestazioni sociali, ma lo ha fatto individuando
meri ambiti di intervento (art. 22, c. 2) che devono essere riempiti di contenuti specifici per dare chiarezza e trasparenza
di garanzia di prestazioni offerte in base al territorio, alle modalità ed ai requisiti di accesso.
Rimangono così ad oggi solo delle grandi
direttrici sulle quali instradare il sistema integrato di interventi e servizi sociali regionali, lungo le quali andranno
progressivamente individuate le prestazioni da garantire in ragione delle specificità legate alla contingenza temporale ed ai
diversi ambiti territoriali.
Nella definizione regionale dei LEP occorrerà pertanto distinguere, da un lato, le prestazioni rese a livello regionale che
costituiscono il livello minimo delle prestazioni sociali immediatamente esigibili perché garantite dalla carta
Costituzionale (e come tali diritti soggettivi), dall’altro le prestazioni ulteriori, che possono essere garantite dalla
programmazione regionale dei servizi, secondo criteri di gradualità, in relazione ai bisogni ed alle risorse disponibili.
La sostenibilità del rapporto tra risorse ed attività o prestazioni.
L’orientamento dei servizi verso la salute ed il benessere sociale, l’integrazione fra sanità e servizi sociali,
l’introduzione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali ed infine l’ulteriore sviluppo previsto per l’organizzazione
del territorio, pongono l’esigenza di una forte attenzione al rapporto fra attività o prestazioni garantite e risorse
impiegate ed, in particolare, alla certezza delle fonti di finanziamento.
Dall’esame dai dati relativi alla spesa sanitaria e sociale desunti dagli atti contabili di previsione nel periodo 2001-2007
- resa nell’ambito della parte del presente Piano dedicata alle risorse finanziarie - emerge che l’incidenza della spesa
stessa assume un peso crescente a carico del bilancio regionale.
Da ciò ne deriva che il problema della
definizione dei ’livelli essenziali’ in ambito sanitario e sociale (LEA e LEP) pone la questione di una possibile selezione
delle prestazioni sanitarie e sociali da garantire alla popolazione regionale.
L’equilibrio tra universalità di accesso alle prestazioni, equità e qualità delle prestazioni è stato interpretato in modi
differenti; va da sé che, dovendo rimanere nei vincoli delle risorse economiche disponibili, inevitabilmente si deve
sacrificare qualcosa alla garanzia di offrire ’tutto a tutti’.
I livelli di assistenza sanitaria e sociale sono stati spesso interpretati come uno strumento per ridurre i contenuti delle
prestazioni e quindi riuscire ad attuare in modo equo ed efficiente una politica di selezione o di scelta.
Poiché da un lato è difficile ridurre i livelli di garanzia sanitaria e sociale e, dall’altro, risulta altrettanto difficile
definire in assoluto ciò che è essenziale è frequente che per ’livelli essenziali’ si intenda di fatto ’livelli sostenibili
sulla base delle risorse disponibili’. Questa è la ragione per cui sarebbe forse preferibile usare l’espressione ’livelli
garantiti’ e non ’livelli essenziali’ poiché è possibile garantire solo ciò che può essere sostenuto finanziariamente e non
tutto ciò di cui si riconosce l’essenzialità.
Per cercare di definire il concetto di livello essenziale o meglio di ’livello garantito’ di assistenza si dovrebbero
applicare i concetti di utilità, di efficacia e di economicità, questi ultimi peraltro già enunciati per la parte sanitaria
nel decreto legislativo n. 229/1999.
Di fatto il sistema sanitario e sociale dovrebbe poter rispondere ai bisogni della sua popolazione in modo efficace ed
efficiente, avendo come obiettivo la riduzione delle disuguaglianze di esito e di accesso.
L’assunzione del compito di aumentare l’equità complessiva del sistema può però mettere in crisi la logica di una valutazione
condotta sui soli principi di valutazione economico finanziaria nella definizione di priorità in sanità, per cui, solo
garantendo una proficua interazione tra l’analisi dei bisogni, i criteri del decisore politico, le evidenze dell’operatore
sanitario e sociale ed il consenso dell’utenza, si può pensare di arrivare ad una soluzione accettabile al problema della
definizione di livelli essenziali (garantiti) di assistenza o di prestazioni.
A questo proposito il Piano realizzerà questo complesso processo definitorio consapevole della necessità di una integrazione
delle diverse competenze.
Da un lato, infatti, è necessario disporre di informazioni di tipo epidemiologico e sociale per la definizione del bisogno e
per fornire una dimensione quantitativa del problema ed individuare un percorso risolutivo; dall’altro, sono da compendiare
conoscenze di natura economica e sociale in presenza di vincoli di bilancio noti e predeterminati da parte degli enti
coinvolti nei processi di erogazione delle prestazioni sanitarie e sociali. Non da ultimo é incluso in questo processo
definitorio il privato sociale e tutti quei testimoni privilegiati che consentono una lettura del bisogno stesso più vicina
possibile alla persona che ne è portatrice.
La popolazione ed il contesto di riferimento.
I principi generali considerati nei punti precedenti e che vengono assunti a riferimento del piano regionale per la salute ed
il benessere sociale 2006-2008, vanno letti in relazione ai bisogni di una popolazione che presenta le seguenti
caratteristiche: Struttura demografica e sociale.
Alla data del 1° gennaio 2002, la popolazione della Valle d’Aosta ammontava a 120.909 persone di cui 2.630 stranieri
residenti, pari al 2,2% del totale, in prevalenza femmine. Il tasso di immigrazione è in linea con la media nazionale e
lievemente inferiore rispetto al nord ovest.
Complessivamente l’immigrazione valdostana proviene in misura maggiore dall’area africana settentrionale e da quella europea
centro orientale. La maggioranza di stranieri residenti èconiugata e le classi di età più numerose sono quelle tra 30 e 39
anni. Fino ai 44 anni la geografia più rappresentata è quella africana settentrionale, mentre dai 45 anni in poi sono in
proporzione più numerosi gli stranieri di provenienza europea. Oltre ad Aosta, che ospita il maggiore insediamento, in misura
sensibilmente inferiore si registra una discreta presenza di stranieri residenti nei comuni di Courmayeur, Valtournenche e
Saint-Vincent.
Il distretto che comprende il capoluogo e il distretto n. 3 (Media Valle) sono quelli a più elevata densità
abitativa. La popolazione è insediata soprattutto nei fondovalle e lungo il corso della Dora Baltea. Ad Aosta risiede il
28,3% della popolazione e, unendo anche i comuni che circondano il capoluogo, la percentuale approssima la metà della
popolazione regionale. Tra gli altri comuni della regione. quelli più popolati sono: Saint-Pierre, Sarre, Villeneuve,
Saint-Christophe, Gressan, Saint-Vincent, Châtillon,Pont-Saint-Martin e Verrès.
Il numero medio di figli per donna è 1,33 - poco più elevato sia del nord-ovest, sia dell’Italia. Ogni 1.000 residenti
nascono 9,2 bambini e, in questo caso, il valore è lievemente superiore a quello del nord-ovest, ma inferiore a quello della
media nazionale. Ad eccezione del distretto n. 1 (Alta Valle), la differenza tra il numero di nati e quello dei deceduti in
un anno è negativa; a determinare comunque la crescita della popolazione regionale sono i nuovi cittadini, soprattutto
stranieri, iscritti nelle liste dei residenti, la cui propensione alle nuove nascite è maggiore di quella della popolazione
locale: se infatti nel 2000, a fronte di 1.153 nati in Valle d’Aosta, 56 (il 4,8%) erano stranieri, oggi questa percentuale
supera l’11%.
Come nel resto d’Italia, alla nascita si registrano più maschi che femmine e questa prevalenza maschile perdura fino ai 60
anni di età quando il rapporto tra maschi e femmine si inverte - e cresce - in favore delle donne, per effetto della loro
naturale maggiore longevità, ma anche per una mortalità maschile che in Valle d’Aosta è superiore - e più precoce - della
media nazionale e delle altre aree del nord.
Il distretto con la popolazione più giovane è il n. 1 (Alta Valle), contrapposto al distretto n. 4 (Bassa Valle), che è
quello a maggiore prevalenza di anziani rispetto la media regionale. Questa differenza demografica si traduce ovviamente in
profili di salute e di bisogni sanitari e socio assistenziali diversi tra le due aree geografiche estreme della Valle.
I bambini da 0 a 10 anni sono il 9,7 % della popolazione totale, mentre gli anziani di età compresa tra 65 e 74 anni sono il
10,3% - un valore appena inferiore a quello del nord-ovest e della media nazionale. I grandi anziani, con età cioè superiore
a 74 anni, sono il 7,9 % - inferiori sia al nord-ovest, sia alla media nazionale.
Ad essi, anziani e bambini, la società valdostana ha riservato particolare attenzione in termini di offerta di servizi
perseguendo obiettivi legati sia alla promozione ed al sostegno dei loro diritti individuali, sia al sostegno delle
responsabilità familiari legate al lavoro di cura ed alla sua conciliazione con il lavoro per il mercato, in particolar modo
per le donne. E’ noto infatti, che tra le azioni più efficaci nel contrastare e ridurre il rischio di povertà per le famiglie
vi é la possibilità di disporre di un secondo reddito (anche parziale) legato alla partecipazione al mercato del lavoro.
Per la primissima infanzia (0- 3 anni), è in corso una intensificazione della varietà delle risposte istituzionali
organizzate, che registra allo stato attuale un rapporto di 2 posti ogni 10 bambini. L’ampliamento dell’offerta è diretto a
creare risposte a tutte le famiglie che includono bambini di età inferiore ai 3 anni che, per scelta educativa o per
necessità familiari, hanno bisogno di usufruire di servizi che promuovano o agevolino la conciliazione tra responsabilità
familiari e quelle di tipo lavorativo, considerando sempre centrale la necessità di garantire e promuovere i diritti dei
bambini all’educazione ed alla socializzazione extra-familiare.
Per gli anziani l’offerta media regionale è di 9 posti in strutture residenziali ogni 100 persone ultrasessantacinquenni,
indipendentemente dal loro stato di salute e dal loro livello di autonomia funzionale e psichica. Anche per loro l’analisi
dei bisogni di salute e di assistenza consentirà nel prossimo futuro inserimenti più idonei e conformi alle tipologie di
strutture.
Per quanto riguarda le famiglie, alla data dell’ultimo Censimento 2001 dell’Istat, in Valle d’Aosta se ne contano 53.333, di
cui il 34,8 % composte da una sola persona che rappresentano la categoria di famiglia più diffusa nella nostra regione con
percentuali superiori sia a quelle del nord-ovest, sia al resto d’Italia.
Pensando quindi alle politiche sociali ed a quelle familiari in particolare sarà necessario considerare questaspecificità
regionale.
Rispetto ai soli nuclei familiari (almeno 2 persone) ed alle altre aree geografiche del nord, in Valle d’Aosta sonopresenti
meno coppie coniugate; le famiglie composte da coppie configli rappresentano la percentuale più elevata (50,6%), sebbene si
tratti di un valore inferiore sia al nord-ovest, sia alla media nazionale.
Le coppie senza figli sono in proporzione più numerose che altrove e rappresentano il 35,1% dei nuclei familiari.
Sono presenti inoltre famiglie monogenitoriali, formate cioè da un solo genitore con figli, che rappresentano il 14,4% del
totale, una percentuale più elevata del nord-ovest e della media nazionale. Tra queste, particolarmente elevata, anche
rispetto ai confronti è la percentuale delle madri sole con figli.
Si è detto che la crescita della popolazione regionale è fortemente legata ai comportamenti riproduttivi dei cittadini
stranieri, che secondo i dati dell’ultimo censimento costituiscono poco più del 2% della popolazione residente nella nostra
regione e sono in prevalenza persone adulte. Negli ultimi dieci anni il numero di cittadini stranieri regolarmente presenti
nella nostra regione è quasi raddoppiato ed è interessante evidenziare una progressiva femminilizzazione dei flussi
migratori. Dai dati del ’Secondo rapporto su vulnerabilità e povertà in Valle d’Aosta’, il tasso di femminilizzazione degli
stranieri è passato dal 42,8% del 1997 al 51,2% del 2003 . Tra le ragioni di quest’ultimo fenomeno vi sono i processi legati
al ricongiungimento familiare, anche se il lavoro, in particolare quello alle dipendenze, rimane in ogni caso il principale
motivo di presenza nella nostra regione.
Il benessere sociale.
Al concetto di benessere si associa spesso prevalentemente quello di ricchezza economica, anche se l’associazione risulta
troppo semplicistica per spiegare i determinanti reali della condizione di povertà e diemarginazione sociale.
In base alle stime regionali diffuse dall’ISTAT per il 2002-2003, l’incidenza della povertà relativa - secondo la quale è
povero chi ha accesso ad un consumo pari o inferiore al consumo medio pro-capite - è inferiore in Valle d’Aosta (7%) non solo
rispetto al valore medio nazionale, ma anche rispetto a quella che si stima in altre regioni autonome quali il Trentino-Alto
Adige ed il Friuli Venezia Giulia (rispettivamente 11% e 9%). Le ridotte dimensioni della Valle d’Aosta, e delle altre due
regioni prese come riferimento, influiscono tuttavia significativamente sui risultati del calcolo delle stime ed è quindi
necessario leggere i dati con cautela, considerandoli prevalentemente dal punto di vista del trend che, per la nostra
regione, non mostra significativi scostamenti tra il 2002 e il 2003. Queste stime, inoltre, si basano su una soglia di
povertà relativa calcolata in rapporto ai consumi medi nazionali e non tengono quindi conto del più elevato costo della vita
nella nostra regione, per il quale potrebbe esservi una quota di individui e di famiglie che non è povera rispetto agli
standard nazionali, ma lo è rispetto a quelli regionali.
I dati segnalano una situazione certamente non drammatica, ma in tensione, a seguito dei processi di de-industrializzazione e
di trasformazione del mercato del lavoro, di invecchiamento della popolazione e di crisi degli assetti familiari
tradizionali: fenomeni che possono mettere in difficoltà sia i bilanci delle famiglie, sia il sistema di welfare regionale
così come tradizionalmente sviluppatosi fino ad oggi.
Al fine di sostenere gli individui e le famiglie che vivono in condizione di difficoltà socio-economica e con l’obiettivo di
evitare che queste condizioni si cronicizzino, sono state messe in campo numerose strategie sociali regionali. La possibilità
di usufruire di misure di sostegno economico è sicuramente essenziale, ma da sola non è sufficiente per coloro che si trovano
a vivere in condizione di povertà.
Da una prima indagine campionaria (1) ((Complessivamente il gruppo (coorte)
dei beneficiari era composto da 195 individui e l’arco temporale lungo il quale è stata osservata la storia di questi casi
(finestra di osservazione) è stato esteso a tutto il 2003))regionale pubblicata nel ’Secondo rapporto su vulnerabilità e
povertà in Valle d’Aosta’ a luglio 2005 - a cura della Commissione regionale sullo stato della povertà e dell’esclusione
sociale in Valle d’Aosta - su coloro che a partire dal 1999 hanno beneficiato per la prima volta degli interventi regionali
di assistenza economica ’minimo vitale’ e sussidi straordinari (artt. 3 e 5, l.r. 19/1994), emergono alcuni elementi utili
per la programmazione delle politiche in quest’area di intervento che, pur non potendo essere generalizzati ai fini della
descrizione delle caratteristiche delle condizioni di bisogno dell’intera popolazione regionale, certamente tracciano un
profilo interessante dei cittadini noti ai servizi per essere portatori di questa particolare condizione di bisogno.
Sulla base dei risultati della ricerca - nell’ambito della quale i beneficiari sono stati suddivisi in persone ’abili’ e ’non
abili’ (anziane e/o invalide) - quasi tre quarti degli assistiti facenti parte della coorte esaminata sono persone ’abili’
(69%), appartenenti a famiglie monogenitoriali in misura del 40,6%, unipersonali per il 33,1% o coppie con figli in cui
entrambi i coniugi sono disoccupati o senza pensione nel 63% dei casi, ma è stata rilevata anche una significativa quota di
famiglie assistite con un solo coniuge occupato.
Nella metà dei casi i beneficiari sono giovani adulti in età compresa tra i 30 ed i 40 anni mentre per circa un terzo sono
persone di mezza età (35% con 45-64 anni).
I minori assistiti si trovano prevalentemente in famiglie monogenitore, con adulto di riferimento la madre.
I beneficiari ’non abili’ sono nel 70% persone sole.Emerge inoltre, che la maggioranza degli assistiti è costituita da donne
(68%) e che un quinto dei beneficiari è costituito da immigrati.
Quest’ultimo dato risulta particolarmente interessante se si considera che gli immigrati regolari costituiscono circa il
2%della popolazione residente in Valle d’Aosta.
La disoccupazione costituisce solo uno dei fattori divulnerabilità e i beneficiari che vivono in nuclei in cuientrambi i
coniugi lavorano o sono pensionati sono pochi: l’accessoal mercato del lavoro - e soprattutto ad un lavoro
sufficientementestabile e adeguatamente remunerato - rappresenta, come noto, un fattore importante nella prevenzione del
rischio di vulnerabilità sociale e di situazione di povertà.
Accanto alla questione del lavoro, un altro elemento di vulnerabilità economica e sociale è costituito dalla difficoltà di
accesso all’abitazione; non a caso, la maggioranza di coloro che hanno accesso ai contributi di assistenza economica (68%),
vive in affitto e non in proprietà.
Al fine di promuovere il benessere sociale in coloro che si trovano a vivere in situazioni di vulnerabilità e povertà a
seguito del verificarsi di particolari circostanze biografiche, occorre porre l’attenzione allo sviluppo di politiche di
integrazione sociale trasversali: è necessario pertanto un costante impegno nel favorire e migliorare processi basati sulla
collaborazione ed il lavoro di rete, non solo tra i diversi livelli di governo e settori di azione pubblica, ma anche con il
Terzo settore e le comunità locali. Solamente la promozione di una cultura condivisa e una sensibilizzazione ad ampio raggio
su questi temi potrà portare a mettere in atto strategie sempre più efficaci nel prevenire e contrastare le situazioni di
disagio e di marginalità sociale, sostenendo coloro che ne sono colpiti.
Lo stato di saluteDai dati dell’ultima Indagine Istat sullo stato di salute e sull’accesso ai servizi del 2000, nonostante il
giudizio diventi meno benevolo con il passare degli anni, i valdostani in generale sentono di stare bene in salute: solo il
7,3% degli uomini e il 13% delle donne ha dichiarato di sentirsi ’male o molto male’ riferendosi alla propria condizione
psico-fisica. Le donne accusano più problemi degli uomini, specie in età avanzata.
Fino a 14 anni sono più colpiti da patologie i maschi e le malattie che prevalgono sono quelle allergiche e l’asma
bronchiale.
I residenti con più di 15 anni che dichiarano di avere avuto diagnosticata almeno una malattia cronica sono il 21,1% tra gli
uomini e il 29,4% tra le donne. Le donne risultano maggiormente colpite rispetto agli uomini da cataratta, malattie della
tiroide, lombosciatalgie, osteoporosi, calcolosi del fegato e delle vie biliari, cefalee ed emicranie ricorrenti, vene
varicose, artrosi e artriti; mentre negli uomini prevalgono, a confronto con le donne, l’infarto del miocardio, le ernie
addominali, l’ulcera gastrica o duodenale, i disturbi cardiologici.
Tra i 15 e i 64 anni le donne accusano con maggiore frequenza più malattie croniche degli uomini, in modo significativo per
quelle che riguardano le vene varicose, le malattie della tiroide, le calcolosi del fegato e delle vie biliari, le cefalee,
le emicranie e l’osteoporosi.
Tra gli anziani ultrasessantacinquenni, ad incidere maggiormente sulla salute delle donne sono l’ipertensione, le vene
varicose, le malattie della tiroide, le artrosi e le artriti, le lombosciatalgie e l’osteoporosi. Gli uomini
ultrasessantacinquenni sono invece maggiormente colpiti da bronchite cronica, ulcera gastrica o duodenale e da ipertrofia
della prostata.
Tra la popolazione straniera l’unico dato disponibile sul bisogno di salute attiene ai ricoveri che, dal 1993 al 2003, hanno
subito un aumento percentuale (76,6%), a fronte di una contrazione del medesimo fenomeno (-24,3%) sul resto della popolazione
assistita.
Tra gli stranieri sono le donne ad essere maggiormente ospedalizzate, in parte anche per effetto dei ricoveri legati a
gravidanza e parto.
Sul totale dei ricoveri risulta evidente, rispetto al resto della popolazione, la maggiore ospedalizzazione di bambini tra 0
e 4 anni e di adulti tra 20 e 44 anni (su cui incidono anche i ricoveri attribuibili alla gravidanza e al parto) oltre che
una scarsa ospedalizzazione degli anziani, verosimilmente ancora poco presenti nella popolazione straniera.
Il motivo più frequente di ospedalizzazione tra gli stranieri è la gravidanza e/o il parto normale: nei dieci anni oggetto di
studio, tra le 10 cause di ricovero più frequenti si registrano: l’aborto indotto, i traumatismi intracranici e l’appendicite
o altre malattie dell’appendice, che sono sempre presenti. Negli anni invece antecedenti il 1998 le cause più rilevanti per
occorrenza sono le fratture - in particolare quelle degli arti inferiori - e le tonsilliti acute e croniche.
Al fine di cogliere eventuali specificità del ricorso al ricovero tra i cittadini stranieri rispetto al resto della
popolazione e quindi al fine di individuare bisogni di salute che caratterizzano maggiormente la popolazione straniera
rispetto a quella locale è emerso come gli stranieri contribuiscano, per una quota particolarmente rilevante, ai ricoveri
dovuti a complicanze successive ad aborto, soprattutto nel biennio 1996-1997 e in quello 1998-1999. Ciò segnala come le donne
immigrate non sempre abbiano le informazioni, le competenze, le risorse (cognitive, relazionali, di libertà personale)
necessarie per rivolgersi ai servizi territoriali di base, sia per essere seguite in gravidanza, sia per ottenere
informazioni e strumenti contraccettivi adeguati.
Per quanto attiene l’analisi della mortalità, l’Atlante regionale della mortalità in Valle d’Aosta dal 1980 al 2003 ha
individuato alcune aree di criticità su cui intervenire con azioni mirate per contrastare gli eccessi di mortalità per
specifiche cause, su selezionati gruppi di popolazione o su aree territoriali definite dagli ambiti amministrativi delle
comunità montane o dei distretti.
L’obiettivo principale della programmazione è infatti quello di ridurre le disuguaglianze portando tutti gli ambiti
territoriali regionali allo stesso livello di quelli che registrano i migliori risultati di salute.
A tal proposito l’Atlante documenta come i residenti nei comuni classificati ’deprivati’ in base all’indice di deprivazione
socio-economicco dell’ISTAT, abbiano, indipendentemente dalla causa e dall’età, un rischio di morte superiore dell’11%
rispetto a quello medio regionale e come questa associazione tra svantaggio sociale e mortalità sia evidente soprattutto tra
gli uomini.
Da uno sguardo d’insieme la Valle d’Aosta presenta una mortalità tipica delle zone di montagna, dove gli indicatori sono
spesso sfavorevoli rispetto a quelli registrati nelle altre zone del territorio nazionale. Rispetto la media nazionale, la
mortalità regionale è più elevata tra gli uomini e, benché si sia ridotta molto dal 1980 al 2003, la flessione è stata
comunque inferiore a quella registrata nel resto d’Italia. Anche la mortalità femminile, che negli anni ’90 era inferiore a
quella media italiana, dal 2000 si sta allineando al valore medio nazionale. Questa caratteristica sfavorevole nei valori
della mortalità, tipica delle zone montane, si produce come esito di numerosi fattori di cui, alcuni legati a particolari
stili di vita, altri alle caratteristiche del territorio, altri ancora alle modalità di accesso ai servizi e agli interventi
efficaci per la salute.
L’obiettivo della programmazione regionale consiste pertanto nel contrastare le caratteristiche tipiche delle zone montane
affinché non diventino differenze di salute nelle popolazioni che vi vivono, sviluppando invece ciò che in montagna può
rappresentare un valore aggiunto per la salute ed il benessere della popolazione.
Rispetto al dodicennio 1980-1991, a fine 2003 la flessione nella mortalità generale è stata del 21,1% tra gli uomini e del
26,5% tra le donne. I migliori risultati si sono ottenuti nella mortalità precoce, quella cioè antecedente i 75 anni di età,
con decrementi del 18,9% tra gli uomini e del 25% tra le donne oltre che in quella infantile, cioè
fino al primo anno di vita, che ha ottenuto i risultati migliori riducendosi del 41% tra il 1980 e il 2003.
Come ovunque in Italia, anche in Valle d’Aosta le prime cause di morte sono quelle imputabili a patologie dell’apparato
circolatorio e ai tumori, che insieme incidono sulla mortalità totale per il 61,9 % tra gli uomini e per il 70,25 % tra le
donne.
Soprattutto sui tumori la programmazione socio-sanitaria regionale individua azioni volte a guadagnare più salute,
coordinando tra loro settori di attività diversi come quello della prevenzione, della diagnostica, delle cure e, più in
generale dell’ambiente e degli stili di vita. E’ proprio sull’ambiente di vita e sulla sua specificità che si dovrà
costituire il laboratorio privilegiato entro cui progettare e rendere operativi i programmi di prevenzione, di cura e di
riabilitazione per le popolazioni di montagna.
Anche se la riduzione delle disuguaglianze nella salute dipende da fattori molteplici, dei quali solo una parte è
direttamente controllabile dalle politiche sanitarie, solo un’azione di governo congiunta, che preveda la cooperazione
sistematica tra i diversi settori interessati (ambiente, istruzione, attività produttive), potrà ottenere i risultati
migliori.
Oltre alle malattie dell’apparato respiratorio - terza causa di morte - la Valle d’Aosta registra al quarto posto, per
frequenza di accadimento, le cause accidentali, che salgono al secondo posto negli uomini per numero di anni di vita persi
prima del compimento dei 74 anni di età. Come nel resto d’Italia gli uomini presentano un rischio di morte triplo rispetto
alle donne,
dovuto essenzialmente ad incidenti sul lavoro e ad incidenti conseguenti all’abuso di alcol e a pratiche di vita non sicure.
Nonostante che dal 1980 al 2003 la mortalità per cause accidentali si sia ridotta del 20%, questa riduzione non ha coinvolto
le età anziane che, anzi, hanno registrato un aumento del 30%, ed è inoltre rimasta ancora elevata nei ragazzi fino a 14 anni
di età.
Nella pianificazione delle azioni preventive che contrastano questo tipo di eventi occorrerà quindi dedicare particolare
attenzione ai giovanissimi, ai lavoratori e alle persone con più di 75 anni, specie se vivono da sole.
La Comunità montana Evançon è l’ambito regionale in cui si sono registrati i rischi di mortalità per cause accidentali più
elevati.
Per entrambi i sessi la mortalità più elevata, a tutte le età, si registra nella Comunità montana Grand Combin, afferente al
distretto n. 2, soprattutto per le due principali cause di morte: apparato circolatorio (specie per patologie
cerebrovascolari) e tumori. Altre indicazioni l’Atlante le offre segnalando una mortalità più elevata tra gli uomini nel
distretto n. 4 (Bassa Valle), specialmente nelle Comunità montane Evançon e Mont Rose. Tra le donne invece, seppure con
minore intensità, si registra una mortalità più elevata nel distretto n. 3 (Media Valle).
Un sistema sanitario e sociale regionale,universalistico ed equo, ha come obiettivo sostanziale quello di mettere al riparo
da differenze nel destino di salute dovute a diversità culturali, linguistiche, sociali, economiche e religiose, tutti i
sottogruppi che compongono la popolazione di riferimento e di fare in modo che le diversità non pesino come disuguaglianze,
cioè come differenze ingiuste e non volute.


VALORI E STRATEGIE DI SVILUPPO E QUALIFICAZIONE PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE E DEL BENESSERE SOCIALE


I principi generali di riferimento indicati nella prima parte del documento di piano evidenziano quali linee di sviluppo
l’azione di governo della Regione debba seguire attraverso la pianificazione. Da tali principi, emergono le seguenti
direttrici fondamentali:
1. Sviluppare il ruolo di governo della Regione nella definizione degli obiettivi di salute e di benessere sociale, nonché
nella determinazione del sistema di offerta delle prestazioni.La realizzazione di una pianificazione che propone le
direttrici fondamentali
già enunciate nella sezione metodologica, richiede la nuova definizione del ruolo strategico della Regione nella
consapevolezza che la prospettiva di promuovere un sistema per la salute e il benessere sociale comporta la responsabilità
complessiva del sistema e non di singoli segmenti, in quanto si devono garantire quanta più salute e benessere sociale
possibili, non solo attraverso i soggetti dell’organizzazione pubblica, ma anche attraverso gli altri soggetti non pubblici e
gli altri settori non sanitari.
2. Implementare i sistemi di conoscenza delle differenze di salute e di benessere sociale nella popolazione.
Il sistema valdostano dispone di un ricco patrimonio di dati e conoscenze che però, originandosi da esigenze diverse,
presenta caratteristiche di frammentarietà e non totale adeguatezza per le finalità conoscitive specifiche della salute, del
bisogno sociale e del ricorso ai servizi. Nasce quindi la necessità per il sistema valdostano di misurare adeguatamente, per
continuità, completezza e qualità, le caratteristiche sociali della popolazione e delle persone che utilizzano l’assistenza
sanitaria e sociale con finalità specifiche di valutazione. L’obiettivo strategico del Piano si propone di progettare e
mettere in opera gli interventi minimi di correzione dei sistemi informativi che sono necessari per aumentare la capacità del
servizio regionale di studiare, monitorare e valutare problemi ed interventi che riguardano l’equità nella salute e nel
benessere sociale.
3. Contrastare le disuguaglianze nella salute mediante azioni esplicite, di riconosciuta evidenza e sostenibili secondo i
criteri del finanziamento del sistema.
Le disuguaglianze nella salute traggono origine sia dal modo con cui la società valdostana produce e distribuisce risorse e
sostiene le capacità di fruirne attraverso le politiche generali e settoriali, sia da meccanismi più prossimali, che sono
legati ad una diseguale distribuzione dei fattori di rischio per la salute. L’obiettivo strategico del Piano si propone di
identificare nella letteratura e nell’esperienza di altri Paesi e Regioni, quelle politiche e quegli interventi (reddito,
lavoro, ambiente, welfare) che hanno mostrato, da un lato, maggiore capacità di influenzare la distribuzione delle risorse e
delle capacità di utilizzarle e, dall’altro, maggiore efficacia nella riduzione tra i gruppi più socialmente vulnerabili
dell’esposizione a fattori di rischio per la salute (stili di vita, fattori psico-sociali, fattori di rischio ambientali).
4. Garantire a tutti i cittadini equità ed universalità di accesso a cure e ad azioni appropriate ed efficaci rispetto ai
bisogni, con particolare attenzione alla congruità dei tempi e alle modalità di risposta.
Le disuguaglianze nel sistema e nell’assistenza sanitaria nascono quando le caratteristiche sociali della persona, della
famiglia o del contesto, costituiscono un ostacolo all’accesso e all’utilizzo degli interventi efficaci e sicuri con cui la
medicina e la sanità si prendono cura della salute e del benessere delle persone. L’obiettivo strategico del Piano si
preoccuperà, da un lato, di operare affinché la residenza in un territorio montano non influisca come disuguaglianza
nell’accesso tempestivo ai servizi e, dall’altro, di sottomettere i percorsi assistenziali che hanno maggiore impatto in
termini di speranza e di qualità della vita, ad una rigorosa verifica di processo e di risultato per valutare se, nei punti
più critici di ogni percorso assistenziale, non si verifichino discriminazioni attive od omissioni non volute, attribuibili o
ai comportamenti professionali, o a scelte organizzative del sistema sanitario.
5. Potenziare il ruolo strategico della prevenzione.
La programmazione sanitaria riserva una particolare attenzione all’area della prevenzione, ritenendola strategica dal punto
di vista organizzativo e determinante dal punto di vista etico ai fini della tutela e della promozione della salute delle
persone.
L’obiettivo strategico del Piano è perseguibile attraverso il coinvolgimento non solo dell’Azienda U.S.L ma anche delle
varie organizzazioni della società civile e sociale della Regione ivi compresa la scuola.
Per quanto attiene all’Azienda U.S.L. è opportuna una revisione delle attività del Dipartimento di Prevenzione,
caratterizzata da un maggior orientamento dei servizi ai bisogni di salute della popolazione. L’azione di rinnovamento si
dovrà attenere ai valori ed ai principi della promozione della salute, del miglioramento continuo della qualità e della
prevenzione basata sulle prove di efficacia.
6. Assumere decisioni di programmazione in relazione ai bisogni di salute e di benessere sociale della popolazione,
documentati dall’analisi epidemiologica e sociale.
Le profonde trasformazioni istituzionali ed organizzative che attraversano il sistema sanitario nazionale, quello regionale e
l’intero welfare italiano, unitamente ai cambiamenti socio-economici e demografici della società, producono degli effetti
sulla salute, diretti o indiretti, cercati o non voluti, di cui i soggetti ed i processi di presa delle decisioni non sempre
riescono a tenere in debito conto. In questo contesto risultano importanti i contributi dell’epidemiologia e della ricerca
sociale - nell’analisi dei bisogni e nella scelta delle priorità - nonché delle tecniche di valutazione della qualità,
dell’appropriatezza e dei risultati degli interventi e delle politiche.
In ambito sociale la lettura e la determinazione dei bisogni è tuttavia estremamente complessa in quanto predominante è la
dimensione soggettiva della percezione. Per questa ragione, e a differenza di quanto avviene in ambito sanitario, non si
dispone nelle scienze sociali di strumenti universalmente validi per misurare l’efficacia delle risposte istituzionalmente
organizzate, poiché queste sono spesso modulate su singoli casi molto personalizzati.
Ciononostante, la disponibilità in letteratura di buone pratiche professionali e i risultati conseguiti attraverso
metodologie di lavoro collaudate in altri contesti, risulteranno elementi essenziali per la presa di decisioni, anche in un
ambito tradizionalmente qualitativo come quello socio-assistenziale e sociale.
7. Definire i livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) e delle prestazioni sociali (LEP) garantiti dalla Regione.
I livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA), come è noto, individuano le tipologie, le prestazioni ed i servizi che il
Servizio Sanitario Nazionale offre, produce e finanzia in applicazione dei principi ispiratori, delle finalità e degli
obiettivi dello stesso.
I livelli essenziali di assistenza sono il punto fondamentale di riferimento dei rapporti tra bisogni e risorse e tra domanda
e prestazioni, in quanto i bisogni sanitari possono essere soddisfatti solo nel limite delle risorse disponibili per il
finanziamento dei livelli e la domanda di prestazioni e/o servizi deve essere conforme alle forme assistenziali, ai servizi
ed alle prestazioni uniformi ed essenziali previste.
In ambito sanitario, i livelli sono definiti essenziali ritenendo l’essenzialità un elemento di garanzia della
indispensabilità della tipologia assistenziale e del beneficio che le prestazioni ed i servizi determinano in termini di
salute, a livello individuale e/o collettivo, sulla base delle evidenze scientifiche.
I livelli di assistenza, in particolare:
- concorrono, attraverso le tipologie assistenziali, ad identificare il servizio sanitario costituito a livello regionale,
quale complesso delle aree di offerta o funzioni assistenziali costituito ed organizzato da ciascuna regione;
- definiscono l’offerta assistenziale, organizzata secondo modalità stabilite dalla regione, in rapporto ai bisogni di
salute ed alle aspettative della popolazione;
- orientano la produzione delle prestazioni e dei servizi.
Nella prospettiva di razionalizzare e qualificare gli interventi ed i servizi socio-assistenziali e di promuovere il “sistema
salute” è evidente che la programmazione regionale, dopo la definizione dei livelli essenziali di assistenza definiti in
applicazione degli Accordi sanciti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, debba porsi l’obiettivo di individuare
anche per i servizi socio-assistenziali un analogo strumento.
Pur con diverse caratteristiche, LEA e LEP sono un punto strategico fondamentale della programmazione della Regione.
8. Assumere il territorio come riferimento fondamentale per lo sviluppo e la qualificazione del servizio socio-sanitario
regionale e per la promozione di un sistema di servizi che si fa carico, in modo unitario, delle necessità sanitarie e
socio-educative-assistenziali della popolazione.
Benché i livelli essenziali di assistenza individuino e ripartiscano l’organizzazione dei servizi e delle prestazioni in tre
aree di offerta, di cui due a riferimento territoriale, il ruolo del distretto e degli enti locali in esso istituzionalmente
rappresentati dovrà essere ulteriormente potenziato.
La riqualificazione e lo sviluppo della rete assistenziale distrettuale diventa pertanto punto fondamentale e strategico
della programmazione, puntando sul distretto, secondo quanto in precedenza evidenziato nella prima parte del piano ed avendo
attenzione al rapporto fra sanità, salute, ambiente e contesto socio-economico per rispondere alle esigenze che il quadro
demografico, epidemiologico e sociale della Regione evidenzia.
9. Assicurare l’autonomia della persona ed il suo diritto ad una vita autodeterminata.
Va considerata residuale e superata la visione delle politiche sociali identificate con gli interventi di assistenza
economica, collocando le prestazioni (a favore di singole persone e delle famiglie) in un più ampio quadro di servizi
finalizzati alla promozione, al trattamento ed alla integrazione sociale di chi è in difficoltà, favorendo la sua autonoma
capacità di affrontare i problemi.
A questo scopo le eventuali erogazioni economiche sono definite nel quadro di un più ampio progetto di sostegno e di
servizio, contrastando la dipendenza assistenziale ed evitando le erogazioni meccanicamente collegate a meri accertamenti
formali.
Pertanto, i servizi e gli operatori sociali, a fronte delle domande loro rivolte, dovranno analizzare in modo globale il
bisogno, individuare i problemi da affrontare e, tenendo conto delle priorità stabilite in sede politica e delle risorse
disponibili, intervenire con la metodologia di lavoro per progetti.
10. Valorizzare e sostenere la famiglia, riconoscendo e sostenendone il ruolo nella formazione e nella cura della persona,
nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale.
La famiglia è il soggetto sociale fondamentale nell’ambito del quale gli individui sviluppano le proprie capacità ed è
compito dell’insieme delle politiche sociali valorizzare questo ambito relazionale, riconoscendo e sostenendo le sue
funzioni e le sue responsabilità legate alla crescita dei minori e alla cura dei suoi membri, nonché della solidarietà che
essa sviluppa tra le generazioni.
La legge regionale n. 44 del 27 maggio 1998 “Iniziative a favore della famiglia” ha introdotto un riconoscimento esplicito
delle responsabilità familiari e dell’importanza di promuovere e sviluppare iniziative dirette a sostenere la famiglia e le
altre forme di convivenza parentale come soggetti sociali nell’ottica di garantire e promuovere i diritti di tutti i suoi
membri nelle diverse fasi del ciclo della vita ed in particolari situazioni di difficoltà e vulnerabilità.
Si identificano, quindi, le famiglie e l’associazionismo familiare quali soggetti unitari ed attivi nel campo delle
politiche sociali, valorizzando e promuovendo le solidarietà e le responsabilità interne della famiglia e delle reti
parentali.
11. Assicurare la sostenibilità delle decisioni assunte in rapporto alla disponibilità di risorse finanziarie, tecnologiche
ed umane necessarie a realizzare gli obiettivi della pianificazione.
E’ noto che ogni processo di programmazione, sotto il profilo delle strategie adottabili, non è indipendente dalle risorse
disponibili per il raggiungimento dei risultati.
Gli obiettivi proposti dal Piano e le azioni previste per il loro perseguimento sono pertanto sostenibili nella misura in
cui tengono conto dei vincoli economici, di professionalità e di disponibilità di risorse umane e tecnologiche.
L’adozione di un Piano, ovviamente, non può essere intesa come sovrapposizione a quanto in corso di attività secondo una
passiva e tacita convivenza del nuovo con il passato.
Le linee essenziali delle azioni che caratterizzano il Piano e la scelta degli obiettivi devono pertanto coniugare le linee
direttici del piano, dalla promozione del sistema salute al miglioramento della efficacia e dell’efficienza degli
interventi, con revisioni delle logiche clinico- assistenziali di erogazione delle prestazioni e fornitura dei servizi,
nell’obiettivo della efficacia e della appropriatezza, e con l’introduzione di logiche economico-produttive e gestionali
nella organizzazione e gestione dei servizi, nell’obiettivo della efficienza.
Gli strumenti ritenuti a tal fine più indicati sono:
- la Evidence Based Prevention, la Evidence Based Medicine e la Evidence Based Nursing (E.B.P., E.B.M e E.B.N.), quale
sistema internazionalmente definito, che garantisce l’uso coscienzioso, esplicito e giudizioso della migliore evidenza
scientifica per prendere decisioni sulla assistenza clinica al singolo paziente;
- la Evidence Based Health Care (E.B.H.C.) quale attività che consente a coloro che gestiscono servizi sanitari ed hanno
responsabilità decisionali, di determinare il mix di servizi da erogare e da operare secondo criteri eticamente e
scientificamente rigorosi;
- la Technology Assessment (T.A.), quale studio delle implicazioni mediche, sociali, etiche ed economiche delle decisioni
in ambito sanitario, allo scopo di supportare le scelte e le azioni di politica sanitaria;
- il Disease Management (D.M.), quale sistema di organizzazione e gestione dei processi clinico-assistenziali basato sulla
aggregazione di assistiti o pazienti in rapporto alla severità del quadro clinico ed alla omogeneità dei profili
assistenziali;
- la Buona Pratica Professionale (B.P.P.) nei servizi e negli interventi socio-educativi-assistenziali, quale standard o
valori di riferimento comunemente osservati e/o definiti in appositi Studi per orientare attività, decisioni e
comportamenti in relazione ai bisogni di altri soggetti, a garanzia della tutela dei diritti, della sicurezza e del
benessere dei soggetti interessati, nonché della qualità delle prestazioni.
Tutto ciò è infine strettamente correlato con gli obiettivi e con le politiche adottate per la formazione e per
l’aggiornamento delle risorse umane impiegate in ambito sanitario e sociale. E’ oramai opinione diffusa che in tutte le
organizzazioni produttive, le risorse umane costituiscano elemento strategico e fattore critico di successo. Ciò è ancor più
vero nelle organizzazioni che producono servizi sanitari e sociali diretti alle persone. Nei servizi di cui trattasi, il
rapporto tra utente e professionista risulta infatti caratterizzato da un elevato grado di personalizzazione, di
umanizzazione e di affidabilità delle prestazioni, al punto che il giudizio sulla qualità dei servizi è spesso fortemente
influenzato dalla percezione che l’utente ha di questi aspetti.
L’interesse della programmazione socio-sanitaria regionale è pertanto rivolto al ruolo delle persone che partecipano alla
produzione di servizi sanitari e sociali in virtù della riconosciuta importanza del fattore umano nella realizzazione sia di
obiettivi di efficienza, di efficacia, di qualità e di appropriatezza, sia di condizioni ottimali per la personalizzazione e
per l’umanizzazione dei servizi e delle prestazioni offerti.
12. Condividere un Piano che è anche Progetto.
Il perseguimento delle finalità del Piano pone l’esigenza di assicurare l’applicabilità delle azioni previste all’interno del
triennio di validità della programmazione regionale.
Tuttavia, l’ambiziosità di alcuni obiettivi, solo avviati nel periodo di validità di questo documento triennale, necessita di
consensi e premesse operative per un loro proseguimento anche oltre il triennio in oggetto, pena la loro stessa credibilità.
Per assicurare coerenza fra quanto previsto ed i tempi di applicazione richiesti per il raggiungimento dei risultati è
necessario che la pianificazione, per determinate azioni, assuma caratteristiche di progettazione di medio/lungo periodo,
secondo un quadro strategico di previsioni che renda compatibile il perseguimento degli obiettivi con le condizioni di
realizzazione delle azioni.
Per tali ragioni si ritiene necessariamente di dover assumere una logica di progettazione, con la definizione di un
“piano-progetto” che indichi anche le condizioni necessarie affinché alcuni degli obiettivi enunciati possano trovare azioni
e tempi congrui con la certezza e la responsabilità dei risultati promessi.


OBIETTIVI PER IL SODDISFACIMENTO DEI BISOGNI DI SALUTE E DI BENESSERE SOCIALE


Gli obiettivi di seguito riportati sono presentati secondo un criterio di progressione logica.
I primi attengono a finalità conoscitive, utili ad orientare le scelte e a valutare l’efficacia delle azioni, i successivi
sono riferiti agli ambiti della salute e del benessere sociale - alcuni dei quali integrati - orientati a dare inizio al
nuovo corso della programmazione in una logica sistemica orientata ’per processi’, che intende rispondere ai bisogni della
popolazione in forma coordinata ed integrata.
Alcuni obiettivi infine non hanno un ambito di riferimento specifico nel sistema dell’offerta socio-sanitaria regionale
poiché, in virtù della loro natura ’trasversale’ all’offerta socio-sanitaria stessa, la qualificano, la dotano di strumenti
di conoscenza e di valutazione, di strutture fisiche funzionali ed appropriate ai bisogni noti della popolazione regionale.
Per le motivazioni precedentemente richiamate, la trattazione degli obiettivi trasversali risulta più articolata e corredata
di maggiori riferimenti ad atti normativi ed amministrativi Per il raggiungimento di alcuni degli obiettivi riportati nel
presente Piano, data la rilevanza, la novità e la complessità delle attività e delle azioni previste, può rendersi necessario
il ricorso a consulenze ed a collaborazioni esterne all’Amministrazione regionale che coinvolgono esperti qualificati in
ambito sia tecnico, sia amministrativo. Le spese per la copertura delle consulenze e delle collaborazioni esterne rientrano
nell’ammontare complessivo delle risorse finanziarie quantificate per l’attuazione del Piano stesso e sono attribuite in via
specifica - nel triennio di riferimento - alle strutture complesse del Dipartimento regionale competente in materia.
Costituiscono infine presupposto necessario per un corretto, efficace e condiviso conseguimento degli obiettivi di seguito
esposti, la collaborazione e la partecipazione di tutti i soggetti interessati, istituzionali e non, secondo le modalità
previste dalla normativa regionale vigente.


Obiettivo n. 1.
Garantire lo sviluppo della conoscenza dei bisogni di salute e di benessere sociale, con particolare riguardo all’analisi
delle disuguaglianze di salute e dei loro determinanti.


Attività A: consolidamento dell’osservazione epidemiologica.


Quadro di riferimento.
La legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 e successive modificazioni, nell’istituire l’Osservatorio Regionale Epidemiologico e
per le Politiche sociali, o OREPS (art. 5), assegna alla struttura una funzione conoscitiva in materia di bisogni di salute e
di benessere sociale e lo fa soprattutto in relazione ai fattori che li determinano o che potrebbero ostacolarli.
La legge regionale stabilisce inoltre un debito informativo che la struttura deve assolvere verso l’esterno attraverso la
produzione della Relazione sanitaria e sociale (art. 4) e di pubblicazioni scientifiche su singole aree tematiche della
salute e del benessere sociale.
Obiettivi di questa duplice funzione - conoscitiva e comunicativa - sono quelli di:
- fornire elementi utili alla programmazione e alla valutazione dei processi e degli esiti in materia di salute e di
protezione sociale;
- orientare le scelte di programmazione e le linee di indirizzo della prevenzione in base ai bisogni;
- favorire politiche per un accesso appropriato ed equo ai servizi.
L’attivitàprevista istituzionalmente dalla legge regionale 25 gennaio 2000, n.5 è stata concretizzata nella deliberazione
della Giunta regionale n. 5187 in data 30 dicembre 2002, recante l’istituzione della Rete regionale dei referenti
dell’Osservatorio Regionale Epidemiologico e per le Politiche sociali (OREPS) e l’approvazione del Piano di attività
2002-2004.
Ad oggi, l’attività di osservazione istituzionale è esercitata attraverso la valorizzazione epidemiologica di differenti
tipologie di dati,
di cui tre di fonte istituzionale ed uno solo di provenienza regionale:
- l’indagine ISTAT quinquennale sulla salute e sul ricorso ai servizi sanitari,
- i dati ISTAT sulle cause di morte,
- i dati INAIL,
- i dati sulle cause di ricovero, rilasciati dagli archivi regionali delle schede di dimissione ospedaliera (SDO).
L’analisi dei dati, oltre a disegnare il profilo di salute della popolazione valdostana in relazione ai bisogni è condotta
riservando particolare attenzione alla valutazione dell’impatto che le disuguaglianze sociali hanno sulla salute e sul
ricorso ai servizi, sia quando queste sono rilevate in forma aggregata (indice di deprivazione del comune di residenza), sia
quando è possibile rilevarle individualmente (livello di istruzione, condizione professionale, stato civile, tipologia
familiare e stimatori del reddito individuale o familiare).
La Relazione sanitaria e sociale per l’anno 2001 e l’Atlante della mortalità in Valle d’Aosta (2005) hanno dimostrato come,
anche nella regione, le disuguaglianze sociali ed economiche differenziano e discriminano all’interno della popolazione
regionale, sia nell’accesso tempestivo ed appropriato ai servizi, sia nell’attitudine a valutare correttamente il proprio
stato di salute e ad intraprendere azioni necessarie a mantenerlo, dando origine ad un godimento differenziale del bene
salute e del suo esito finale.
Un particolare interesse suscitano infine le problematiche afferenti l’analisi dei bisogni di salute e di assistenza delle
popolazioni che vivono in montagna che, grazie allo sviluppo delle tecniche di osservazione epidemiologica differenziate per
aree geografiche, possono essere analizzate e contribuire a migliorare la capacità di programmazione e di gestione dei
servizi sanitari resi sul territorio regionale, mediante una più appropriata allocazione delle risorse umane, tecniche e
finanziarie all’interno del SSR.
Poiché tuttavia la funzione epidemiologica è tanto più svolta in forma qualificata ed efficace per la programmazione quanto
più sono presenti, evoluti e qualificati i sistemi informativi e gli archivi informatizzati locali, si renderà necessario
accompagnare le attività previste nel prossimo triennio da una più efficace e tempestiva capacità di acquisizione dei dati
regionali delle indagini statistiche nazionali, oltre che potenziare le sinergie organizzative e funzionali tra i detentori
di dati e di flussi informativi di interesse epidemiologico e sociale ed i responsabili dell’osservazione epidemiologica e
sociale.
In particolare, a determinare i livelli di ambiziosità delle analisi dell’Osservatorio saranno una serie di attività, esterne
ad esso, a cui l’Osservatorio guarderà con grande interesse, supportandone, ove di competenza, il conseguimento. Si fa
riferimento - ai collegamenti con l’ufficio di statistica della Regione per il trasferimento dei dati provenienti da
indagini ISTAT e per il trattamento di dati individuali non nominativi;
- al consolidamento di una piattaforma informativa regionale corrente in ambito sanitario;
- alla messa a regime di sistemi informativi nei settori della morbosità non acuta (tramite specialistica ambulatoriale,
pronto soccorso e farmaceutica) e dell’attività dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta;
- all’adeguatezza del registro regionale di mortalità a fini di valorizzazione epidemiologica ;
- all’accoglimento, all’interno degli attuali flussi informativi, di dati riferiti alle caratteristiche sociali delle
persone che utilizzano l’assistenza sanitaria e sociale regionale;
- alla possibilità di uso integrato delle fonti informative, nonché alla valorizzazione di nuovi sistemi informativi,
anche in relazione all’analisi delle disuguaglianze sociali.
A queste competenze, più tecniche, se ne affiancano altre, ugualmente importanti per le attività dell’Osservatorio, che
attengono il sostegno ai processi culturali sottesi all’utilizzo delle analisi epidemiologiche nel supportare e valutare gli
interventi delle politiche sanitarie, e di quelle non sanitarie, sia presso le istituzioni, sia presso le altre comunità
professionali della sanità pubblica, al fine di concorrere, ove possibile, agli obiettivi di una sanità pubblica basata sulle
prove di ’efficacia’. Sullo scarso radicamento di una prassi epidemiologica nella valutazione dei processi e degli esiti dei
percorsi preventivi e assistenziali che hanno maggiore impatto in termini di speranza e di qualità di vita, oltre che sul
mancato consolidamento di una prassi abituale, condivisa ed efficace, di momenti istituzionali di comunicazione dei risultati
dell’analisi epidemiologica e sociale ai diversi livelli decisionali ed organizzativi, l’Osservatorio spenderà il suo
contributo professionale con attività dedicate.
Descrizione delle azioni.
Nel triennio di riferimento, proseguirà l’attività prevista dagli adempimenti di legge regionale, che si
concretizzerà,essenzialmente, nelle seguenti azioni:
1. effettuare la revisione del Piano di attività epidemiologica e della Rete dei referenti regionali in conformità con gli
obiettivi previsti dal presente Piano per la salute ed il benessere sociale 2006-2008;
2. sviluppare nuove competenze professionali per l’uso integrato dei dati e la loro valorizzazione epidemiologica, anche
attraverso la predisposizione di percorsi formativi dedicati;
3. provvedere alla progettazione ed alla realizzazione di interventi minimi di correzione dei sistemi informativi sanitari
necessari a studiare, monitorare e valutare il problema dell’equità nella salute;
4. individuare politiche ed interventi (su: reddito, lavoro, ambiente e welfare) che hanno mostrato, in contesti diversi da
quello regionale, la loro efficacia nel ridurre le disuguaglianze nella salute e nell’accesso ai servizi e la conseguente
presentazione ai diversi livelli di responsabilità tecnica e politica di un programma di intervento per l’equità nella
salute e nella sanità;
5. effettuare analisi geografiche dei dati sulla salute e sull’offerta di servizi, con particolare attenzione alle
problematiche correlate alla salute nelle zone di montagna;
6. sviluppare, in collaborazione con la rete dei referenti regionali, un’attività di epidemiologia pediatrica, con
particolare attenzione alle patologie neuropsichiatriche;
7. pianificare iniziative di comunicazione dei risultati dell’indagine epidemiologica e lo sviluppo di competenze in materia
di comunicazione del rischio, con particolare attenzione ai temi della salute nelle zone di Attività B: sviluppo
dell’osservazione sociale.
Quadro di riferimento.
La legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5, e successive modificazioni, nell’istituire l’Osservatorio Regionale Epidemiologico
e per le Politiche sociali, o OREPS (art. 5), assegna alla struttura una funzione conoscitiva anche in materia di bisogni di
salute e di benessere sociale, e lo fa, sia nell’ottica di una lettura del bisogno di salute inteso non solo come assenza di
malattia, sia nell’ottica di svolgimento di analisi mirate su specifici fenomeni sociali o, più in generale, sulle condizioni
sociali e di vita della popolazione.
Al pari di quanto già ricordato per la valorizzazione epidemiologica, il debito informativo che la legge regionale stabilisce
attraverso la produzione della Relazione sanitaria e sociale (art. 4) comporta la pubblicazioni di studi su singole aree
tematiche del benessere sociale e dell’offerta di servizi a questo ambito dedicati.
Anche per le politiche sociali, il ruolo svolto
dall’Osservatorio è quello di fornire elementi di conoscenza che aiutino a veicolare le scelte strategiche ed a valutare
l’efficacia delle azioni intraprese.
L’attività prevista istituzionalmente dalla legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5, e successive modificazioni, per le
competenze in ambito sociale è stata concretizzata nella deliberazione della Giunta regionale n. 2453 del 19 luglio 2004,
recante l’istituzione della Rete regionale dei referenti dell’Osservatorio per le Politiche sociali nell’ambito
dell’Osservatorio Regionale Epidemiologico e per le Politiche sociali (OREPS) e l’approvazione del relativo Piano di attività
2004-2006, successivamente modificata dalla deliberazione n. 3204 del 30 settembre 2005 in relazione agli obiettivi previsti
per l’OREPS dal presente Piano 2006-2008.
Rispetto all’ambito epidemiologico, quello delle politiche sociali risente - a livello regionale come in quello nazionale -
di una cultura più recente e meno consolidata di osservazione istituzionale e, per questo, sia i criteri di raccolta dei
dati, sia i processi volti ad informatizzare i dati, consentendo una integrazione degli archivi, non sono ancora progettati e
predisposti per una valorizzazione all’interno di un osservatorio regionale per le politiche sociali.
I motivi di questa situazione sono in buona parte indipendenti allevolontà regionali e attengono a:
I motivi di questa situazione sono in buona parte indipendenti alle volontà
regionali e attengono a:
- la storia ancora recente di una legge quadro nazionale in materia di politiche sociali (legge 328/2000);
- la mancanza di debiti informativi istituzionalizzati verso i livelli della programmazione nazionale in materia di
protezione e di benessere sociale;
- la mancata individuazione di LEP nazionali (livelli essenziali di prestazioni) e di indicatori condivisi utili al loro
monitoraggio.
Queste motivazioni rendono ancora estremamente disomogeneo lo sviluppo di criteri e di standard per la programmazione dei
servizi in questo settore.
Per colmare in parte questa disomogeneità è in corso una progressiva e graduale presa di coscienza ai diversi livelli
regionali di responsabilità tecnica ed amministrativa, dell’importanza di fare osservazione istituzionale, anche in ambito
sociale, tradizionalmente caratterizzato da modalità di lavoro orientate più alla verifica qualitativa dei processi. Tutto
ciò sta avvenendo anche a seguito di leggi regionali che trasferiscono ai comuni ed agli enti locali le competenze in materia
di gestione dei servizi e che riservano all’Amministrazione regionale, ed in particolare al Dipartimento Sanità, Salute e
Politiche Sociali, un ruolo sempre più di indirizzo e di controllo e sempre meno di gestione.
Per supportare il ruolo di indirizzo e di controllo è necessario quindi dotarsi di strumenti, come l’Osservatorio per le
Politiche sociali con la rete di referenti regionali, di dati e soprattutto di una capacità di lettura dei fenomeni sociali
capace di
supportare la presa delle decisioni all’interno di un processo di programmazione responsabile e trasparente.
In questa prospettiva la deliberazione della Giunta regionale n. 3204 del 30 settembre 2005 ha previsto l’inclusione di
rappresentanti esterni al Dipartimento competente in materia di salute e politiche sociali nel Comitato Scientifico
dell’Osservatorio regionale per le politiche sociali, al fine di accogliere bisogni provenienti dal mondo del lavoro, della
scuola e del privato sociale. L’importanza del contributo offerto dalle associazioni di volontariato è stato recentemente
riconosciuto dalla legge regionale n. 16/2005 che, nel disciplinare l’intero settore, ha attribuito ad esso anche un ruolo di
testimone privilegiato nella lettura dei bisogni della popolazione regionale.
Come tutti i processi dinamici e complessi, anche il riconoscimento del valore d’uso di un Osservatorio, e il conseguente suo
sviluppo, necessitano di convinti investimenti culturali, oltre che di un’attività continua di formazione e di informazione a
tutti i livelli, affinché questo strumento tecnico diventi realmente un supporto utile all’attività politica e decisionale
del governo regionale.
Si tratta necessariamente di acquisire competenze di ordine crescente, che richiederanno una presa in carico progressiva,
condizionata dai livelli di collaborazione e dai canali di informazione, che renderanno così possibile l’attività
dell’Osservatorio medesimo.
I livelli di ambiziosità dell’Osservatorio per le politiche sociali dipendono ancora dalla fase di edificazione delle
conoscenze, che è antecedente alla valorizzazione dei dati, anche se importanti progressi sono già stati compiuti con la
pubblicazione del Primo rapporto dell’Osservatorio per le politiche sociali, che ha generato un insieme minimo e condiviso di
indicatori per una prima attribuzione di giudizi di qualità e, soprattutto, ha favorito il confronto e l’analisi tra
operatori di diversa formazione. Un ulteriore impulso è stato inoltre offerto dall’organizzazione delle Conferenze sulla
famiglia, dalle quali è scaturita la nascita di un Tavolo tecnico come ambito privilegiato di studio e di confronto tra
esperienze.
Spunti interessanti all’analisi dei bisogni potranno infine pervenire dal confronto con i diversi Forum operanti sul
territorio regionale in materia di famiglia, di anziani e di disabili, opportunamente coinvolti.
Ancora prematuro è invece il consolidamento di una rete operativa di referenti dell’Osservatorio politiche sociali da
coinvolgere nelle fasi di osservazione istituzionale, anche perché poco consolidati sono gli assetti amministrativi stabiliti
dalla legge regionale 7 dicembre 1998 n. 54 e dalla successiva legge regionale 8 gennaio 2001, n. 1 che accrescono
l’autonomia e trasferiscono competenze agli enti locali.
Individuare, formalizzare e valorizzare canali di collegamento con soggetti esterni è tuttavia un obiettivo prioritario per
l’Osservatorio per le politiche sociali regionale, per la conoscenza dei bisogni della popolazione.
Descrizione delle azioni.
Le azioni previste nel triennio per accrescere la capacità conoscitiva, valutativa e comunicativa dell’Osservatorio politiche
sociali riguardano:
1. arruolare nuovi indicatori rispetto a quelli già individuati relativi all’attività, sempre più orientati alla valutazione
dei processi e degli esiti;
2. consolidare l’attività editoriale dell’Osservatorio per le Politiche sociali con la pianificazione programmata di una
serie di pubblicazioni in materia di politiche sociali sia a carattere generale, sia a carattere tematico, come ad esempio
quello già avviato sulle problematiche della famiglia e della disabilità, anche attraverso strumenti di rilevazione ad hoc;
3. supportare la creazione e la razionalizzazione dei flussi informativi di settore, anche in un’ottica integrata, sociale e
socio-sanitaria;
4. incrementare e promuovere lo sviluppo, a tutti i livelli, di una cultura fondata sull’osservazione istituzionale come
momento irrinunciabile della programmazione e della valutazione delle politiche e degli interventi in ambito sociale, anche
mediante attività formativa dedicata;
5. costituire ed avviare una rete di referenti stabile regionale che partecipi alla identificazione dei nuovi bisogni
conoscitivi, alla progettazione dei relativi interventi di rilevazione delle informazioni e alla lettura ed interpretazione
dei risultati nei diversi ambiti di competenza;
6. sviluppare competenze in materia di comunicazione, nonché la pianificazione di cicli di presentazione dei risultati,
differenziati in base al loro recepimento in documenti tecnico-organizzativi o politico-programmatori.


Obiettivo n. 2.
Estendere l’osservazione epidemiologica ai determinanti di tipo ambientale.


Attività: istituzionalizzazione dell’osservazione epidemiologica ambientale.


Quadro di riferimento.
La legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5, e successive modificazioni nell’istituire l’Osservatorio Regionale Epidemiologico
e per le Politiche sociali o OREPS (art. 5), assegna alla struttura tra le altre, anche una funzione conoscitiva in materia
di individuazione dei fattori di rischio per la salute derivanti da attività umane e produttive in relazione allo stato
dell’ambiente. La legge regionale attribuisce inoltre questa funzione conoscitiva indicando, quale modalità per il suo
conseguimento, le forme di collaborazione con le strutture competenti in materia di tutela ambientale (punto j,art. 5)
L’attività conoscitiva in materia di analisi dei determinanti ambientali sullo stato di salute della popolazione regionale è
ancora in fase progettuale. Le motivazioni di un approccio graduale ai determinanti di salute correlati all’ambiente
risiedono nelle modalità con cui l’OREPS ha sviluppato nel tempo le competenze ed il livello qualitativo delle sue analisi -
nel rispetto dei vincoli imposti dalla legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5, e successive modificazioni - che hanno fatto in
modo che il fattore ambientale fosse considerato solo come uno dei diversi, possibili, determinanti dello stato di salute
della popolazione valdostana.
Tuttavia, per rispondere al crescente bisogno di conoscenze dedicate a questo determinante dello stato di salute, l’OREPS,
nell’istituire la propria rete di referenti regionali, ha incluso tra di essi tre professionisti dell’ARPA della Valle
d’Aosta i quali, seppure
all’interno del proprio ruolo, operano il più possibile in associazione con l’Osservatorio epidemiologico per quanto riguarda
l’analisi, anche integrata, di indicatori ambientali e di indicatori riferibili alla presenza di malattie.
Di fatto però, la funzione epidemiologica ambientale è tanto più svolta in forma qualificata ed efficace, quanto più sono
definite ed assegnate le competenze specifiche. In particolare, si rende necessario:
- formalizzare l’attribuzione della competenze specifica in materia di epidemiologia ambientale come attività permanente e
continua di interesse regionale;
- adeguare gli attuali sistemi informativi correnti di fonte sanitaria e di fonte ambientale (ARPA) ad un uso integrato,
finalizzato allo sviluppo di
analisi specifiche di epidemiologia ambientale;
- definire gli indicatori di salute sensibili agli obiettivi di qualità ambientale della regione in accordo con l’ARPA della
Valle d’Aosta;
- avviare un percorso formativo specificamente dedicato ai contenuti e alle metodologie di analisi specifiche
dell’epidemiologia ambientale;
- inserire la competenza valdostana di epidemiologia ambientale nelle reti nazionali di osservazione di indicatori di salute
sensibili agli obiettivi di qualità ambientale.
Per quanto di propria competenza e fattibilità, l’Osservatorio regionale si adopererà in questa direzione dedicando
attenzione e professionalità a questo ambito di studio.
Sarà pertanto necessario coinvolgere in questa fase di avvio, oltre alle associazioni attive nella tutela dell’ambiente,
anche altri soggetti, interni ed esterni all’amministrazione regionale ed individuabili nel: Dipartimento Sistemi
Informativi, per il supporto ai dati del contesto ambientale, Dipartimento Territorio, Ambiente ed Opere pubbliche, per la
condivisione e lo studio di fattibilità delle azioni individuate, l’Azienda U.S.L. ed, in particolare, il Dipartimento di
Prevenzione, per le competenze in materia a questo attribuite ed, infine, professionisti senior, esterni all’Amministrazione
regionale, per l’acquisizione di tutte le competenze necessarie alla individuazione delle competenze, alla formazione, alla
progettazione della piattaforma informativa e alla scelta degli indicatori.


Descrizione delle azioni.
In relazione a quanto premesso, e nell’attuazione dell’obiettivo dicui trattasi, si procederà alla realizzazione delle
seguentiazioni :
1. consolidare le attuali forme di collaborazione per la progettazione di competenze di epidemiologia ambientale in Valle
d’Aosta;
2. formulare una proposta, condivisa con i referenti dell’ARPA della Valle d’Aosta, dell’OREPS e dell’Azienda U.S.L., per la
definizione e l’attribuzione regionale delle competenze in materia di epidemiologia ambientale;
3. avviare un percorso formativo dedicato, anche in collaborazione con altre Agenzie per la Protezione dell’Ambiente;
4. supportare la progettazione di una piattaforma informativa corrente comune ai due ambiti disciplinari (salute ed
ambiente);
5. sviluppare sistemi informativi integrati di natura sanitaria ed ambientale, nonché di comuni metodologie di analisi ed
interpretazione dei risultati;
6. supportare l’individuazione e la definizione di indicatori regionali di salute sensibili agli obiettivi di qualità
ambientale, in accordo con l’ARPA della Valle d’Aosta;
7. favorire il graduale e progressivo inserimento del referente regionale di epidemiologia ambientale nelle reti
specialistiche nazionali.


Obiettivo n. 3.
Razionalizzare l’organizzazione delle attività di prevenzione e di promozione della salute.


Attività: sviluppo della distrettualizzazione delle attività e revisione dei compiti del Dipartimento di Prevenzione.


Quadro di riferimento.
La missione del Dipartimento di Prevenzione, come definita dalla normativa nazionale e regionale, è quella di garantire la
tutela della salute collettiva e di fornire una risposta unitaria ed efficace alla domanda, anche inespressa, di salute della
popolazione, perseguendo le strategie di: promozione della salute, prevenzione degli stati morbosi, miglioramento della
qualità della vita. A tal scopo, il Dipartimento promuove le azioni volte ad individuare e rimuovere le cause di nocività e
di malattia di origine
ambientale, umana ed animale, mediante iniziative coordinate con le altre aree e servizi aziendali.
Operativamente, si possono individuare attività ordinarie consolidate ed attività di tipo innovativo. Le attività
ordinarie,storicamente svolte dai Servizi del Dipartimento, sono comprese nei livelli essenziali di assistenza come definiti
dal Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001.
Tra queste attività, sono annoverate tutta una serie di prestazioni volte a soddisfare esigenze specifiche delle istituzioni
presenti sul territorio, che comportano, tra l’altro, una territorializzazione notevole dell’impegno ambulatoriale.
Il Dipartimento ha già iniziato una riflessione sulle attività
ordinarie individuandone alcune che presentano delle connotazioni di inefficienza e/o di inefficacia se valutate con i
principi della Evidence Based Prevention (E.B.P.); la loro eliminazione ha consentito un recupero di risorse che potranno
essere destinate allo sviluppo di programmi di prevenzione.
Il percorso non può comunque ritenersi completato e occorre dedicare ancora energie a questo processo. La liberazione di
risorse derivante da questa razionalizzazione dovrà servire a dedicare spazio alla attività di progettazione e di
realizzazione di interventi di prevenzione più rispondenti alle esigenze della popolazione.
Esistono in effetti delle attività che, pur riferibili al know-how degli operatori della prevenzione non ne costituiscono una
costante lavorativa proprio per una carenza di disponibilità di tempo.
Segnatamente, si tratta di attività di:
- analisi epidemiologica;
- controllo dei fattori di rischio per la salute;
- informazione/formazione della popolazione sui principali fattori di rischio.
Esiste inoltre una necessità di forte partecipazione del Dipartimento di Prevenzione alla realizzazione del Piano regionale
di prevenzione attiva. L’atto di intesa fra Stato, Regioni e Province autonome del 23 marzo 2005, rep. n. 2271 - con il quale
è recepito il concetto di prevenzione attiva - impegna le Regioni a dotarsi di un Piano regionale di Prevenzione attiva per
il triennio 2006-2008.
Per la stesura di tale documento le linee prioritarie sono stateindividuate dalla Conferenza Stato-Regioni del 24 luglio 2003
perl’attuazione del Piano sanitario nazionale; in esso sono contenuti molteplici richiami ai temi della prevenzione primaria
e secondaria.
Rispetto ai tradizionali interventi di prevenzione, largamente praticati nel nostro Paese da molti decenni e improntati in
molti casi all’obbligatorietà e alla logica del controllo, la tendenza attuale della prevenzione è di porsi nei confronti del
cittadino con un approccio attivo, in un’ottica di promozione della salute e di ricerca dell’adesione consapevole alla
proposta preventiva.
In questo contesto, oltre alle già citate aree consolidate di intervento nel campo della prevenzione primaria e secondaria
(vaccinazioni e screening oncologici), sono state individuate dal documento altre due aree prioritarie di intervento per le
quali il Dipartimento di Prevenzione aziendale dovrà organizzarsi per partecipare attivamente alla realizzazione degli
obiettivi segnatamente l’area del rischio cardiovascolare e l’area delle complicanze del Diabete. Un ulteriore elemento che
potrà contribuire ad un miglior utilizzo delle risorse è rappresentato dalla rimozione della dispersione su più sedi delle
attività da svolgere centralmente che produce inefficienze gestionali dei processi e soprattutto esclude la possibilità di un
continuo e proficuo confronto diretto tra gli operatori.
Lo strumento per raggiungere gli obiettivi di cui sopra è rappresentato dalle azioni mirate alla razionalizzazione
dell’organizzazione delle attività del Dipartimento di Prevenzione attraverso lo sviluppo della loro distrettualizzazione e
la ridefinizione dei processi e dei relativi compiti.
Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. completare l’intervento di revisione delle attività del Dipartimento di Prevenzione allo scopo di identificare, catalogare
e valutare le attività di prevenzione in corso, promuovere l’adozione delle sole pratiche di provata efficacia;
2. ridefinire il modello organizzativo del Dipartimento di prevenzione attraverso l’aggiornamento della normativa regionale
di riferimento e una distrettualizzazione delle sue attività che individui figure referenti che partecipano al Piano nelle
attività distrettuali e rispondono a specifiche necessità del territorio di riferimento;
3. potenziare a livello centrale la capacità di progettazione e indirizzo di attività di prevenzione efficaci attraverso
interventi di formazione e implementazione di progetti pilota come quello dello “Sportello unico” della Prevenzione e
l’attuazione dei registri per le cause di morte o per patologie;
4. progettare l’unificazione logistica delle attività centralmente svolte dal Dipartimento di Prevenzione;
5. sviluppare, in rete con l’Osservatorio epidemiologico regionale e per le politiche sociali (OREPS), le attività di
osservazione epidemiologica clinica e ambientale.


Obiettivo n. 4.
Promuovere programmi di prevenzione primaria per la promozione della salute e per la tutela dai rischi.


Attività: promozione di corretti stili di vita.


Quadro di riferimento.
La vita in montagna segue ritmi legati a specificità del tutto particolari: il territorio, l’ambiente, il clima; poiché,
inoltre, esistono uno stretto legame ed una diretta connessione tra attività economiche e qualità della vita,
specificità ed attività economiche hanno creato stili di vita legati, in epoche lontane, addirittura alla semplice necessità
di sopravvivere.
Alcuni di questi stili di vita sono divenuti un fatto culturale, ed hanno determinato il nascere di tradizioni, usi ed
abitudini alimentari e comportamentali che, con gli occhi di oggi, sono in netto contrasto con quelli che definiamo corretti
stili di vita: una certa tipologiadi alimentazione, ricca solo di elementi reperibili in natura e,spesso, non del tutto
rispondenti da soli a quelli che sono gli standard odierni di una buona e corretta dieta, quali, ad esempio, l’uso di bevande
alcoliche che sfocia troppo spesso in abuso e l’eccesso di grassi animali nell’alimentazione.
È impossibile e sarebbe ingiusto rimuovere i fatti culturali, ma è necessario valorizzarli alla luce di una loro più moderna
rispondenza ai ritmi della vita quotidiana, alle conoscenza della medicina in ordine agli effetti negativi di taluni abusi,
alla ormai superata cultura della sola sopravvivenza.
I problemi della vita in montagna non sono, tuttavia, soltanto un fattore legato alla Valle d’Aosta, ma per quanto concerne
l’Italia, riguardano l’intero arco alpino, nel quale si sono sviluppati culture per molti versi simili se non uguali, stili
di vita analoghi, problematiche del tutto simili legate alla salute.
Rileggere,quindi, le implicazioni culturali in relazione alla salute, puòessere un obiettivo da porsi, sempre confrontandosi
con aree di riferimento con le quali questo confronto abbia un senso, il sistema alpino ad esempio, ed individuando elementi
epidemiologici comuni,
per render poi possibili interventi simili, quantunque diversificati.
La Regione pertanto considera e propone la propria attività di promozione della salute con riferimento alle prospettive
indicate dai competenti organismi nazionali e internazionali. Ulteriore elemento di riferimento per l’azione regionale è
rappresentato dal documento ’Stili di vita salutari: educazione, informazione e comunicazione’ presentato dalla presidenza
italiana del Consiglio congiuntamente alla Commissione europea a Milano nel settembre 2003.
In tale ambito il programma che la Regione persegue e propone si definisce come parte di una più vasta attenzione alla
popolazione regionale affinché assuma una maggiore consapevolezza verso i temi della promozione della salute. La Regione
intende intensificare le collaborazioni e le partnership già operative con soggetti attivi nella società stabilendo contatti
e nuove alleanze per la salute con l’obiettivo di rendere possibile il sostegno delle ’ragioni della salute’ nelle varie
componenti economiche, sociali e culturali della società valdostana.
Il ruolo che la Regione svolge da tempo nell’educazione alla salute si situa nel più ampio contesto della Promozione della
salute definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come l’attuarsi del processo che mette in condizione gli
individui di agire, anche socialmente, per controllare e migliorare il proprio stato di salute; un processo che combina
attività di educazione sanitaria, messa a disposizione di servizi e opportunità (quali ad esempio gli screening neonatali e
oncologici), strategiepolitiche ed indicazioni normative e regolamentari.
Importante impulso a questo processo lo ha fornito negli ultimi anni la presenza e l’attiva partecipazione della Regione
all’interno della rete italiana degli Ospedali per la Promozione della salute - HPH (Health Promoting Hospitals) -, formata
da tutte le reti regionali istituite in Italia e formalmente riconosciute dall’Ufficio Europeo dell’OMS.
Obiettivo generale della rete italiana è quello di attivare negli ospedali e nei distretti socio-sanitari un processo di
riorientamento finalizzato a sviluppare una cultura della salute accanto a quella curativa tradizionale, a promuovere la
salute di tutti i clienti dell’ospedale (personale, pazienti e comunità servita) e a supportare lo sviluppo di ambienti
fisici e sociali favorevoli alla salute coerentemente con quanto indicato nella Carta di Ottawa del 1986, nelle
raccomandazioni di Vienna (Euro-WHO 1997) e in tutti gli altri documenti ufficiali dell’OMS che riguardano la promozione
della salute e l’assistenza ospedaliera.
In tal senso, la politica di promozione della salute perseguita dalla Regione evolve attraverso un percorso che considera
della salute gli aspetti fisici, mentali, sociali e ambientali. La sostanziale sovrapposizione di elementi comuni agli
argomenti principali oggetto di interventi di promozione della salute e educazione sanitaria induce la Regione a perseguire
gli obiettivi mediante programmi coordinati a più livelli.
Promozione della salute e educazione sanitaria, nell’accezione perseguita dalla Regione, vanno oltre la semplice informazione
e comunicazione per la salute, ma colgono di questa gli aspetti e i determinanti ambientali, socio-culturali, economici e
motivazionali, cercando di sollecitare l’emergere e lo sviluppo di ’abilità e competenze’ favorevoli alla salute non solo dal
punto di vista dell’individuo, ma anche della comunità. Abilità e competenze che si riferiscono non solo al grande pubblico o
a particolari target di esso, ma anche a coloro i quali, nello svolgimento delle proprie funzioni, in primo luogo i
professionisti della salute, contribuiscono, direttamente o indirettamente, alle condizioni di salute della popolazione.
L’educazione alla salute comprende le opportunità di apprendimento intenzionalmente costruite, che includono quelle forme di
comunicazione ideate per migliorare la conoscenza, la motivazione e le capacità che contribuiscono al controllo sulla salute
da parte dell’individuo e della comunità. Gli studi sulle storie naturali delle malattie e sui determinanti della salute
hanno messo in evidenza il peso e l’impatto che rivestono i fattori extra-sanitari, in particolare quelli di tipo ambientale
e socio-economico. Tra questi vi sono l’ambiente fisico, l’adeguatezza della casa, l’occupazione e le condizioni di lavoro,
il reddito disponibile, che sono suscettibili di interventi correttivi e che condizionano e generano disuguaglianze nello
stato di salute della popolazione.
Lo sviluppo di una politica pubblica per la promozione della salute dovrà tener conto, oltre che di queste problematiche,
anche della necessità di promuovere il coinvolgimento e la partecipazione della comunità al processo di tutela della salute,
al fine di rendere gli individui sempre più consapevoli e protagonisti nella difesa della salute, intesa come un bene ed una
risorsa.
Ulteriore obiettivo importante sarà quello di sapere identificare i target di popolazione su cui centrare gli interventi
sulla base di criteri di efficacia, fattibilità e sostenibilità dell’intervento; ciò soprattutto a fronte di risorse
assegnate, non ulteriormente espandibili.
Il raggiungimento degli obiettivi di promozione della salute e di prevenzione delle malattie deriva dalle conoscenze e dalle
competenze tecniche disponibili (analisi epidemiologiche, di informazione e comunicazione del rischio e di valutazione degli
interventi che hanno una valenza strategica per la promozione della salute), ma é soprattutto condizionato dalla percezione,
dai giudizi e dai valori di tutti i soggetti coinvolti. Occorre quindi che il servizio sanitario, nel promuovere la difesa
della salute, faciliti l’accesso all’informazione e crei le condizioni per un efficace processo di comunicazione del rischio
tra tutti i soggetti interessati,sviluppando tutte le competenze necessarie.
La promozione della salute dovrà svilupparsi attraverso azioni multifattoriali e multidisciplinari finalizzate a realizzare
interventi informativi ed educativi aventi lo scopo di rendere il cittadino più consapevole dell’importanza del proprio ruolo
nella gestione del "bene salute" e per sviluppare e/o potenziare atteggiamenti e stili di vita favorevoli all’autotutela e al
mantenimento della propria salute sulla base di valori e principi personali.
Nel promuovere comportamenti e stili di vita corretti per la salute particolare attenzione andrà posta per la Regione Valle
d’Aosta al recupero di abitudini alimentari corretti all’adozione di stili di vita positivi che consentano, anche nell’età
adulta e anziana, una moderata attività fisica e la prevenzione e/o la riduzione del danno derivante da comportamenti
socialmente negativi come il fumo e l’abuso di alcol.
In questo quadro di riferimento, si inserisce lo sviluppo dell’offerta pubblica relativa alla medicina sportiva, intesa sia
come supporto consulenziale sia come accertamento dell’idoneità
all’attività agonistica.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta i seguenti interventi:
1. realizzare interventi, centrati su fasce di popolazione definite anche sulla base di dati riguardanti le disuguaglianze
sociali, che si pongano come obiettivo primario la modifica degli stili di vita e delle condizioni ambientali, con
particolare riferimento a campagne di informazione e di formazione riguardanti:
- i percorsi nascita e le campagne vaccinali rivolti in particolare alla popolazione immigrata e svantaggiata;
- le abitudini alimentari ed il modificarsi delle esigenze nutrizionali dipendenti dai momenti e dal progredire della vita
con particolare riferimento al periodo gestazionale ed all’età evolutiva;
- l’importanza di una attività fisica corretta, continua ed adeguata all’età, intervenendo sia sulla popolazione sia sugli
attori del mondo dello sport amatoriale, agonistico e pre-agonistico e della scuola;
- il contenimento delle abitudini voluttuarie errate (tabagismo, alcolismo) attraverso lo sviluppo e la diffusione
territoriale di strumenti di sostegno del singolo (ambulatori specifici, attività territoriali sanitarie e sociali) e di
azioni mirate a popolazioni di giovani e giovani adulti;
- il contenimento dei comportamenti a rischio nelle carceri;
2. realizzare interventi di formazione per gli operatori sanitari e sociali volti a:
- saper interpretare correttamente il proprio fondamentale ruolo preventivo;
- saper distinguere gli interventi di prevenzione primaria da quelli di prevenzione secondaria (diagnosi precoce);
- saper direttamente promuovere la salute;
- saper valutare l’efficacia degli interventi di prevenzione;
3. realizzare interventi di comunicazione al pubblico, in alcune manifestazioni patrocinate dall’Ente pubblico, in setting
definiti (supermercati, scuole, servizi sanitari, ecc…) e di educazione sanitaria a gruppi definiti di popolazione;
4. avviare il servizio di medicina sportiva a gestione diretta dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta;
5. realizzare confronti, analisi e studi per sviluppare proposte riferite al problema dell’educazione alla salute nell’Arco
alpino, avendo cura di individuare le caratteristiche simili, uguali, parallele tra le regioni coinvolte;
6. valutare, in base alle risorse disponibili, la possibilità dell’inserimento di livelli di assistenza aggiuntivi
nell’ambito della medicina scolastica;
7. introdurre il monitoraggio del fenomeno del tabagismo e dell’alcoolismo, così da valutarne l’entità e definirne, in
prospettiva, le percentuali di diminuzione da perseguire;
8. sostenere le associazioni di mutuo aiuto nell’ambito degli alcoolisti anonimi;
9. promuovere programmi per la sorveglianza e la riduzione dell’obesità infantile.


Obiettivo n. 5.
Promuovere la salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro, nonché la prevenzione degli incidenti domestici.


Attività A: prevenzione dell’infortunistica sul lavoro.


Quadro di riferimento.
L’incidenza delle patologie e degli infortuni di qualsiasi origine è causa di un numero di eventi mortali o permanentemente
invalidanti che generano alti costi sociali e sanitari.
Secondo i dati difonte INAIL, a cui vanno aggiunti gli infortuni non indennizzati e il fenomeno del sommerso, in Valle
d’Aosta ogni anno si verificano circa 2.000 infortuni con più di 15 giorni di assenza dal lavoro. Nel 2% circa degli
infortunati rimane un danno permanente.
Nel 2000 in particolare si sono verificati 9 casi mortali e in 38 lavoratori è residuata una invalidità permanente (in
agricoltura 5 con esiti permanenti e 3 mortali).
La numerosità degli eventi invalidanti vede ai primi posti l’edilizia, seguita dalle lavorazioni del legno e dalla
metallurgia; la gravità annovera al primo posto sempre il comparto delle costruzioni. Per contro, grazie all’evoluzione
tecnologica ed all’organizzazione del lavoro, nonché ai successi delle azioni preventive e di controllo dei rischi, le
malattie professionali sono largamente in diminuzione. Appaiono al contrario in crescita le cosiddette malattie "correlate
con il lavoro" che considerano la causa professionale una delle concause determinanti la malattia professionale.
Il problema della compatibilità tra lavoro e disabilità interessa, inoltre, un crescente numero di persone anche a causa
dell’allungamento del periodo lavorativo e delle nuove tecnologie.
La strada prioritariamente percorribile appare sicuramente quella di sviluppare una prevenzione primaria centrata sui valori
della sicurezza.
Dovrà altresì essere applicato un metodo di lavoro che permetta di superare l’attuale impostazione basata sulla rigida
compartimentalizzazione delle attività per competenze favorendo, in primis nell’ambito delle iniziative regionali, momenti
d’integrazione fra tutti gli attori della prevenzione.
La salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro sono obiettivi prioritari per lo sviluppo della società e per assicurare
attività lavorative competitive ma, sebbene questo convincimento sia ampiamente consolidato e gli sforzi intrapresi siano
significativi,gli effetti indesiderati sulla salute dovuti al lavoro risultano ancora troppo frequenti.
Particolare importanza in Valle d’Aosta, quale territorio di montagna, riveste il monitoraggio e la valutazione degli
effetti delle radiazioni ultraviolette solari sulla salute dell’uomo considerando che molti residenti svolgono attività ad
alta quota.
A tal proposito si segnala che l’ARPA Valle d’Aosta ha intrapreso un programma di monitoraggio le cui attività sono
finalizzate, tra l’altro, sia ad acquisire dati utili all’approfondimento delle conoscenze in materia di radiazioni
ultraviolette sia alla valutazione di ciò che comporta l’esposizione alla radiazione ultravioletta solare per tutti quei
soggetti che, per esigenze professionali svolgono attivitàad alta quota.
Lo sviluppo della sicurezza implica un percorso che parte dalla conoscenza esaustiva dell’evento avverso per addivenire ad un
insieme di azioni di contrasto da ricercarsi, sia nelle applicazioni di norme già presenti, sia nell’individuazione di nuove
soluzioni. Tale processo non può assolutamente prescindere da una funzione di monitoraggio degli esiti.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. costruire le mappe di rischio regionali per comparto e per gravità;
2. definire, in stretto coordinamento con il Dipartimento di Prevenzione dell’U.S.L. e l’I.N.A.I.L. Valle d’Aosta, un piano
preventivo regionale mirato ad una tutela della salute nei luoghi di lavoro che moduli efficacemente i vari strumenti della
prevenzione (educazione e formazione, gestione del rischio, repressione, ecc.);
3. realizzare il piano e verificare i risultati ottenuti;
4. sviluppare, anche in collaborazione con l’A.R.P.A. Valle d’Aosta, iniziative di promozione della salute e di prevenzione
dei rischi da esposizione a raggi UV con particolare riferimento ai comportamenti da adottare in relazione all’esposizione al
sole sia lavorativa sia extralavorativa, all’uso inadeguato dei mezzi di protezione ed al controllo periodico della propria
pelle;
5. migliorare la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati, in particolare quello relativo agli ambienti
di lavoro in cui è previsto l’utilizzo di agenti chimici.


Attività B: prevenzione degli incidenti domestici.


Quadro di riferimento.
Gli incidenti domestici rappresentano un fenomeno di grande rilevanza nell’ambito degli eventi evitabili e particolare
attenzione deve essere dedicata agli incidenti che coinvolgono gli anziani, la categoria più a rischio, seguiti dalle donne
e dai bambini.
Diversi paesi europei e extra-europei hanno avviato già da alcuni anni politiche di prevenzione e sicurezza al fine di
ridurre la portata di tale fenomeno. L’Unione Europea ha avviato un programma per la sorveglianza e il monitoraggio di questi
eventi, attraverso la sorveglianza degli incidenti che accedono alle strutture dell’emergenza (ELHASS), cui successivamente è
seguita la costituzione di una base europea di dati, integrata nella rete telematica EUPHIN. La rete italiana della
sorveglianza europea degli incidenti è stata integrata dall’Istituto Superiore di Sanità nel Sistema Informativo Nazionale
sugli Incidenti Domestici (SINIACA).
In Italia, secondo i dati dell’indagine multiscopo ISTAT vi sono stati 2.848.000 milioni di persone vittime di incidente
domestico nel 2001.
Secondo i dati del SINIACA, aggiornati e coordinati per la Valle d’Aosta dal sistema Informativo del Pronto Soccorso, in
Italia nel 2004 almeno 1.300.000 persone hanno richiesto assistenza in pronto soccorso ospedaliero a causa di incidente
domestico (2% della popolazione nazionale) e di questi almeno 130.000 sono stati ricoverati (0,2% della popolazione
nazionale) per un costo totale di ricovero ospedaliero di 400 milioni di euro all’anno. Infine dai dati ISTAT e SINIACA si
possono stimare 4.500 morti per incidente domestico nel 2001 (7,8 morti per 100.000 abitanti).
In base ai risultati della sorveglianza l’incidente domestico più frequente nei due sessi e nelle varie età è la caduta (nel
50% dei casi) con punte di 70% nei bambini piccoli e 80% negli anziani. La causa prevalente d’infortunio è rappresentata
dalla struttura architettonica della casa (37,4% degli eventi) e la ferita rappresenta la conseguenza traumatica più
frequente, seguita dall’ustione. Le conseguenze più gravi sono rappresentate dalle fratture.
Purtroppo esiste un numero limitato di studi (fra cui quasi inesistenti i trials) e quasi tutti svolti in Nord Europa e negli
Stati Uniti, con una limitata trasferibilità dei risultati alla media delle situazioni presenti in Italia. Non possiamo
quindi disporre di pacchetti di prevenzione ben supportati dall’evidenza. C’è comunque una convergenza della letteratura
circa la maggiore efficacia di interventi caratterizzati da approcci integrati multidisciplinari a fronte di quelli singoli,
e circa alcuni ambiti prioritari.
È da sottolineare, infine, come dati sul livello di sicurezza delle abitazioni nel loro complesso siano difficilmente
disponibili per cui se ne rende necessaria una raccolta organica che possa in futuro motivare interventi specifici.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. monitorare il fenomeno attraverso il Pronto Soccorso e il DEA aggiungendo un supplemento d’informazioni (non
tradizionalmente raccolte dal Pronto Soccorso) come da protocollo SINIACA dell’Istituto Superiore di Sanità ed integrare
queste informazioni con altri sistemi informativi correnti (SDO, mortalità);
2. avviare una campagna di informazione mirata ai soggetti più a rischio, per sensibilizzare sulle potenziali fonti di
rischio all’interno delle mura domestiche;
3. promuovere un Tavolo di lavoro coinvolgente i seguenti soggetti:
Assessorato Lavori Pubblici, il competente servizio dell’ Azienda U.S.L., l’INAIL, l’ISPEL, i rappresentanti degli Enti
Locali, gli ordini professionali, nonché altri soggetti interessati, al fine di analizzare le problematiche concernenti la
prevenzione degli incidenti domestici e di programmare linee di intervento.


Obiettivo n. 6.
Garantire la sicurezza degli alimenti conformemente alle indicazioni della normativa comunitaria e sostenere il miglioramento
qualitativo delle produzioni tradizionali.


Attività A: responsabilizzazione dei produttori alimentari.


Quadro di riferimento.
La normativa comunitaria sulla sicurezza alimentare è andata incontro negli ultimi anni a importanti evoluzioni, a partire
dal Libro Bianco e dal Regolamento comunitario 178/2002, fino all’istituzione dell’European Food Safety Authority (EFSA). Lo
scopo principale di queste normative è stato quello di aumentare la fiducia dei consumatori negli organi preposti alla tutela
della salute pubblica, che le crisi alimentari legate alla Bovine Spongiform Encephalopathy (BSE) ed alla diossina hanno
seriamente minato.
Il Libro Bianco formula proposte atte a trasformare la politica alimentare in uno strumento dinamico, coerente e completo
teso ad assicurare un elevato livello di salute umana e di tutela dei consumatori.
Il suo principio ispiratore consiste nel prevedere che la politica della sicurezza alimentare debba basarsi su di un
approccio completo e integrato capace di considerare l’intera catena alimentare così da responsabilizzare sia i produttori di
mangimi, sia gli agricoltori sia gli operatori dell’alimentare rispetto alla loro responsabilità primaria nella sicurezza
degli alimenti.
Questo comporta modificazioni di conoscenze ed atteggiamenti da parte dei produttori primari, dei produttori di mangimi,
degli operatori del settore della trasformazione, conservazione, trasporto e commercializzazione degli alimenti.
Sottolineare il ruolo che riveste la produzione primaria, quale primo anello della catena produttiva, nell’assicurare la
sicurezza alimentare, è fattore determinante ai fini dell’ottenimento del risultato. Altrettanto importante è far crescere
la coscienza che tutta la filiera deve mantenere, attraverso i meccanismi dell’autocontrollo, i requisiti dell’alimento ai
massimi livelli.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. favorire la sperimentazione in campo delle modalità di gestione della documentazione obbligatoria per le aziende agricole
e gli allevamenti di bovini ed ovicaprini;
2. consolidare la capacità di gestione dei piani di autocontrollo aziendale da parte degli operatori alimentari anche
attraverso l’attenta valutazione da parte del Dipartimento di prevenzione della loro formazione ed aggiornamento
professionale.
3. definire e formalizzare a livello regionale un elenco di medici veterinari e di agronomi e periti aziendali;
4. favorire la preparazione e applicazione di manuali di buone prassi igieniche nelle aziende agricole e negli allevamenti;
5. favorire la preparazione di manuali di buone prassi igieniche da applicarsi da parte degli operatori che intervengono
sulla filiera dei prodotti aventi denominazione di origine protetta (DOP) o tradizionali, comprendendo anche la fase di
somministrazione.


Attività B: sviluppo del sistema di analisi del rischio.


Quadro di riferimento.
L’analisi del rischio rappresenta il fondamento
su cui si basa la politica di sicurezza degli alimenti mediante una corretta applicazione delle tre componenti fondamentali:
- valutazione del rischio (consulenza scientifica e analisi dell’informazione)
- gestione del rischio (norme e controlli)
- comunicazione del rischio.
La valutazione del rischio richiede un sistema informativo organizzato ed un organismo tecnico scientifico in grado di
sviluppare tale valutazione sulla base dei dati forniti dal sistema informativo.
La gestione del rischio si realizza attraverso i controlli esperiti dai servizi del Dipartimento di prevenzione e dai dati
derivanti dalle attività sul territorio che consentono di alimentare il sistema informativo.
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (IZS) e l’Agenzia Regionale per l’Ambiente della Valle d’Aosta (ARPA) partecipano
garantendo sia l’attività di analisi ed il supporto tecnico scientifico, sia l’afflusso di dati che alimentano il sistema
informativo. Risulta comunque necessario sviluppare la capacità di raccolta di dati da parte dei Servizi territoriali e dei
Laboratori ed adattare i piani di controllo degli alimenti nelle loro varie componenti alle necessità derivanti da questa
nuova impostazione.
La comunicazione del rischio è anch’essa attualmente ridotta soprattutto se intesa, come vuole la normativa comunitaria,
quale scambio continuo di informazioni dagli organi di controllo verso i consumatori ed i produttori e viceversa.
Il potenziamento dell’attuale sistema informativo, la razionalizzazione dei controlli già esistenti, lo sviluppo di efficaci
programmi di sorveglianza e monitoraggio devono essere considerati i presupposti fondamentali per impostare un approccio
nuovo al controllo degli alimenti, basato sulla valutazione, sulla corretta gestione e sulla comunicazione del rischio.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta i seguenti interventi:
1. provvedere ad una nuova organizzazione dell’anagrafe dei produttori di alimenti unificando le anagrafi esistenti;
2. provvedere ad una nuova organizzazione del sistema informativo veterinario mediante la definizione dei flussi di dati,
l’integrazione con i dati provenienti dall’Assessorato competente in materia di agricoltura, dall’IZS e dall’ARPA;
3. costituire un Comitato Regionale per la Sicurezza Alimentare con il compito di effettuare la valutazione del rischio
alimentare;
4. formulare un piano di allerta alimentare rapido compatibile con quello nazionale;
5. adottare da parte del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta piani di controllo ufficiale
degli alimenti adeguati alle indicazioni fornite dal Comitato regionale per la sicurezza alimentare;
6. verificare mediante auditing l’efficacia dei controlli espletati dai servizi del Dipartimento di Prevenzione;
7. provvedere all’impostazione di un sistema di comunicazione del rischio con la partecipazione dei cittadini attraverso le
associazioni di categoria dei produttori e dei consumatori e la pubblicazione sul sito regionale e sui siti messi a
disposizione dalle associazioni dell’esito dei controlli ufficiali effettuati.


Obiettivo n. 7.
Contrastare le principali cause di morte per malattia presenti nella popolazione, con particolare riguardo alle patologie
cardiovascolari, cerebrovascolari ed ai tumori.


Attività A: realizzazione di programmi di prevenzione primaria e secondaria.


Quadro di riferimento.
Le malattie cerebro e cardiovascolari rappresentano le principali cause di morte in Italia come in Valle d’Aosta, essendo
responsabili del 44% di tutti i decessi.
Il contenimento di questi fenomeni patologici impone interventi di prevenzione sia primaria, rivolta ad impedire l’insorgenza
di nuovi eventi patologici, sia secondaria, rivolta a diagnosticare precocemente nell’individuo o in gruppi di popolazione i
segni premonitori o ad individuare un problema di salute nell’intento di arrestare o ritardare la comparsa dell’evento
patologico.
Il Piano Sanitario Nazionale ha specificatamente sottolineato la necessità di dedicare particolare attenzione alle differenze
registrate nella incidenza e nella mortalità tra le diverse aree geografiche, al fine di realizzare interventi orientati ad
incidere sulla diminuzione dei fattori di rischio.
Questi, infatti, sono unanimemente riconosciuti nella abitudine al fumo di tabacco, nella ridotta attività fisica, nelle
abitudini alimentari che favoriscono eccesso ponderale, elevati livelli di colesterolemia, elevati livelli di pressione
arteriosa.
Strumenti efficaci di prevenzione primaria si sono dimostrati sia la modificazione degli stili di vita, sia il mantenimento
costante dell’attività fisica, anche a livelli moderati.
L’evidenza scientifica dimostra come l’efficacia degli interventi derivi sia da campagne di sensibilizzazione ad ampia
diffusione, sia da programmi di formazione, counceling e sostegno a particolari gruppi di popolazione capaci di veicolare ed
amplificare i messaggi e le indicazioni recepiti.
In ambito di prevenzione secondaria, dove non sia definita l’efficacia di strumenti di screening, vi è evidenza che la
valutazione del rischio, ottenuta sul singolo paziente grazie a strumenti capaci di stratificarne i vari livelli, permette di
selezionare gruppi di popolazione a rischio su cui concentrare percorsi diagnostici capaci di rilevare le alterazioni
prodromiche delle malattie cerebro e cardiovascolari.
Sperimentazioni in Valle d’Aosta di questo approccio sistemico alla prevenzione secondaria sono state sviluppate in alcune
realtà distrettuali (progetto Prato) o all’interno di percorsi specialistici (ipertensione), oltre che nell’ambito della
prevenzione al tabagismo ove sono attivi programmi di ampio respiro quale il progetto ’Ospedali senza fumo’ all’interno della
rete nazionale HPH (Health Promoting Hospitals), un network dell’OMS per la trasformazione degli ospedali da luoghi
esclusivamente di cura a luoghi di promozione della salute. Significativo apporto alla prevenzione dell’insorgenza dell’ictus
è dato dalle numerose attività realizzate dall’Associazione Alice, costituitasi a livello regionale, e diventata punto di
riferimento rilevante anche a livello nazionale.
Particolare attenzione nei programmi di prevenzione primaria e secondaria va riservata ai danni causati dal fumo da tabacco
che è considerato cagione di numerose neoplasie e di diverse altre malattie ad evoluzione potenzialmente letale. Il fumo,
inoltre, aumenta il rischio di aborti spontanei, di scarso peso alla nascita, nonché di difetti congeniti del nascituro.
Numerose altre condizioni correlate al fumo di sigaretta, pur non presentando un grave rischio per la sopravvivenza, sono
comunque responsabili di una notevole spesa sanitaria.
È attivo presso l’Azienda U.S.L. un ambulatorio per la disassuefazione dal fumo nell’ambito delle attività di
pneumotisiologia, che, in collaborazione con la sezione regionale della Lega italiana per la lotta contro i tumori ed i
medici di medicina generale ha realizzato programmi di prevenzione dei danni causati dal fumo di sigaretta presso diverse
istituzioni scolastiche regionali e corsi per la disassuefazione dal fumo.
Obiettivi per il futuro saranno il proseguimento nelle attività intraprese:
- dando maggiore diffusione sul territorio regionale alle varie iniziative;
- aumentando l’informazione sui regolamenti vigenti e della compliance al loro rispetto
- adottando, inoltre, strumenti per il monitoraggio dell’applicazione a partire dalle strutture sanitarie e dagli uffici
pubblici;
- implementando le campagne di comunicazione generali, in coordinamento con le iniziative nazionali ed internazionali, e
campagne mirate in particolare al target di popolazione compreso tra i 10 e 18 anni;
- realizzando i progetti di prevenzione nella scuola, mirati all’acquisizione di stili di vita sani, con caratteristiche di
curricolarità ed intersettorialità; garantendo la promozione di organizzazioni senza fumo (oltre l’ospedale, i luoghi di
lavoro senza fumo, a partire dalla Regione);
- promuovendo interventi organizzati di cessazione (individuali e di gruppo) ed interventi in setting specifici, quali ad
esempio le associazioni sportive.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, siaattraverso la realizzazione di iniziative in proprio sia attraversol’attività
dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, iseguenti interventi:
1. realizzare programmi integrati Azienda U.S.L., associazioni ed Enti locali per una adeguata educazione e formazione nel
campo nutrizionale;
2. realizzare interventi di sensibilizzazione e promozione per l’adozione di corretti stili di vita indirizzati a specifici
gruppi di popolazione;
3. realizzare programmi di educazione sanitaria rivolti a modificare lo stile di vita di pazienti a rischio e dei loro
familiari, in collaborazione con i medici di medicina generale (MMG), i pediatri di libera scelta (PLS) e gli specialisti
ospedalieri e territoriali;
4. migliorare le conoscenze dei rischi legati al fumo da tabacco attivo e passivo soprattutto per le persone a maggior
rischio (bambini, donne in gravidanza, persone che soffrono di patologie respiratorie) e promuovere azioni di contrasto volte
a limitare o impedire l’iniziazione al fumo, con particolare attenzione agli adolescenti e alle donne.


Attività B: sviluppo ed attivazione di programmi di screening.


Quadro di riferimento.
Il Piano Nazionale della Prevenzione 2005-2007 in vari punti affronta il tema della prevenzione attiva, che rappresenta un
insieme articolato di interventi offerti attivamente alla popolazione generale o a gruppi a rischio per malattie di rilevanza
sociale, che vedono un coinvolgimento integrato dei vari soggetti del Servizio Sanitario impegnati in attività di prevenzione
primaria e secondaria.
Il Piano Nazionale mira a mutare i programmi di prevenzione, coinvolgendo i diversi livelli di responsabilità del SSN in
un’ottica di ’promozione ed adesione consapevole da parte del cittadino’. Motore dell’operazione dovrà essere la ’capacità
dei diversi attori del sistema sanitario di operare in modo integrato’, affidando alla Azienda Sanitaria la funzione di
coordinamento.
Tra le quattro aree evidenziate come prioritarie (rischio cardiocerebrovascolare, complicanze del diabete, screening
oncologici, vaccinazioni obbligatorie e raccomandate) questa attività sviluppa le attività legate allo screening.
In Valle d’Aosta la mortalità èdecrescente per la maggior parte dei tipi di neoplasia, per alcuni a seguito di una
diminuzione del rischio di ammalarsi per adeguamento a stili di vita corretti (ad esempio il tumore al polmone tra gli
uomini), per altri grazie alla tempestività della diagnosi ed alla qualità delle cure (tumori alla cervice e alla mammella).
Infatti, è attivo - fin dal 1998 - un programma
di screening tumori femminili la cui popolazione bersaglio è interamente coperta dal programma stesso grazie anche alle
modalitàparticolarmente positive con le quali lo screening è realizzato: mentre l’utenza urbana effettua lo screening in sede
ambulatoriale quella periferica è capillarmente raggiunta nelle sedi di residenza attraverso unità mobili. Ciò ha consentito
il raggiungimento di una riconosciuta qualità del programma stesso.
Nonostante la riduzione registrata, permangono ancora ampi margini d’intervento sia nel campo della prevenzione primaria, sia
in quello dell’organizzazione dei servizi diagnostici e terapeutici.
Nel campo della diagnosi precoce, si intende proseguire l’azione di diffusione degli screening per i tumori femminili
(mammella e collo dell’utero) e l’avvio su scala regionale dello screening del colon retto, nel quadro di un potenziamento
complessivo delle iniziative di prevenzione coinvolgendo opportunamente i medici di medicina generale. Per quanto concerne
l’attuazione dello screening colon retto, che è rivolto sia alla popolazione maschile sia a quella femminile, si ritiene
indispensabile creare una sinergia con le associazioni di volontariato, opportunamente formate,capaci di assicurare la
capillare effettuazione dello screening sututto il territorio e di accompagnare efficacemente l’adesione daparte dell’utenza.
In ambito diagnostico, è intenzione della Regioneridurre il più possibile le liste d’attesa per i cittadinicon un sospetto di
neoplasia.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, siaattraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia
attraversol’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i
seguenti interventi:
1. effettuare una campagna regionale di sensibilizzazione e promozione dello screening del colon-retto, di estensione e
miglioramento dei programmi di screening dei tumori femminili e di rafforzamento dei messaggi preventivi sia sulla
popolazione sia sugli operatori sanitari;
2. attivare e sviluppare lo screening del colon-retto;
3. consolidare i modelli di gestione integrata degli screening;
4. attivare il Registro dei tumori.


Obiettivo n. 8.
Potenziare i rapporti tra ospedale e territorio e rendere effettivi la continuità assistenziale e lo sviluppo
dell’organizzazione unitaria dei servizi basata sul distretto.


Attività A: sviluppo dell’integrazione tra ospedale e territorio.


Quadro di riferimento.


L’offerta di servizi e prestazioni sanitarie appare nel nostro Paese e nella nostra Regione ancora condizionato da fattori
che non considerano compiutamente i bisogni della persona, obbligando, con una certa frequenza, il cittadino ad adeguarsi
spesso all’organizzazione per ricevere risposte appropriate alle sue necessità preventive, assistenziali e riabilitative.
Malgrado i cambiamenti già intercorsi nell’ultimo quinquennio, sono ancora evidenti criticità legate sia ad una
organizzazione ospedalocentrica e strutturata sulle varie specialità, sia una distribuzione dei servizi territoriali non
omogenea su tutto il territorio regionale.
Contestualmente è viva, malgrado gli indiscutibili progressi già ottenuti, la necessità di integrare all’interno di percorsi
assistenziali, condivisi e basati sull’evidenza scientifica, le componenti ospedaliera, territoriale e sociale così da
garantire quella continuità assistenziale necessaria per raggiungere i livelli di efficacia ed efficienza che richiedono gli
standard qualitativi attuali e il modificarsi della composizione della popolazione. In tale ottica, si rende necessaria anche
la condivisione degli obiettivi da realizzare a livello territoriale con gli enti locali coinvolti nella gestione dei servizi
socio-assistenziali.
L’ottenimento di questo obiettivo è funzione di un cambiamento culturale e professionale che dovrà essere supportato da
importanti modifiche organizzative capaci di incidere sul modo sia di assistere gli ammalati, sia di interfacciarsi
professionalmente tra operatori, sia di distribuire le prestazioni sul territorio.
Lo specialista ospedaliero dovrà essere messo in grado di supportare la medicina primaria nell’assistenza territoriale in
fase di acuzie e di riabilitazione così come le fasi diagnostiche e terapeutiche ospedaliere dovranno giovarsi di tutto il
supporto conoscitivo di cui la medicina primaria è detentrice. In tal senso è riconosciuta come strumento fondamentale la
definizione di percorsi assistenziali integrati sia tra la componente ospedaliera e la componente distrettuale, sia tra la
componente sanitaria e la componente socio-assistenziale.
Le reti informatiche ed informative saranno necessariamente potenziate per sopperire alle necessità conoscitive e allo
sviluppo delle reti assistenziali
e del sistema sanitario.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. completare le modalità di erogazione delle cure per profili di assistenza sanitaria anziché per competenze, così da
assicurare il rispetto della vera centralità dell’utente;
2. definire ed applicare modelli organizzativi integrati sia dipartimentali sia distrettuali;
3. definire le modalità di valutazione multidimensionale e multiprofessionale dell’utente che consentano la corretta e
completa rilevazione dell’insieme dei suoi bisogni;
4. definire ed applicare le modalità di lavoro in équipe territoriali - articolate su base distrettuale - che vedano la
presenza di tutte le professionalità (cliniche, specialistiche, organizzative, sociali), necessarie a garantire
l’indispensabile continuità di assistenza;
5. realizzare attività formative per sostenere la fase di transito verso un modello stabile di assistenza distrettuale
sinergico con l’assistenza ospedaliera e complementare ad essa nelle medesime aree;
6. provvedere al continuo aggiornamento ed allo sviluppo del sistema informativo, delle basi dati, della comunicazione
interprofessionale ed intraprofessionale, interistituzionale e intraistituzionale;
7. prevedere ed attuare forme di coinvolgimento dei rappresentanti degli enti locali in ordine alla programmazione
distrettuale delle attività.


Attività B : Potenziamento delle attività dell’area materno-infantile.


Quadro di riferimento.
Negli ultimi anni la collaborazione tra la componente sanitaria ospedaliera, quella sanitaria territoriale e quella sociale
si è realizzata in modo particolarmente proficuo nell’area materno-infantile mediante lo strumento del Dipartimento
materno-infantile. Esso comprende rappre¬sentanti delle figure professionali sanitarie e sociali operanti sia in ambito
ospedaliero che sul territorio ed ha lo scopo di coordinare le attività, tenuto conto dei dati epidemiologici, mediante
protocolli condivisi dagli operatori ospedalieri e territoriali, che incidono sulla programmazione e sulla verifica delle
attività nonché sulla formazione del personale.
Agli strumenti a disposizione del Dipartimento si è aggiunto nella seconda metà del 2001 il nuovo certificato di assistenza
al parto (CEDAP), che consente la rilevazione puntuale dei dati relativi alle nascite e alle caratteristiche
socio-demografiche dei genitori. Esso ha consentito di analizzare più puntualmente i fenomeni connessi alla gravidanza ed al
parto e tutti gli aspetti di salute relativi al neonato (c.d. “percorso nascita”) ed ha costituito la base per valutare ogni
necessità di adattamento o modifica dei percorsi assistenziali.
La Valle d’Aosta vanta il più alto numero di Consultori, in relazione al numero di utenti del SSN, ma l’affluenza delle donne
gravide che accedono ai Consultori, o presso l’ambulatorio dell’UB di ostetricia-ginecologia è molto bassa, anche se le
prestazioni necessarie per tutto il percorso della gravidanza sono gratuite, come definito dal d.m. 10 settembre 1998.
Il progetto obiettivo “ambulatorio delle ostetriche della gravidanza fisiologica” ha dimostrato che – se pubblicizzato in
modo adeguato – emerge anche in Valle d’Aosta una larga richiesta di gravidanza demedicalizzata. A tal fine si verificherà la
possibilità di estendere questa esperienza anche ai Consultori.
Nel 2005 è stato siglato un protocollo d’intesa tra la Regione e il Comitato italiano per l’UNICEF – Onlus per la protezione,
la promozione ed il sostegno dell’allattamento al seno e per la candidatura della Valle d’Aosta a “Regione impegnata per la
promozione degli ospedali amici dei bambini OMS – UNICEF”. Tale protocollo viene applicato dal Dipartimento materno-infantile
al fine di migliorare le competenze, l’integrazione e l’organizzazione degli operatori sanitari che svolgono attività di
sostegno dell’allattamento al seno in tutto il percorso nascita e favorire la creazione di un “Ospedale amico dei bambini” e
di strutture anche territoriali “amiche dei bambini”. In questo ambito si colloca poi il documento approvato dagli Assessori
regionali alla salute quale impegno per l’applicazione nelle singole regioni e per la promozione congiunta a livello
nazionale della “Dichiarazione degli Innocenti sulla protezione, promozione e sostegno dell’allattamento materno” - adottata
dall’UNICEF e dall’OMS (Firenze, luglio 1990) - nonché per lo sviluppo di ogni possibile sinergia con l’UNICEF e le altre
organizzazioni impegnate a sostegno dell’allattamento materno.
Restano ancora da sviluppare alcune aree, tra le quali emergono in particolare l’integrazione tra gli specialisti che operano
in ospedale e quelli che operano sul territorio, nei consultori e negli ambulatori, nonché l’integrazione tra gli specialisti
dipendenti dell’Azienda e i pediatri di libera scelta. Tale integrazione può risultare particolarmente utile per raggiungere
un’omogeneità di comportamento tra specialisti ospedalieri e territoriali circa le indicazioni di prevenzione, diagnosi e
cura ed anche nel contesto dell’attività di prevenzione legata all’inter¬ruzione volontaria della gravidanza, attività che
trova la sua sede naturale nei consultori sul territorio.


Descrizione delle azioni.
1. individuare modalità per potenziare l’integrazione tra gli specialisti ospedalieri e gli specialisti territoriali ed i
pediatri di libera scelta;
2. sostenere il progetto per l’allattamento al seno;
3. consolidare il “percorso nascita” dando particolare rilievo alla valenza preventiva e di sostegno al ruolo genitoriale;
4. sviluppare l’attività di informazione e prevenzione dell’interruzione volontaria di gravidanza, nell’ambito del “percorso
nascita”, con particolare riferimento alla popolazione immigrata;
5. analizzare, mediante il Dipartimento materno-infantile ed ai fini di un eventuale aggiornamento, il modello funzionale ed
organizzativo della rete dei consultori sul territorio;
6. pubblicizzare e valorizzare il ruolo specifico delle ostetriche nel percorso della gravidanza fisiologica nei Consultori
stessi.


Attività C: Riduzione delle liste di attesa e potenziamento dei percorsi di cura.


Quadro di riferimento.
La domanda di prestazioni sanitarie di tipo diagnostico, terapeutico e riabilitativo spesso non è direttamente proporzionale
ai veri bisogni della popolazione di riferimento sia perché, da un lato, molti fattori agiscono sull’appropriatezza
prescrittiva delle prestazioni sia perché, dall’altro lato, sono presenti aree di bisogno non ancora compiutamente analizzate
e soddisfatte.
Saranno quindi obiettivi prioritari di questo piano sia la ricerca dell’appropriatezza quale strumento di equità distributiva
delle risorse sanitarie e sociali, sia la concretizzazione delle attività rivolte alla definizione dei piani di zona e sia la
ricerca epidemiologica.
Le liste di attesa vanno intese come un indicatore di risultato del processo di soddisfacimento della domanda di servizio su
cui incidono numerosissimi fattori:
- organizzativi (corretta stratificazione della domanda, accessibilità, organizzazione distrettuale, ecc.);
- culturali (iter formativi della medicina primaria e specialistica, attenzione alla definizione di percorsi comuni
ospedale-territorio, pressioni dei media, medicina difensiva, ecc.);
- sociali (condizioni della famiglia, modifiche nella distribuzione della popolazione, educazione, scolarità, ecc.);
- politici (integrazione delle politiche sanitarie con i territori regionali circostanti, sistemi premianti
l’appropriatezza della domanda e non la redditività dell’offerta, sostegno all’eticità nella distribuzione delle risorse,
ecc.).
Strumenti fondamentali per il pieno raggiungimento dell’obiettivo risultano essere:
- l’osservazione epidemiologica e l’epidemiologia clinica;
- la definizione dei principali appropriati bisogni e dei relativi fabbisogni;
- la completa integrazione tra componente sociale e sanitaria ottenuta tramite una rivisitazione di ruoli, compiti e
responsabilità;
- l’integrazione ospedale-territorio capace di assicurare la completa applicazione dei principali percorsi assistenziali di
urgenza, elezione e riabilitazione;
- la stesura di protocolli d’intesa e relativi piani di attuazione con le Regioni limitrofe;
- la responsabilizzazione di tutti gli operatori al contenimento del fenomeno attraverso politiche premianti trasversali;
- il coinvolgimento diretto e responsabile degli osservatori esterni nei principali tavoli programmatici e valutativi.


Descrizione delle azioni.
Il corretto percorso programmatorio dovrà quindi prevedere la definizione dei bisogni ottenuta tramite il confronto delle
componenti sanitarie e sociali, la trasformazione dei bisogni in domanda secondo percorsi assistenziali condivisi basati
sull’Evidenza Scientifica ed Assistenziale, la modulazione dell’offerta conseguita grazie a modelli organizzativi congrui ed
accordi di produzione allargati anche alle regioni limitrofe.
Dal momento che la completa applicazione del percorso sopra descritto richiederà i necessari tempi attuativi, la ricerca
dell’appropriatezza sarà perseguita tramite la definizione di percorsi assistenziali condivisi.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. definire i principali percorsi assistenziali connessi ai bisogni;
2. determinare conseguentemente i fabbisogni di prestazioni sanitarie e sociali;
3. declinare i fabbisogni all’interno dei piani annuali attuativi con le varie entità gestionali accreditate;
4. coinvolgere nel sistema premiante di tutte le componenti sanitarie operanti nel SSR;
5. istituire un tavolo di monitoraggio regionale delle liste di attesa che veda integrare anche il Difensore Civico, il
CELVA, le organizzazioni di tutela maggiormente rappresentative e il coordinamento dei servizi di volontariato;
6. realizzare la formazione specifica degli operatori in tema di Medicina ed Assistenza basate sulla Evidenza Scientifica;
7. ampliare il conferimento delle prestazioni diagnostiche, di visite e di ogni altra attività medico chirurgica nel sistema
informatizzato del CUP e nel contempo studiare nuove modalità di prenotazione avvalendosi della tecnologia internet nonché
del collegamento informatizzato con la rete dei medici di medicina generale.


Obiettivo n. 9.
Sviluppare l’assistenza primaria, la medicina specialistica territoriale e le cure palliative e monitorare l’assistenza
farmaceutica.


Attività A: aggiornamento del modello di assistenza primaria e della medicina specialistica ambulatoriale.


Quadro di riferimento.
Nel quadro istituzionale determinatosi con la riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3, piena potestà è stata affidata alle Regioni, tra l’altro, anche in materia di salute. Per effetto di essa
e sulla base delle decisioni assunte in sede di Conferenza dei Presidenti delle Regioni, gli Accordi collettivi nazionali per
la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale e con i medici specialisti ambulatoriali approvati dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano il 20 gennaio
2005 sono applicati dal 23 marzo 2005. Gli accordi regionali rappresentano un’opportunità importante in quanto non soltanto
integrano l’accordo nazionale ma possono derogarvi e sostituire le cosiddette “parti cedevoli” per realizzare un modello di
assistenza più adatto alla specificità regionale.
In conformità con l’azione sinora svolta dal governo regionale e tendente ad un crescente miglioramento delle condizioni di
vita della popolazione nelle zone di montagna, la definizione degli accordi collettivi regionali dovrà porsi nell’ottica di
garantire servizi sanitari qualitativamente appropriati, con particolare riguardo alla possibilità di apertura di servizi
ambulatoriali ulteriori a quelli già esistenti nelle zone più distanti dalla Valle centrale.
L’attuale offerta sanitaria include, quale livello aggiuntivo regionale, specifiche presta¬zioni di assistenza odontoiatrica
rivolte a determinate categorie di cittadini, segnatamente quelli in possesso di redditi inferiori al c.d. “minimo vitale”,
ovvero con deficit immunologici o con sieropositività da HIV. Oltre a ciò, sempre nell’ambito dei livelli di assistenza
regionali, vengono erogati contributi economici per le protesi dentarie e per le cure ortodontiche. Al fine di garantire una
maggiore equità ed un più razionale impiego delle risorse finanziarie, si intende valutare l’opportunità di estendere a
questo ambito l’utilizzo dell’indicatore regionale della situazione economica (IRSE), in luogo del reddito. Verrà inoltre
valutata, sulla base delle risorse, sia professionali e strumentali che finanziarie, la possibilità di inserimento
dell’offerta di protesi dentarie nei livelli regionali aggiuntivi di assistenza, in luogo del rimborso per il loro acquisto.
Una parte importante dell’obiettivo concerne l’esigenza di garantire, all’interno del sistema della continuità assistenziale,
la continuità delle cure in termini non soltanto quantitativi (disponibilità di un medico da parte del sistema) ma
soprattutto in termini qualitativi (effettiva capacità del medico di venire incontro ai bisogni degli assistiti grazie sia ad
una formazione specifica che a diversi e più stretti rapporti tra i medici di medicina generale). Attenzione dovrà inoltre
essere posta nel miglioramento del rapporto tra medici di medicina generale (MMG), medici di continuità assistenziale (MCA) e
pediatri di libera scelta (PLS), Specialisti Ambulatoriali da un lato e sanitari ospedalieri dall’altro.
Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. dellaValle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. provvedere alla previsione ed all’applicazione di un modello organizzativo distrettuale che sviluppi prioritariamente
forme associative e di medicina di gruppo capaci di integrare l’attività dei singoli, così da ampliare quantitativamente e
qualitativamente l’assistenza primaria con il coinvolgimento degli specialisti e della continuità assistenziale, anche
attraverso forme aggregative che avranno modo e diritto di partecipare alle attività distrettuali ed in particolare alla
definizione dei modelli organizzativi, all’individuazione dei meccanismi di programmazione e controllo, alla defini¬zione
degli obiettivi di budget;
2. definire gli accordi regionali connessi al CNU con particolare attenzione alle esigenze della qualità, della continuità di
cure ed all’assistenza delle zone più periferiche;
3. definire nuove modalità di collaborazione tra MMG, PLS, MCA e specialisti ambulatoriali in relazione alla continuità delle
cure che consentano alla continuità assistenziale migliori condizioni di lavoro ed un più stretto rapporto con i loro
colleghi e con i rispettivi assistiti;
4. definire percorsi formativi sia specifici, sia comuni, rivolti ai medici di medicina generale, di continuità
assistenziale, specialisti e pediatri operanti sul territorio favorendo l’ integrazione tra ospedale e territorio;
5. individuare ogni utile iniziativa per l’assunzione nei ruoli del Servizio sanitario regionale del personale medico
convenzionato per l’espletamento dell’emergenza sanitaria territoriale;
6. predisporre una nuova modalità di verifica delle condizioni economiche dei destinatari dei livelli regionali aggiuntivi di
assistenza sulla base dell’IRSE;
7. predisporre, congiuntamente con l’Azienda U.S.L., uno studio per la revisione delle attuali modalità di erogazione delle
protesi odontoiatriche, con approfondimento sulle modalità e proiezione dei costi ipotetici.


Attività B: monitoraggio dell’assistenza farmaceutica e della sua appropriatezza.


Quadro di riferimento.
L’ultimo quadriennio ha visto modificarsi molto il quadro normativo riguardante l’assistenza farmaceutica sia rispetto ai
meccanismi di spesa (art. 5, d.l. 18.9.2001, n. 347, che fissa il tetto massimo di spesa farmaceutica convenzionata pari al
13% della spesa sanitaria totale; artt. 48 e 50, d.l. 269/2003 che istituiscono, rispettivamente, il tetto massimo di
spesa farmaceutica complessiva pari al 16% della spesa sanitaria totale; il nuovo modello di ricetta e l’obbligo di
trasmissione dei dati analitici di spesa al Ministero dell’Economia e delle Finanze) sia rispetto all’appropriatezza
prescrittiva e di consumo (“Progetto Mattoni” per la costituzione del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS); Accordo
Conferenza Stato-Regioni del 23 marzo 2005).
I flussi informativi risentono, da una parte, di questa intervenuta rapida successione di modifiche legislative, dall’altra,
di un non completo ed esaustivo aggancio della componente prescrittiva, alle prestazioni erogate ed alla loro tipologia.
E’ oramai, altresì, evidente un rapidissimo evolversi dell’offerta di farmaci con l’introduzione di molecole di apparente
maggior efficacia ma di costo elevato. La frequente assenza di meta-analisi riguardanti l’efficacia ed il rapporto
costi-beneficio e costi-opportunità, impone un’attenta sorveglianza rispetto all’appropriatezza prescrittiva.
A questa finalità è stata tesa l’attività del Mattone “Prestazioni farmaceutiche” – a cui la Valle d’Aosta ha partecipato
come regione partner - che, all’interno del citato “Progetto Mattoni”, ha proposto una uniforme modalità di rilevazione della
spesa nei tre ambiti della farmaceutica convenzionata, della farmaceutica ospedaliera e della distribuzione diretta, che
potrà consentire sia il monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva che il confronto fra i dati di spesa delle singole
regioni.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. definire modalità di monitoraggio della spesa farmaceutica ospedaliera, convenzionata, diretta e per conto;
2. definire un set minimo di indicatori per la raccolta delle informazioni necessarie a descrivere in modo quali-quantitativo
il consumo dei farmaci e la relativa spesa farmaceutica, distinta nelle varie aree in cui essa si realizza (ospedaliera,
territoriale, diretta, per conto e
convenzionata);
3. provvedere alla formazione ed al supporto degli operatori coinvolti per quanto attiene alla raccolta e al confronto delle
informazioni relative alle modalità di assistenza dei pazienti.


Attività C: prosecuzione delle pratiche riconducibili alle medicine non convenzionali.
In alcuni specifici contesti patologici si inserisce il contributo delle medicine non convenzionali, adeguatamente suffragato
da solide evidenze scientifiche e dall’esito delle sperimentazioni avviate nelle branche dell’agopuntura e dell’omeopatia.
Considerato che, per quanto attiene all’agopuntura, esistono in letteratura evidenze scientifiche che dimostrano l’efficacia
della prestazione, si ritiene utile proseguire su tale percorso, rendendo stabile l’offerta sinora sperimentale.
In linea di continuità con il Piano socio-sanitario regionale per il triennio 2002-2004, si intende riconoscere il valore
diagnostico e terapeutico delle pratiche riconducibili alla medicina non convenzionale attraverso lo sviluppo e la ricerca in
questo settore e prevedendo inoltre qualificati percorsi formativi per i medici che intendano specializzarsi in queste
discipline alternative alla medicina tradizionale. A tale scopo, con apposito atto della Giunta, verrà istituito presso
l’Assessorato della sanità, salute e politiche sociali un gruppo di lavoro atto a verificare l’evoluzione dell’evidenza
scientifica nel settore delle medicine non convenzionali.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. provvedere all’analisi degli esiti delle sperimentazioni avviate nel settore delle medicine non convenzionali,
consolidando le branche che hanno avuto riscontro di una positiva risposta rispetto ai fabbisogni della popolazione;
2. istituire un gruppo di lavoro che verifichi l’evoluzione dell’evidenza scientifica nel settore delle medicine non
convenzionali e che predisponga un rapporto finalizzato alla conferma e/o all’ampliamento dell’offerta sanitaria valdostana
in tale settore.
Attività D: Sviluppo delle cure palliative, della terapia del dolore e degli interventi assistenziali nella fase finale della
vita.


Quadro di riferimento.
La continua modifica dello stato soggettivo ed obiettivo della persona inguaribile nelle fasi avanzate di malattia, in
genere nei tre mesi precedenti la morte, rende necessario nella maggior parte dei casi un progetto assistenziale integrato,
multidisciplinare, multiprofessionale ed in équipe, in grado di offrire un intervento caratterizzato da continuità nelle 24
ore, preparazione professionale degli operatori coinvolti ed elevato standard di empatia/umanizzazione. La necessità di
offrire livelli assistenziali a complessità differenziata, adeguati alle necessità del paziente, mutevoli anche in modo
rapido ed imprevedibile, rende necessario programmare un sistema di rete che renda possibile l’integrazione di differenti
modelli e livelli di intervento e dei differenti soggetti coinvolti.
La rete deve essere composta da un sistema di offerta nel quale la persona malata e la famiglia, ove presente, possano
essere guidati nel percorso assistenziale tra il proprio domicilio, sede di intervento privilegiata ed in genere preferita
dal paziente e dal nucleo famigliare nel 70-80% dei casi, e le strutture di degenza specificamente dedicate al ricovero di
pazienti in fase avanzata e terminale di una malattia terminale, non assistibili presso la propria casa, per cause sanitarie
o socio-economiche (20-30% dei casi).
La rete sanitaria dovrà essere strettamente integrata con quella socio-assistenziale al fine di offrire un approccio
completo alle esigenze della persona malata, alla quale dovrà essere fornito un adeguato supporto religioso. Particolarmente
stimolata e favorita dovrà essere l’integrazione nella rete delle organizzazioni no profit, in particolare di quelle di
volontariato.
Le modalità di intervento saranno ispirate agli standard delle «cure palliative», intendendo con tale termine, secondo
quanto indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, «l’insieme degli interventi terapeutici ed assistenziali
finalizzati alla cura attiva, totale, dei malati la cui malattia di base non risponde più a trattamenti specifici.
Fondamentale (in detti interventi) è il controllo del dolore e degli altri sintomi, e più in generale dei problemi
psicologici, sociali e spirituali».


Descrizione delle azioni.
1. Realizzare un sistema regionale a rete per le cure palliative finalizzato all’integrazione degli interventi professionali
e solidaristici offerti negli ambiti assistenziali domiciliari, ospedalieri e residenziali ed alla implementazione di una
loro adeguata offerta su tutto il territorio regionale;
2. coinvolgere il medico di medicina generale nei processi assistenziali;
3. predisporre un livello efficiente di interventi di controllo del dolore e degli altri sintomi, integrando gli interventi
nelle attività relative al Progetto regionale per l’ospedale senza dolore;
4. integrare la rete sanitaria con quella socio-assistenziale;
5. coinvolgere le organizzazioni no profit, in particolare le organizzazioni di volontariato.


Obiettivo n. 10.
Sostenere e monitorare la qualità e laspecificità del sistema di emergenza e urgenza sanitaria.


Attività: monitoraggio dell’attivitàdel sistema di emergenza e urgenza sanitaria, finalizzato al miglioramento
dell’appropriatezza delle prestazioni.


Quadro di riferimento.
A seguito dell’approvazione del decreto del Presidente della Repubblica in data 27 marzo 1992 con il quale sono stati
determinati i livelli di assistenza sanitaria di emergenza, l’area di cui trattasi gode di un’organizzazione e di una
diffusione territoriale importanti e degne di menzione nel panorama sanitario nazionale.
In Valle d’Aosta il sistema è assicurato su base regionale da un insieme di strutture e di servizi tra loro funzionalmente
integrati ed articolato nelle fasi di allarme sanitario (ricevuto ed elaborato dalla Centrale operativa del 118 regionale,
della quale si auspica la collocazione all’interno di una Centrale Unica regionale), soccorso territoriale ed accettazione
ospedaliera di Pronto Soccorso, la cui integrazione ed armonizzazione rappresentano un obiettivo prioritario di questo PSR e
che dovranno essere declinati operativamente all’interno di apposita normativa previdente, adeguati modelli organizzativi
atti a favorire e promuovere l’integrazione funzionale delle attività sanitarie, e quindi dei professionisti, tra il
territorio e l’ospedale, ed il perseguimento di piani formativi comuni, i cui standard saranno definiti a livello regionale
sulla base dell’evidenza scientifica. Tale sistema si regge sull’impiego di figure sia sanitarie, che tecniche, che del
volontariato regionale,la cui disponibilità ed organizzazione dovranno permettere di modulare la risposta, in maniera
efficiente ed efficace, a seconda della tipologia degli interventi e della stratificazione dei bisogni, con una distribuzione
territoriale delle risorse umane e tecnologiche (ambulanze, auto mediche, elicotteri) ragionevole ed atta ad assicurare una
risposta adeguata.
Anche in relazione alla vocazione turistica regionale, il sistema dovrà continuare a prevedere, perfezionandone attività ed
integrazione, la presenza invernale ed estiva di strutture territoriali strategicamente dislocate finalizzate a svolgere
funzione di primo filtro di tipo traumatologico per eventi che non necessariamente richiedano l’accesso in ospedale,
eroganti, quindi, un livello d’assistenza ulteriore rispetto a quanto definito essenziale dalla normativa regionale.
Un sistema così articolato e capillare determina un assorbimento di risorse che pone la necessità di creare meccanismi di
valutazione di eventuali forme partecipative dell’utenza ai costi del servizio, in base ad indirizzi regionali che dovranno
trovare adeguato inquadramento all’interno di apposite normative regionali.
La peculiarità orografica regionale, unitamente all’esperienza pluriennale maturata nel campo del soccorso in ambiente
alpino, rendono altresì necessario la creazione di specifici corsi di formazione post-universitaria in tale ambito, con il
doppio fine di mantenere un adeguato livello formativo specialistico tra gli operatori regionali e di diventare polo
formativo per operatori esterni che desiderino approfondire questo particolare aspetto delsoccorso.


Descrizione delle azioni.


Gli strumenti che la programmazione regionale dovrà prevedere possono essere così riassunti:


1. il sistema di emergenza regionale deve essere concepito come un’unicaentità operativa superando la dicotomia attuale fra
componenteterritoriale e ospedaliera e prevedendo la massima rotazione delpersonale sanitario;
2. devono essere identificate soluzioni contrattuali professionali che tendanoa ridurre il turnover dei medici del sistema
privilegiando ilpiù possibile soluzioni contrattuali stabili, possibilmente di dipendenza a tempo indeterminato;
3. deve essere rivista l’organizzazione della Centrale operativainserendola nella istituenda Centrale unica regionale;
4. deve essere intrapresa la riorganizzazione della continuitàassistenziale integrandola completamente nelle attività
dell’assistenza primaria distrettuale ed identificando un sistemainformativo informatizzato unico per tutto il sistema di
emergenzache comprenda la gestione della chiamata di soccorso, del dispatch edelle attività territoriali (ambulanza,
elicottero, PPS).


Obiettivo n. 11.
Potenziare attività di assistenza domiciliare, semi-residenziale e residenziale alternative al ricovero, mediante processi di
integrazione fra servizi sanitari e sociali.


Attività A: sviluppo di servizi domiciliari, semi-residenziali e residenziali in un contesto di rete tra servizi sanitari e
sociali.


Quadro di riferimento.
Lo sviluppo di percorsi assistenziali integrati, la cui importanza e necessità è da tempo affermata nei documenti di
programmazione nazionale e regionale, trova un valido esempio di realizzazione a livello regionale nel settore
dell’assistenza alle persone anziane. Nell’ambito di quest’ultimo, infatti, la tradizionale impostazione di collaborazione
tra l’area sanitaria e quella delle politiche sociali permette di riscontrare incoraggianti risultati.
L’obiettivo si pone nell’ottica di estendere e consolidare la razionalizzazione dei percorsi assistenziali sulla base del
bisogno differenziale di salute e di assistenza, assegnando all’ospedale la funzione di cura dell’acuzie e decentrando
opportunamente al territorio le attività di assistenza sanitaria e socio-assistenziale da svolgersi, se possibile, al
domicilio dell’utente, ovvero in strutture semi-residenziali (assistenza diurna) o residenziali, garantendo una sempre
maggiore integrazione fra le professionalità dell’area sanitaria e quelle dell’area socio assistenziale. E’ del tutto
evidente che a rendere concreta e fattibile la differenziazione dei percorsi assistenziali è la garanzia di servizi e
strutture sufficienti ed idonei ad attuarli.
Nel processo di definizione delle prestazioni erogabili e del modello organizzativo, occorrerà considerare l’esperienza fino
ad ora maturata nella gestione:
- del servizio di assistenza domiciliare integrata (ADI) in Aosta;
- della RSA di Antey-Saint-André;
- delle strutture semiresidenziali e residenziali per anziani in Valle d’Aosta.
L’attuale servizio di assistenza domiciliare, erogato da tutti i comuni della Valle d’Aosta ai sensi della legge regionale 15
dicembre 1982, n. 93, riguarda il complesso delle prestazioni socio-assistenziali e sanitarie volte a mantenere la persona al
proprio domicilio.
Il servizio, rivolto a tutta la popolazione, può, in base alla valutazione multiprofessionale dei bisogni della persona
interessata, prevedere interventi solo socio-assistenziali, solo interventi sanitari o interventi socio-sanitari integrati.
Questi ultimi sono in sintonia con la definizione di ADI (Assistenza domiciliare integrata) data dal Piano sanitario
nazionale.
Conclusa una sperimentazione dell’ADI nel Comune di Aosta - che ha previsto la presa in carico multiprofessionale e
comunitaria delle situazioni problematiche, l’integrazione socio-sanitaria e l’avvio di un sistema informativo finalizzato
alla valutazione del servizio - si è provveduto ad avviare l’estensione dell’ADI a tutto il territorio regionale.
La Regione interviene nella promozione e nel sostegno della domiciliarità anche attraverso l’erogazione di contributi
economici in favore di coloro che sostengono costi per l’assistenza domiciliare privata fornita nell’ambito di un regolare
rapporto di lavoro (legge regionale del 3 maggio 1993, n. 22). E’ necessario, ai fini di garantire la qualità dell’offerta e
l’integrazione socio-sanitaria, che il servizio privato sia connesso con l’attività degli altri servizi pubblici.
La collocazione dell’assistenza domiciliare privata nell’ambito della rete dell’offerta a favore della domiciliarità, per la
quale i servizi pubblici devono assumere un ruolo di “supervisore”, é diretta ad intervenire nella regolazione del mercato
privato con l’obiettivo di sostenere ed offrire garanzie agli individui ed alle famiglie che vi fanno ricorso ed allo stesso
tempo di coloro che offrono il servizio.
In considerazione dell’importanza di promuovere e garantire l’equità per l’accesso e per la contribuzione degli utenti che
fruiscono dei servizi, è stata estesa l’applicazione dell’Indicatore Regionale della Situazione Economica Equivalente quale
strumento di valutazione della situazione economica.
La RSA di Antey-Saint-André è stata progettata per integrarsi nella rete dei servizi distrettuali collocandosi come anello di
congiunzione tra la rete dei servizi domiciliari e il presidio ospedaliero ed ha come obiettivi funzionali:
- il consolidamento dello stato clinico generale e dei risultati
terapeutici ottenuti nel reparto ospedaliero;
- la prevenzione delle complicanze ed il recupero dell’autonomia del soggetto in un’ottica di rientro a domicilio, o di
ricorso ad altre forme assistenziali territoriali.
Al fine di assicurare alle persone ospiti le prestazioni più adeguate in rapporto alle loro condizioni di disabilità e di
dipendenza, la RSA è strutturata, in termini organizzativi e di dotazione di personale, in funzione delle seguenti aree di
intervento:
a) area della senescenza, riferita a persone anziane con temporanea, totale o prevalente limitazione della propria
autosufficienza, con particolare riguardo alle persone affette da malattie croniche;
b) area della disabilità, riferita a persone portatrici di handicap funzionale transitorio o permanente in condizioni di
notevole dipendenza, che necessitano di terapia riabilitativa di tipo intensivo ed estensivo;
c) area del disagio mentale, riferita a persone portatrici di disturbi psichici e neurologici in condizione di notevole
dipendenza.
Tale organizzazione consente di accogliere, anche nella stessa struttura residenziale, gruppi di ospiti con differenti
caratteristiche e di garantire una buona flessibilità nell’organizzazione interna e nelle modalità gestionali.
L’attuale offerta di servizi semiresidenziali e residenziali per persone anziane, costituisce uno dei nodi della rete
territoriale e deve essere caratterizzata da una progettazione fortemente dinamica ed integrata nell’ambito del distretto.
Considerata l’importanza strategica dei servizi semiresidenziali e residenziali per persone anziane è stato costituito, con
deliberazione della Giunta regionale n. 4603 del 10 dicembre 2004, un “Tavolo di lavoro” per la revisione dei suddetti
servizi con l’obiettivo di:
- analizzare l’attuale situazione dei servizi semiresidenziali e residenziali;
- individuare le necessità ed i bisogni delle persone anziane;
- definire gli standard strutturali e gestionali.
Il documento prodotto evidenzia, in particolare, che in Valle d’Aosta nel 2001 (Censimento Istat, 2001) su 10.076 persone
anziane oltre i 75 anni, 717 erano istituzionalizzati (7,11%), mentre una successiva verifica effettuata dalla Regione nel
2003 ha rilevato che gli anziani ospitati in microcomunità erano 900 (8,32%)
L’offerta di servizi semiresidenziali e residenziali per persone anziane comprende:
Servizi residenziali (microcomunità e comunità alloggio)
- La microcomunità è un servizio socio-sanitario integrato a carattere residenziale destinato ad anziani che presentano
deficit funzionali tali da compromettere lo svolgimento autonomo degli elementari atti di vita quotidiana; non sono
assistibili a domicilio per carenza della famiglia o dei servizi territoriali e necessitano di un’elevata assistenza
tutelare o di specifici percorsi riabilitativi, ma non di prestazioni sanitarie intensive.
- La comunità alloggio è un servizio socio-sanitario assistenziale a carattere residenziale e a prevalente accoglienza
alberghiera destinato ad anziani e/o a persone disabili che abbiano una condizione psicofisica di autosufficienza o
parziale autosufficienza, non abbiano particolari problemi sanitari e, anche per periodi temporanei, non possano restare in
famiglia o al proprio domicilio.


Servizi semiresidenziali (centro diurno e centro di incontro)
- Il centro diurno è un servizio socio-sanitario integrato a carattere semi-residenziale che ospita, in regime diurno,
anziani e/o disabili che non sono più in grado di permanere presso il proprio domicilio e prevede prestazioni
assistenziali, sanitarie e riabilitative.
- Il centro di incontro è un servizio sociale che offre attività ricreative e culturali per favorire la vita di relazione.
L’attuale offerta di servizi residenziali sul territorio si completerà con la prossima attivazione di:
- un nucleo di posti letto destinati alla cura dei malati terminali (Hospice) che, nell’ambito della riorganizzazione delle
sedi ospedaliere, troverà idonea collocazione presso il presidio ospedaliero del Beauregard che, progressivamente, non
sarà più destinato a funzioni sanitarie per la cura delle acuzie. L’Hospice, o Centro di cure palliative, rappresenta uno
degli ambiti nei quali i pazienti terminali possono avvalersi di cure attive e globali con il fine di lenire il dolore e
gli altri sintomi legati alla malattia. Tale struttura garantisce, tra l’altro, la continuità tra le cure rese in
ospedale e quelle erogate sul territorio;
- un nucleo di posti destinati alla cura dei malati affetti dal morbo di Alzheimer attraverso idonea collocazione presso
una struttura ubicata in Aosta.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della alle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. provvedere alla definizione ed all’estensione al territorio regionale di modalità uniformi di accesso ai servizi
domiciliari, semiresi¬denziali e residenziali, sulla base della valutazione multiprofessionale e multidimensionale dei
bisogni sanitari e sociali dell’utente, garantendo l’integrazione dei servizi sanitari territoriali con quelli socio
assistenziali gestiti da enti locali, a vantaggio di tutta la popolazione adulta;
2. attuare la pianificazione a livello di singolo Distretto delle attività e prestazioni sanitarie erogabili senza il ricorso
alla struttura ospedaliera;
3. effettuare il monitoraggio, a livello di singolo Distretto della razionalizzazione dei percorsi assistenziali;
4. estendere il servizio di Assistenza domiciliare integrata sull’intero territorio regionale, a seguito della positiva
sperimentazione svoltasi nel Comune di Aosta;
5. potenziare la centrale operativa telematica integrata unica con funzioni di supporto all’ADI;
6. qualificare il mercato privato relativo all’offerta del servizio di assistenza domiciliare attraverso specifiche azioni
formative e di accreditamento e, allo stesso tempo, orientarne e sostenerne la domanda, anche tramite l’erogazione di
contributi economici rapportati alla capacità di spesa delle famiglie e all’effettività della spesa sostenuta;
7. realizzare nel capoluogo o nelle sue immediate vicinanze, una sede di RSA per attività sia di riabilitazione che di
assistenza post-acuta, anche mediante il ricorso ad accordi contrattuali con strutture esistenti opportunamente accreditate;
8. definire un nuovo modello organizzativo di strutture semiresidenziali e residenziali per persone anziane caratterizzato
dai seguenti tre livelli di strutture finalizzate ai bisogni e alle patologie delle persone anziane:
- le strutture protette di primo livello sono un servizio socio- assistenziale a media complessità organizzativa in
relazione al numero di persone ospitate;
- le strutture protette di secondo livello sono un servizio socio- sanitario integrato a carattere residenziale di natura
prevalentemente socio- assistenziale;
- le strutture protette di terzo livello sono un servizio socio- sanitario integrato a carattere residenziale di natura
prevalentemente socio- sanitaria;
9. avviare - non appena ultimata la struttura - il servizio residenziale per la cura dei malati terminali (Hospice);
10. prevedere l’attivazione in Aosta di un nucleo residenziale per la cura del morbo di Alzheimer.


Attività B: sviluppo e consolidamento dei servizi territoriali per la salute mentale


Quadro di riferimento.
In attuazione alla riforma psichiatrica (legge n. 180/1978) e dell’art. 64 della legge n. 833/1978 sono stati istituiti i
Servizi per la tutela della salute mentale. In base a quanto previsto dai Progetti obiettivo “La Tutela della Salute mentale
1994/1996” e “La Tutela della Salute mentale 1998/2000” nella Regione Valle d’Aosta è stato tracciato, pur con differenti
gradi di realizzazione, un modello operativo di assistenza al malato mentale, imperniato sul territorio, che tiene conto
dell’elevata frequenza e dell’origine multifattoriale dei disturbi psichici con il coinvolgimento di una pluralità di
soggetti sociali (famiglia, scuola, associazioni del terzo settore, enti locali, ecc.) insostituibili per rendere efficaci i
processi di integrazione o reintegrazione.
Il quadro epidemiologico di questi ultimi anni, relativo alla popolazione che accede ai servizi ha evidenziato che:
- aumenta l’accesso dei minori;
- la prevalenza di utenti adulti è passata negli ultimi anni dall’1,5% al 2,5% della popolazione di riferimento (con punte
fino al 3%), in conseguenza dell’incremento degli accessi delle persone portatrici di patologie tradizionalmente
considerate minori (disturbi d’ansia e disturbi depressivi non psicotici);
- aumentano sempre di più i disturbi del comportamento, tra cui i disturbi del comportamento alimentare (D.C.A.) e i
disturbi noti come “doppia diagnosi”, dove l’uso di sostanze si accompagna ad un disagio psicopatologico;
- i problemi relativi alla salute mentale hanno avuto maggiore visibilità nell’ambito della Medicina Generale e della
Pediatria di libera scelta. Il fenomeno, già rilevato dalle ricerche epidemiologiche sulla popolazione che segnalavano
tassi di prevalenza vicini al 25-30%, è stato confermato dagli studi sull’uso dei farmaci psico-attivi. Oggi, non meno del
15% della popolazione adulta richiede e riceve, almeno una volta l’anno, prescrizioni psico-farmacologiche nell’ambito
della medicina generale.
I dati enunciati confermano che è in corso una nuova fase che è caratterizzata da un cambiamento, sia del quadro
epidemiologico sia degli atteggiamenti culturali della popolazione, nei riguardi della sofferenza psichica ed evidenziano il
diffondersi di condizioni di malessere sociale e di disagio psichico sia nell’infanzia e negli adolescenti, sia nella
popolazione adulta con la conseguente necessità di coinvolgimento della medicina generale e dei pediatri di libera scelta.
Coerentemente con la logica organizzativa e funzionale fin qui esposta i principali obiettivi di salute che dovranno essere
perseguiti, attraverso l’azione complementare e coordinata di tutti i soggetti e le istituzioni che, a vario titolo,
concorrono alla tutela della salute mentale, sono:
- promuovere la salute mentale nell’intero ciclo di vita, anche all’interno di programmi di medicina preventiva e di
educazione sanitaria;
- estendere l’offerta di servizi secondo moduli differenziati sulla base delle diverse tipologie di bisogno assistenziale.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. attuare, tramite specifici protocolli di collaborazione, interventi di prevenzione mirati alla individuazione nella
popolazione giovanile, soprattutto adolescenziale, dei soggetti, delle culture e dei contesti a rischio;
2. portare a conclusione la realizzazione delle strutture assistenziali residenziali differenziandone i programmi, anche con
il fine di poter riaccogliere i cittadini valdostani attualmente ospitati in strutture specialistiche site fuori dalla
regione;
3. attivare strutture per la realizzazione di programmi di assistenza diurna;
4. sostenere la nascita ed il funzionamento di gruppi di mutuo aiuto di familiari e di pazienti e di cooperative sociali, con
finalità di inserimento lavorativo.
Attività C: sviluppo della rete dei servizi per le dipendenze patologiche


Quadro di riferimento.
La normativa nazionale in materia di welfare ha introdotto sostanziali mutamenti nello scenario dei servizi alla persona ed
alla comunità. Basti pensare all’impatto della legge n. 328/2000, al Piano Sociale Nazionale, all’Accordo Stato–Regioni del
15 marzo 1999, al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001 sull’integrazione socio-sanitaria, al
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001 sui livelli essenziali di assistenza.
Gli interventi per le dipendenze rientrano infatti pienamente nel sistema generale di riordino del welfare, e vanno sempre
più ad integrarsi con le azioni e con le risorse di altri settori quali l’istruzione, la formazione al lavoro, le politiche
di promozione dei diritti ed opportunità per gli adolescenti ed i giovani, le politiche per l’immigrazione, le attività di
trattamento e di tutela della popolazione detenuta.
Proprio in materia di dipendenze si assiste ai seguenti nuovi orientamenti degli interventi assistenziali da protetti, avulsi
dai comuni percorsi di cura e di assistenza e con costi ed investimenti limitati, ad interventi assistenziali integrati,
valutabili in termini di qualità e riconoscibili nella rete dei servizi territoriali.
Si evidenzia il ruolo strategico degli enti locali e del terzo settore nella rilevazione dei bisogni e nella erogazione di
servizi.
Altro passaggio fondamentale, peraltro già avviato e sperimentato attraverso la gestione del Fondo Nazionale Lotta alla Droga
è quello dal
finanziamento “per servizi” al co-finanziamento “di progetti” ed, infine, al co-finanziamento “di politiche e servizi
integrati territoriali”. Risulta inoltre meglio definita a livello nazionale l’attribuzione delle competenze in materia
sociale ed in materia sanitaria. Le prestazioni in materia di dipendenze patologiche sono da considerarsi, difatti,
socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria. I luoghi dell’integrazione socio-sanitaria sono l’ambito territoriale e i
distretti socio-sanitari coincidenti. In questo contesto, la Regione, per recepire il nuovo corso legislativo e per
esercitare sempre più il proprio ruolo di “regolatore” del sistema, ha posto in essere modalità di coordinamento per la
progettazione in materia di dipendenze patologiche e dettato indirizzi e modalità di organizzazione.
Attualmente il territorio regionale può contare su una rete di servizi, sia pubblici che del terzo settore, che restano gli
attori principali per assicurare le risposte ai complessi bisogni di salute nel settore, rete così costituita: SERT (Servizio
Tossicodipendenze), rete delle comunità terapeutiche residenziali e semiresidenziali, rete dei Centri di informazione e di
consulenza (CIC), gruppi di auto-aiuto nell’ambito delle patologie alcolcorrelate (C.A.T., Alcolisti Anonimi, ecc.), rete
delle strutture di ascolto e di reinserimento sociale e lavorativo.
La rete così costituita, che necessita comunque di modalità organizzative ed operative meglio raccordate ed integrate
(intendendo per integrazione non la perdita di identità e specificità, ma la condivisione e il potenziamento delle
peculiarità, connesse in reciproca complementarietà, tramite una efficace co-progettazione) costituisce lo strumento per:
- riqualificare l’offerta complessiva della cura e dei trattamenti riabilitativi attraverso la ridefinizione di profili di
assistenza integrati medico-farmacologici, psicologici e sociali, che, a partire da procedure di “presa in carico”
strutturate, consentano l’individuazione di percorsi individualizzati calibrati sulla diagnosi di stato bio-psico-sociale
del soggetto e inseriti in una cultura sanitaria “per progetti” che consenta,
per ognuno dei soggetti in trattamento, la determinazione di obiettivi di breve, medio e lungo termine e fornisca
indicatori di processo e di risultato. Farà parte della riqualificazione dell’offerta una approfondita riflessione
clinica, di livello regionale, sulle modalità più appropriate di assistenza anche in regime ospedaliero, di degenza e di
day hospital, con la definizione di profili di assistenza sia per le de-tossificazioni (per le quali la prestazione
ambulatoriale o comunitaria appaia inappropriata), sia per la definizione delle “urgenze” non esauribili in protocolli di
pronto soccorso, così come per le disfunzioni comportamentali gravi da bisogno compulsivo e dalla conseguente sindrome
astinenziale (craving);
- affrontare, come problema rilevante, quello del contatto precoce dei giovani consumatori di vecchie e nuove droghe
“all’inizio di carriera”, che rappresentano una consistente fascia di sommerso e non hanno ancora impoverito le proprie
risorse personali, familiari e sociali, per i quali gli interventi di prevenzione e contrasto sarebbero molto più efficaci
laddove fosse possibile raggiungerli tempestivamente. L’approccio, per essere efficace, ha bisogno di riorientarsi dalla
esclusiva lettura del disagio come unica matrice dei comportamenti, allo studio degli atteggiamenti, consumi e modalità,
che fanno parte del mondo giovanile, dove il consumo occasionale o continuato di sostanze psicoattive, legali e non,
rientra ormai in una rappresentazione giovanile di normalità, non oggetto di riflessione o criticità di alcun tipo;
- assicurare una risposta esauriente e qualificata ai soggetti con doppia diagnosi ed ai bisogni di cura delle dipendenze
indotte dalle cosiddette nuove droghe. A tal fine andranno predisposti protocolli diagnostici di valutazione condivisi
con il Dipartimento di Salute mentale, per l’individuazione della prevalenza patologica (tossicomania o psichiatrica),
nonché per la definizione di trattamenti adeguati ai soggetti che presentano caratteristiche effettive di duplice diagnosi;
- potenziare qualitativamente le opportunità di reinserimento sociale, lavorativo ed abitativo, con modalità integrate sin
dalla fase progettuale, in sinergia con i sindacati, le associazioni degli imprenditori, le agenzie di formazione;
- potenziare l’operatività dei servizi per l’individuazione, l’orientamento, il trattamento ed il monitoraggio nel tempo
dei soggetti con problemi alcolcorrelati.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. promuovere la formazione integrata degli operatori pubblici e privati, che sia coerente con i nuovi bisogni ed i nuovi
obiettivi;
2. qualificare e adeguare l’offerta assistenziale e, ove necessario, riconvertire le strutture terapeutico-riabilitative per
una migliore risposta ai bisogni emergenti quali: gestione doppia diagnosi, alcolismo, nuove dipendenze (droghe di sintesi,
gioco d’azzardo, ecc..);
3. adottare modalità operative e collaborazioni continuative, condivise tra i vari soggetti coinvolti al fine di potenziare
le opportunità di reinserimento sociale, lavorativo ed abitativo;
4. individuare e definire una rete regionale integrata di servizi dedicata ai soggetti con problemi alcocorrelati per la
prevenzione, la diagnosi, la cura e la riabilitazione;
5. mettere in rete le informazioni e i dati prodotti in materia di dipendenza, devianza e disagio potenziando la raccolta
informatizzata dei dati anche in conformità agli indicatori fissati a livello europeo al fine di aumentare la conoscenza
epidemiologica sul fenomeno.


Attività D: miglioramento della rete dei servizi per la tutela della salute
dei detenuti


Quadro di riferimento.
La riforma del sistema sanitario penitenziario, dettata dal D.lgs. 230/1999, ha posto le basi per una seria riflessione sul
problema della salute all’interno degli istituti penitenziari, avviando un processo di riordino della medicina penitenziaria
e chiamando le regioni, i comuni, le aziende unità sanitarie locali e gli istituti penitenziari a concorrere responsabilmente
alla realizzazione di condizioni di protezione della salute dei detenuti e degli internati.
Tale processo di riordino ha comportato il trasferimento al servizio sanitario nazionale, a decorrere dal 1° Gennaio 2000,
delle funzioni sanitarie inerenti i settori della prevenzione e della assistenza ai detenuti e agli internati
tossicodipendenti, nonché il graduale trasferimento, in forma sperimentale, delle restanti funzioni sanitarie.
In tal senso le iniziative assunte in Valle d’Aosta sono state il frutto di un’importante opera di confronto e di
collaborazione con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria (PRAP), la Direzione della Casa
Circondariale di Brissogne, l’Assessorato alla Sanità, Salute e Politiche Sociali e l’Azienda U.S.L. che hanno cercato di
promuovere la costruzione di un processo d’interazione tra gli Enti ed gli operatori interessati.
All’interno della Casa Circondariale di Brissogne i principali problemi inerenti la gestione della salute derivano dai
problemi infettivologici e di salute mentale, che richiederebbero interventi specialistici più sistematici e un più
articolato rapporto con la rete di servizi socio sanitari territoriali, nonché dalla carenza del personale.
Le iniziative assunte a livello regionale, in attuazione del D.lgs. 230/99 e delle specifiche azioni previste dal precedente
PSSR, sono state ispirate all’idea di lavorare per obiettivi concreti, secondo criteri di fattibilità condivisi con
l’Amministrazione penitenziaria.
Pur nella consapevolezza delle criticità presenti e di un contesto nazionale di lento e contrastato procedere nel percorso
della riforma, la Regione Valle d’Aosta intende perseguire, i seguenti obiettivi:
- definire le linee organizzative del sistema sanitario penitenziario, in attuazione del D.lgs 230 del 1999 e del prossimo
Protocollo d’Intesa tra l’Amministrazione Penitenziaria e la Regione;
- proseguire nell’azione di raccordo con l’Amministrazione penitenziaria, al fine di favorire una approfondita conoscenza
dei problemi sanitari, e sostenere tutte le collaborazioni possibili tra l’Azienda U.S.L. e la Casa Circondariale di
Brissogne per migliorare le condizioni di salute dei detenuti;
- assicurare la presenza attiva dei servizi dell’Azienda U.S.L. nei settori già oggetto di trasferimento, sviluppando,
particolarmente nel settore dell’assistenza ai detenuti tossicodipendenti, le azioni e le progettualità avviate, anche
avvalendosi delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali- Area di intervento “Dipendenze”, volte a
promuovere sia interventi formativi integrati, sia modalità di trattamento assistenziale omogenee tra le varie carceri;
- intervenire nelle aree di maggiore criticità, rappresentate particolarmente dai problemi di salute mentale e di natura
infettivologica, attraverso la realizzazione di progettualità specifiche;
- proseguire nella promozione delle progettualità già avviate e per le quali siano emerse risultanze positive.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. effettuare interventi di offerta attiva per la tutela della salute mentale (anche attraverso l’utilizzo di mediatori
culturali);
2. prevenire e ridurre le malattie infettive (miglioramento delle condizioni igieniche ambientali e personali), la
tossicodipendenza e le forme di autolesionismo;
3. offrire supporto specifico ai detenuti immigrati (mediazione culturale);
4. realizzare percorsi socio-assistenziali per il reinserimento (accordi Azienda U.S.L., Comuni, Agenzia del Lavoro,
sindacati, volontariato, ecc..).



Obiettivo n. 12.
Sviluppare l’attività di lungoassistenza e l’attività di riabilitazione intensiva secondo la logica di rete integrata di
servizi alla persona.


Attività: miglioramento dell’offerta assistenziale nei settori della riabilitazione e della lungodegenza.


Quadro di riferimento.
Il settore della post-acuzie comprende quel complesso di attività assistenziali che sono erogate una volta stabilizzata la
malattia in fase acuta e che sono necessariamente caratterizzate da precisi denominatori in ordine alla successione temporale
ed agli obiettivi da perseguire. Per quanto riguarda gli aspetti temporali, si tratta di cure che si inseriscono in un
preciso momento della storia della malattia, successiva alla fase acuta (o di “criticità) e precedente la fase stabilizzata
(o di “cronicità”). Ha quindi un tempo di inizio, una precisa successione temporale nella storia di malattia e una durata non
indefinita. Per quanto concerne gli obiettivi si tratta di cure che sono finalizzate ad accompagnare la stabilizzazione della
malattia verso i due possibili esiti di “guarigione” o di “cronicità”.
In ragione delle caratteristiche della patologia di base e dello specifico sviluppo delle cure gli obiettivi saranno
riferibili alle grandi categorie della medicina della post-acuzie (lungodegenza e/o lungoassistenza) ed al recupero e
rieducazione funzionale (riabilitazione).
Lo sviluppo dei servizi di assistenza in regime di ricovero per lungodegenza e riabilitazione costituisce quindi un
complemento essenziale del programma di riqualificazione del presidio ospedaliero.
Lo standard programmatorio per questa tipologia di prestazioni è fissato a livello nazionale nel parametro di 1 posto letto
per 1.000 abitanti (in Valle d’Aosta dovrebbero figurare 120 posti letto ripartiti equamente tra lungodegenza e
riabilitazione), ma si tratta di un parametro che deve essere interpretato a livello regionale in rapporto all’effettivo
sviluppo dei posti letto ospedalieri per acuti e della estensione e specializzazione della rete dei servizi residenziali.
In Valle d’Aosta, non figurano formalmente posti letto per questa tipologia di prestazioni anche se di fatto sono distribuiti
nei vari reparti ed in particolare nell’U.B. di Geriatria. Questo comporta una non conoscenza dell’effettiva attività di
lungodegenza e di riabilitazione in quanto rientra impropriamente nell’attività di ricovero per acuti.
Sul territorio è da poco entrata in funzione la RSA di Antey-Saint-André con due nuclei di dieci posti letto di cui uno
relativamente all’area della terapia riabilitativa e l’altro all’area delle senescenza con ricovero a lungo termine. Inoltre
sussiste una convenzione con una struttura sanitaria extraregionale per prestazioni di assistenza ospedaliera riabilitativa a
consumo di un tetto massimo di spesa.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. definire con chiarezza gli ambiti ed i limiti dell’assistenza post-acuta nei confronti dell’acuzie da un lato e delle
cronicità dall’altro, giustificando percorsi coerenti e modelli di evidenza clinica misurabili;
2. analizzare il sistema attraverso flussi informativi oggettivi e coerenti atti a valutare quale sia il miglior modello
organizzativo intermedio in attesa dell’ammodernamento delle strutture ospedaliere in un unico presidio, con conseguente
specializzazione del presidio del Beauregard verso le attività di non acuzie;
3. ampliare l’offerta assistenziale territoriale di riabilitazione e di lungodegenza attraverso, sia l’aumento del numero di
posti letto di RSA, sia il potenziamento quali-quantitativo dell’assistenza domiciliare e la specializzazione del presidio di
Beauregard.
4. sviluppare l’attività riabilitativa dal punto di vista sia della gestione clinica sia dell’offerta di programmi
riabilitativi che potrà essere ottenuta anche attraverso l’autorizzazione e l’accreditamento di nuove strutture pubbliche e/o
private in modo da contrastare e ridurre la mobilità passiva che, in questo settore è attualmente molto elevata;
5. diminuire progressivamente il livello convenzionale extraregionale.


Obiettivo n. 13.
Promuovere una nuova organizzazione delle sedi ospedaliere secondo criteri di eccellenza.


Attività: sviluppo dell’organizzazione ospedaliera secondo logiche orientate ai processi e ai differenti gradi di intensità
di cura.


Quadro di riferimento.
Il presente piano oltre ad avviare un processo di sviluppo del livello territoriale, prevede, come obiettivo prioritario e
centrale, l’unificazione delle attività per acuzie presso un unico presidio. L’insieme degli interventi di edilizia sanitaria
costituisce il presupposto per lo sviluppo dell’attività ospedaliera secondo una logica che preveda l’erogazione da parte
dell’ospedale delle prestazioni a maggior complessità, rilevanza e di eccellenza ponendosi quindi, non in contrapposizione
con il territorio, ma in un rapporto di forte collaborazione e collegamento con la territorialità, finalizzato alla creazione
di una rete di servizi necessaria a soddisfare le esigenze ed i bisogni della popolazione.
La rete assistenziale può prevedere anche il soddisfacimento dell’offerta attraverso l’interazione con la rete dei servizi di
regioni limitrofe e l’integrazione professionale degli operatori al fine di creare reciproche sinergie in grado di garantire
un’offerta qualitativamente integrata e qualificata. In un’ottica di rete la Regione Autonoma Valle d’Aosta ha già comunque
sempre cercato di aderire ad accordi interregionali volti a soddisfare ed integrare la propria capacità di assistenza
partecipando attivamente agli stessi e si possono citare:
- Associazione interregionale trapianti (AIRT);
- Centro interregionale trapianti Piemonte e Valle d’Aosta;
- Rete oncologica Piemonte e Valle d’Aosta;
- Accordo interregionale plasmaderivazione (AIP)
La concentrazione dell’assistenza ospedaliera in un’unica sede permette inoltre di dare all’ospedale un’impostazione
organizzativa moderna, flessibile, pronta ad adattarsi all’evoluzione continua della scienza medica, della domanda sanitaria
e dei flussi di mobilità attiva e passiva. In questa direzione le aree di degenza dovranno essere gestite a livello
dipartimentale, riconducendole ad una accurata gestione clinico-manageriale, promuovendo tutte le professionalità, ivi
compresa la dirigenza infermieristica.
Il miglioramento degli spazi e dell’organizzazione clinica nonché l’aumento delle sale operatorie permetterà sia di adeguare
l’offerta alla richiesta di prestazioni altamente specialistiche sia di sviluppare attività di eccellenza, necessarie e
fondamentali per risolvere alcuni problemi di equità della risposta assistenziale e per attrarre presso la nostra Regione
professionisti di elevata caratura tecnica e l’Università.
Inoltre, gli interventi di cui sopra consentiranno, nell’ambito della sede del Beauregard di recuperare la disponibilità di
spazi da destinare all’attività di riabilitazione e di lungodegenza, attività che, al momento, sono inserite nelle attività
di ricovero per acuzie svolte dalle singole unità operative di degenza.
Il modello organizzativo prefigurato darà infine la possibilità di suddividere meglio i percorsi di cura per acuzie, attività
riabilitative e lungoassistenziali, attività territoriale, così da correttamente attribuire i costi ai vari livelli di
assistenza.
Saranno altresì preservati tutti gli ingenti investimenti strutturali, impiantistici e tecnologici ultimamente effettuati
presso quest’ultimo plesso ospedaliero così come sarà significativamente ampliata la funzione di parcheggio per utenti e
dipendenti.
Oltre agli interventi strutturali di ampliamento e di nuova organizzazione, sarà importante sostenere funzionalmente e
tecnologicamente le attività di eccellenza sinora sviluppate, quali la robotica, l’alta chirurgia (oncologica, bariatrica,
urologica, vascolare, neuro-traumatologica), l’interventistica mini-invasiva (con particolare riguardo all’ortopedia),
l’interventistica radiologica, l’assistenza medica specialistica, in particolare dell’anziano e del paziente complesso e
fragile (dimissione protetta, percorso ictus e ipertensione, stroke unit), il sistema di emergenza e di urgenza, nuove aree
specialistiche come la chirurgia plastica.
Tali attività dovranno essere assecondate sia mediante modelli strutturali ampliati, sia attraverso una organizzazione per
aree e per dipartimenti, capace di permettere quelle sinergie cliniche e specialistiche che rappresentano sempre di più un
fattore determinante per una assistenza sanitaria di qualità.
Andranno a tale scopo sviluppate sinergie con centri di riferimento, universitari e non, volte a migliorare sia l’offerta
locale sia la preparazione tecnica e la formazione degli operatori in ambito sanitario, così da potere rispondere ad esigenze
specialistiche quali quelle dell’endocrinologia interventistica, della radiobiologia e delle genetica medica.
L’eccellenza così concepita non potrà essere considerata uno sviluppo fine a sé stesso ed oneroso dell’assistenza sanitaria
valdostana, ma un necessario strumento, non solo di crescita qualitativa ma anche, considerata la distanza dai più vicini
centri di riferimento, di equità distributiva delle prestazioni di alta specializzazione ritenute necessarie dalla
programmazione regionale.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. garantire lo sviluppo delle capacità di direzione verso il governo clinico ed organizzativo;
2. garantire lo sviluppo della collaborazione fra personale medico dell’area delle degenze e servizi territoriali;
3. provvedere alla valorizzazione dell’attività di ricovero riorganizzandola secondo criteri che distinguano:
- attività per la cura delle acuzie: incentivando l’integrazione dipartimentale e lo sviluppo dell’eccellenza, sviluppando
l’organizzazione di aree assistenziali quali la sub-intensiva, l’area pediatrica e l’area dell’emergenza;
- attività a minore intensità assistenziale (“low care”): grazie alle quali dare una risposta completa, integrata ed
efficiente, ma funzionalmente separata, ai bisogni di una popolazione che invecchia sempre più e quindi presenta
necessità assistenziali maggiormente complesse e multidimensionali;
- attività di supporto territoriale: con cui supportare le esigenze specialistiche territoriali di tipo ambulatoriale in
misura più decentrata possibile ma anche di supporto specialistico a tutte le attività domiciliari;
4. garantire il consolidamento delle attività di eccellenza attraverso il miglioramento delle conoscenze e del supporto
tecnologico inserendo queste attività in reti di servizio interregionali, nazionali e/o internazionali e prevedendo un
coinvolgimento dell’Università;
5. sostenere lo sviluppo della logica dei processi nell’ambito della organizzazione produttiva delle prestazioni;
6. svolgere iniziative di aggiornamento professionale centrate sui temi della organizzazione e del coordinamento.


Obiettivo n. 14.
Contenere la mobilità sanitaria passiva


Attività: controllo della domanda di prestazioni sanitarie e implementazione dell’offerta in rapporto alle cause di fuga e
allo sviluppo di attività di eccellenza.


Quadro di riferimento.
La regolamentazione dei flussi di mobilità passiva è una problematica riguardante tutte le Regioni che trova particolare
evidenza negli accordi Stato-Regioni con i quali vengono richieste alle Regioni stesse azioni finalizzate al controllo
dell’appropriatezza delle prestazioni ed al contenimento della spesa.
A questo proposito, nella prossima legge finanziaria 2006, nell’ambito delle disposizioni previste, fermo restando il
principio della libera scelta da parte dei cittadini per l’accesso a strutture sanitarie anche diverse da quelle presenti
nella regione di appartenenza, viene stabilito un tetto massimo regionale di rimborsabilità e di compensabilità entro il
quale le singole Regioni regolano l’attività erogata dalle proprie strutture sanitarie pubbliche e private accreditate.
Di conseguenza la nostra Regione, che provvede al finanziamento del servizio sanitario senza oneri a carico del bilancio
dello Stato, utilizzando le proprie risorse, potrà stabilire, al fine del contenimento della dinamica della spesa sanitaria e
con riferimento alle prestazioni erogate nel territorio regionale, sistemi di governo della mobilità sanitaria interregionale
effettuata dai propri residenti che garantiscano il rispetto dei criteri di appropriatezza ed efficacia delle prestazioni.
Analogamente a quanto verificatosi in altre Regioni, anche in Valle d’Aosta, nell’anno 2004, il saldo finanziario complessivo
della compensazione è risultato negativo e pari a circa 16 milioni di euro.
Le principali migrazioni avvengono con le regioni dell’Italia del nord-ovest ed in particolare con il Piemonte, regione
confinante, per una quota del 63% sul totale, di cui il 34% verso strutture private convenzionate. I primi DRG chirurgici di
fuga riguardano gli interventi sul ginocchio senza complicanze, sul sistema cardiovascolare per via percutanea, su
articolazioni maggiori e reimpianti di arti inferiori, sul cristallino con o senza vitrectomia, su dorso e collo senza
complicanze e altri interventi sul sistema muscolo-scheletrico e tessuto connettivo senza complicanze, mentre i primi DRG
medici interessano le diagnosi del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo, altri fattori che influenzano lo
stato di salute, la chemioterapia non associata a diagnosi secondaria di leucemia acuta. Per contro, risulta una discreta
attrazione per gli altri interventi sul sistema cardiovascolare con complicanze e per la legatura e lo stripping di vene,
sulla chirurgia bariatrica e, recentemente, sulla chirurgia urologica.
Il quadro descritto depone per una situazione caratterizzata da una fuga evitabile, incentrata principalmente su di una
specialità, l’ortopedia e traumatologia, le cui ragioni affondano su criticità legate a passati periodi, a difficoltà
territoriali ed a preconcetti di difficile eradicazione nel breve periodo. E’ altresì necessario sottolineare come in campo
ortopedico si annidino i maggiori rischi di inappropriatezza sia chirurgica, sia strumentale e quindi di minore controllo
sulla mobilità passiva.
Nonostante l’attenzione sempre prestata all’eccellenza, il ridotto bacino di utenza, la relativa bassa incidenza
epidemiologica, la necessità di una qualità professionale basata anche sul numero di prestazioni effettuate, portano ad
attuare scelte assistenziali che escludano la fornitura di alcune prestazioni di altissima specializzazione in Valle d’Aosta;
tale situazione incide poco nel numero, ma molto nell’assorbimento di risorse finanziarie.
E’ opportuno considerare anche i seguenti punti di attenzione:
- l’impossibilità di eliminare parte della fuga a causa della conformazione del territorio e del relativo esiguo bacino di
utenza, attualmente pari a circa 120.000 abitanti, con difficoltà di attivare, sostenendole finanziariamente, tutte le
prestazioni in modo da garantire appropriatezza clinico-assistenziale e gestionale;
- la migrazione della popolazione della bassa valle verso il Piemonte a causa della presenza di strutture sanitarie più
vicine rispetto al luogo di residenza ed al Presidio Ospedaliero di Aosta;
- in attesa di una nuova sede, il numero di sale operatorie e la relativa organizzazione delle sedute operatorie risulta a
volte carente a supportare l’attività sia di base sia di eccellenza con occasionali allungamenti dei tempi di attesa per
alcune prestazioni chirurgiche di base;
- l’allungamento dei tempi chirurgici dovuti al congruo sempre maggior utilizzo della chirurgia non invasiva e robotica;
- il comportamento degli erogatori di altre Regioni ed, in particolare modo, le strutture private che, non “limitati” da
specifici vincoli di volume di attività e da controlli di appropriatezza delle prestazioni nei confronti degli utenti
residenti in altre Regioni, indirizzano una rilevante quota della loro attività verso gli extraregionali stessi.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. realizzare un sistema regionale di monitoraggio annuale necessario per la valutazione delle priorità di intervento,
analizzando le prestazioni attraverso l’incrocio dei dati relativi ai flussi informativi delle schede di dimissione
ospedaliera e della mobilità sanitaria interregionale;
2. definire quali prestazioni di ricovero a maggior fuga debbano essere effettivamente recuperate presso il Presidio
ospedaliero, attraverso il potenziamento qualitativo dell’offerta, sia con mezzi propri, sia attivando accordi
interregionali, soprattutto con il Piemonte e con l’Università, per portare in loco alte professionalità in campi
specialistici di competenza;
3. definire, in applicazione della recente normativa statale e regionale, specifici accordi con le strutture e le regioni
interessate dalla mobilità, diretti a determinare volumi di attività e tetti di spesa e, parallelamente, sviluppare modalità
di verifica dell’appropriatezza delle prestazioni;
4. individuare, sulla base dei dati di mobilità, le strutture di attrazione con le quali sviluppare accordi per specifiche
prestazioni alla cui effettuazione possa partecipare anche personale medico specialista operante nella regione;
5. garantire appropriatezza, efficacia ed efficienza delle prestazioni di maggior fuga, attraverso iniziative finalizzate
alla riduzione dei tempi di attesa, ad un maggiore e migliore utilizzo delle sale operatorie e ad un arricchimento formativo
dei professionisti interessati, anche acquisendo le professionalità di specialisti extraregionali per operare, con criteri di
eccellenza, presso il Presidio ospedaliero regionale;
6. intervenire sui MMG prescrittori, agevolando l’interscambio di comunicazione tra gli stessi ed i medici ospedalieri al
fine di migliorare il rapporto interno;
7. prevedere interventi di formazione permanente nei confronti degli operatori dei reparti soggetti a maggior fuga al fine di
migliorare le competenze, le abilità cliniche, tecniche e manageriali.


Obiettivo 15.
Consolidare l’attenzione della programmazione sanitaria verso le attività rivolte a garantire servizi ai turisti.


Attività: consolidamento e sviluppo delle funzioni dell’assistenza sanitaria maggiormente interessate dai flussi turistici.


Quadro di riferimento.
L’organizzazione del Servizio sanitario regionale è già da tempo orientata verso una politica di attenzione al turismo, che
si estrinseca attraverso una considerevole gamma e tipologia di servizi offerti.
Per quanto riguarda la risposta all’emergenza ed all’urgenza, sin dall’inizio degli anni novanta, sono stati creati i primi
centri traumatologici nelle principali località sciistiche ed alpinistiche (al momento sono sei) ed è stato istituito il
servizio di elisoccorso, svolto in collaborazione con il Soccorso Alpino Valdostano e con la Direzione della Protezione
Civile (tra l’altro, recentemente, potenziato con l’acquisizione di un secondo elicottero che ha ulteriormente migliorato la
qualità e la continuità del servizio).
Nell’ambito dell’assistenza ospedaliera, il Dipartimento di Emergenza e di accettazione (DEA) ed i servizi di diagnosi
storicamente adeguano la propria attività per garantire le risposte sanitarie nei periodi di maggior afflusso turistico,
incrementando i turni di servizio in media del 30%. Nell’ambito dell’assistenza territoriale, è periodicamente attivata una
guardia medica dedicata ai villeggianti, nelle zone in cui è maggiore l’attrazione turistica.
Nel prossimo triennio, il supporto ai bisogni della popolazione turistica sarà rivolto alla riorganizzazione dei centri
traumatologici e del Soccorso 118 con il DEA e con l’U.B. Radiologia, nonché al consolidamento dell’offerta già esistente.
Le particolarità e le caratteristiche naturali che rendono da sempre la Regione Valle d’Aosta una tra le più frequentate mete
turistiche possono, se accompagnate da adeguati servizi sanitari, non solo rendere possibile un soggiorno agli amanti della
montagna che necessitano di cure costanti, ma anche costituire un valido supporto terapeutico ai pazienti colpiti da eventi
acuti, in fase di recupero riabilitativo. Esempi ne sono, da un lato, il servizio dialitico offerto in periodo estivo a
nefropatici cronici in villeggiatura e, dall’altro, i sempre più numerosi cardiopatici per cui l’ambiente montano
contribuisce alla riabilitazione funzionale ed al reinserimento sociale, con ripristino completo del benessere psico-fisico.
In effetti, l’allenamento fisico che, al fine di prevenire possibili ricadute, deve essere regolarmente seguito, risulta più
gratificante se svolto in un ambiente spesso incomparabile quale quello della montagna.
Nel quadro di riferimento di cui trattasi ben si inserisce il termalismo montano, storicamente presente nel territorio
valdostano, soprattutto nella media Valle, di cui si intendono approfondire e sviluppare le potenzialità in ambito sanitario
con particolare riferimento alle cure cardiovascolari e circolatorie.


Descrizione delle azioni.
La programmazione regionale dovrà prevedere, sia attraverso la realizzazione di iniziative in proprio, sia attraverso
l’attività dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, i seguenti interventi:
1. integrare la rete dei centri traumatologici nelle sedi dei servizi territoriali, anche attraverso il potenziamento,
soprattutto nei periodi di maggior afflusso turistico, delle attività distrettuali svolte nei poliambulatori centrali,
valutarne la distribuzione rispetto al reale utilizzo e collegarli con i servizi di emergenza ed urgenza;
2. consolidare la flessibilità di risposta delle strutture del Servizio sanitario regionale alle varie esigenze assistenziali
legate ai flussi turistici;
3. sviluppare la medicina termale ed approfondirne i possibili sviluppi terapeutici nelle cura delle patologie;
4. favorire e promuovere l’inserimento dell’ambiente montano nei percorsi riabilitativi delle principali patologie croniche e
degenerative.


Obiettivo n. 16.
Separare la definizione delle politiche sociali dalla realizzazione delle attività conseguenti e promuovere il coordinamento
delle politiche sociali con le altre politiche di attenzione alla persona.


Attività A: individuazione dei soggetti con compiti di realizzazione delle politiche sociali di livello regionale.


Quadro di riferimento.
L’art. 5 della legge regionale n. 18/2001 e poi la legge regionale n. 1/2002 hanno definito la Regione come ente di
programmazione, di indirizzo operativo, di coordinamento e di controllo, nonché gestore di alcune attività di realizzazione
delle politiche sociali, mantenendo, in questi casi, in capo alla Regione il ruolo di ente che programma e verifica attività
da esso stesso gestite. Queste funzioni sono attinenti alle attività di realizzazione delle politiche sociali non
suscettibili di frazionamento a causa del loro carattere di elevata specializzazione e di una complessità organizzativa e
gestionale tale da non consentire ai Comuni, singolarmente o associati nelle Comunità montane, il loro esercizio secondo
criteri di efficienza e di economicità;
esse riguardano:
- il servizio sociale professionale, ferme restando le competenze del Comune di Aosta;
- la tutela dei minori (servizio adozioni e affidamenti familiari, comunità e altre strutture di accoglienza, assistenza
domiciliare educativa per minori, ecc.);
- le provvidenze in favore di invalidi civili, ciechi civili e sordomuti;
- i servizi di interesse regionale per le persone disabili (Centri Educativi Assistenziali, servizi residenziali, servizi
diurni, soggiorni climatici, ecc.), compresa l’informazione in materia di accessibilità ed ausili.
La separazione tra i momenti di definizione e di realizzazione delle politiche sociali ha l’obiettivo di riservare il primo
alla Regione, che risulta così ridimensionata nei compiti ma rafforzata nella capacità di intervento, e il secondo alle
Comunità montane ed al Comune di Aosta attraverso l’affidamento della gestione ad una pluralità di attori istituzionali e
non, a fini di lucro e non, con una preferenza per i soggetti del terzo settore che presentano carattere di imprenditorialità
privata non finalizzata al profitto economico.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. completare il trasferimento delle funzioni agli enti locali secondo quanto previsto dalla l.r. 1/2002;
2. individuare le eventuali ulteriori funzioni regionali attinenti alla definizione delle politiche (l.r. 18/2001, art. 5 nn.
1-4 e 6-9) e quelle attinenti alla loro realizzazione (l.r. 18/2001, art. 5 nn. 5 e 10) da trasferire agli enti locali,
prestando attenzione a distinguere, tra queste, quelle di livello esclusivamente regionale, non suscettibili di frazionamento
a causa del loro carattere di elevata specializzazione e della complessità organizzativa e gestionale tale da non consentire
ai Comuni associati nelle Comunità montane il loro esercizio secondo criteri di efficienza e di economicità;
3. istituire un gruppo di lavoro per l’approfondimento degli aspetti giuridico-organizzativi funzionali alla individuazione e
definizione dei soggetti con compiti di realizzazione delle politiche sociali;
4. predisporre e sviluppare attività di accompagnamento ai processi legati al trasferimento delle funzioni, nell’ottica di
assumere un effettivo ruolo di regia.


Attività B: promozione e sviluppo, nell’ambito dell’offerta di servizi sociali, dell’interdisciplinarietà e del coordinamento
con le politiche per la salute, per l’istruzione, per la formazione, per il lavoro, per la casa, per i trasporti e per la
tutela dei diritti.


Quadro di riferimento.
Già il Piano Socio-sanitario per il triennio 2002-2004 indicava l’integrazione socio-sanitaria come una priorità strategica
in quanto condizione indispensabile per superare prassi settoriali e integrare competenze e servizi diversi grazie alla
unitarietà e alla globalità degli interventi, consentendo una maggiore attenzione ai soggetti deboli e alla loro tutela.
In questi ultimi anni, è maturata la consapevolezza che il benessere sociale non è legato esclusivamente, e forse neppure in
misura preponderante, all’integrazione socio-sanitaria bensì al coordinamento delle politiche sociali con le altre politiche
di attenzione alla persona: sanità, istruzione, formazione professionale, lavoro, trasporti, casa ed altro.
Le scelte qualificanti per l’integrazione puntano a riequilibrare le responsabilità nelle diverse politiche, attribuendo un
nuovo ruolo alla comunità locale rispetto ai titolari della gestione delle politiche stesse.
Il processo di programmazione territoriale deve vedere la compartecipazione di tutti i soggetti istituzionali che hanno
competenze nelle politiche sociali e nelle altre politiche di attenzione alla persona, al fine di concertare funzioni, ruoli
e modalità di intervento collaborativi.
Le politiche sociali si inseriscono nelle strategie di promozione della qualità sociale e dunque dello sviluppo complessivo
della società, sia nel senso dell’uscita dal circuito dell’assistenza, sia in quello della promozione di nuova occupazione,
sia nel sostegno per il superamento delle difficoltà abitative.
Rispetto a queste ultime, in particolare, il riscontro di un crescente bisogno porta ad auspicare un miglioramento delle
strategie di intervento, al quale è possibile pervenire esclusivamente attraverso un innalzamento del livello di
coordinamento, di collaborazione e di assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori istituzionali e del terzo
settore.
Ciò risulta prioritario per quanto riguarda il problema dell’emergenza abitativa per la quale la Regione, gli Enti locali ed
il terzo settore devono individuare ed attuare risposte non solo immediate, ma anche adeguate soluzioni strutturali.
Tutto ciò è legato alla consapevolezza che una risposta inadeguata alle difficoltà può spingere queste ultime a trasformarsi
in emergenza e ad utilizzare in modo improprio gli interventi, spesso rincorrendo e tamponando, anche solo temporaneamente, i
problemi invece di concertare e programmare adeguate risposte ai bisogni in un’ottica complessiva di politiche integrate.
Questo rischio si presenta con evidenza, in particolare, quando si affrontano i fenomeni legati all’immigrazione, per i quali
la Regione ha già attivato numerosi interventi dal punto di vista dello sviluppo dell’integrazione a diversi livelli, ad
esempio, con il progetto Cavanh. E’ necessaria la prosecuzione ed il rafforzamento di una strategia intra e
interistituzionale di integrazione a favore delle persone straniere, anche attraverso il Consiglio Territoriale per
l’Immigrazione, il quale é stato recentemente ricostituito ed ha ripreso la propria attività. Tale organismo, che include
tutte le realtà operative nel settore, costituisce un ambito privilegiato per la promozione delle azioni di seguito indicate.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. avviare il processo di coordinamento e integrazione delle politiche sociali con le altre politiche di attenzione alla
persona;
2. attivare Gruppi di concertazione interistituzionali e multidisciplinari, tra Regione, Enti locali e Terzo settore, per la
condivisione di funzioni, ruoli e modalità di intervento nelle scelte di valutazione e attuazione degli interventi sociali;
3. promuovere attivamente maggiori coordinamento, collaborazione ed assunzione di responsabilità a tutti i livelli
istituzionali, al fine di concertare e programmare adeguate risposte ai bisogni, in particolare per quanto riguarda
l’emergenza abitativa e l’immigrazione;
4. presentare, alla Commissione consiliare competente, entro il mese di marzo di ogni anno, contestualmente al rapporto sullo
stato di attuazione dei piani di zona di cui all’allegato all’obiettivo 18, una relazione sull’attività e sui risultati delle
azioni suddette;
5. giungere, sulla base dei dati di conoscenza e monitoraggio del fenomeno, alla definizione di una legge-quadro
sull’immigrazione, che favorisca l’accoglienza, l’integrazione e la partecipazione alla vita comunitaria degli immigrati, nel
rispetto dei loro diritti.



Obiettivo n. 17.
Definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) regionali quale strumento per assicurare l’uniformità dei servizi e
delle prestazioni in ambito assistenziale e socio-educativo e destinare in maniera vincolata, anche per la parte della
finanza locale, il fondo regionale per le politiche sociali.


Attività A: definizione delle prestazioni che costituiscono i livelli essenziali.


Quadro di riferimento.
La concreta affermazione dei diritti sociali di cittadinanza delle persone e delle famiglie passa attraverso la definizione
dei livelli essenziali delle prestazioni erogate sul territorio regionale dai diversi enti. In questo contesto la Regione
assume funzioni di programmazione, di indirizzo, di coordinamento e di controllo in materia di politiche sociali ed ha la
competenza a definire, coinvolgendo tutti gli attori sociali rilevanti, i livelli essenziali delle prestazioni, anche in
considerazione della corresponsabilità in essere in un ambito di programmazione così rilevante.
Risulta fondamentale, in tale ambito, in coerenza con quanto indicato nei principi generali, distinguere tra nucleo
essenziale del diritto e livello essenziale delle prestazioni. Il “nucleo essenziale” può essere considerato sinonimo di quel
“livello minimo” di prestazioni, al di sotto delle quali viene meno la garanzia costituzionale e che, pertanto, risulta
essere un “livello irrinunciabile” nel momento in cui si progetta una definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Di conseguenza, il livello essenziale delle prestazioni è “qualcosa in più” rispetto al livello minimo (o irrinunciabile) del
diritto.
Si afferma così una distinzione netta tra i livelli essenziali e le prestazioni costituzionalmente dovute (il nucleo
essenziale o irrinunciabile del diritto) che hanno la qualificazione giuridica di diritti soggettivi perfetti.
Si tratta di stabilire quel nucleo “duro” di prestazioni che costituiscono il fattore unificante della cittadinanza sociale,
compiendo un salto di qualità, immaginando un percorso che, con il dovuto realismo e con la necessaria gradualità, permetta
di passare da un sistema di regole, procedure e programmi all’individuazione di precise garanzie per i cittadini.
E’ necessario predisporre l’elenco delle prestazioni già garantite e, quindi, concordare a livello di programmazione
regionale e distrettuale le ulteriori prestazioni, compatibili con le risorse di bilancio, che assumono la caratteristica di
diritti soggettivi, alcune delle quali immediatamente esigibili mentre altre possono entrare nella programmazione dei servizi
per divenire esigibili secondo criteri di gradualità, in relazione anche alle risorse che saranno rese disponibili (principio
della “esigibilità sostenibile”).
L’attenersi a criteri di flessibilità, di gradualità e di progressività nella determinazione dei livelli essenziali nel
settore dell’assistenza è richiesto dalle particolari caratteristiche delle prestazioni di questo settore, legate a bisogni
specifici dei destinatari ed alla loro situazione personale e, quindi, non modulabili secondo rigide logiche di
standardizzazione.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. provvedere alla ricognizione delle prestazioni attualmente erogate, distinguendo quelle che costituiscono il “livello
minimo”, costituzionalmente garantito;
2. attivare un confronto sul tema coinvolgendo tutti gli attori sociali rilevanti;
3. definire le prestazioni rese a livello regionale che costituiscono il “livello essenziale” delle prestazioni sociali,
assumendo la caratteristica di diritti soggettivi perfetti per cui è sempre garantita la copertura finanziaria;
4. definire le ulteriori prestazioni che possono entrare nella programmazione dei servizi per divenire esigibili secondo
criteri di gradualità, compatibilmente con le risorse disponibili (principio della c.d. “esigibilità sostenibile”).


Attività B: destinazione vincolata, anche per la parte di finanza locale, del fondo regionale per le politiche sociali


Quadro di riferimento.
Il Piano socio-sanitario regionale per il triennio 2002-2004 ha previsto l’istituzione di un fondo regionale per le politiche
sociali, senza distinzione tra spese dirette della Regione e finanza locale, come modalità di gestione finanziaria tendente
a:
- valorizzare l’autonomia decisionale degli enti locali preposti alla gestione dei servizi sociali e socio-educativi
secondo le forme definite dalla programmazione regionale;
- consentire l’esercizio delle funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo da parte della Regione;
- semplificare e rendere più veloci le modalità di erogazione dei finanziamenti e di verifica sui livelli e sulla qualità
della spesa.
Attualmente il fondo regionale per le politiche sociali comprende esclusivamente le spese dirette regionali. Ai fini
dell’esercizio delle funzioni regionali di programmazione, di indirizzo, di coordinamento e di controllo è necessario
destinare, in un cammino a tappe con il CELVA, anche per la parte della finanza locale, in maniera vincolata all’effettivo
esercizio delle funzioni socio-assistenziali e socio-educative il fondo regionale per le politiche sociali. Ciò è diretto a
rispondere alla necessità di verificare l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa in questo settore, sia a
livello locale sia regionale, e, allo stesso tempo, provvedere al monitoraggio della spesa sociale.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. concordare con gli enti locali le modalità per la destinazione, anche per la parte della finanza locale, di un fondo
vincolato all’effettivo esercizio delle funzioni socio-assistenziali e socio-educative;
2. correlare, avendo definito i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), il fondo di finanza locale all’effettiva
erogazione delle prestazioni sociali rese a livello locale.


Obiettivo n. 18.
Assumere il territorio del distretto come ambito di lettura, di analisi e di soddisfacimento dei bisogni e come area
privilegiata della programmazione della rete di servizi.


Attività: avvio delle azioni finalizzate alla stesura dei Piani di zona.


Quadro di riferimento.
Il Piano di zona è chiamato ad assumere un ruolo fondamentale per dare risposte ai problemi delle persone e delle comunità
locali, nella misura in cui diventerà strumento condiviso per individuare bisogni prioritari e strategie di risposta efficaci
e sarà in grado di riqualificare le risorse disponibili e condivise tra soggetti istituzionali e comunitari.
Peraltro, già il Piano Socio-sanitario per il triennio 2002-2004 aveva indicato la Regione come l’ente che incentiva la
collaborazione istituzionale ento un ambito territoriale adeguato, quello distrettuale, mediante il Piano di zona, che
diviene strumento per ottimizzare le risorse e facilitare le responsabilizzazioni e le collaborazioni.
Il Piano di zona, oltre che strumento tecnico di programmazione, è infatti un’occasione privilegiata di partecipazione, dove
evidenziare e promuovere l’apporto delle diverse comunità locali, valorizzandone il ruolo di autonomia che, unito alla
solidarietà e sussidiarietà, sapranno esprimere nelle concrete scelte programmatorie, gestionali, operative ed organizzative.
Si avrà la possibilità di avviare un processo di realizzazione di un welfare comunitario, sviluppando partnership tra
istituzioni e cittadini, per una crescente condivisione di responsabilità e di indirizzi, rischi ed esiti.
La comunità locale viene quindi vista come il luogo più qualificato per la risoluzione dei problemi della persona e per
rispondere ai suoi bisogni, in cui il territorio non è soltanto bacino di utenza ma è anzitutto rete di relazioni,
all’interno delle quali il Terzo settore e le parti sociali svolgono un ruolo di particolare importanza, che costituisce nel
tempo un patrimonio di opportunità e risorse e luogo dove interagiscono responsabilità solidali. La recente legge regionale
sul volontariato (l.r. n. 16 del 22 luglio 2005) e gli atti che hanno costituito forum (Anziani, Disabili e Famiglie) e
processi di confronto e collaborazione in vari settori sociali, danno particolare rilievo all’impegno della Regione e
vogliono essere un percorso che deve essere trasferito in ogni ambito zonale.
In questa prospettiva tutti i soggetti che realizzano interventi, servizi e prestazioni sociali sono chiamati a collaborare
affinché, con il loro positivo e attivo coinvolgimento, siano efficacemente perseguiti gli obiettivi del Piano di zona.
Nella fase successiva all’approvazione delle “linee guida” per i Piani di zona, allegate al presente documento, la Regione
garantisce:
- la realizzazione del percorso di accompagnamento per gli amministratori locali, gli operatori pubblici, del Terzo
settore, al fine di mettere ogni soggetto interessato nelle condizioni di meglio collaborare alla stesura del Piano di
zona in ragione del proprio ruolo e delle funzioni di competenza nel percorso di programmazione zonale;
- la valorizzazione delle diverse responsabilità del volontariato, dell’associazionismo di promozione sociale, delle
imprese sociali, delle fondazioni, degli enti religiosi e di tutti gli altri soggetti che contribuiscono alla
realizzazione del welfare locale;
- il coordinamento con la programmazione sanitaria territoriale;
- il coinvolgimento degli altri organismi pubblici presenti nel territorio, essendo anch’essi chiamati a dare il loro
apporto e svolgere un ruolo incisivo per la conoscenza, le decisioni, l’attuazione e la verifica dei risultati del Piano
di zona, in settori quali ad esempio la scuola, la formazione professionale, il lavoro, la casa, i trasporti, l’istituzione
penitenziaria, ecc..


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. avviare il procedimento per la stesura dei Piani di zona (percorso di accompagnamento e successiva costituzione della
Conferenza dei sindaci dell’ambito distrettuale che definisce gli indirizzi per il lavoro del “Gruppo di piano”);
2. definire il lavoro preparatorio (il “Gruppo di piano” individua le modalità di partecipazione e di coinvolgimento dei
soggetti interessati, raccoglie le informazioni secondo le indicazioni e le modalità previste dalle “linee guida”, acquisisce
dagli uffici regionali e dall’OREPS e da eventuali osservatori attivati dal Terzo settore le informazioni e i dati in loro
possesso, elabora, sulla base delle informazioni raccolte, un rapporto di analisi che diventa la base conoscitiva dei bisogni
e delle risorse dell’ambito territoriale).
La completa definizione e l’approvazione dei Piani di zona seguiranno nel triennio successivo alla validità del presente
Piano sulla base delle priorità e degli indirizzi individuati nel corso dei lavori preparatori ed in stretta collaborazione
con i soggetti interessati.
In alcuni ambiti territoriali la definizione dei Piani di zona potrà avvenire nel triennio di validità del presente Piano.


Obiettivo n. 19.
Sviluppare un Piano regionale di comunicazione sociale per ridurre gli ostacoli all’accesso ai servizi.


Attività: sviluppo di un Piano regionale di comunicazione sociale per ridurre gli ostacoli all’accesso ai servizi, mediante
l’attivazione di una strategia di informazione in una logica di rete.


Quadro di riferimento.
Affrontare il tema della comunicazione sociale in modo innovativo e nella logica della legge 8 novembre 2000, n. 328 e del
Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001/2003, approvato con D.P.R. in data 3 maggio 2001, richiede di
riconoscere e condividere l’attribuzione di valore all’informazione sociale, in quanto presupposto per esercitare i diritti
di cittadinanza, per ridurre gli ostacoli che penalizzano la conoscenza e l’accesso ai servizi, soprattutto per i soggetti
più deboli, a maggiore rischio sociale e di isolamento.
La promozione e la qualificazione di servizi di informazione sociale perseguono l’obiettivo di rendere effettivo il diritto
di cittadinanza di essere informati sulle diverse opportunità offerte dalla rete di servizi e delle quali gli individui e le
famiglie possono disporre in relazione ai bisogni dei quali sono portatori. Conoscere le risorse disponibili nel territorio
in cui le persone vivono può risultare fondamentale per far fronte alle difficoltà ed ai bisogni che emergono, o possono
emergere, nelle diverse fasi del ciclo della loro vita, individuale e familiare; molti diritti sociali sono disattesi perché
gli eventuali fruitori, soprattutto nel caso di persone in situazione di bisogno ed esclusione sociale, ne ignorano
addirittura l’esistenza.
Poiché i servizi e gli interventi di sostegno sono spesso offerti da molti e diversificati attori presenti sul territorio, é
importante nella progettazione e diffusione di un’informazione sociale corretta, puntuale e completa delle risorse
disponibili sul territorio, l’attivazione di un ampio lavoro di rete tra gli stessi, instaurando un coerente ed efficace
sistema di scambio e di conoscenza reciproca.
Per attivare una efficace ed uniforme strategia di informazione sociale occorre una azione di ampio respiro che mobiliti i
diversi livelli istituzionali, nonché le risorse comunitarie.
L’importanza della comunicazione quale strumento di prevenzione e riduzione delle situazioni di povertà ed esclusione sociale
è stata sviluppata anche nell’ambito delle attività del progetto europeo “COESO – Comunicazione e Socialità”, progetto
transnazionale finanziato dalla Commissione Europea al quale la Regione ha aderito. Nel corso del biennio di attività del
progetto è stato possibile approfondire il ruolo fondamentale che l’informazione sociale svolge nell’accompagnare e nel
promuovere l’accesso ai servizi ed ipotizzare percorsi per migliorarne l’efficacia.
Il cittadino che ha bisogno di informazioni e orientamento rispetto al sistema dei servizi sociali disponibili sul territorio
regionale non ha, in Valle d’Aosta, un unico punto di riferimento in quanto sono numerosi i soggetti che, a diverso titolo e
con diversi livelli di competenza, offrono indicazioni in merito: i patronati, gli uffici per le relazioni con il pubblico,
le associazioni, il volontariato, ed altri.
Anche nell’ambito di recenti sperimentazioni attivate a livello regionale è posta una sempre maggiore attenzione
all’informazione ed alla comunicazione sociale, come ad esempio avviene rispetto al Centro per le Famiglie “Il Cortile” di
Aosta per il quale l’obiettivo principale volto a favorire l’autorganizzazione e la possibilità di incontro tra le famiglie è
affiancato da un ampio risalto alla valenza informativa del servizio per l’accesso al sistema delle risorse.
Nell’ambito dei servizi sociali, a livello istituzionale sono attivi in tal senso l’Assessorato regionale Sanità, Salute e
Politiche Sociali, l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Aosta, nonché altri soggetti per settori più specifici
(INAIL, SERT).
In particolare, l’Assessorato regionale fornisce informazioni e orientamento tramite i seguenti mezzi:
- la struttura regionale competente in materia di politiche sociali;
- gli assistenti sociali operanti nei presidi socio-sanitari territoriali;
- la produzione di opuscoli e guide informative;
- il sito internet della Regione.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. attivare un gruppo di lavoro per la definizione di azioni di miglioramento in tema di informazione sociale;
2. coordinare i diversi punti informativi e di orientamento sociale esistenti;
3. sviluppare un Piano regionale di comunicazione sociale.



Obiettivo n. 20.
Completare la definizione degli standard delle prestazioni sociali e consolidare ed estendere l’utilizzo di strumenti atti a
garantire l’equità di accesso alle prestazioni e ai servizi.


Attività A: completamento della definizione di standard delle prestazioni sociali.


Quadro di riferimento.L’azione diretta alla definizione di standard deve essere connessa da una
parte all’esigenza di garantire livelli minimi nelle prestazioni sociali e dall’altra correlata alle azioni di monitoraggio e
di qualificazione dei servizi.
Attualmente sono stati approvati i seguenti standard delle prestazioni sociali con:
- deliberazione della Giunta regionale n. 3148 in data 18 settembre 2000 recante approvazione degli standard qualitativi e
organizzativi dei servizi per l’infanzia diversi dall’asilo-nido ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale 27 maggio
1998, n. 44;
- deliberazione della Giunta regionale n. 4594 in data 2 dicembre 2002 recante approvazione degli standard strutturali e
gestionali dei servizi per disabili;
- deliberazione della Giunta regionale n. 5190 in data 30 dicembre 2002 recante approvazione, ai sensi dell’art. 5 della
legge regionale 4 settembre 2001, n. 18, degli standard strutturali e gestionali delle strutture e dei servizi per
minori.
Le azioni previste dal presente obiettivo si inseriscono in modo compiuto con le azioni previste nell’obiettivo relativo al
regime delle autorizzazioni delle strutture e delle attività sanitarie e sociali svolte a livello regionale.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. definire e applicare gli standard strutturali e gestionali dei servizi per anziani;
2. definire e applicare gli standard strutturali e gestionali dei servizi per la prima infanzia.


Attività B: consolidamento ed estensione dell’utilizzo di strumenti atti a garantire l’equità di accesso alle prestazioni e
ai servizi.


Quadro di riferimento.
La Giunta regionale, con propria deliberazione del 19 luglio 2004, n. 2454, ha approvato in via sperimentale l’Indicatore
Regionale della Situazione Economica Equivalente (I.R.S.E.E.) di cui all’articolo 4 della legge regionale 4 settembre 2001,
n. 18. Si è trattato del primo atto per la determinazione,
secondo le specifiche direttive regionali, della partecipazione dei beneficiari e dei loro familiari alle spese di
funzionamento dei servizi sociali e socio-educativi.
Secondo questo strumento la valutazione della situazione economica del richiedente o del nucleo familiare è determinata
dall’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come
modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130, a cui vanno sommate le rendite INAIL e le provvidenze di cui alla
legge regionale 7 giugno 1999, n. 11, erogate direttamente a favore dell’utente del servizio o del beneficiario della
prestazione economica, parametrate sulla base della relativa scala di equivalenza.
La Giunta regionale, alla luce dei primi positivi riscontri, condivisi con le organizzazioni sindacali ed i patronati, in
termini di equità nelle modalità di calcolo delle quote contributive a carico dei beneficiari e dei loro familiari, ha
disposto, con propria deliberazione del 29 luglio 2005, n. 2432, la prosecuzione della sperimentazione relativa
all’Indicatore Regionale della Situazione Economica Equivalente, avviata nel contesto del Piano socio-sanitario 2002-2004 al
fine di valutarne gli esiti.
Garantire l’equità nell’accesso ai servizi socio-assistenziali richiede di intervenire non esclusivamente nel coordinamento
delle diversificate modalità di valutazione della situazione economica degli utenti e delle loro famiglie, ma anche
nell’ambito della consistente eterogeneità attualmente esistente nella definizione delle tariffe applicate, a livello sia
regionale sia locale, per la fruizione dei servizi stessi.
Questa eterogeneità nella definizione delle tariffe si riscontra a diversi livelli:
- tra diversi soggetti gestori rispetto alla fruizione della stessa tipologia di servizio;
- tra diverse fasce di utenza.
E’ quindi necessario avviare spazi di studio e di approfondimento, ai fini di acquisire una conoscenza dell’esistente sia a
livello regionale sia in altre realtà extraregionali, e, soprattutto, avviare un processo di concertazione e condivisione sia
con i diversi soggetti gestori dei servizi, in primo luogo gli enti locali, sia con le parti sociali, sia con i cittadini,
nelle forme di loro rappresentanza.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. valutare gli esiti della sperimentazione dell’I.R.S.E.E. nel contesto delle politiche sociali, con il coinvolgimento delle
parti sociali, sentita la competente commissione consiliare;
2. estendere l’applicazione dell’I.R.S.E.E. ad altre aree di intervento della protezione sociale;
3. promuovere l’applicazione dell’I.R.S.E.E. ad altre aree di governo della programmazione regionale quali i trasporti,
l’istruzione, la casa, ecc.;
4. prevedere l’adeguato accompagnamento dei cittadini – per la presentazione della documentazione relativa al calcolo
dell’I.R.S.E.E. – e degli operatori – per definire l’accesso ai servizi e la contribuzione a carico degli utenti fruitori;
5. individuare i criteri per la definizione di omogenee politiche tariffarie per l’accesso alle prestazioni sociali e
socio-sanitarie, seguendo una strategia di concertazione partecipata.


Obiettivo n. 21.
Sviluppare la solidarietà e la responsabilità sociale secondo il principio della sussidiarietà verticale ed orizzontale.


Attività A: promozione di un coordinamento regionale per le politiche giovanili.


Quadro di riferimento.
In termini di esperienze attive relative alle situazioni giovanili, oltre ai Centri di aggregazione giovanile della Valle
d’Aosta (presenti nella Città di Aosta, nella Comunità montana “Grand Paradis” e nei Comuni di Hône e Pont-Saint-Martin) la
cui titolarità è delle Comunità montane o dei Comuni, di regola tramite gestione indiretta (privato sociale) ed al
consultorio adolescenti “Il Pangolo”, occorre segnalare la presenza del servizio “Informagiovani” del Comune di Aosta, la cui
azione ha valenza regionale, e del G.A.I. – Circuito Nazionale Giovani Artisti Italiani. Si affiancano esperienze dell’area
cattolica (Coordinamento oratori valdostani, Scout, Azione cattolica italiana, Movimento comunione e liberazione) ed
associative spesso collegate all’attività sportiva. A livello di organismi di rappresentanza dei giovani, esistono il Forum
dei giovani del Comune di Aosta e la Consulta degli studenti.
Sono attualmente in corso di perfezionamento le procedure finalizzate all’approvazione di uno specifico disegno di legge
regionale recante interventi per la valorizzazione della funzione sociale ed educativa svolta dagli oratori e da enti che
svolgono attività similari.
In questo quadro eterogeneo, risulta necessario sviluppare forme di orientamento e di linee guida che permettano di
coordinare l’esistente e, allo stesso tempo, promuovere nuove iniziative, con particolare attenzione alle aree che presentano
attualmente minori disponibilità di risorse.
Grazie anche ad azioni realizzate nell’ambito dell’attuazione della Legge n. 285/1997, alla partecipazione a progetti europei
volti a favorire la messa in atto di azioni in tema di politiche giovanili e di partecipazione attiva dei giovani ed alla
realizzazione di convegni, è stato possibile riscontrare la disponibilità da parte della comunità locale ad attivare percorsi
che abbiano come obiettivo la strutturazione di un punto di coordinamento regionale.
Con deliberazione della Giunta regionale del 3 novembre 2005, n. 3638, è stato costituito un gruppo regionale di lavoro sulle
politiche giovanili, le cui attività saranno propedeutiche all’attuazione dell’obiettivo ed alla realizzazione delle azioni
sotto elencate e ad esso correlate.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. attivare un confronto con i soggetti pubblici e del privato sociale, nonché con i giovani, per condividere l’analisi delle
esperienze attualmente esistenti in Valle d’Aosta e sollecitare il protagonismo e la responsabilità sociale dei giovani
stessi in progetti che li vedano chiamati ad agire;
2. definire gli orientamenti regionali per la realizzazione di interventi nell’area giovanile, anche tenendo conto
dell’esperienza europea e di altre regioni italiane;
3. costituire un coordinamento regionale che possa fungere da organismo di promozione, sviluppo e monitoraggio delle
politiche giovanili in Valle d’Aosta.


Attività B: sostegno alla famiglia come risorsa di coesione e solidarietà sociale.


Quadro di riferimento.
La legge regionale 27 maggio 1998, n. 44 sottolinea il valore della famiglia come risorsa da valorizzare e sostenere in
quanto soggetto che riesce a rispondere a bisogni propri e a bisogni sociali e collettivi.
Da qui la necessità di intendere la famiglia non tanto e non solo come fruitrice di servizi e portatrice di bisogni ma
soprattutto come risorsa da promuovere, sostenendone i processi di crescita, prevenendo al suo interno disagi e difficoltà,
rafforzandone le competenze per renderla sempre più autonoma.
I primi passi in tal senso si sono concretizzati:
- nel lavoro di preparazione alla seconda Conferenza regionale sulla famiglia tenutasi nel 2004, che ha visto una fase
preliminare di lavoro di diversi gruppi rappresentanti le realtà associative familiari presenti in Valle d’Aosta;
- nell’applicazione dell’art. 20 della citata legge regionale 27 maggio 1998, n. 44 che prevede finanziamenti per la
realizzazione di progetti sperimentali, formulati e gestiti direttamente da parte di famiglie organizzate anche in forma
cooperativa ed associazionistica;
- nell’avvio della sperimentazione ad Aosta del Centro per le Famiglie “Il Cortile”, finanziato dai fondi della L.
285/1997, quale luogo di accoglienza e di incontro per le famiglie e che vuole permettere a queste ultime, in
collaborazione con altri soggetti pubblici e del Terzo settore, di confrontarsi su problemi comuni e sostenersi per la loro
risoluzione.
Proprio le istanze emerse soprattutto in fase di Conferenza regionale sulla famiglia, ma anche dalle famiglie che hanno già
realizzato esperienze di auto-organizzazione, hanno evidenziato l’esigenza di attivare un Gruppo permanente di confronto per
costruire a livello regionale un nuovo protagonismo delle famiglie.
Una delle prime azioni che il Gruppo dovrà intraprendere è la maggior promozione e informazione rispetto alle opportunità
offerte dall’art. 20 della l.r. n. 44/98, oltre a ripensare ai suoi contenuti per renderlo, in base anche alle esperienze già
realizzate, più rispondente alle potenzialità che le famiglie valdostane possiedono o possono sviluppare.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. accompagnare l’attività del Gruppo regionale sulla famiglia, istituito con deliberazione della Giunta regionale del 17
settembre 2005, n 2989, quale opportunità di incontro stabile tra rappresentanti istituzionali, del terzo settore e delle
famiglie;
2. accompagnare l’applicazione dell’articolo 20 della legge regionale 27 maggio 1998, n. 44 che prevede finanziamenti per la
realizzazione di progetti sperimentali, formulati e gestiti direttamente da parte di famiglie organizzate anche in forma
cooperativa ed associazionistica;
3. preparare la terza Conferenza regionale sulla famiglia.


Attività C: Sostegno, in ambito regionale, nazionale ed internazionale del volontariato sociale.


Quadro di riferimento.
In un periodo di contenimento della spesa pubblica riveste, senza dubbio, un ruolo importante il volontariato che
rappresenta, nell’ambito socio-sanitario, un valido strumento per il mantenimento di un livello di assistenza adeguato alle
esigenze della popolazione.
La Regione ha sempre considerato il volontariato quale supporto importante alle politiche socio-sanitarie e in tal senso si è
investito negli anni aiutandolo a crescere, sia in termini di dimensioni che di qualità, tanto da divenire strumento
indispensabile nell’ambito della programmazione socio-sanitaria. Infatti, prima con la legge regionale 6 dicembre 1993, n.83
e, recentemente, con la legge regionale 22 luglio 2005, n. 16 la Regione ha voluto riconoscere il valore del volontariato e
dell’associazionismo di promozione sociale come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo promuovendone il
consolidamento e lo sviluppo e disciplinandone i rapporti con le istituzioni pubbliche.
In ambito locale si è assistito al forte supporto del volontariato nel settore sanitario e sociale; si citano ad esempio:
- il sostegno alle attività trasfusionali da parte dei donatori volontari del sangue;
- il coinvolgimento dei volontari del soccorso nell’attività di trasporto e soccorso sanitario;
- le azioni dei volontari per il contrasto della povertà e a favore dei soggetti senza fissa dimora, mediante specifici
progetti.
Inoltre la Regione ha voluto estendere la solidarietà del volontariato anche a livello nazionale attraverso la
partecipazione, in considerazione dell’esiguo bacino di utenza valdostana, al Centro regionale trapianti della Regione
Piemonte, a cui la Valle d’Aosta si rivolge prevalentemente per l’effettuazione di trapianti di organi e tessuti. In tale
ambito la solidarietà e la partecipazione del volontariato valdostano si distinguono per la rilevante attività svolta dalle
associazioni locali finalizzata alla promozione della donazione, ma soprattutto alla donazione degli organi da parte di
cittadini valdostani.
Infine la Regione ha saputo recentemente guardare anche oltre i confini nazionali per affrontare in tema di volontariato
progetti di più ampio respiro che hanno coinvolto realtà marginali dell’Africa, e più precisamente il Madagascar, mediante
una collaborazione pubblico-volontariato che ha consentito, attraverso la costruzione di un ospedale e l’invio sistematico di
operatori sanitari, di garantire il diritto di assistenza e l’equità di accesso alle cure nei confronti di una popolazione
svantaggiata.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. rafforzare la collaborazione con le forze del volontariato nella realizzazione di iniziative di promozione e prevenzione
della salute con particolare riferimento agli screening oncologici;
2. coinvolgere il volontariato nella sensibilizzazione alle iniziative di prevenzione nonché nella conoscenza e analisi dei
bisogni sociali, specie dei più deprivati;
3. consolidare l’esperienza nell’ambito del progetto “Madagascar. Aiutare ospedali africani” promuovendo la partecipazione
all’iniziativa da parte degli operatori sanitari;
4. proseguire nel sostegno delle iniziative tese a contrastare le situazioni di povertà ed esclusione sociale.


Obiettivo n. 22.
Attivare politiche di prevenzione del disagio minorile e giovanile e di intervento a favore di minori e giovani in
situazione di disagio.


Attività A: prevenzione del disagio minorile e giovanile


Quadro di riferimento.
Le risorse dei servizi pubblici, quelle del terzo settore e quelle della famiglia dovranno contribuire alla creazione di un
sistema di interventi a rete volta a migliorare la condizione di vita dei minori e dei giovani, con particolare attenzione
alle azioni di informazione e prevenzione dei cosiddetti rischi di devianza.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario
procedere alle seguenti azioni:
1. avviare un sistema permanente di circolazione delle informazioni relativamente alle conseguenze sanitarie, sociali e
legali relative a comportamenti devianti;
2. realizzare in collaborazione con le Forze dell’Ordine, l’Azienda USL, le Istituzioni Scolastiche, il privato sociale,
campagne stampa, conferenze pubbliche e interne alle scuole sui rischi connessi a comportamenti devianti e alle nuove
dipendenze;
3. implementare la promozione di specifiche azioni di sensibilizzazione nei punti di incontro privilegiati dai minori e dai
giovani (discoteche, pub, centri giovani, oratori, ecc.).


Attività B: realizzazione di interventi in favore di giovani ultradiciottenni in situazione di disagio.


Quadro di riferimento.
In Valle d’Aosta sono presenti servizi in favore di minori e delle loro famiglie diversificati in relazione alla tipologia
dei bisogni che emergono.
Questi servizi prevedono, infatti, l’erogazione di interventi economici, assistenziali, educativi, di sostegno alla
genitorialità o di tipo semi-residenziale e residenziale. Oltre alla presa in carico integrata delle situazioni di minori da
parte delle équipe socio-sanitarie territoriali sono attivi specifici servizi quali il servizio di Assistenza domiciliare
educativa, il servizio di Affidamento familiare o di Accoglienza volontaria istituito con deliberazione della Giunta
regionale n. 2040 del 27 giugno 2005,
in seguito all’esito positivo del Progetto Affido attivato negli anni 2002/2004 ai sensi della Legge n. 285/1997, e due
comunità regionali per minori a carattere residenziale.
In particolare, l’esperienza maturata all’interno della comunità regionale per adolescenti, che accoglie minori in età
compresa tra i 13 e i 18 anni, evidenzia da tempo la necessità di offrire una concreta risposta agli ospiti neomaggiorenni
che presentano ancora importanti bisogni di accompagnamento all’età adulta e per i quali non è stato ancora possibile
costruire e realizzare un ambito di vita indipendente e di gestione autonoma.
Tale esigenza riguarda sia i giovani residenti in Valle d’Aosta inseriti in struttura, sia quelli collocati in affidamento
familiare e per i quali non è possibile o opportuno il rientro nella famiglia di origine.
La realizzazione di interventi rivolti alla fascia di età 18-21 anni assume un significato fortemente preventivo rispetto al
rischio di devianza e emarginazione sociale, rischio particolarmente elevato considerata la tipologia dell’utenza.
Gli interventi, sulla base di progetti individuali costruiti in collaborazione con l’équipe socio sanitaria di riferimento,
sono caratterizzati dalle seguenti attività di sostegno volte a:
- rafforzare o individuare le potenzialità personali;
- sollecitare la responsabilizzazione e l’interiorizzazione delle regole;
- supportare la sfera affettiva e sessuale;
- potenziare le capacità di una corretta gestione delle risorse economiche;
- favorire la ricerca del lavoro e potenziare gli strumenti utili a mantenerlo nel tempo;
- completare l’iter scolastico;
- sostenere le capacità di rapportarsi in modo adulto nelle relazioni di convivenza.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. prevedere nuove forme di sostegno, anche economico, in favore delle famiglie affidatarie disponibili a proseguire
l’accoglienza dell’affidato divenuto maggiorenne;
2. attivare una struttura residenziale temporanea (comunità di transizione per ultradiciottenni) che accolga soggetti in età
compresa tra i 18 e i 21 anni, in carico ai servizi socio sanitari territoriali o inseriti nella comunità regionale per
adolescenti che non possano rientrare o restare nella famiglia di origine o affidataria e che presentino la necessità di
essere accompagnati e sostenuti nel raggiungimento di un sufficiente livello di autonomia personale al fine di consentirne
l’inserimento nella vita sociale;
3. definire le caratteristiche della gestione e degli obiettivi educativi della struttura.


Attività C: realizzazione di uno spazio suppletivo di emergenza alle comunità regionali per minori, idoneo ad accogliere
minori stranieri non accompagnati.


Quadro di riferimento.
In Valle d’Aosta sono presenti due comunità regionali per minori, finalizzate all’inserimento di soggetti in stato di
abbandono o che non possono temporaneamente permanere presso il nucleo familiare di origine, che prevedono n. 8 posti
residenziali ciascuna.
Periodicamente, gli organi giudiziari e le forze dell’ordine segnalano la presenza sul territorio regionale di minori
stranieri non accompagnati che, in
base alla normativa vigente, devono essere accolti e tutelati in attesa dell’individuazione della famiglia di origine.
Nel caso in cui le comunità regionali per minori, al momento della segnalazione, non abbiano posti disponibili, gli uffici
competenti devono individuare tempestivamente una idonea collocazione per la quale, attualmente, non sono presenti risorse
dedicate in merito.
E’ necessario, quindi, prevedere la realizzazione di uno spazio suppletivo di emergenza alle comunità regionali per minori,
idoneo ad accogliere minori stranieri non accompagnati, in cui vengano svolte le attività di seguito elencate:
- accoglienza e conoscenza;
- contatto e collaborazione con gli organi giudiziari o con le forze dell’ordine segnalanti;
- collegamento con la struttura di riferimento;
- vigilanza e accudimento;
- progettazione individuale correlata al periodo di permanenza;
- sostegno scolastico e formativo.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. individuare adeguati spazi, preferibilmente nella Città di Aosta, per l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati;
2. definire le caratteristiche della gestione e gli obiettivi del servizio, anche in collaborazione con le strutture
competenti in materia di istruzione e le agenzie formative;
3. prevedere una presa in carico del minore in collegamento con le due comunità regionali interessate, in base all’età del
minore segnalato.


Obiettivo n. 23.
Sviluppare gli interventi tesi a contrastare le situazioni di bisogno sociale, con particolare attenzione alla disabilità e
alla non autosufficienza


Attività A: sostegno alle persone con disabilità e alle loro famiglie e potenziamento del lavoro di rete.


Nell’ambito dell’assistenza alle persone disabili, un ruolo di primaria importanza è rappresentato dall’équipe
socio-sanitaria territoriale, con il compito di assicurare, mediante l’elaborazione di progetti individualizzati, la
realizzazione di un “percorso di vita” relativo alle persone disabili ed alle loro famiglie.
Le esperienze sinora maturate nel contesto dell’assistenza delle persone anziane hanno fatto emergere l’opportunità di
provvedere, anche per le persone disabili, alla costituzione di apposite e specifiche Unità di Valutazione, per garantire
pari opportunità di fruizione dei servizi, sulla base degli effettivi bisogni e delle capacità residuali.
Tutto ciò si inserisce compiutamente anche nell’ambito dell’attività B individuata per questo stesso obiettivo.


Quadro di riferimento.
Al centro degli interventi in materia di disabilità deve essere posta la persona nella globalità dei suoi bisogni, delle sue
potenzialità e delle sue caratteristiche. Alla centralità della persona si accompagna quella della sua famiglia, che
rappresenta il più importante agente educativo con cui le istituzioni e gli operatori devono costruire un rapporto di
collaborazione.
Per rispondere al meglio ai bisogni delle persone disabili e per consentire il massimo sviluppo delle loro autonomie e
capacità residue, si stanno potenziando i servizi territoriali esistenti e prevedendo l’ampliamento e l’apertura di nuove
strutture a carattere semi-residenziale e residenziale.
L’attuale offerta di servizi territoriali, semi-residenziali e residenziali per persone disabili comprende:
- il servizio di accompagnamento, integrazione ed assistenza per persone disabili;
- il servizio di accoglienza ed assistenza continuativo rivolto a soggetti disabili psicofisici privi dell’assistenza dei
familiari;
- il servizio di assistenza alla vita indipendente rivolto a persone adulte con disabilità fisica o sensoriale;
- i servizi diurni per disabili psichici denominati Centri Educativo Assistenziali (C.E.A.), che hanno una utenza
complessiva pari a 57 posti.
Sono attualmente operanti n. 4 C.E.A. gestiti direttamente dalla Regione;
- il servizio denominato “Easy contact”, che ha lo scopo di fornire alle persone sordomute ed audiolese sostegno nel far
fronte alle necessità quotidiane tramite l’inoltro di richieste attraverso la trasmissione di short message service
(SMS).
Nell’ambito dell’ampliamento e del miglioramento dell’offerta, è stata avviata la predisposizione nel Comune di Saint-Marcel
di una comunità alloggio con appartamenti attrezzati di tecnologia domotizzata per persone disabili con gravi insufficienze
di deambulazione, al fine di sperimentarne l’utilità ed il valore aggiunto.
E’ inoltre in corso di attivazione, nel comune di Montjovet, una comunità protetta per persone con disabilità prive di
sostegno familiare con caratteristiche sia residenziali, sia di sollievo temporaneo.
A livello regionale si stanno intraprendendo azioni di confronto tra l’ente pubblico, il Centro di Servizio per il
Volontariato e gli organi giudiziari per dare compiuta attivazione alla figura dell’Amministrazione di sostegno.
L’obiettivo di questo istituto, introdotto dalla Legge 9 gennaio 2004, n. 6, é di tutelare le persone (disabili, ma anche
anziane) prive, in tutto od in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi
di sostegno temporaneo o permanente. La persona che, per effetto di infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si
trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un
Amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio.
Particolare rilevanza, al fine di migliorare la programmazione degli interventi in materia di disabilità, riveste la
definizione di una “banca dati” informatizzata delle persone con disabilità, che risponde a una logica di integrazione
socio-sanitaria e consente di disporre di una raccolta dati completa in ordine all’evoluzione della situazione di bisogno
espresso. E’ stata progettata la realizzazione di uno strumento informativo, che sarà avviata nei primi mesi di validità del
presente Piano.
Nell’ambito delle funzioni di indirizzo e programmazione, proprie della Regione, primaria importanza assume la
classificazione I.C.F. “Classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute” dell’O.M.S.
(Organizzazione mondiale della sanità), che è uno strumento innovativo accettato come standard per misurare e classificare
salute e disabilità, il cui utilizzo avrà, tra gli altri risultati, importanti ricadute sulla pratica medica, sulla ricerca,
sulla statistica di popolazioni e sulle politiche socio-sanitarie. L’ICF, infatti, fornisce un modello di riferimento che
permette di codificare un’ampia gamma di informazioni ed usa un linguaggio comune standardizzato, permettendo la
comunicazione in materia di salute e di assistenza sanitaria su larga scala tra varie scienze e discipline.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. ampliare l’offerta di comunità protette per persone con disabilità, con particolare attenzione a quelle rivolte a persone
prive del sostegno familiare in considerazione dell’innalzamento della loro aspettativa di vita e dell’invecchiamento delle
loro famiglie;
2. incrementare, in accordo con gli enti locali, la disponibilità di posti presso i C.E.A. su tutto il territorio regionale,
estendendone l’offerta al distretto n. 1 (Alta Valle).


Attività B: sostegno all’integrazione sociale delle persone con disabilità e il loro inserimento in contesti occupazionali.


Quadro di riferimento.
Da tempo è attivo il Centro agricolo di Ollignan in cui si esplicano attività finalizzate a promuovere attività occupazionali
e l’addestramento lavorativo di disabili psico-fisici, intellettivi, sensoriali con residue capacità lavorative e produttive,
in età compresa tra i 18 e i 55 anni. L’attività del Centro si esplica nella consapevolezza della necessità di sostenere le
persone disabili nello sviluppo e nella realizzazione delle loro capacità residuali, rendendo effettivo il diritto di poter
esercitare le proprie capacità nella misura massima possibile e di sviluppare il massimo grado di autonomia.
Gli obiettivi del Centro agricolo sono i seguenti:
- lo svolgimento di attività occupazionali, educative e di addestramento per soggetti con disabilità gravi;
- l’accoglimento temporaneo di soggetti psichiatrici in fase di reinserimento sociale;
- l’addestramento lavorativo per soggetti appartenenti alle “fasce deboli” in collaborazione con gli enti promotori.
E’ inoltre presente un servizio per lo svolgimento di attività occupazionali e di laboratorio destinato a disabili
psicofisici medio-gravi risultati inidonei all’inserimento lavorativo ordinario. Al fine di migliorare costantemente
l’offerta, è in previsione l’ampliamento dello spazio disponibile per lo svolgimento delle attività di cui trattasi e per
l’eventuale programmazione di altre nuove.


Descrizione delle azioni.Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle
seguenti azioni:
1. prevedere un servizio educativo di supporto territoriale per garantire percorsi differenziati al fine di potenziare al
meglio le capacità lavorative e occupazionali residue delle persone disabili;
2. attivare laboratori occupazionali;
3. promuovere, nell’ambito delle politiche del lavoro e delle attività di impresa, iniziative per favorire l’inserimento
lavorativo dei soggetti disabili;
4. attivare collaborazioni con Enti e istituzioni competenti in materia al fine di agevolare l’inserimento lavorativo delle
persone disabili.


Attività C: Avvio di una sperimentazione di pronto intervento sociale.


Quadro di riferimento.
Anche nel territorio valdostano, e soprattutto nel capoluogo regionale, si presentano situazioni di persone con bisogni
primari che richiedono risposte urgenti e in situazione di emergenza sociale, ovvero la situazione di vita che determina un
bisogno improcrastinabile di rispondere a diritti primari di sussistenza.
Tra i servizi attualmente esistenti che in Aosta rispondono a bisogni primari si segnalano in particolare:
- il Dormitorio comunale, dotato di 12 posti per uomini e di un posto per donne, gestito dal Comune di Aosta;
- la struttura “Abri M. Vincent”, con una capienza di 18 posti letto ed utilizzata dal 1997 come dormitorio, gestita dalla
Caritas diocesana;
- il servizio di mensa “Tavola Amica”, il servizio docce e la struttura di accoglienza per donne “Casa Nostra”, gestiti da
associazioni di volontariato che fanno riferimento alla Caritas diocesana;
- la struttura di accoglienza per donne sole denominata “Arcolaio”, gestita direttamente dalla Regione.
E’ poi chiamato a far fronte all’emergenza il Servizio sociale professionale regionale, sia nella componente presente negli
uffici dell’Assessorato Sanità, Salute e Politiche Sociali, sia nella componente presente nei presidi socio-sanitari
territoriali.
Una definizione chiara delle competenze e delle principali modalità di intervento e di risposta ai bisogni urgenti,
permetterebbe di rendere sempre più efficaci e soddisfacenti le risposte che vengono offerte a livello sia istituzionale sia
del volontariato. Diventa pertanto necessario promuovere una sensibilizzazione sul problema che faccia acquisire la
consapevolezza circa le modificazioni sociali del contesto territoriale (le vecchie e nuove povertà), i bisogni presenti e la
responsabilità delle comunità e soprattutto delle istituzioni pubbliche di farsene carico.
E’ quindi necessario, nella nostra Regione, anche alla luce di quanto espresso dalla legge 8 novembre 2000, n. 328, all’art.
22, comma 4, lettera b), che prevede quale livello essenziale il servizio di pronto intervento sociale in ogni ambito
territoriale, attivare una fase di approfondimento per la sperimentazione di tale servizio.
L’approfondimento dovrà riguardare anche la ricerca di nuovi strumenti che, a fronte della precarietà di molte situazioni che
rischiano di passare da condizioni di vita modeste ad una situazione di miseria, come emerso dal secondo Rapporto su
vulnerabilità e povertà in Valle d’Aosta, prevengano tali difficoltà.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. attivare un gruppo di lavoro promozionale tra soggetti istituzionali e non, titolari di responsabilità e competenze nel
settore delle emergenze;
2. definire, a partire dalla esperienza operativa, dai dati documentati sulle situazioni di emergenza, dalle risorse
disponibili, pubbliche e non, un modello organizzativo da sperimentare per dare risposta alle emergenze sociali e studiare
ulteriori strumenti per prevenire la vulnerabilità diffusa.


Obiettivo n. 24.
Assicurare lo sviluppo continuo delle professionalità sanitarie e sociali sulla base delle esigenze della domanda di
prestazioni e del soddisfacimento dei bisogni della popolazione regionale.


Attività: monitoraggio dei fabbisogni di risorse umane e definizione di strumenti omogenei per la programmazione e
l’attuazione dello sviluppo continuo delle professionalità in ambito sanitario e sociale.


Quadro di riferimento.
Le risorse umane che operano nell’ambito dell’assistenza sanitaria e dei servizi sociali hanno da sempre svolto un ruolo di
particolare rilevanza poiché il fattore personale ed umano costituisce l’elemento che influisce più direttamente sulla
qualità e sulla quantità dell’assistenza, oltre che sul grado di soddisfazione delle persone che usufruiscono dei servizi.
I processi di cambiamento e di evoluzione del sistema sanitario e dei servizi sociali impongono una valorizzazione ed un uso
efficiente ed efficace delle risorse umane anche attraverso percorsi attenti e mirati di formazione professionale secondo i
principi previsti dalla normativa vigente. Infatti, qualsiasi processo innovativo sul versante istituzionale e organizzativo
non può prescindere dalla formazione e dall’aggiornamento del personale che ne è coinvolto.
Nell’ambito del servizio socio-sanitario regionale, deve essere pertanto garantita la presenza di professionisti adeguati
alle esigenze organizzative e di operatori continuamente aggiornati affinché il livello professionale e tecnico delle varie
figure professionali accresca l’efficacia e l’efficienza dei servizi resi al cittadino.
Nello stato attuale dei servizi sanitari e sociali, devono quindi essere considerate attentamente le carenze di specifiche
figure professionali nell’ambito dell’assistenza sia sanitaria (in particolare, di medici specialisti coinvolgendo l’Azienda
U.S.L. della Valle d’Aosta), sia sociale (in particolare, di operatori socio-sanitari con il supporto degli enti locali e
secondo lo standard formativo previsto a livello statale e regionale), a fronte delle quali avviare percorsi di formazione e
di qualificazione, anche in collaborazione e con le istituzioni accademiche.
Nel contempo, è necessario favorire la promozione dell’aggiornamento degli operatori già inseriti nel contesto lavorativo
regionale, anche mediante sistemi informativi innovativi sia formativi (c.d. formazione a distanza – FAD) sia gestionali e di
supporto alle decisioni (data warehouse).
Il presente Piano disciplina dal punto di vista normativo i ruoli dei soggetti decisori e attuatori delle iniziative di
formazione, di qualificazione e di aggiornamento delle figure professionali in ambito sanitario e sociale. Il modello di
riferimento prefigurato individua la seguente suddivisione delle competenze:
- le attività di rilevazione e di analisi dei fabbisogni formativi e quindi di programmazione, di controllo e di
valutazione degli interventi in materia di formazione, di qualificazione e di aggiornamento delle figure professionali in
ambito sanitario e sociale, attribuite alle strutture regionali competenti in materia;
- l’esecuzione degli interventi in materia di formazione, di qualificazione e di aggiornamento delle figure professionali
in ambito sanitario attribuita alle strutture competenti in materia dell’Azienda U.S.L. e/o in collaborazione con le
istituzioni accademiche;
- l’esecuzione degli interventi in materia di formazione e di qualificazione delle figure professionali in ambito sociale
attribuita agli enti di formazione pubblici o del terzo settore a livello regionale o in collaborazione con le
istituzioni accademiche.
Le strutture regionali competenti in materia del Dipartimento sanità, salute e politiche sociali provvederanno pertanto ad
allineare le metodologie di programmazione e di attuazione degli interventi delle iniziative di formazione, di qualificazione
e di aggiornamento delle figure professionali in ambito sanitario e sociale, individuando - con cadenza annuale - i
fabbisogni formativi delle figure stesse, utilizzando prioritariamente i finanziamenti del Fondo Sociale Europeo (FSE).
In capo alle strutture regionali competenti in materia del Dipartimento sanità, salute e politiche sociali, potranno essere
mantenute - seppure in via del tutto subordinata al ruolo ad esso attribuito e limitata a specifiche aree di intervento -
competenze in materia di gestione diretta delle iniziative di qualificazione e di aggiornamento di figure professionali
sanitarie e sociali, appartenenti anche al c.d. terzo settore.
Ciò consentirà di ridurre progressivamente la separazione dei processi formativi tra figure sanitarie e figure
dell’assistenza sociale e di uniformare gli strumenti amministrativi regionali con cui si provvede all’attuazione dei
processi stessi, in ossequio alla logica della massima integrazione dei processi di erogazione delle prestazioni sanitarie e
sociali.
Le strutture regionali promuoveranno pertanto la costituzione di gruppi di lavoro per la condivisione degli obiettivi comuni
per l’aggiornamento delle professionalità coinvolte nella realizzazione delle politiche per la salute e per il benessere
sociale, nonché per favorire la partecipazione di tutte le figure professionali interessate ad iniziative di aggiornamento.


Descrizione delle azioni.
Con atti della Regione e dei soggetti gestori dei sevizi sanitari e sociali, per quanto di rispettiva competenza, devono
essere previsti i seguenti interventi:
1. rilevare il fabbisogno dei medici specialisti e di altre figure professionali sanitarie e sociali per programmare
interventi volti ad agevolare la formazione specifica;
2. attivare protocolli d’intesa e convenzioni con le istituzioni accademiche per la riserva di posti a favore degli studenti
valdostani per le discipline carenti, nonché per lo svolgimento di parte del tirocinio nelle strutture sanitarie e sociali
regionali;
3. finanziare, mediante l’erogazione di assegni di formazione, gli studenti che frequentano corsi di base e corsi di
perfezionamento per incentivare la frequenza a percorsi formativi necessari alla qualificazione di professionisti carenti nel
sistema sanitario e sociale regionale;
4. organizzare con frequenza annuale corsi di formazione per operatori socio-sanitari che svolgano attività finalizzate a
soddisfare i bisogni primari della persona favorendo il benessere e l’autonomia dell’utente e garantendo - in ambito
ospedaliero – un adeguato supporto alla figura dell’infermiere tale da promuovere una diversa e più appropriata assistenza
ospedaliera;
5. organizzare corsi post-universitari di specializzazione in discipline mediche correlate alla montagna ed al soccorso
alpino;
6. completare lo sviluppo del sistema regionale di educazione continua in medicina (ECM) prevedendo anche l’attivazione della
formazione a distanza (FAD) al fine di offrire a tutti gli operatori sanitari la possibilità di conseguire i crediti
formativi previsti attraverso un’offerta completa di formazione;
7. realizzare un nuovo sistema informativo regionale che consenta di gestire e di monitorare il modello regionale ECM
partendo dalla richiesta di accreditamento dell’evento fino alla registrazione dei crediti finalizzato ad una attività di
analisi e di controllo del sistema stesso;
8. promuovere la definizione del sistema regionale di certificazione delle competenze rivolto alla creazione del repertorio
delle qualifiche professionali delle figure sociali e dei relativi standard formativi minimi.


Obiettivo n. 25.
Estendere il regime dell’autorizzazione a tutte le strutture e le attività sanitarie e sociali, come garanzia del livello
qualitativo delle prestazioni, applicare e sviluppare il regime dell’accreditamento delle strutture, delle attività e dei
professionisti in ambito sanitario e sociale.


Attività A: autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di strutture e di attività sanitarie, socio-sanitarie,
socio-assistenziali e socio-educative.


Quadro di riferimento.
Il regime autorizzativo pertiene a quanto stabilito dalle disposizioni nazionali e regionali vigenti, con particolare
riferimento agli articoli 8-bis e 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituiti dall’articolo 1 del
decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 recante norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale a norma
dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419, ed all’articolo 38 della legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 e
successive modificazioni. La realizzazione di strutture sanitarie, socio-sanitarie o socio-assistenziali e l’esercizio di
attività sanitarie o sociosanitarie sono subordinate ad autorizzazione della Giunta regionale, rilasciata in conformità ai
fabbisogni strutturali e produttivi, nonché ai requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici per classi di strutture e
per tipologia di attività previsti dalla programmazione sanitaria e socio-assistenziale regionale.
Le modalità ed i termini del procedimento amministrativo per il rilascio di autorizzazione alla realizzazione ed
all’esercizio di strutture e di attività sanitarie, socio-sanitarie, socio-assistenziali e socio-educative, sono disciplinati
dalla deliberazione della Giunta regionale n. 2103 del 21 giugno 2004.
Ad oggi, il quadro normativo regionale è costituito dai seguenti principali atti della Giunta regionale:
1. deliberazione della Giunta regionale n. 3148 in data 18 settembre 2000 recante approvazione degli standard qualitativi e
organizzativi dei servizi per l’infanzia diversi dall’asilo-nido, ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale 27 maggio
1998, n. 44;
2. deliberazione della Giunta regionale n. 4594 del 2 dicembre 2002 recante approvazione degli standard strutturali e
gestionali dei servizi per disabili;
3. deliberazione della Giunta regionale n. 1604 del 6 maggio 2002 recante approvazione dei requisiti minimi strutturali
organizzativi dei servizi e delle strutture del Dipartimento di salute mentale dell’Azienda U.S.L. Valle d’Aosta;
4. deliberazione della Giunta regionale n. 5190 del 30 dicembre 2002 recante approvazione, ai sensi dell’art. 5 della legge
regionale 18/2001, degli standard strutturali e gestionali delle strutture e dei servizi per minori;
5. deliberazione della Giunta regionale n. 3754 del 13 ottobre 2003 recante approvazione dei requisiti minimi standard per
l’autorizzazione all’esercizio e l’accreditamento dei servizi privati di assistenza alle persone dipendenti da sostanze
d’abuso;
6. deliberazione della Giunta regionale n. 772 del 15 marzo 2004 recante approvazione di ulteriori requisiti organizzativi
per l’esercizio di attività socio-sanitarie nell’ambito di strutture pubbliche e private destinate a residenze sanitarie
assistenziali (RSA);
7. deliberazione della Giunta regionale n. 4372 del 29 novembre 2004 recante approvazione dei requisiti minimi strutturali,
tecnologici ed organizzativi delle strutture veterinarie pubbliche e private, mediante recepimento dell’Accordo tra il
Ministero della salute, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano del 26 novembre 2003.
Nel corso del quadriennio 2002-2005, si è provveduto a consolidare il procedimento autorizzativo all’esercizio delle
strutture sanitarie private e ad avviare la procedura per le strutture pubbliche.
Nello stesso periodo, per la parte dei servizi sociali, è stato avviato il procedimento di autorizzazione all’esercizio per
alcune strutture socio-educative per la prima infanzia e socio-assistenziali per anziani, benché il quadro normativo
regionale necessiti della definizione degli standard strutturali e gestionali dei servizi per anziani e degli standard
strutturali e gestionali degli asili nido.
Rivestono poi particolare interesse alcuni punti di attenzione emersi da studi affidati all’Agenzia dei servizi sanitari
regionali (ASSR) sull’ambito di applicazione delle norme vigenti in materia di autorizzazione di strutture sanitarie e
socio-sanitarie che risulta essere progressivamente esteso dal concetto della “particolare complessità” a quello più ampio di
“rischio per la sicurezza del paziente” (art. 8-ter, comma 2, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive
modificazioni). L’estensione del regime autorizzativo (ad esempio, anche agli ambulatori associati dei medici di medicina
generale (MMG) e dei pediatri di libera scelta (PLS)) comporterà la revisione del quadro normativo di riferimento in materia
di autorizzazione di strutture sanitarie e socio-sanitarie favorendo il miglioramento qualitativo delle strutture stesse.
Nel quadro di riferimento così descritto, il presente Piano supera le disposizioni legislative contenenti vincoli
quantitativi su base territoriale per l’autorizzazione alla realizzazione e all’apertura di nuove strutture sanitarie,
socio-sanitarie, socio-assistenziali e socio-educative private (c.d. fabbisogni), nonché per l’accreditamento delle medesime.
Sulla base dei principi, dei valori, delle strategie, nonché degli obiettivi e delle attività del presente Piano, la Giunta
regionale, sentito il parere della Commissione consiliare competente, determina i limiti quantitativi alle prestazioni
sanitarie e sociali necessari per garantire il soddisfacimento dei bisogni di salute e di benessere della popolazione
regionale e per limitare i fenomeni delle liste di attesa, della mobilità passiva e dell’inappropriatezza delle prestazioni
stesse. A tal proposito, è allegato al presente Piano – di cui costituisce parte integrante – il documento all’obiettivo 25
contenente il fabbisogno espresso di residenzialità nelle cure alla persona.
I volumi di prestazioni sanitarie e sociali definiti dalla Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente,
calcolati tenuto conto dei dati di mobilità passiva registrati nell’ultimo triennio e delle proiezioni degli stessi alla luce
dell’evoluzione dei livelli assistenziali da assicurare, costituiscono vincolo ai procedimenti di autorizzazione o di
accreditamento istituzionale previsti dall’art. 38 della legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 e successive modificazioni. In
particolare, ai fini del rilascio dell’autorizzazione e dell’accreditamento delle nuove strutture si dovrà tener conto del
fatto che in Valle non è ancora rispettato il rapporto di 1 posto letto ogni 1000 abitanti dedicato alla riabilitazione e
alla lungodegenza, per cui saranno da favorire le strutture dedicate alle patologie riabilitative, specie dell’apparato
muscolo-scheletrico, a quelle cardiovascolari, nonché ai disturbi del metabolismo nutrizionale.
In via transitoria, fino all’adozione degli atti di competenza della Giunta regionale, si applicano le disposizioni
legislative vigenti in materia e previste dal Piano socio-sanitario regionale per il triennio 2002-2004.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:
1. determinare, con deliberazione della Giunta regionale, i limiti quantitativi alle prestazioni sanitarie e sociali
necessari per garantire il soddisfacimento dei bisogni di salute e di benessere sociale;
2. rivedere il quadro normativo regionale di riferimento per il regime autorizzativo, estendendo l’ambito di applicazione dal
concetto della “particolare complessità” a quello più ampio di “rischio per la sicurezza del paziente”;
3. definire ed applicare gli standard strutturali e gestionali dei servizi per anziani;
4. ridefinire ed applicare gli standard strutturali e gestionali dei servizi per la prima infanzia;
5. ridefinire ed applicare gli standard strutturali e gestionali dei servizi per la cura delle dipendenze patologiche;
6. definire ed applicare norme regionali per l’attività di day-surgery;
7. applicare procedure di autorizzazione all’esercizio delle strutture veterinarie pubbliche e private.


Attività B: accreditamento delle strutture, delle attività e dei professionisti in ambito sanitario al fine di orientare i
processi di crescita della qualità del Servizio Sanitario Regionale verso l’eccellenza.


Quadro di riferimento.
Con il termine “accreditamento”, si intende il procedimento amministrativo mediante il quale è attribuito alle strutture
pubbliche e private, già autorizzate, che ne facciano richiesta e ne possiedano i requisiti, lo stato giuridico di soggetto
idoneo ad erogare prestazioni sanitarie e socio-sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale (SSN), comprese quelle
rientranti nei fondi integrativi previsti dall’art. 9 del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni ed
integrazioni. Gli studi dei medici a rapporto convenzionale di cui all’art. 8 del decreto legislativo n. 502/1992 sopra
richiamato non sono invece soggetti al regime di accreditamento istituzionale per le prestazioni oggetto della convenzione.
Il rilascio di autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di attività sanitarie e sociali da parte della Regione, ai
sensi dell’articolo 38 della legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 e successive modificazioni, costituisce presupposto
amministrativo per l’accreditamento delle medesime.
La concessione dell’accreditamento istituzionale non costituisce tuttavia vincolo per le pubbliche amministrazioni e per le
aziende sanitarie locali a stipulare accordi contrattuali.
La Giunta regionale ha pertanto provveduto con deliberazione n. 1232 del 26 aprile 2004 ad approvare il manuale contenente le
modalità ed i termini per l’accreditamento delle strutture e delle attività sanitarie e socio-sanitarie svolte da soggetti
pubblici e privati regionali. Dall’entrata in vigore del manuale si è proceduto all’applicazione a regime della procedura a
tutte le strutture sanitarie richiedenti l’accreditamento o l’eventuale rinnovo.
Nel corso del quadriennio 2002-2005, l’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta ha provveduto ad avviare le procedure per la
presentazione dell’istanza di accreditamento, con l’esclusione delle strutture e delle attività relative all’area della
prevenzione, all’area territoriale ed all’area ospedaliera dipartimentale per le quali, con deliberazione della Giunta
regionale n. 2429 in data 29 luglio 2005, è stato prorogato l’accreditamento provvisorio.
Ai sensi della deliberazione della Giunta regionale n. 3754 in data 13 ottobre 2003 recante approvazione dei requisiti minimi
standard per l’autorizzazione all’esercizio e per l’accreditamento dei servizi privati di assistenza alle persone dipendenti
da sostanze d’abuso, è stato altresì avviato a regime il procedimento amministrativo per il rilascio dell’autorizzazione
all’esercizio nonché dell’accreditamento istituzionale di tali strutture.
L’applicazione a regime del procedimento amministrativo ha evidenziato alcune difficoltà procedurali nell’esecuzione delle
verifiche presso le strutture sottoposte ad accreditamento indotte anche della carenza di specifiche professionalità,
amministrative e tecniche sanitarie, in grado di procedere con la necessaria accuratezza alle verifiche stesse.
Resta infine da considerare che si sono sviluppate a livello nazionale forme di accreditamento delle attività e dei
professionisti in ambito sociale.
Benché il sistema regionale delle autorizzazioni alle strutture, alle attività ed ai professionisti in ambito sociale si sia
sviluppato in modo disomogeneo, l’avvio dei procedimenti amministrativi di accreditamento delle attività e dei professionisti
in alcuni ambiti (come, ad esempio, i servizi per la prima infanzia) potrebbe costituire un’importante area di
sperimentazione per estendere successivamente l’accreditamento stesso agli altri servizi sociali.
Allo stesso modo, qualora lo Stato provveda alla revisione della disciplina normativa delle professioni sanitarie, è
intenzione procedere alla sperimentazione di forme di accreditamento dei professionisti in ambito sanitario, anche con
riferimento alle medicine non convenzionali.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alla realizzazione delle seguenti azioni:
1. consolidare la normativa regionale in materia di accreditamento al fine di orientare la programmazione sanitaria e sociale
e di assicurare il soddisfacimento dei bisogni di qualità percepita da parte della popolazione;
2. mantenere i livelli di accreditamento attuali ed estendere l’accreditamento alla totalità delle attività sanitarie,
socio-sanitarie e socio-educative pubbliche e private;
3. predisporre la normativa in materia di accreditamento dei professionisti in ambito sanitario e sociale, in presenza di
linee guida definite a livello statale.


Obiettivo n. 26.
Estendere la rete dei sistemi informativi sanitari e sociali regionali al fine di favorire l’accesso ai servizi da parte del
cittadino e di sostenere i processi di programmazione e di controllo delle risorse umane, economiche e tecnologiche in ambito
sanitario e sociale.


Attività A: estensione della rete dei sistemi informativi sanitari e sociali regionali, al fine di favorire l’accesso ai
servizi da parte del cittadino e l’attività di comunicazione.


Quadro di riferimento.
La Giunta regionale ha approvato, con deliberazione n. 2701 in data 23 luglio 2001, uno studio per lo sviluppo della Società
dell’informazione ed il relativo progetto di piano d’azione regionale che, partendo dai documenti ispiratori a livello
europeo (Piano e-Europe) e a livello nazionale (Piano d’azione del Governo italiano per la Società dell’Informazione),
delinea le linee di intervento strategiche affinché anche la regione possa sfruttare le opportunità offerte dalle nuove
tecnologie, attraverso un modello di sviluppo che tenga conto delle proprie caratteristiche e specificità.
Lo studio, effettuato da Finaosta S.p.A. e dal Dipartimento Sistema Informativo dell’Amministrazione regionale, è stato
articolato su tre direttrici:
1. lo scenario di riferimento, attraverso l’analisi del sistema Valle d’Aosta nel suo complesso e nel settore delle nuove
tecnologie, in modo da rilevare presso i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione oltre allo stato dell’arte del
settore dell’Information and communication technology (ICT) anche i bisogni latenti e le aspettative per il prossimo futuro;
2. la descrizione del modello di riferimento a cui tendere, che prevede l’orientamento dell’attenzione dalle infrastrutture
ai servizi, individuando nell’architettura IP (Internet Protocol) lo sviluppo più consono;
3. il progetto di Piano di azione che si propone tre macro-finalità:
migliorare la produttività del settore pubblico valdostano, migliorare la qualità della vita sul territorio regionale, creare
occasioni di sviluppo economico e sociale e che viene proposto lungo alcune dimensioni finalizzate a distinguere tra azioni
volte all’erogazione di servizi e fattori abilitanti per renderle possibili.
La Giunta regionale ha ripreso ed attualizzato, nella deliberazione n. 1034 in data 9 aprile 2004, concernente l’approvazione
del piano pluriennale per lo sviluppo del sistema informativo regionale per il periodo 2004-2006 di cui alla legge regionale
12 luglio 1996, n. 16, i principi guida precedentemente richiamati, con particolare riferimento alle linee di intervento
infrastrutturali (volte ad assicurare l’interconnessione e l’interoperabilità delle strutture pubbliche in senso lato), di
cooperazione applicativa (ponendo l’attenzione sulla trasversalità dei processi e sull’interscambio informativo tra strutture
pubbliche diverse), i servizi on-line (privilegiando quelli ritenuti prioritari per cittadini e imprese).
Nell’ambito del contesto sopra esposto, è volontà del Dipartimento sanità, salute e politiche sociali, in sinergia con il
Dipartimento sistema informativo, dare seguito a progetti che possano contribuire alla realizzazione di sistemi informativi
in grado di fornire direttamente al cittadino servizi in ambito sanitario e sociale.
A partire dall’anno 2003, sono pertanto stati avviati due progetti con lo scopo precipuo di avvicinare al cittadino il punto
di accesso alle prestazioni sanitarie mediante:
- il sistema di collegamento telematico dei medici di medicina generale (MMG) e dei pediatri di libera scelta (PLS) con le
strutture ospedaliere e territoriali regionali: il sistema consente a circa il 60% dei MMG di disporre in tempo reale di
informazioni di carattere anagrafico e sanitario dei propri assistiti. I dati oggi disponibili afferiscono all’anagrafe
degli assistiti, alle schede di dimissione ospedaliera ed alle informazioni dei referti diagnostici di laboratorio e di
radiologia. E’ prevista l’estensione del sistema sia orizzontale (alla totalità dei MMG e dei PLS) sia verticale (al
sistema di prenotazione diretta delle prestazioni sanitarie ed al sistema delle malattie infettive). Di ritorno,
l’Amministrazione regionale e l’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta dispongono dei dati epidemiologici degli assistiti e
delle informazioni sull’attività prescrittiva dei MMG e dei PLS;
- il sistema informativo delle malattie infettive (SIMI): il SIMI è sviluppato con risorse interne all’Azienda U.S.L. su
piattaforma WEB oriented e consente di gestire le informazioni di igiene e sanità pubblica, con particolare riferimento
agli obblighi di notifica ed alle vaccinazioni.
E’ prevista l’integrazione del SIMI nell’applicativo distribuito ai MMG e PLS.
Parallelamente, ha avuto inizio la sperimentazione di un sistema informativo di gestione anagrafica di base dell’assistenza
sociale in ambito regionale. Il sistema informativo di cui trattasi consentirà di disporre di informazioni uniformi e
certificate sui cittadini fruitori dei servizi sociali - dalla prima infanzia, alla famiglia ed alle persone disabili ed
anziane - consentendo agli operatori del settore di garantire una più approfondita conoscenza del fabbisogno di benessere
sociale espresso da parte della popolazione e, conseguentemente, una più appropriata ed immediata risposta da parte
dell’Amministrazione regionale e degli altri erogatori di servizi.
Assume a tal proposito un’importanza particolare il collegamento tra i sistemi anagrafici ed i sistemi informativi regionali
sanitari e sociali. Le iniziative già avviate riguardano l’introduzione e la diffusione della tessera sanitaria (TS) per
l’accesso ai servizi sanitari regionali in attuazione di disposizioni statali in materia di controllo della spesa sanitaria
(legge finanziaria per l’anno 2004) ed il collegamento con le anagrafi comunali, attraverso i servizi resi disponibili dal
centro di smistamento regionale delle informazioni anagrafiche (CSIA). Oltre alle informazioni anagrafiche e fiscali
necessarie per l’accesso alle prestazioni sanitarie sul territorio nazionale, la tessera sanitaria svolge anche la funzione
di tessera europea di assicurazione malattia (TEAM) in sostituzione del modello E111 e di altri modelli, oggi necessari per
disporre di prestazioni sanitarie occasionali negli altri Paesi dell’Unione europea.
La disponibilità delle informazioni di carattere anagrafico (anche di natura fiscale) deve consentire infatti di censire il
potenziale e l’effettivo numero di beneficiari dei servizi sanitari e sociali e di collegare i sistemi informativi
socio-sanitari sulla base di codici identificativi univoci, contribuendo a migliorare la conoscenza dei fabbisogni (e della
loro manifestazione) di salute e di benessere sociale espressi dalla popolazione regionale.
Nel contesto generale di riferimento, è infine necessario dare seguito a livello regionale agli interventi per la
realizzazione di reti telematiche ad alta velocità in grado di trasferire le informazioni dalle strutture del centro a quelle
della periferia, e viceversa, con il massimo grado di efficienza ed in tempi brevi. Infatti, come per altre aree della
pubblica amministrazione anche per i servizi sanitari e sociali, la disponibilità delle informazioni in tempo reale,
soprattutto su un territorio prevalentemente montano come quello regionale, permette di ridurre il disagio per gli utenti e
per gli operatori del settore nell’accesso ai servizi stessi, migliorandone in generale anche le condizioni di efficacia e di
economicità. In tale ambito, saranno attuate le migliori sinergie con il più articolato progetto di Rete Regionale per la
Pubblica Amministrazione (RUPAR).
Nel quadro di riferimento di cui trattasi, è necessario pertanto disporre della massima condivisione degli obiettivi e delle
politiche di sviluppo degli interventi di realizzazione di infrastrutture telematiche ad alta velocità e dei servizi
telematici al cittadino in ambito sanitario e sociale (garantendone la copertura finanziaria), al fine di diffondere la
cultura dell’innovazione nei confronti sia delle categorie professionali interessate, sia nei confronti dei cittadini.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere all’attuazione del piano della “Società per
l’informazione” per quanto concerne l’assistenza sanitaria e sociale sul territorio regionale, attraverso
le seguenti azioni:
1. sviluppare interventi di realizzazione di infrastrutture telematiche ad alta velocità, anche nel settore dell’assistenza
sanitaria e sociale;
2. introdurre e diffondere la tessera sanitaria (TS) per l’accesso ai servizi sanitari regionali;
3. l’integrare l’anagrafe degli assistiti del Servizio sanitario regionale (SSR) e degli assistiti dei servizi sociali con il
centro di smistamento regionale delle informazioni anagrafiche (CSIA);
4. sviluppare il sistema anagrafico di base dell’assistenza sociale in ambito regionale finalizzato alla progettazione ed
all’allineamento rispettivamente dei nuovi e degli esistenti sistemi gestionali per l’erogazione di prestazioni sociali
complesse;
5. estendere in senso verticale ed orizzontale il sistema informativo di collegamento telematico dei medici di medicina
generale (MMG) ed ai pediatri di libera scelta (PLS) con le strutture sanitarie ospedaliere e territoriali.


Attività B: sviluppo della rete dei sistemi informativi sanitari e sociali regionali, al fine di sostenere i processi di
programmazione e di controllo delle risorse umane, economiche e tecnologiche in ambito sanitario e sociale.


Quadro di riferimento.
Il sistema informativo sanitario regionale (SISR) ha la caratteristica distintiva di essere condiviso da soli due soggetti:
l’Amministrazione regionale che ha compiti di programmazione e di controllo e l’Azienda U.S.L.
della Valle d’Aosta che, disponendo di autonomia organizzativa ed imprenditoriale, ha compiti di gestione.
Il SISR è pertanto condiviso tra il livello regionale ed il livello aziendale, anche se talora con profili di lettura e di
scrittura differenziati.
I principali applicativi in uso consolidato nell’ambito del SISR sono i seguenti:
- l’anagrafe assistiti del SSR: l’anagrafe è gestita direttamente dall’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta con proprio
applicativo su piattaforma MEDTRAK. L’anagrafe assistiti contiene i dati dell’assistenza di base (dati anagrafici, scelta
del MMG o del PLS, eventuali esenzioni, ecc.) e l’universalità dei cittadini aventi diritto all’assistenza sanitaria;
- il sistema informativo ospedaliero (HIS): l’HIS è sviluppato su piattaforma MEDTRAK. Oltre a consentire di adempiere agli
obblighi informativi verso l’Amministrazione regionale ed il Ministero della Salute (con particolare riferimento alle
schede di dimissione ospedaliera SDO ed al CEDAP), la piattaforma MEDTRAK ospita la gestione delle liste di attesa via
CUP e garantisce la visualizzazione delle informazioni degli applicativi gestionali ad uso interno della struttura
ospedaliera;
- il sistema informativo radiologico (RIS): il RIS è sviluppato su applicativi specifici - a partire dalla seconda metà
degli anni Novanta - in accordo con il fornitore del sistema digitalizzato radiologico (PACS). Il RIS consente
l’integrale gestione su base digitale del processo diagnostico radiologico, con stampa su file o su pellicola tradizionale
dell’immagine radiografica. E’ in corso di chiusura il progetto di integrazione del RIS nella piattaforma MEDTRAK;
- il sistema informativo dell’urgenza: il sistema dell’urgenza in uso (SAGO) è stato sviluppato in modo dedicato. Come per
il RIS, anche per SAGO è in corso di realizzazione l’integrazione sulla piattaforma MEDTRAK;
- i sistemi informativi di supporto ai programmi di screening: sono i sistemi informativi verticali che consentono la
gestione dei programmi di screening attualmente in corso.
A partire dall’anno 2005, sono in uso nuovi applicativi a valenza direzionale disponibili sia per l’Amministrazione regionale
sia per l’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta:
- il data warehouse socio-sanitario regionale: sviluppato in accordo e su piattaforma SAS® WEB oriented, il data warehouse
socio-sanitario regionale consente oggi di collegare sulla base della “chiave” unica dell’assistito del SSR cinque
differenti flussi informativi: l’anagrafe degli assistiti del SSR, le schede di dimissione ospedaliera, i flussi della
mobilità interregionale, i dati sulla mortalità ed il CEDAP;
- il data warehouse del personale del SSR: anch’esso sviluppato in accordo e su piattaforma SAS® WEB oriented, il data
warehouse del personale del SSR consente oggi di collegare sulla base della “chiave” unica della matricola del personale
dipendente e convenzionato del SSR le informazioni di carattere anagrafico, giuridico, organizzativo (incluse le
informazioni sull’ECM) ed economico ad esso afferenti.
Sono infine in corso di revisione i flussi informativi relativi alle prestazioni territoriali con particolare riferimento
all’assistenza farmaceutica e all’assistenza ambulatoriale territoriale.
Nell’ambito dell’assistenza sociale e dei correlativi sistemi informativi, si è provveduto al mantenimento ed allo sviluppo
di sistemi informativi di supporto all’attività svolta dall’Amministrazione regionale, con particolare riferimento a:
- il sistema di gestione delle informazioni relative ai servizi per gli anziani (ITACA);
- l’anagrafe regionale delle persone disabili (ARDI);
- il sistema di gestione provvidenze per invalidità civile ed ex- combattenti (SANI);
- il sistema di gestione del servizio per il superamento del disagio evolutivo in ambito scolastico (DEAS);
- il sistema di gestione del servizio per l’assistenza domiciliare educativa (ADE);
- il sistema di gestione del servizio per l’inserimento lavorativo delle persone disabili (HALPI).
Sono invece in fase di realizzazione tre nuovi sistemi informativi a supporto dei servizi sociali: un sistema informativo per
il servizio di affido dei minori, uno per il servizio di tata familiare ed uno per l’erogazione di benefici economici aventi
natura socio-assistenziale.
In tale contesto di riferimento, si tratta infine di dare seguito ad iniziative derivanti da disposizioni statali in materia
di privacy ed in materia di sistemi di programmazione e di controllo del SSR.
Per quanto concerne il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, denominato “Codice in materia di protezione dei dati
personali”, i sistemi informativi presenti in ambito sanitario e sociale garantiscono il pieno adempimento alle disposizioni
previste dalla normativa vigente in materia. Per il triennio di riferimento, si tratta principalmente di introdurre
l’utilizzo di sistemi avanzati di identificazione dei soggetti incaricati del trattamento dei dati personali e sensibili,
anche mediante l’utilizzo della c.d. “firma digitale pesante”, garantendo in tal modo la massima protezione dei dati stessi.
Per quanto concerne lo sviluppo dei sistemi informativi di programmazione e di controllo del SSR, si tratta di porre in atto
– mediante l’adeguamento dei sistemi informativi esistenti o la progettazione di nuovi sistemi – gli adempimenti che
scaturiranno dalla conclusione del c.d. “Progetto Mattoni del Servizio sanitario nazionale (SSN)” strettamente correlato al
Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS).
La progettazione e lo sviluppo del NSIS hanno infatti richiesto la costruzione di un linguaggio comune per consentire
l’interscambio informativo tra il livello nazionale del NSIS e i sistemi sanitari regionali. Si è infatti reso necessario
disporre di:
- dati classificati e codificati in modo omogeneo;
- approcci omogenei per la creazione a livello locale del SSN dei dati che vengono successivamente resi disponibili a
livello nazionale e regionale del SSN;
- metodologie condivise per la costruzione delle misure per il bilanciamento tra qualità e costi del sistema sanitario.
Questi elementi comuni rappresentano i “Mattoni del SSN”. E’ stato avviato pertanto un progetto parallelo e complementare a
quello del NSIS, con la creazione di numerosi gruppi di lavoro su diverse tematiche e con la partecipazione di un numero
molto ampio di referenti regionali. I progetti previsti per la costruzione dei “Mattoni del SSN” si riferiscono a:
classificazione delle strutture; classificazione delle prestazioni ambulatoriali; evoluzione del sistema DRG nazionale;
ospedali di riferimento;
standard minimi di quantità di prestazioni; tempi di attesa; misura dell’appropriatezza; misura dell’outcome; realizzazione
del “patient file”;
prestazioni farmaceutiche; pronto soccorso e sistema 118; prestazioni residenziali e semiresidenziali; assistenza primaria e
prestazioni domiciliari; misura dei costi del SSN; assistenza sanitaria collettiva.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alla realizzazione delle seguenti azioni:
1. introdurre l’utilizzo della firma digitale per gli operatori del Servizio sanitario regionale e dei Servizi sociali
regionali;
2. attuare il “progetto Mattoni del SSN”, con particolare riferimento allo sviluppo dei sistemi informativi per la
programmazione e per la gestione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie erogate nell’area territoriale (incluso il
livello della salute mentale e delle dipendenze patologiche);
3. aderire, nell’ambito del progetto “mattone 1”, al sistema informativo nazionale di classificazione delle strutture
sanitarie;
4. consolidare il sistema informativo aziendale ospedaliero e territoriale su piattaforma MEDTRAK mediante la progressiva
integrazione dei sistemi informativi esistenti (con particolare riferimento a RIS, a SAGO ed a programmi di gestione dei
programmi di screening) e lo sviluppo di nuovi sistemi informativi (come ad esempio quello correlato alle attività
chirurgiche);
5. estendere e revisionare i sistemi informativi relativi alla gestione delle graduatorie regionali per medici di medicina
generale (MMG), nonché alla SDO ed alla mobilità sanitaria;
6. procedere alla revisione dei sistemi informativi caratteristici dell’area della prevenzione con particolare riferimento ai
registri della mortalità, dei tumori e degli infortuni;
7. realizzare un sistema informativo regionale sugli stabilimenti di produzione degli alimenti;
8. consolidare e sviluppare una banca dati unica delle prestazioni rese dal Servizio sanitario regionale (c.d. “data
warehouse socio-sanitario regionale”) e del personale del Servizio sanitario regionale (c.d. “data warehouse del personale
del Servizio sanitario regionale”), anche con riferimento alla programmazione ed alla gestione della formazione continua del
personale sanitario (c.d. sistema ECM);
9. sviluppare sistemi di controllo a supporto dei principali applicativi di gestione di servizi di assistenza sociale, con
particolare riferimento ai servizi di affido, all’assistenza per le persone disabili mediante la classificazione
internazionale (ICF) ed all’assistenza residenziale per le persone anziane;
10. progettare e realizzare un sistema di gestione per l’erogazione di benefici economici aventi natura socio-assistenziale e
di un sistema informativo direzionale a supporto delle pratiche di assistenza economica per gli invalidi civili.


Obiettivo n. 27.
Realizzare l’unificazione delle sedi ospedaliere al fine di organizzare l’assistenza per acuti in base al miglior rapporto
tra tipologie di prestazioni e risorse impiegate.


Attività: ammodernamento delle strutture ospedaliere in un unico presidio.


Quadro di riferimento.
Le linee guida su cui deve svilupparsi il progetto di ammodernamento delle stutture ospedaliere in un unico presidio devono
tener conto delle principali tendenze dei sistemi organizzativi sanitari ed, in particolare a:
- la riduzione della durata delle degenze, che determina la riduzione della dotazione di posti letto;
- la gradualità delle cure, che porta alla diversificazione dei posti letto non più rapportata alla patologia ma riferita
alle modalità ed all’intensità delle cure prestate (terapia intensiva, terapia sub-intensiva, degenza ordinaria, day
hospital, day surgery, ambulatori);
- la costituzione di unità di degenza indifferenziate dipartimentali, non più attribuite alle singole unità operative;
- l’impostazione dell’ospedale per aree funzionali omogenee e coerenti dal punto di vista logistico, necessaria per
l’organizzazione dipartimentale dell’attività ospedaliera;
- la dimissione precoce dei pazienti, che esige a valle del ricovero anche la disponibilità di strutture idonee per
ulteriori trattamenti di riabilitazione e di lungodegenza.
Tale progetto di unificazione è stato incluso tra le opere di rilevante interesse regionale previste dalla legge regionale 17
agosto 2004, n. 21.



Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere - nel triennio 2006-2008 - alla realizzazione delle
seguenti azioni:
1. realizzare lo studio di fattibilità previsto dall’articolo 3, comma 3, della legge regionale 21/2004 che prenda in esame
le diverse ipotesi
progettuali dell’ammodernamento delle sedi ospedaliere in un unico presidio;
2. avviare - in collaborazione con le strutture interne ed esterne all’Amministrazione regionale competenti in materia -
procedure per accedere a fonti alternative di finanziamento dell’intervento, con particolare
riferimento a quelle di provenienza dello Stato e dell’Unione europea;
3. individuare ed utilizzare forme ad evidenza pubblica di affidamento della progettazione e della realizzazione dell’opera
che garantiscano tempi e modi certi di conclusione dell’intervento;
4. avviare e realizzare la progettazione delle opere di edilizia sanitaria necessarie per realizzare la concentrazione delle
funzioni ospedaliere per acuti rese dall’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta;
5. avviare la realizzazione delle opere di edilizia sanitaria necessarie per realizzare la concentrazione delle funzioni
ospedaliere per acuti rese dall’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta.


Obiettivo n. 28.
Sostenere il processo di rinnovamento strutturale etecnologico delle strutture e delle attività sanitarie e
socio-sanitarie regionali commisurato al grado di innovazionetecnologica ed organizzativa prevalente in ambito sanitario.


Attività: conclusione degli interventi diristrutturazione e di manutenzione straordinaria presso il presidio
ospedaliero di Viale Ginevra ad Aosta ed attuazione di progettimirati per lo sviluppo della rete assistenziale sanitaria
territoriale.


Quadro di riferimento.
Nell’ultimo decennio, il processo di rinnovamentostrutturale e tecnologico delle strutture e delle attivitàsanitarie e
socio-sanitarie regionali è stato fortementesostenuto dai benefici derivanti dall’art. 20 della legge 11 marzo1988, n. 67 che
autorizza l’esecuzione di un programma pluriennaledi interventi in materia di ristrutturazione edilizia e diammodernamento
tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e direalizzazione di residenze per anziani non autosufficienti.


Il programma pluriennale è finalizzato allaconservazione e all’ammodernamento strutturale e tecnologico del patrimonio
sanitario pubblico (ospedali, servizi sanitariterritoriali, ecc.) e allo sviluppo di una rete socio-assistenziale(residenze
per anziani e soggetti non autosufficienti, strutture perla prevenzione e l’igiene sanitaria).
Il disegno strategico intende perseguire il miglioramento delle condizioni di efficienza, di efficacia e di appropriatezza
delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie rese da parte dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta nel seguente modo:
- le cure per le acuzie prestate nell’unico presidio ospedaliero;
- le cure per le post-acuzie e le cure riabilitative intensive prestate in una o più RSA;
- le cure per la lungo degenza prestate nel presidio del Beauregard.
La programmazione di interventi di ristrutturazionenell’ambito dell’edilizia sanitaria da parte della Regione èiniziata
nell’anno 1990 con l’approvazione da parte della Giunta regionale della deliberazione n. 875 in data 26 gennaio 1990.
Per una prima fase di interventi, elencati nella tabella che segue, la Regione ha ottenuto un finanziamento ex art. 20 legge
67/1988 pari a lire 28,558 miliardi (I° triennio). Lo stato d’avanzamento degli interventi è pari a circa il 90%, in
quanto l’adeguamento alla normativa antincendio, per non compromettere la funzionalità del Presidio Ospedaliero, è
in corso di realizzazione a lotti sequenziali.
Tipo di intervento Importo fin.to (in lire) Concluso Primo lotto ristrutturazioni urgenti (Medicina ’ Neurologia)
7.600.000.000 Sì Ricollocazione mensa e cappella 950.000.000 Sì Centrali tecnologiche del PO di viale Ginevra
6.300.000.000 Sì Sala operatoria per la chirurgia vascolare 1.330.000.000 Sì Gas medicali 792.000.000 Sì Adeguamento
del PO di viale Ginevra a normativa antincendio 6.175.000.000 In corso Poliambulatorio di Châtillon 1.140.000.000 Sì
RSA e poliambulatorio di Antey-Saint-André 4.256.000.000 Sì TOTALE GENERALE 28.543.000.000 ***
In data 21 marzo 1997, il CIPE, con propria deliberazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 maggio 1997, n. 124,
approva il documento proposto dal Ministero della Sanità per l’avvio della seconda fase del Programma straordinario degli
investimenti previsto dall’art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67e successive modificazioni ed integrazioni.
Con deliberazione della Giunta regionale n. 3320 in data 22 settembre 1998, è approvato il secondo programma regionale in
materia di edilizia sanitaria ai fini dell’avvio della seconda fase del programma straordinario ex art. 20 legge 67/1988 e
successive modificazioni. La deliberazione è stata successivamente modificata con provvedimenti della Giunta regionale n. 69
in data 18 gennaio 1999, n. 4822 in data 20 dicembre 1999 e n. 683 in data 12 marzo 2001. La Regione, in base al programma
del secondo triennio, ha ottenuto i finanziamenti per la realizzazione degli interventi indicati nella tabella seguente:
Tipo di intervento Importo fin.to (in lire) Concluso Secondo lotto di ristrutturazioni urgenti (c.d. Radioterapia)
30.000.000.000 In corso RNM e Radiologia 2.500.000.000 Sì Centrali tecnologiche del PO di viale Ginevra -completamento
8.785.468.000 Sì Realizzazione del c.d. "Triangolo" 8.001.000.000 In corso Adeguamento impianti tecnologici del PO del
Beauregard 2.500.000.000 Sì Ampliamento poliambulatorio di Donnas 7.914.532.000 Sì Nuova sede dell’U.B. 118 di
Châtillon 2.000.000.000 Sì TOTALE GENERALE 61.701.000.000 ***
Con deliberazioni della Giunta regionale n. 3239 in data 25 settembre 2000 e n. 1240 in data 8 aprile 2002 adottate ai sensi
della legge 28 febbraio 1999, n. 39, è stato approvato il programma regionale da presentare al Ministero della Sanità per la
realizzazione di una struttura per le cure palliative all’interno della rete di assistenza ai malati terminali. Per la
realizzazione della struttura, sono stati assegnati alla Regione Valle d’Aosta due finanziamenti rispettivamente di euro
578.431,72 e di euro 323.664,33. Nel corso dell’anno 2005, è stata avanzata al Ministero della Salute la proposta di
realizzare la struttura di cui trattasi, non più presso l’edificio denominato ’Ex-Maternità’ di Aosta, bensì presso il
presidio ospedaliero del Beauregard sito nel comune medesimo. Avendo ricevuto riscontro favorevole, dalla proposta è
scaturito il mandato all’Azienda U.S.L. di realizzare gli interventi di ristrutturazione e di manutenzione straordinaria
necessari per l’attivazione dell’Hospice entro il primo semestre dell’anno 2007.
A seguito della pubblicazione della deliberazione del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica in data 2
agosto 2002 concernente ’Prosecuzione del programma nazionale di investimenti in sanità, art. 20 della legge 11 marzo 1988,
n. 67, art. 83, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388’, nella quale è prevista l’assegnazione di un ulteriore
finanziamento, a favore della Regione di euro 4.131.655,00, la Giunta regionale con deliberazione n. 3757 in data 13 ottobre
2003 approva un terzo programma di interventi di ristrutturazione e di adeguamento funzionale del presidio ospedaliero di
Viale Ginevra di Aosta comprendente:
Tipo di intervento Importo fin.to (in euro) Concluso Adeguamento del blocco operatorio del PO di viale Ginevra
2.112.335,00 In corso Ristrutturazione Laboratorio Analisi del PO di viale Ginevra 1.330.985,00 No Ricollocazione Punto
Prelievi del PO di viale Ginevra 688.335,00 No TOTALE GENERALE 4.131.655,00 ***
Per la realizzazione di tali interventi è stato siglato in data 13 gennaio 2005 apposito accordo di programma tra il
Ministero della Salute e la Regione autonoma Valle d’Aosta, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e
d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome.
Alla Regione autonoma Valle d’Aosta è statoinoltre assegnato un finanziamento di euro 1.418.336,69, ai sensi del decreto
legislativo 28 luglio 2000, n. 54 concernente ’Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 19 giugno 1999,
n.229, per il potenziamento delle strutture per l’attivitàlibero-professionale dei dirigenti sanitari nell’ambito
delprogramma nazionale per l’attività libero-professionale intramuraria’. L’Azienda U.S.L. ha posto come obiettivo la
realizzazione di 28 nuovi posti letto dedicati alla libera professione pari al 5,40% dei posti letto attualmente disponibili,
nell’intento di garantire una dotazione di posti letto per tutte le specialità mediche e chirurgiche, fatta eccezione per le
unità operative di terapia intensiva e di emergenza. Mentre, per quanto riguarda le strutture ambulatoriali, è stata
determinata una dotazione da destinarsi complessivamente alla libera professione pari al 16% della dotazione complessiva di
ambulatori.
Nel corso del quadriennio 2002-2005, si sono infine concluse le procedure per la cessione in comodato delle strutture
sanitarie all’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta, ai sensi dell’articolo 40 della legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 e
successive modificazioni, nonché per la destinazione dei fondi per la riqualificazione del settore termale ai sensi della
legge regionale 26 maggio 1998, n. 38 e successive modificazioni.
Complessivamente, sono state cedute in regime di comodato 9 strutture sanitarie, inclusi gli immobili compresi nei presidi
ospedalieri di Viale Ginevra, del Beauregard e dell’’Ex-Maternità’ siti in Aosta, la residenza sanitaria assistenziale di
Antey-Saint-André e le sedi poliambulatoriali di Châtillon e di Donnas. Nel contesto di cui trattasi, restano da definire i
rapporti tra l’Amministrazione regionale e l’Azienda U.S.L. per la disciplina della presenza stabile di personale regionale
in strutture ospedaliere e territoriali possedute dall’Azienda stessa.
La cessione in comodato dei beni immobili ha comportato per l’Azienda U.S.L. l’obbligo di provvedere in proprio - previa
autorizzazione della Regione - alle manutenzioni straordinarie ed ordinarie dei beni immobili stessi, ricorrendo ai fondi
trasferiti dall’Amministrazione regionale.
Per gli interventi di edilizia sanitaria, è stato pertanto configurato un modello di riferimento che individua le seguenti
competenze:
- competenze di programmazione e di controllo degli interventi in materia di edilizia sanitaria attribuite alla struttura
regionale del Dipartimento sanità, salute e politiche sociali;
- competenze per l’esecuzione di opere di nuova concezione in ambito sanitario attribuite alle strutture regionali
competenti in materia di opere pubbliche;- competenze per l’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria ed
ordinaria in ambito sanitario attribuite alle strutture tecniche ed amministrative dell’Azienda U.S.L..
In tale contesto è necessario prevedere la realizzazione da parte della Regione di strutture a ciclo continuativo da adibire
a residenze sanitarie assistenziali (RSA) nel capoluogo regionale o nelle sue vicinanze, in grado di dare seguito ad un
disegno strategico di lungo periodo della costituzione di un polo di erogazione delle prestazioni sanitarie distinto dal
punto di vista logistico per intensità di cura. Allo stato attuale, la stima dell’intervento è pari a circa 10 milioni di
euro.
Il disegno strategico intende perseguire il miglioramento delle condizioni di efficienza, di efficacia e di appropriatezza
delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie rese da parte dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta nel seguente modo:
- le cure per le acuzie prestate nell’unico presidio ospedaliero;
- le cure per le post-acuzie e le cure riabilitative intensive prestate in una o più RSA;
- le cure per la lungodegenza prestate nel presidio del Beauregard.
Ne scaturisce che l’edificio denominato “Ex-Maternità”, sito nel comune di Aosta, è destinato ad attività amministrative
correlate all’assistenza sanitaria e sociale oppure ad attività di supporto all’assistenza stessa.
Per quanto concerne gli acquisti di tecnologie effettuati negli ultimi anni, la Regione ha provveduto a trasferire
annualmente all’Azienda U.S.L. un finanziamento in conto capitale indicativamente pari all’1% del finanziamento complessivo.
Il finanziamento si è frequentemente dimostrato insufficiente per soddisfare le esigenze dell’Azienda U.S.L., in relazione
alla rapida evoluzione ed obsolescenza delle tecnologie sanitarie. L’Azienda U.S.L. ha quindi spesso fatto ricorso
all’impiego dell’avanzo di gestione per sopperire al maggiore fabbisogno finanziario per acquisire nuove tecnologie sanitarie
da impiegare nelle strutture pubbliche da essa stessa condotte.
Per sviluppare strumenti avanzati di programmazione e di controllo degli investimenti in materia di tecnologie sanitarie è
necessaria l’adozione di un sistema informativo efficace sul patrimonio tecnologico sanitario (inventario)
a disposizione dell’Azienda U.S.L., nonché un sistema condiviso di valutazione delle tecnologie sanitarie (health technology
assessment).
Ciò consentirebbe anche di effettuare una programmazione triennale di dettaglio degli acquisti delle tecnologie sanitarie da
parte dell’Azienda U.S.L. derivante dagli interventi di edilizia sanitaria e socio-sanitaria realizzati, nonché dal grado di
obsolescenza del parco tecnologico disponibile.
Occorre infine dare seguito allo sviluppo dell’Osservatorio degli investimenti pubblici in sanità, peraltro correlato al
sistema di finanziamento statale in materia di edilizia sanitaria, nonché all’avvio del sistema di classificazione
delle strutture sanitarie e socio-sanitarie previsto nell’ambito del progetto “Mattoni del Servizio sanitario nazionale” che
consentiranno di disporre di importanti informazioni sul patrimonio delle infrastrutture regionali e di effettuare
valutazioni comparative con quello di altre regioni.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alla realizzazione delle seguenti azioni:
1. adottare un modello di riferimento per l’esecuzione degli interventi in strutture sanitarie che preveda: in capo alla
struttura regionale del Dipartimento sanità, salute e politiche sociali competenze di programmazione e di controllo degli
interventi in materia di edilizia sanitaria, in capo alle strutture regionali competenti in materia di opere pubbliche
competenze per l’esecuzione di opere di nuova concezione in ambito sanitario, in capo alle strutture tecniche ed
amministrative dell’Azienda U.S.L competenze per l’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria ed ordinaria in ambito
sanitario;
2. predisporre strumenti amministrativi e finanziari per la programmazione triennale degli interventi di manutenzione
straordinaria da realizzare da parte dell’Azienda U.S.L., inclusi di quelli conclusivi della c.d. “terza fase”;
3. realizzare da parte dell’Azienda U.S.L. gli interventi di edilizia sanitaria cofinanziati dallo Stato, con particolare
riferimento all’adeguamento del presidio ospedaliero di Viale Ginevra alla normativa antincendio, alla realizzazione di spazi
dedicati alla libera professione intramuraria, alla realizzazione dell’Hospice per la cura dei malati terminali ed alle
restanti opere previste dalla terza fase degli interventi presso il presidio ospedaliero di Viale Ginevra;
4. definire un accordo contrattuale con l’Azienda U.S.L. per la disciplina della presenza stabile del personale regionale
nelle strutture ospedaliere e territoriali in possesso dell’Azienda stessa;
5. adottare formalmente, in accordo con l’Azienda U.S.L., strumenti per la valutazione propedeutica all’acquisto di
tecnologie da parte dell’Azienda U.S.L. (health technology assessment);
6. realizzare, da parte della Regione, una struttura a ciclo diurno o continuativo da adibire a residenza sanitaria
assistenziale (RSA) nel capoluogo regionale o nelle sue immediate vicinanze;
7. attivare procedure per l’accesso ai finanziamenti previsti a livello europeo o statale in materia di edilizia sanitaria;
8. accedere ai nuovi sistemi informatici per la gestione dei dati relativi agli investimenti strutturali e tecnologici
(Osservatorio degli investimenti pubblici in sanità) e per la classificazione delle strutture sanitarie e socio-sanitarie.


Obiettivo n. 29.
Dotare la rete dei servizi sociali di strutture logistiche adeguate a sostenere il processo di decentramento dell’assistenza
sociale.


Attività: adeguamento della rete delle infrastrutture dei servizi sociali ai fabbisogni emergenti della popolazione
regionale, con particolare attenzione all’attuazione di progetti mirati nell’ambito dell’assistenza alle persone
anziane e disabili.


Quadro di riferimento.
Nel corso del quadriennio 2002-2005, è stato dato corso ad importanti interventi di edilizia socio-assistenziale per favorire
lo sviluppo dei servizi per le persone anziane e disabili, nonché per la prima infanzia.
Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione, di ampliamento e di manutenzione straordinaria per l’adeguamento funzionale
delle strutture socio-assistenziali per anziani, la programmazione regionale è attuata mediante due differenti procedimenti
amministrativi:
1. mediante interventi di finanza locale tramite il combinato disposto dell’articolo 1, comma 2, e dell’articolo 2, comma 1,
della legge regionale 21 dicembre 1990, n. 80 e successive modificazioni;
2. mediante interventi finanziari diretti della Regione tramite l’art. 17 della legge regionale 15 dicembre 2003 n. 21 e
successive modificazioni.
Con deliberazione della Giunta regionale n. 3733 in data 25 ottobre 2004, sono stati approvati - in particolare - i criteri e
le modalità per l’ammissione a finanziamento e per l’esecuzione degli interventi di ampliamento, di ristrutturazione e di
manutenzione straordinaria per l’adeguamento funzionale delle opere pubbliche per l’assistenza alle persone anziane ed
inabili, ai sensi dell’art. 17 della legge regionale 15 dicembre 2003, n. 21 e successive modificazioni. Allo stato attuale,
la stima degli interventi di cui trattasi è pari a circa 5 milioni di euro annui.
E’ da evidenziare che, nell’ambito delle strutture per l’assistenza agli anziani, sono in corso di trasferimento la proprietà
di otto strutture per anziani ancora di proprietà regionale (Brusson, Cogne, Fénis, Gaby, Gressan, La Thuile, Perloz e
Verrayes) agli enti locali gestori delle medesime, ai sensi del comma 2 dell’art. 40 della legge regionale 25 gennaio 2000,
n. 5 e successive modificazioni. Il trasferimento delle strutture di cui trattasi è, peraltro, direttamente correlato alla
disposizione - approvata con deliberazione della Giunta regionale n. 1164 in data 18 aprile 2005 - di conferire le medesime
in gestione alle sole Comunità montane.
Per quanto concerne le strutture destinate all’assistenza alle persone disabili, si è dato corso agli interventi previsti dal
Piano socio-sanitario 2002-2004 ed, in particolare, l’ampliamento della sede del Centro Educativo Assistenziale (CEA) di
Châtillon presso la struttura di proprietà regionale denominata «Ex casa De Matteis» e la realizzazione di un nuovo CEA nel
Comune di Hône.
In tale contesto, nel corso dell’anno 2004, il CEA di Quart è stato trasferito presso una parte dei locali del centro
agricolo per disabili di “Ollignan” in comune di Quart, affinché gli utenti e gli operatori fruissero di una migliore
struttura logistica in cui svolgere le proprie attività; mentre l’ampliamento della sede del CEA di Châtillon sta procedendo
secondo le indicazioni contenute nella progettazione definitiva ed esecutiva. La struttura di Châtillon è momentaneamente
ospitata presso un edificio di proprietà dell’Amministrazione comunale in località Perolle sita nel comune medesimo.
Si è poi ritenuto che il CEA in cui dare ospitalità agli utenti dei CEA di Quart e di Aosta non sia individuato presso i
locali siti al piano terreno dell’edificio denominato “Ex-Maternità” in comune di Aosta. Si è considerato infatti che
l’utenza attesa di circa 25-30 unità debba essere ospitata in una struttura nuova da realizzare nel capoluogo regionale o
nelle sue immediate vicinanze, consentendo all’Amministrazione regionale una migliore allocazione delle risorse umane e
tecnologiche impiegate all’interno di una struttura moderna, inserita in un contesto urbano e dotata di adeguati spazi
destinati ad area verde. Allo stato attuale, la stima dell’intervento di cui trattasi è pari a circa 5 milioni di euro.
Parimenti, all’utenza dell’Alta Valle, sarà data la possibilità di usufruire di un’ulteriore struttura posta - dal punto di
vista logistico – in posizione più favorevole di quelle adiacenti al capoluogo regionale.
La realizzazione di una nuova struttura nel capoluogo regionale o nelle sue immediate vicinanze consentirebbe, tra l’altro,
di incrementare la disponibilità di posti della comunità per minori “Petit Foyer” che oggi condivide una parte del medesimo
edificio in cui è ospitato il CEA di Aosta.
La realizzazione di un nuovo CEA nel comune di Hône è motivata dall’esigenza di individuare una struttura unica in cui
ospitare attualmente i servizi svolti nel piano terreno della struttura socio-assistenziale per anziani sita nel comune
medesimo, nonché in una struttura in comune di Champdepraz. La realizzazione del nuovo CEA è stata pertanto prevista
nell’ambito di un più ampio accordo di programma stipulato con l’Amministrazione comunale di Hône, nel quadro di più
interventi di qualificazione urbanistica del comune stesso.
Interessante sviluppo potrebbe infine avere la destinazione di strutture a valenza turistica per scopi di tipo sociale.
Per quanto riguarda invece l’edilizia sociale per la prima infanzia, il finanziamento regionale per la realizzazione degli
asili nido è disciplinato dalla legge regionale 15 dicembre 1994, n. 77 che prevede che le spese per la progettazione, la
costruzione, la ristrutturazione, l’acquisto di arredamenti e di attrezzature, nonché per la manutenzione straordinaria degli
asili-nido siano finanziate dalla Regione sulla base di propri piani triennali, approvati dal Consiglio regionale su proposta
della Giunta regionale. Nel caso in cui si osservasse l’emergere di nuovi fabbisogni della popolazione regionale nell’ambito
della prima infanzia, sarebbe pertanto opportuno concordare con il Consiglio permanente degli enti locali le modalità per
finanziare - anche mediante interventi diretti della Regione - eventuali nuove edificazioni di asili nido.
Nel contesto generale di cui trattasi, è infine emersa l’esigenza di garantire l’ottimale condivisione degli spazi fisici
all’interno delle strutture socio-sanitarie o socio-assistenziale di personale appartenente alla Regione, agli Enti locali ed
all’Azienda U.S.L. per il tramite della stipula di accordi che garantiscano ottimali condizioni di lavoro e la piena
fruibilità delle strutture stesse a tutto il personale interessato, favorendo in tal modo anche l’integrazione
socio-sanitaria.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo di cui trattasi, è pertanto necessario procedere alla realizzazione delle seguenti
azioni:
1. completare il trasferimento agli enti gestori dei beni immobili di proprietà regionale destinati all’assistenza delle
persone anziane, ai sensi dell’art. 40 della legge regionale n. 5/2000 e successive modificazioni;
2. adottare un programma pluriennale di finanziamento degli interventi di adeguamento funzionale delle strutture per
l’assistenza alle persone anziane, anche in relazione ai fabbisogni derivanti dall’applicazione degli standard strutturali ed
organizzativi per il funzionamento delle strutture stesse;
3. adottare un programma pluriennale di finanziamento degli interventi di realizzazione e di adeguamento funzionale delle
strutture socio-educative, con particolare riferimento agli asili nido;
4. avviare la progettazione delle opere di realizzazione dei due nuovi centri educativi assistenziali (CEA) nel comune di
Hône e nel capoluogo regionale o nelle sue immediate vicinanze;
5. definire – in accordo con il Consiglio permanente degli enti locali - procedure che disciplinino la compresenza degli
operatori sanitari e sociali, appartenenti anche ad enti diversi, all’interno delle strutture socio-sanitarie e
socio-assistenziali dislocate sul territorio regionale, garantendo loro ottimali condizioni di lavoro e favorendo
l’integrazione socio-sanitaria.


Obiettivo n. 30.
Sostenere con adeguate risorse finanziarie le azioni del presente Piano.


Attività: individuazione dei criteri per il finanziamento delle azioni necessarie al perseguimento dei bisogni di salute e di
benessere sociale.


Quadro di riferimento.
L’orientamento dei servizi verso la salute, l’integrazione fra servizi sanitari e servizi sociali, l’introduzione dei livelli
essenziali delle prestazioni sociali, lo sviluppo della organizzazione su base territoriale sono strategie che pongono
l’esigenza di una forte attenzione al rapporto fra attività e risorse impiegate ed, in particolare, alla certezza delle fonti
di finanziamento.


La ricognizione dei fondi regionali complessivamente impiegati nei diversi settori presenta il seguente quadro in via
generale e specifica (dati storici di previsione ad inizio anno):


ESERCIZI FINANZIARI 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Spese totali a carico del bilancio regionale (incluse le
contabilità speciali) 2.038.350.540 2.027.276.000 1.939.655.000 2.108.376.000 2.130.176.000 2.257.239.000
2.246.642.000 2.276.665.000 VALORI ASSOLUTI Spese per la salute 166.599.699 225.642.148 210.213.476
229.580.279 233.668.890 251.480.856 256.537.791 265.500.791 Spese per le politiche sociali 51.081.407
47.823.268 51.431.194 59.690.983 61.800.130 67.807.734 67.334.000 68.520.000 Spese per le risorse
16.968.191 19.728.536 14.483.757 11.333.103 11.948.320 13.382.500 33.037.500 36.847.500 Totale
delle spese sociali e sanitarie 234.649.298 293.193.952 276.128.427 300.604.365 307.417.340 332.671.090
356.909.291 370.868.291 VALORI PERCENTUALI % Spese per la salute 8,17% 11,13% 10,84% 10,89% 10,97% 11,14% 11,42% 11,66%
% Spese per le politiche sociali 2,51% 2,36% 2,65% 2,83% 2,90% 3,00% 3,00% 3,01% % Spese per le risorse 0,83% 0,97% 0,75%
0,54% 0,56% 0,59% 1,47% 1,62% Totale delle spese sociali e sanitarie 11,51% 14,46% 14,24% 14,26% 14,43% 14,74% 15,89% 16,29%
Dall’esame dai dati relativi alla spesa sanitaria e sociale desunti dagli atti contabili di previsione nel periodo 2001-2008,
emerge che l’incidenza della spesa stessa assume un peso crescente a carico del bilancio regionale.
Le spese per la salute possono essere ricondotte per buona parte ai contributi in conto esercizio all’Azienda U.S.L. della
Valle d’Aosta interamente a carico del bilancio regionale per effetto della disposizione contenuta nell’articolo
34 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica (legge finanziaria per
l’anno 1995), in base al quale la Regione provvede autonomamente al finanziamento del Servizio sanitario regionale “senza
alcun apporto del bilancio dello Stato, utilizzando prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari ad essa
attribuiti […] e, ad integrazione, le risorse dei propri bilanci”.
L’analisi del conto economico degli ultimi cinque esercizi, opportunamente classificato fino a livello del risultato
operativo, consente di trarre le seguenti indicazioni:
- i contributi in conto esercizio, circa 204 milioni di euro nel 2004, costituiscono circa il 94-95% del valore della
produzione in tutti gli anni presi in esame; mentre le altre componenti di ricavo - proventi e ricavi diversi, costi
capitalizzati e compartecipazione alla spesa sanitaria – hanno ciascuna un’incidenza attorno al 2% circa;
Conto economico (in milioni di euro) 2000 in val. % 2001 in val. % 2002 in val. % 2003 in val. % 2004 in val. %
Contributi in conto esercizio 153,8 95,56% 150,7 94,39% 190,2 95,08% 194,6 94,10% 204,2 93,99% Proventi e ricavi
diversi 2,8 1,73% 3,4 2,14% 3,3 1,67% 4,2 2,03% 4,4 2,03% Concorsi, recuperi, rimborsi per attività caratteristica
0,3 0,18% 0,6 0,36% 0,6 0,28% 0,5 0,23% 0,6 0,27% Comparteciapzione alla spesa sanitaria 2,9 1,80% 2,9 1,83%
3,0 1,50% 3,3 1,60% 3,8 1,76% Costi capitalizzati 1,2 0,73% 2,0 1,28% 2,9 1,47% 4,2 2,05% 4,2 1,95% VALORE
DELLA PRODUZIONE 161,0 100% 159,7 100% 200,1 100% 206,8 100% 217,2 100% Costi per acquisto di beni 18,7 9,06%
17,4 8,39% 19,3 9,35% 20,8 10,07% 22,9 10,56% Costi per acquisto di prestazioni sanitarie da pubblico 5,7 2,77%
1,1 0,52% 1,6 0,77% 2,1 1,00% 2,2 1,00% Costi per acquisto di prestazioni sanitarie da privato 44,5 21,50% 50,5
24,42% 52,3 25,31% 56,1 27,16% 62,2 28,62% Costi per acquisto di prestazioni non sanitarie da privato 5,5 2,65% 7,8
3,76% 8,0 3,88% 7,6 3,65% 7,9 3,63% Costi per manutenzioni e riparazioni 5,3 2,54% 5,1 2,46% 5,0 2,41% 4,8
2,34% 5,2 2,42% Costi per godimento di beni di terzi 2,9 1,42% 3,7 1,79% 4,1 1,96% 3,9 1,89% 4,1 1,89%
Variazione delle rimanenze sanitarie e non -1,2 -0,59% 0,4 0,20% -0,3 -0,13% 1,3 0,63% 0,2 0,07% Oneri diversi di
gestione 10,3 4,96% 10,9 5,29% 5,5 2,64% 6,5 3,15% 7,7 3,56% Tot. costo di acq. beni e servizi op. 91,6 56,92%
96,9 60,65% 95,5 47,74% 103,2 49,89% 112,4 51,76% VALORE AGGIUNTO 69,4 43,08% 62,8 39,35% 104,6 52,26% 103,6
50,11% 104,8 48,24% Salari, stipendi, oneri sociali ed ad altro - P. sanitario 61,9 29,96% 63,5 30,73% 65,7 31,79%
66,9 32,35% 70,4 32,41% Salari, stipendi, oneri sociali ed ad altro - P. professionale 0,1 0,06% 0,2 0,10% 0,3
0,14% 0,3 0,15% 0,3 0,13% Salari, stipendi, oneri sociali ed ad altro - P. tecnico 12,3 5,93% 12,6 6,07% 12,6
6,09% 12,3 5,97% 12,8 5,87% Salari, stipendi, oneri sociali ed ad altro - P. amministrativo 7,2 3,47% 7,9 3,82% 7,9
3,84% 8,3 4,00% 8,8 4,05% TFR, f.do di quiescenza et similia 0,0 0,00% 0,0 0,00% 0,0 0,00% 0,0 0,00% 0,0
0,00% Costo del lavoro 81,5 50,63% 84,2 52,71% 86,6 43,26% 87,8 42,46% 92,2 42,46% MARGINE OPERATIVO LORDO -12,2
-7,55% -21,3 -13,35% 18,0 9,00% 15,8 7,65% 12,5 5,78% Ammortamento delle immobilizzazioni imm. 0,6 1,1 1,6
1,8 1,4 Ammortamento delle immobilizzazioni mat. 0,5 0,9 1,4 2,4 2,9 Altre svalutazioni delle immobilizzazioni
0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Svalutazione di crediti dell’attivo a B/T 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Accantonamenti per
rischi 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Altri accantonamenti 0,0 0,0 5,5 4,3 0,7 Ammort., svalut. ed accantonamenti
1,2 0,76% 2,1 1,31% 8,4 4,21% 8,6 4,14% 5,0 2,29% RISULTATO OPERATIVO -13,4 -8,31% -23,4 -14,66% 9,6 4,79%
7,2 3,50% 7,6 3,48%
- si assiste a una progressiva crescita sia del valore della produzione sia dei contributi con un andamento che, dopo gli
incrementi nell’ordine del 20-25% fatti registrare tra il 1999 e il 2000 e tra il 2001 e il 2002, ha fatto registrare un
sostanziale adeguamento, nel 2003, e una lieve crescita (+3%) nel 2004 rispetto all’inflazione.
Voci di bilancio Anno 2000 Anno 2001 Anno 2002 Anno 2003 Anno 2004 Valore della produzione 19,4% -0,8% 25,3% 3,3%
5,0% Valore del valore della produzione deflazionato 16,4% -3,4% 22,3% 0,9% 3,0% Contributi in c/esercizio 19,1%
-2,0% 26,2% 2,3% 4,9% Contributi di esercizio deflazionato 16,1% -4,6% 23,2% -0,2% 2,9%
- le voci di costo relative al personale, alle prestazioni di terzi (in particolare prestazioni sanitarie da parte di
privati) e all’acquisto di beni costituiscono tra l’85% e il 90% circa del valore della produzione.
Voci di costo Anno 2000 Prog.% Anno 2001 Prog.% Anno 2002 Prog.% Anno 2003 Prog.% Anno 2004 Prog.% Costo del
lavoro 81,5 50,63% 84,2 52,71% 86,6 43,26% 87,8 42,46% 92,2 42,46% Costi per acquisto di prestazioni sanitarie da
privato 44,5 72,14% 50,5 77,13% 52,3 68,57% 56,1 69,62% 62,2 71,09% Costi per acquisto di beni 18,7 81,20% 17,4
85,52% 19,3 77,92% 20,8 79,69% 22,9 81,65% Costi per acquisto di prestazioni non sanitarie da privato 5,5 83,84%
7,8 89,29% 8,0 81,80% 7,6 83,34% 7,9 85,28% Costi per acquisto di prestazioni sanitarie da pubblico 5,7 86,61% 1,1
89,81% 1,6 82,57% 2,1 84,35% 2,2 86,28%
- dalla relazione al bilancio 2004, si evince come una consistente parte dei costi possano essere considerati non pienamente
assoggettati al governo aziendale in quanto derivanti da decisioni assunte a livello delle amministrazioni centrali dello
Stato come, ad esempio, accade per la contrattazione del comparto e della dirigenza delle professioni sanitarie e di quelle
ad esse correlate.
Le evidenze precedentemente descritte portano a prevedere un andamento in crescita dei contributi in conto esercizio di
almeno due punti percentuali sopra il tasso di inflazione, salvo non si individuino ulteriori necessità derivanti dal
potenziamento o dall’introduzione di nuove attività sanitarie e socio-sanitarie o da spese obbligatorie generate dalla
contrattazione nazionale di settore.
Per quanto concerne gli investimenti in conto capitale, la Regione ha provveduto a trasferire annualmente all’Azienda U.S.L.
un finanziamento mediamente pari all’2,5% del finanziamento complessivo. Il finanziamento di cui trattasi si è frequentemente
dimostrato insufficiente per soddisfare le esigenze dell’Azienda U.S.L., in relazione sia all’avvenuta cessione in regime di
comodato dei beni di proprietà regionale a destinazione sanitarie (ed il conseguente obbligo a provvedere alle manutenzioni
straordinarie) sia alla rapida evoluzione ed obsolescenza dei sistemi informativi e delle tecnologie sanitarie. L’Azienda
U.S.L. ha quindi spesso fatto ricorso all’impiego dell’avanzo di gestione per sopperire al maggiore fabbisogno finanziario
per effettuare investimenti in conto capitale.
Sulla base di recenti analisi condotte a livello nazionale, è emerso inoltre che la spesa sanitaria regionale presenta un
totale dei costi pro capite per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) riferito all’anno 2002 ammonta per la
Regione autonoma Valle d’Aosta a circa 1.688 euro a fronte di una media nazionale di 1.409 euro (+19,8%), evidenziando il
valore assoluto più alto dopo quello della Provincia autonoma di Bolzano.
Dall’esame dei dati relativi all’anno 2002, emerge che la composizione del costo pro capite comprende:
- 103 euro per l’assistenza sanitaria collettiva di vita e di lavoro (rispetto alla media nazionale di 55 euro pari a +89%)
[si tenga presente che il dato contiene le voci di spesa relative alla sanità veterinaria];
- 750 euro per l’assistenza territoriale distrettuale (rispetto alla media nazionale di 699 euro pari a +7,3%) di cui 223
euro per l’assistenza specialistica ambulatoriale (rispetto alla media nazionale di 181 euro pari a +23,2%), 183 euro per
l’assistenza farmaceutica territoriale (rispetto alla media nazionale di 207 euro pari a -12%), 11,2 euro per l’assistenza
territoriale ambulatoriale e domiciliare per anziani non autosufficienti (rispetto alla media nazionale di 13,7 euro pari
a -18%), 5,4 euro per l’assistenza territoriale semiresidenziale e residenziale per anziani non autosufficienti (rispetto
alla media nazionale di 38,2 euro pari a -75%) [anche se il dato non tiene conto delle spese di competenza del settore
sociale di seguito riportate];
- 835 euro per l’assistenza ospedaliera (rispetto alla media nazionale di 657 euro pari a +27%).
Le principali voci di costo pro capite dell’assistenza sanitaria dimostrano quindi come l’erogazione delle prestazioni
sanitarie in Valle d’Aosta risentano anche delle particolari condizioni geografiche, orografiche e climatiche delle zone
montagna, come evidenziato nelle premesse del presente Piano. Una quota pro capite di circa il 20% superiore della media
nazionale è quindi in linea con quanto espresso dalla Commissione sui problemi della sanità in montagna istituita dal
Ministero della salute.
Per quanto concerne l’esame della spesa sociale, si fa ricorso agli indicatori stabiliti con deliberazione della Giunta
regionale n. 2453 del 19 luglio 2004.
I primi indicatori si riferiscono alla consistenza complessiva della spesa per le politiche sociali, con attenzione alle
differenti aree di attività e agli ultimi tre anni (2002-2004). Nell’ultimo anno preso in considerazione lo stanziamento
definitivo di fine anno è stato pari a 63.481.709 euro, con un incremento rispetto al 2002 di circa 8,7 milioni di euro, pari
al 15,9%.


Area di attività complessiva Stanziamento finale 2002 Stanziamento finale 2003 Stanziamento finale 2004 Anziani e
disabili 27.052.387 31.146.596 27.635.051 Formazione 69.700 50.000 45.000 Funzionamento 274.887 400.943 377.500
Invalidi e altri interventi assistenziali 20.591.958 22.044.000 24.200.000 Minori e famiglia 5.980.450 6.145.532
9.648.228 Politiche migratorie 175.877 150.000 600.000 Povertà ed esclusione sociale 399.314 675.000 809.800
Tossicodipendenza e salute mentale 224.073 224.000 150.000 Ulteriori finalizzazioni 0 46.799 16.130 Totale
54.768.646 60.882.870 63.481.709
Nelle annualità prese in esame, è possibile osservare la più consistente incidenza percentuale della spesa in corrispondenza
delle aree di attività anziani-disabili (50,2% nel 2002, 51,1% nel 2003, 44,2% nel 2004), invalidi (rispettivamente 36,6%,
36,2% e 37,4%) e minori e famiglia (11,1%, 10,1% e 15,3%). Le rimanenti aree di attività presentano quote inferiori all’1%
della spesa complessiva.
Area di attività complessiva % della spesa per area di attività 2002 % della spesa per area di attività 2003 % della spesa
per area di attività 2004 Anziani e disabili 50,28% 51,16% 44,24% Formazione 0,13% 0,08% 0,07% Funzionamento 0,45%
0,66% 0,61% Invalidi e altri interventi assistenziali 36,67% 36,21% 37,44% Minori e famiglia 11,11% 10,09% 15,27%
Politiche migratorie 0,33% 0,25% 0,98% Povertà ed esclusione sociale 0,62% 1,11% 1,11% Tossicodipendenza e salute
mentale 0,42% 0,37% 0,24% Ulteriori finalizzazioni 0,00% 0,08% 0,03% Totale 100,00 100,00 100%
La seconda categoria di indicatori si riferisce al Fondo Nazionale per le politiche sociali e dedica attenzione alla spesa
impegnata per area di attività nel medesimo periodo. In generale, la spesa riferita al Fondo ha avuto un incremento del 28,7%
negli ultimi tre anni, passando da quota 2.226.537 euro a 2.866.130 euro. La distribuzione dell’incidenza della spesa
effettiva per area di attività è stata differente nei tre anni considerati: nel 2002 la spesa si è concentrata nell’area
anziani e disabili (61%) ed in quella della tossicodipendenza e del funzionamento (rispettivamente il 10%); nel 2003 si
osserva invece una maggiore distribuzione della spesa, con quote tuttavia più consistenti nell’area anziani e disabili (38%),
infanzia e adolescenza (19%) e funzionamento (14%); nel 2004 si evidenzia infine un maggiore equilibrio nella distribuzione
della spesa tra le aree relative agli anziani e disabili, alle politiche migratorie ed alla prima infanzia.
Area di attività del Fondo Nazionale per le politiche sociali Spesa impegnata 2002 Spesa impegnata 2003 Spesa impegnata
2004 Anziani e disabili 1.354.966 950.000 850.000 Funzionamento 222.655 350.000 350.000 Infanzia e adolescenza
157.866 464.667 300.000 Politiche migratorie 175.877 150.000 600.000 Povertà ed esclusione sociale 67.000 100.000 0
Prima infanzia 24.100 200.000 600.000 Tossicodipendenza e salute mentale 224.073 224.000 150.000 Ulteriori
finalizzazioni 0 46.799 16.130 Totale 2.226.537 2.485.466 2.866.130 La consistenza del Fondo Regionale per le
politiche sociali e la sua ripartizione tra stanziamento e spesa impegnata rappresenta la terza tipologia di indicatori
proposti per descrivere la spesa socio-assistenziale in Valle d’Aosta.
Similmente agli altri fondi osservati, anche quelli regionali sono aumentati negli ultimi due anni, passando dal valore di
14.547.411 euro del 2002 a quello di 15.185.948 del 2003 (+ 4,2%) ed a quello di 16.659.604 del 2004 (+9,7%). Le aree di
attività con la più consistente incidenza di spesa sono quella relativa agli anziani e disabili (52% nel 2002, 55% nel 2003,
52% nel 2004) e quella dell’area minori e famiglia (40% nel 2002, 36% nel 2003, 40% nel 2004).
Area di attività del Fondo regionale per le politiche sociali Stanziamento 2002 Stanziamento 2003 Stanziamento 2004
Anziani e disabili 7.560.519 8.461.962 8.695.051 Formazione 69.700 50.000 45.000 Funzionamento 52.232 50.943
27.500 Invalidi e altri interventi assistenziali 734.162 709.000 532.000 Minori e famiglia 5.798.484 575.000 809.800
Povertà ed esclusione sociale 332.314 5.339.043 6.550.253 Totale 14.547.411 15.185.948 16.659.604 Totale di bilancio
regionale 2.027.276.000 1.939.655.000 2.108.376.000 Incidenza sul bilancio regionale 0,72% 0,79% 0,79%
Oltre ai fondi sopra descritti, alla spesa regionale per le Politiche Sociali afferiscono i flussi per la copertura delle
provvidenze a favore degli invalidi civili e di altri interventi sociali assistenziali la cui consistenza è stata pari a
19.857.796 euro nel 2002, a 21.335.000 euro nel 2003 ed a 23.758.000
euro nel 2004, nonché gli investimenti in conto capitale ’ destinati nell’ultimo triennio alle strutture socio-assistenziali
per anziani che sono progressivamente aumentati nel triennio 2002-2004 da 3.521.727 euro a 6.460.867 euro.
Spese regionali extra Fondo sociale regionale per l’area ’Invalidi ed altri interventi assistenziali’ Anno Stanziamento
Spesa impegnata Differenza 2002 19.857.796 18.824.795 1.033.011 2003 21.335.000 21.245.000 90.000 2004 23.758.000
22.571.507 1.186.493
Investimenti per l’area di attività ’Anziani e disabili’ Anno Stanziamento Spesa impegnata Differenza 2002 3.521.272
3.366.336 154.936 2003 4.934.634 4.933.042 1.592 2004 6.460.867 6.124.029 336.838
Un cenno a parte meritano gli interventi di finanza locale per la copertura delle spese sostenute dagli enti locali
nell’ambito dei servizi sociali che, nel triennio di riferimento,sono progressivamente aumentati fino a raggiungere circa un
terzo dell’intera spesa sociale.
Interventi di finanza locale Anno Stanziamento Spesa impegnata Differenza 2002 14.615.630 14.615.630 0 2003
16.800.000 16.800.000 0 2004 20.197.975 20.197.975
A tal proposito, già il Piano socio-sanitario regionale per il triennio 2002-2004, prevedeva l’istituzione di un fondo
regionale per le politiche sociali, senza distinzione tra spese dirette della regione e finanza locale, come modalità di
gestione finanziaria tendente a perseguire le seguenti finalità:
- valorizzare l’autonomia decisionale degli enti locali preposti alla gestione dei servizi sociali e socio-educativi
secondo le forme definite dalla programmazione regionale;
- consentire l’esercizio delle funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo da parte della Regione;
- semplificare e rendere più veloci le modalità di erogazione dei finanziamenti e di verifica sui livelli e sulla qualità
della spesa.
Dal quadro di riferimento, emerge pertanto quanto segue:
- il peso crescente sul bilancio regionale della spesa sanitaria e sociale associato ad un non completo grado di governo
della spesa stessa;
- la pressoché totale assenza di forme alternative alle risorse del bilancio regionale per il finanziamento della spesa
sanitaria e sociale, considerato anche lo scarso apporto di risorse di provenienza dall’Unione europea o dallo Stato;
- la non piena copertura finanziaria per le spese in conto capitale di competenza dell’Azienda U.S.L. per la manutenzione
straordinaria delle strutture sanitarie e sociali nonché per l’acquisto e le manutenzioni delle tecnologie e dei sistemi
informativi in ambito sanitario;
- la necessità di individuare un criterio vincolante e costante nel tempo per la definizione dell’ammontare delle risorse
finanziarie attribuite al Fondo regionale per le politiche sociali;
- la necessità dell’avvio di un confronto con gli enti locali sull’equità dell’istituzione di un fondo vincolato
all’effettivo esercizio delle funzioni socio-assistenziali e socio-educative e della definizione di criteri di
ripartizione del Fondo per le politiche sociali da attribuire agli enti locali;
- la necessità di prevedere una diretta correlazione tra l’accesso ai finanziamenti regionali da parte degli enti erogatori
di servizi sanitari e sociali e la garanzia di un livello qualitativo minimo dei medesimi;
- la necessità di prevedere forme di finanziamento, anche alternative (come la c.d. “filantropia comunitaria”), per il
sostegno del volontariato in ambito sanitario e sociale, secondo quanto previsto dalla normativa regionale vigente in
materia.


Descrizione delle azioni.
Al fine di dare attuazione all’obiettivo di cui trattasi e di fornire copertura alle azioni necessarie per perseguire gli
obiettivi del presente Piano, è pertanto necessario procedere alla realizzazione delle seguenti azioni:
1. prevedere un andamento in crescita dei contributi in conto esercizio da destinare annualmente all’Azienda U.S.L. della
Valle d’Aosta di norma pari a due punti percentuali sopra il tasso di inflazione, salvo non si individuino ulteriori
necessità derivanti dal potenziamento o dall’introduzione di nuove attività sanitarie e socio-sanitarie o da spese
obbligatorie generate dalla contrattazione nazionale di settore;
2. prevedere un finanziamento in conto capitale da destinare annualmente all’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta di norma pari
ad almeno il 5% della spesa corrente per la copertura della spesa in investimenti;
3. prevedere un finanziamento annuale per il Fondo sociale regionale di norma pari ad almeno l’1 % della ammontare totale del
bilancio regionale (incluse le partite di giro);
4. garantire una copertura finanziaria incrementale per i nuovi investimenti in edilizia sanitaria e sociale previsti nei
rispettivi obiettivi riportati nel presente Piano;
5. istituire, anche per la parte di finanza locale, il Fondo regionale per le politiche sociali, come già riportato
nell’obiettivo specifico;
6. individuare formule per l’istituzione di fondi assistenziali di natura pubblica in grado di coprire una parte del
fabbisogno per la spesa sanitaria e sociale, al fine di alleviare il carico finanziario sul bilancio regionale;
7. prevedere formule amministrative che, con gradualità, condizionino l’accesso ai finanziamenti regionali da parte degli
enti erogatori di servizi sanitari e sociali al possesso dei requisiti previsti dalle norme in materia di autorizzazione e di
accreditamento, allo scopo di accrescerne progressivamente il livello qualitativo;
8. avviare in collaborazione con le strutture interne ed esterne all’Amministrazione regionale competenti in materia –
procedure per accedere a fonti alternative di finanziamento del sistema socio-sanitario regionale, con particolare
riferimento a quelle di provenienza dell’Unione europea.
In relazione ai criteri individuati per il finanziamento delle azioni necessarie al perseguimento dei bisogni di salute e di
benessere sociale, vincolanti ai fini della formazione del bilancio di previsione annuale e triennale, è necessario che
l’Amministrazione regionale - anche per il tramite di Finaosta S.p.A. – attui forme di monitoraggio dell’efficienza e
dell’efficacia dei criteri stessi, almeno con cadenza annuale.
L’attività di monitoraggio dei criteri di finanziamento delle azioni necessarie al perseguimento dei bisogni di salute e di
benessere sociale intende accertare la funzionalità dei criteri stessi rispetto agli obiettivi strategici in ambito sanitario
e sociale dell’Amministrazione regionale, anche nell’ottica di un loro progressivo sviluppo ed affinamento nei futuri
documenti di programmazione socio-sanitaria di medio termine.
Per quanto concerne l’istituzione di fondi assistenziali di natura pubblica in grado di coprire una parte del fabbisogno per
la spesa sanitaria e sociale ed, in via prioritaria, quello per il sostegno dei cittadini non autosufficienti, si ritiene
opportuno il conferimento di un mandato alle società partecipate dalla Regione in materia di credito e di previdenza
complementare al fine di accertare la sussistenza delle condizioni normative, socio-economiche e finanziarie per attuare
anche in Valle d’Aosta forme innovative per la realizzazione di interventi socio-assistenziali di natura economica,
analogamente a quanto recentemente avvenuto nella regione Trentino-Alto Adige con legge regionale 18 febbraio 2005, n. 1.


RAPPORTI TRA LA PROGRAMMAZIONE SOCIO-SANITARIA E LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA REGIONALE E MONITORAGGIO DELLE ATTIVITÀ DI PIANO
Rapporti tra la programmazione socio sanitaria ela programmazione economico finanziaria regionale
Di anno in anno, nell’ambito dei documenti di programmazione economica finanziaria regionale, sono definiti i principali
momenti di attuazione del presente Piano.
Nel PREF, in particolare, sono individuati sia gli obiettivi prioritari di breve termine, sia le risorse finanziarie
necessarie per la loro attuazione che devono trovare copertura nella legge finanziaria e nel bilancio di previsione della
Regione per l’anno successivo.
Ciò conferisce sostenibilità agli obiettivi individuati nel presente documento triennale e orienta, di anno in anno, le
scelte del Progetto che il presente Piano individua come prerogativa necessaria al raggiungimento di quegli obiettivi che,
per ambiziosità e complessità, si pongono oltre il triennio di validità imposto dai vincoli della programmazione economico
finanziaria regionale.
La sostenibilità delle azioni previste dai singoli obiettivi è garantita dalle leggi regionali con cui l’amministrazione
regionale trasferisce le risorse economico finanziarie all’Azienda sanitaria locale, o agli enti locali, sulla base delle
rispettive competenze e vincola tale trasferimento ad un’attività istituzionale di verifica e di controllo.
Gli obiettivi sanitari di breve termine (triennali) - per il cui raggiungimento risulta fondamentale l’attività dell’Azienda
sanitaria locale - vengono garantiti dagli strumenti previsti dalla programmazione annuale, così come regolamentata dalla
legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 e successive modificazioni, consistenti nelle direttive regionali all’Azienda
sanitaria locale nel piano attuativo locale (PAL) e nell’accordo di programma tra Regione e l’Azienda stessa.
Per quanto riguarda invece le politiche sociali, nel completare la fase di trasferimento delle competenze e delle relative
risorse finanziarie agli enti locali, verranno contestualmente individuati anche gli strumenti attraverso i quali esercitare
le funzioni di controllo e di monitoraggio del conseguimento degli obiettivi concordati.
Monitoraggio delle attività di Piano
Al fine di consentire agli organismi competenti, delegati in forma democratica a rappresentare la popolazione regionale, una
corretta attività di monitoraggio e di verifica del conseguimento degli obiettivi indicati nel presente documento di
programmazione, sono state individuate due modalità diverse, ciascuna delle quali adotta strumenti propri di monitoraggio e
di verifica.
La prima modalità si attua per obiettivi aggregati e di natura generalizzata, nei confronti dei quali le pubblicazioni
rilasciate annualmente dall’Osservatorio regionale epidemiologico e per le politiche sociali (OREPS) ai sensi della legge
regionale 25 gennaio 2000, n. 5 e successive modificazioni, costituiscono un momento istituzionale per il monitoraggio degli
esiti di lungo periodo derivanti dagli atti di programmazione pregressi. Ne sono degli esempi la Relazione sullo stato di
salute e di benessere sociale della popolazione regionale inversione strategica (esempi: la Relazione sanitaria e sociale
1999-2000 e la successiva edizione del 2001) o congiunturale (esempi:
Atlante della mortalità 1980-2003, Gli infortuni sul lavoro 1991-2000, Gli anziani), nonché il Rapporto dell’Osservatorio per
le Politiche sociali. (esempio: Primo rapporto 2005) Queste pubblicazioni, nello specifico istituzionale, si connotano sia
come atti propedeutici alla programmazione sanitaria e sociale di lungo periodo - orientandone le scelte di priorità - sia
come strumenti per una valutazione generale, e non puntuale, dei risultati della programmazione in corso di attuazione e
di quella pregressa in quanto spesso i meccanismi causali dei fenomeno osservati si collocano molto indietro nel tempo.
Le pubblicazioni sono basate sulla valorizzazione e sull’analisi di indicatori epidemiologici e sociali comunemente
utilizzati dalla comunità scientifica per la valutazione dello stato di salute e di benessere sociale regionale e hanno una
validità sia di monitoraggio della situazione regionale nel tempo, sia di confronto con altre realtà. La valutazione
dell’attività e degli esiti di
salute è garantita quindi da sistemi di indicatori validati, tanto a livello nazionale, come quelli per il monitoraggio dei
livelli essenziali di assistenza previsti dal decreto ministeriale 12 dicembre 2001 recante sistema di garanzie per il
monitoraggio dell’assistenza sanitaria, quanto a livello regionale come quello impiegato per il monitoraggio dell’attività
sanitaria
aziendale.
La seconda modalità di monitoraggio degli obiettivi del Piano è garantita da uno strumento sicuramente più puntuale del
precedente, nei confronti del quale però è doveroso un richiamo di
attenzione, sia alla complessità degli enti ed istituzioni
chiamati al conseguimento degli obiettivi individuati e condivisi, sia ai fattori variamente intervenienti che potrebbero
costituire dei vincoli in corso d’opera e nei confronti dei quali dovranno essere messe in campo soluzioni al momento non
prevedibili.
Questo strumento di monitoraggio è il cronoprogramma - allegato al presente documento di programmazione - dove, per ogni
obiettivo, viene declinata la progressione temporale delle azioni previste per il suo conseguimento.
Si tratta di un atto dovuto in una logica di programmazione trasparente, condotta secondo attente metodologie di analisi di
fattibilità, che presenta però tutti i limiti di una rendicontazione statica e, soprattutto, ’a monte’ dei molteplici e
complessi processi che, nel tempo,
consentiranno realmente, ed in forma dinamica, di conseguire l’unico obiettivo politico generale che è una maggiore salute ed
un maggiore benessere sociale nel futuro dei cittadini valdostani.
Il livello di raggiungimento degli obiettivi del presente Piano è quindi sottoposto al monitoraggio delle strutture regionali
competenti inmateria e degli organi della Regione in relazione alle rispettiveattribuzioni. Entro il primo quadrimestre di
ogni anno, l’Assessorealla sanità, salute e politiche sociali riferirà allecompetenti Commissioni consiliari sulle attività
svoltenell’anno precedente.
Per concludere, lo stato di attuazione della presente programmazione sanitaria e sociale verrà discusso ogni anno nell’ambito
della Conferenza socio-sanitaria, sede privilegiata dell’incontro tra i soggetti attuatori ed irappresentanti degli enti
pubblici e privati del settore.


ALLEGATO ALL’OBIETTIVO N. 18.
Assumere il territorio del distretto come ambito dilettura, analisi e soddisfacimento dei bisogni e come areaprivilegiata
della programmazione della rete di servizi e direlazioni interdipendenti.
Linee guida per i piani zona.
Assumere il territorio del distretto come ambito di lettura, analisi e soddisfacimento dei bisogni e come area privilegiata
della programmazione della rete di servizi e di relazioni interdipendenti.


Linee guida per i piani zona.
La Valle d’Aosta è oggi al centro di complessi fenomeni di mutamento sociale, dovuti in parte a motivi propri della realtà
locale, in parte a cause esterne, con notevoli ripercussioni sugli assetti regionali.
Il primo fenomeno è quello dell’andamento demografico che, pur in armonia con la tendenza italiana, presenta caratteri
specifici a livello locale, sia per quanto riguarda l’invecchiamento, sia per quanto riguarda il perdurante mantenimento di
livelli di natalità molto bassi.
Il Piano Socio-sanitario Regionale 2002-2004 definisce il “ruolo delle politiche sociali” in Regione Valle d’Aosta avendo
presenti i forti rischi di esclusione, prodotti dalle attuali tendenze sociali, che hanno portato alla constatazione della
necessità di investire nelle politiche di inclusione volte al sostegno delle persone e delle famiglie.
Da ciò deriva la necessità di migliorare, quantitativamente e qualitativamente, l’offerta dei servizi, di aumentarne la
flessibilità, di avvicinarli il più possibile al domicilio delle persone e di integrarli, sia sotto l’aspetto operativo che
organizzativo, con gli altri servizi alla persona (sanitari, sociosanitari, educativi, formativi).Ne consegue la necessità di
qualificare le risorse, economiche e professionali a disposizione nel territorio.
Si tratta cioè di un problema di “qualità della spesa sociale” e di una sua diversa composizione all’interno del welfare
regionale.
Tale processo è stato avviato – a livello nazionale – con la Legge n. 328/00 per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali attraverso processi di ricomposizione, riordino e qualificazione della spesa e delle risorse a
disposizione nel settore.
L’evoluzione socio-economica e demografica, unita alla particolare situazione politico-istituzionale e geografico-morfologica
ha portato la Valle d’Aosta a consolidare modalità operative, nei servizi alla persona, del tutto proprie.
La Regione si caratterizza, infatti, per la presenza uniforme di servizi sul territorio, tenendo conto di una serie di
problemi e peculiarità:
- la piccola dimensione dei Comuni non permette di realizzare servizi alle persone adeguati alle diverse e plurime
caratteristiche di bisogno;
- la difficoltà negli spostamenti in un territorio prevalentemente montuoso richiede un forte coinvolgimento delle comunità
locali per garantire gli interventi a domicilio della persona, garantendo loro il mantenimento nei propri ambiti di vita;
- la dispersione demografica ed abitativa rende necessario un maggiore impegno organizzativo per garantire equità di
offerta anche nei territori dove questo risulta oggettivamente difficile.
Tenendo conto di tali specificità si sono consolidate nel tempo prassi operative, sia istituzionali, sia
tecnico-organizzative, che hanno portato all’attuale rete di offerta.
Essa si caratterizza in termini di:
- forte presenza della Regione nella programmazione e nella gestione dei servizi;
- significativo impegno del Comune di Aosta, anche quale soggetto gestionale, in modo del tutto peculiare rispetto agli
altri Comuni della Regione.
Inoltre le oggettive difficoltà da parte dei Comuni – in particolare quelli a bassa densità di popolazione – di gestione dei
servizi alle persone, ha portato alcuni Comuni ad affidare – in forma associata – alla Comunità Montana la gestione di
particolari servizi sociali.
Il Piano socio-sanitario per il triennio 2002-2004 ha garantito una prima interpretazione ed attualizzazione dei principi
sanciti dalla legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. In particolare ha
investito per consolidare le garanzie e le opportunità presenti nel territorio regionale, per dare priorità alle persone ed
alle famiglie più vulnerabili, per perseguire concreti obiettivi di coesione ed inclusione sociale.
In questo contesto, il Piano di zona è chiamato ad assumere un ruolo fondamentale per dare risposte ai problemi delle persone
e delle comunità locali, nella misura in cui diventerà strumento condiviso per individuare bisogni prioritari e strategie di
risposta efficace e sarà in grado di riqualificare le risorse disponibili e condivise tra soggetti istituzionali e
comunitari.
Tutto questo sarà possibile grazie alla realizzazione di percorsi partecipati di costruzione della programmazione di zona,
per meglio condividere con le comunità locali i risultati attesi, gli standard di funzionamento e di efficacia, le
responsabilità gestionali, le forme di controllo, le modalità di verifica e le condizioni per promuovere la valutazione
sociale dei servizi alle persone.
Il Piano di zona, oltre che strumento tecnico di programmazione, è, infatti, un’occasione privilegiata di partecipazione,
dove evidenziare e promuovere l’apporto delle diverse comunità locali, all’interno della comunità regionale, valorizzando il
ruolo di autonomia, che, unita alla solidarietà e sussidiarietà, ogni comunità locale saprà esprimere nelle concrete scelte
programmatorie, gestionali, operative ed organizzative.
Su queste premesse i diversi soggetti istituzionali - Regione, Comuni, Comunità Montane, Azienda U.S.L., Amministrazioni
periferiche dello Stato, ex-Ipab sociali, Istituzioni, Fondazioni, Associazioni di volontariato, Cooperative sociali,
Associazioni di promozione sociale, Enti con finalità religiose ed altre Organizzazioni private - nel rispetto della
specificità dei ruoli e delle competenze, sono chiamati a condividere un modello collaborativo di programmazione delle
attività e degli interventi, di realizzazione e di valutazione degli stessi, di messa in rete delle risorse, di
responsabilità in ordine ai risultati.
Grazie al Piano di zona e al processo che lo stesso va ad avviare, i Comuni e la comunità locale possono diventare
protagonisti delle “politiche sociali” partendo dal presupposto che solo in un sistema integrato di servizi sociali possono
essere veramente valorizzati il ruolo dei soggetti pubblici e le forme di partecipazione dei soggetti privati.


Con l’avvio del processo che porterà i territori al primo Piano di zona si realizza il contenuto dispositivo degli artt. 2 e
3 della Legge n. 328/00;
infatti è attraverso la programmazione zonale degli interventi e dei servizi sociali in forma unitaria che si integrano le
risorse a disposizione, si imposta un’operatività per progetti e si promuove la verifica sistematica dei risultati, in
termini di qualità e di efficacia delle risposte.
Le “linee guida” vogliono condurre il programmatore zonale all’assunzione di tali indirizzi per promuovere, in ciascun
territorio, la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali, che abbia caratteristiche di
universalità, che sia fondato su livelli essenziali di prestazioni
uniformi, che garantisca accesso prioritario ai soggetti deboli, cioè le persone in condizioni di povertà o con limitato
reddito, con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico, con
difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro.
Tali presupposti di carattere generale possono pertanto essere sintetizzati nei seguenti indirizzi specifici nei Piani di
zona per:
- dare organicità alla materia sociale nello specifico ambito zonale in modo da sostenere e realizzare la programmazione
unitaria;
- promuovere soluzioni organizzative che producano equità di offerta di prestazioni e servizi sociali distribuiti in
ciascun territorio;
- definire le priorità di bisogno nello specifico della propria situazione sociale con particolare riferimento ai cittadini
più deboli;
- individuare strumenti e percorsi al fine di favorire equità di accesso alle prestazioni ed ai servizi ai cittadini.
Le “linee guida” vanno quindi intese come aiuto e supporto per l’avvio ed il consolidamento di un processo che si è definito
con il Piano sociosanitario della Valle d’Aosta 2002-2004, tenendo conto delle seguenti criticità:
a livello regionale:
- complessità del percorso di integrazione del sistema dei servizi sociali con gli altri sistemi di politiche sociali e
sanitarie;
- difficoltà di far convergere verso i soggetti svantaggiati l’offerta integrata dei servizi disponibili;
a livello zonale:- scarsa visibilità dei legami organici che dovrebbero collegare i
servizi sociali con gli altri servizi comunali;
- ritardo nel coordinamento e nella razionalizzazione degli sportelli di accesso del cittadino ai servizi ed alle
prestazioni”.
L’avvio della programmazione zonale attraverso i Piani di zona può cominciare a tracciare un percorso di unitarietà e di
globalità sia delle informazioni che dei processi. D’altro canto la Legge n. 328/00 ed il Piano sociale nazionale 2001-2003
hanno meglio caratterizzato questa strategia programmatoria e possono quindi costituire utili riferimenti nella fase
operativa di realizzazione.
Un primo passo è quello di allargare l’asse di osservazione e programmazione dal livello prevalentemente regionale al livello
dei Comuni e delle comunità locali.
Per questo le “linee guida” si prefiggono l’obiettivo primario di favorire nella programmazione zonale la capacità di leggere
e conoscere in modo omogeneo:
- i bisogni sociali e sociosanitari dell’ambito territoriale
,- le risorse operative ed economiche a disposizione del medesimo.
La condizione prioritaria da privilegiare è la “conoscenza” del territorio in termini di bisogni e di offerta. Solo infatti
da un chiaro quadro conoscitivo possono prendere le mosse percorsi di programmazione effettivamente basati sui bisogni e
sulle potenzialità presenti nei diversi territori.


Gli attori.
La funzione di coordinamento nella formulazione del piano è stabilita in considerazione delle responsabilità che i diversi
attori istituzionali hanno sulle materie oggetto della programmazione locale.
Sono identificati - in ordine di rilevanza - due soggetti istituzionali responsabili della redazione ed elaborazione del
Piano di zona:
- Comuni, compresi negli ambiti territoriali - di cui alla Legge regionale n. 54/98 - secondo la suddivisione di cui
all’elenco allegato, in quanto enti rappresentativi della comunità locale.
- l’Azienda U.S.L., per le funzioni sociosanitarie, nella sua articolazione in Distretti sociosanitari.
Più in particolare, per quanto riguarda i Comuni è importante ricordare che il cammino di riordino delle competenze e delle
funzioni è definito a livello regionale con le Leggi regionali n. 54/98 e n. 1/02 e, a livello nazionale con l’applicazione
della Legge n. 328/00 che rappresenta una tappa fondamentale nella evoluzione del processo di acquisizione da parte dell’ente
Comune della pienezza dei poteri e delle competenze nel settore dei servizi alla persona.
Ciò porta ad una maggiore responsabilizzazione nella programmazione e nella gestione diretta e/o indiretta di tutte le
prestazioni e dei servizi sociali.
Grazie all’impulso dato dal processo di decentramento, il Comune è chiamato a diventare effettivo promotore delle politiche
sociali e del loro sviluppo;
così come evidenziato altresì dalla riforma del Titolo V° della Costituzione (Legge Costituzionale n. 3/01).
L’Azienda U.S.L. - attraverso i Distretti - è responsabile con i Comuni dell’integrazione sociosanitaria, ai sensi dell’art.
3 septies del D.lgs. n. 502/92 e successive modificazioni e del Piano socio sanitario regionale 2002/04. Gli interventi
sociosanitari interessano i bisogni di salute nelle aree materno-infantile, della disabilità e della non-autosufficienza,
della salute mentale, delle dipendenze, delle patologie da HIV e delle patologie proprie della fase terminale della vita.
I Comuni e i Distretti organizzano le rispettive risorse professionali ed informaive per promuovere in modo collaborativo una
conoscenza sistematica del territorio, dei bisogni, del rapporto tra bisogni e risposte, nonché delle misure di efficacia
degli interventi.
Tale collaborazione tra Comuni e Azienda diventa non solo un importante tassello nella realizzazione del sistema integrato
dei servizi, ma soprattutto una condizione per programmare e realizzare servizi direttamente ed efficacemente correlati ai
bisogni delle diverse comunità locali.
Nel contempo i soggetti titolari sono chiamati a sviluppare le scelte di Piano in stretto rapporto con la Regione, non solo
in forza delle titolarità generali proprie, in ordine alla programmazione, valutazione, controllo del sistema di welfare
regionale, ma anche per le dirette competenze gestionali che la Regione esercita tenendo conto dell’elevata specializzazione
e della complessità organizzativa delle funzioni elencate dall’allegato A alla Legge regionale n. 1/02. La Regione pertanto
concorre in modo attivo alla programmazione zonale, impegnandosi direttamente nella analisi, nel monitoraggio dei bisogni,
nella valutazione del rapporto fra bisogni e risposte e quindi nel riequilibrio e qualificazione dei sistemi locali di
offerta.
La Regione garantisce supporto costante in tutte le fasi del processo di programmazione al fine di concorrere, in forme e
modalità adeguate, all’elaborazione di tutte le informazioni e le conoscenze necessarie al programmatore zonale.
A tale scopo potrà avvalersi dell’Osservatorio regionale epidemiologico e per
le politiche sociali (OREPS).
Fra le materie di apporto regionale sono comprese anche la formazione
professionale, l’integrazione lavorativa, la mobilità (importante in considerazione della distribuzione territoriale delle
Comunità Valligiane) in rapporto con i tempi di vita delle famiglie e tenendo conto di altri determinanti di salute
psicosociale nonché in materia di prevenzione delle emergenze.
Per creare condizioni favorevoli ad una buona riuscita del percorso programmatorio è fondamentale il ruolo di promozione e di
supporto tecnico-organizzativo del Consorzio enti locali Valle d’Aosta (CELVA). È una funzione nuova e particolare tesa a
facilitare l’opera dei Comuni, soprattutto quelli di minore dotazione operativa, attraverso azioni di divulgazione delle
informazioni e di raccordo tra gli enti.
Nella fase di programmazione e in quella di realizzazione del Piano di zona, le Comunità Montane - quali enti
istituzionalmente preposti all’esercizio associato delle funzioni comunali - potranno svolgere un ruolo fondamentale per
quelle materie che, per caratteristiche tecniche e dimensionali, non possono essere svolte in modo ottimale dai Comuni (Legge
regionale n. 54/98).
Gli altri organismi pubblici presenti nel territorio sono anch’essi chiamati a dare il loro apporto e svolgere un ruolo
incisivo per la conoscenza, le decisioni, l’attuazione e la verifica dei risultati del Piano di zona, in settori quali ad
esempio la scuola, la formazione professionale, il lavoro, la mobilità.
Le organizzazioni sindacali e il Terzo settore, operanti nelle rispettive zone, ciascuno tenuto conto delle proprie
specifiche competenze e conoscenze delle singole realtà, sono chiamati a dare il loro apporto per l’individuazione dei
bisogni per la lettura delle criticità del territorio, per la formulazione di proposte innovative.


La programmazione partecipata.
Il processo di programmazione territoriale deve vedere la compartecipazione di
tutti i soggetti istituzionali che hanno competenze nelle politiche sociali, al fine di concertare funzioni, ruoli e modalità
di intervento collaborativi.
Dovranno pertanto essere individuati percorsi, strumenti ed occasioni ad hoc che favoriscano la realizzazione del percorso,
anche in considerazione delle varie esperienze che fino ad oggi i diversi territori hanno avuto la possibilità di realizzare.
Al fine di facilitare l’attuazione delle linee guida per l’elaborazione dei Piani di zona il Presidente della Regione
promuove la convocazione della Conferenza dei Sindaci di ciascun ambito distrettuale.
Successivamente ciascuna Conferenza dei Sindaci avvia il processo di programmazione con l’attenzione alle peculiarità dei tre
livelli implicati:
- il livello politico per la concertazione degli indirizzi e delle strategie e per la pianificazione dell’integrazione
istituzionale;
- il livello tecnico-operativo per la definizione delle scelte, del loro livello di realizzabilità, anche nella ricerca
delle migliori condizioni organizzative;
- il livello comunitario, per promuovere la conoscenza e la valorizzazione delle specificità degli attori territoriali e la
possibilità che gli stessi condividano gli obiettivi da raggiungere.
Soprattutto nella prima fase di lavoro diventa indispensabile, per un’adeguata e corretta azione di analisi delle risorse e
dei bisogni, avviare modalità di lavoro collaborative ed integrate che permettano ai Comuni, in quanto titolari della
programmazione, di acquisire le necessarie competenze e capacità operative.
In tale processo diventa essenziale il supporto che, con modalità diverse, potranno garantire la Regione e il CELVA, in modo
da promuovere conoscenze condivise, processi collaborativi e integrazione delle responsabilità ai diversi livelli.
La comunità locale è il luogo più qualificato per la risoluzione dei problemi della persona e per rispondere ai suoi bisogni.
Il territorio non è cioè soltanto un bacino di utenza ma è anzitutto rete di relazioni, cioè comunità, che costituisce nel
tempo un patrimonio di opportunità e risorse, e luogo dove interagiscono responsabilità solidali.
In questa prospettiva tutti i soggetti che realizzano interventi, servizi e prestazioni sociali sono chiamati a collaborare
affinché, con il loro positivo ed attivo coinvolgimento, siano efficacemente perseguiti gli obiettivi del Piano di zona.
A questo fine dovranno essere valorizzate le diverse responsabilità del volontariato, dell’associazionismo di promozione
sociale, delle imprese sociali, delle fondazioni, degli enti religiosi e di tutti gli altri soggetti di solidarietà sociale
che contribuiscono alla realizzazione del welfare locale.
Nella prima fase della stesura del primo Piano di zona i ‘territori dovranno pertanto trovare capacità concrete di coesione
nelle diverse fasi del lavoro di lettura dei bisogni e di individuazione delle risorse a disposizione.
Infatti un’attenta e positiva partecipazione a questa fase della programmazione può facilitare responsabilizzazione nella
definizione degli obiettivi strategici di benessere sociale, attraverso il miglioramento e la qualificazione della rete dei
servizi del territorio.
La partecipazione, fin dalle prime fasi, nel rispetto delle singole responsabilità potrà portare ad una maggiore chiarezza
dei ruoli all’interno della programmazione, senza confondere la funzione di partecipazione sociale al momento programmatorio
con le successive scelte di gestione dei servizi.
I Comuni sono i promotori e i garanti della concertazione territoriale e sono soggetti attivi di partecipazione nelle varie
fasi del percorso di programmazione con riferimento:
- all’analisi dei bisogni e delle risorse,
- alla scelta delle priorità e all’attuazione dei programmi,
- alla definizione dei criteri di valutazione partecipata dei risultati.
In sintesi, con il primo Piano di zona dei servizi alle persone ogni comunità locale ha la possibilità di dar vita ad una
nuova politica sociale, attraverso la partecipazione delle persone, delle famiglie e dei gruppi sociali, rendendo tutti
consapevoli dei problemi ma, soprattutto, delle capacità che essi possono esprimere, per dare risposte positive a vantaggio
di tutti coloro che nel territorio risiedono, lavorano e vivono.


I contenuti dei Piani di zona.
Il Piano di zona è strumento di programmazione strategica per la gestione unitaria dei servizi alla persona.
I riferimenti per operare in questa direzione sono:
- l’art. 22 del comma 2 della Legge n. 328/00, con particolare attenzione alle misure di contrasto della povertà e di
sostegno al reddito familiare, le misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza al domicilio di persone
totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana, gli interventi di sostegno per i
minori in situazioni di disagio e per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, le misure di sostegno
alle responsabilità familiari, le misure per favorire l’armonizzazione del tempo di lavoro e di cura, le misure di
sostegno alle donne in difficoltà, gli interventi volti all’integrazione delle persone disabili, le prestazioni integrate
di tipo socio educativo per l’infanzia e l’adolescenza, per il contrasto delle dipendenze, della povertà e l’esclusione
sociale, per favorire l’inclusione sociale della popolazione immigrata;
- l’art. 22 comma 4 della Legge n. 328/00, che identifica le principali modalità di risposta sociale da garantire su scala
zonale e quindi il servizio sociale professionale ed il segretariato sociale, il pronto intervento sociale, l’assistenza
domiciliare, le risposte residenziali e diurne.
- l’art. 3 septies del D.lgs. n. 502/92 e successive modificazioni, con riferimento ai bisogni che riguardano l’esperienza
quotidiana di molte persone e famiglie nelle aree materno-infantile, delle malattie mentali, della disabilità, delle
dipendenze, delle patologie a forte impatto sociale quali ad esempio l’HIV, delle inabilità o disabilità conseguenti a
patologie cronico-degenerative, che richiedono integrazione sociosanitaria di diversa intensità;
Grazie al loro utilizzo, il Piano di zona prevede soluzioni per realizzare nel territorio il sistema integrato dei servizi
alle persone, qualificando la spesa e le altre risorse a disposizione.
In sintesi, le fasi da attuare sono:
1. la conoscenza dei bisogni sociali e sociosanitari della popolazione;
2. la conoscenza delle risorse operative, attraverso la raccolta delle informazioni messe a disposizione da tutti i soggetti
del territorio;
3. la scelta delle priorità di intervento, da realizzare nei diversi settori operativi.
Per quanto concerne gli aspetti che riguardano la “conoscenza” tre sono le linee da seguire per la raccolta e la elaborazione
delle informazioni:
- bisogni rilevati su base demografica per Comune di riferimento e per classi d’età;
- settore di bisogno a partire da quelli già definiti nel Piano sociale nazionale 2001-2003 e nel PSSR 2002-2004 e
pertanto: minori e famiglia, persone anziane, persone disabili, disagio mentale, nuove povertà ed emergenze;
- risposte esistenti - sia in termini di prestazioni sia in termini di servizi - che insieme compongono il sistema zonale
di offerta.
Ai fini della conoscenza dei bisogni è importante approfondire i bisogni correlati all’età - minori, adolescenti, adulti,
anziani; i bisogni che derivano da patologie - menomazioni ed handicap; i bisogni connessi a povertà originata da
disoccupazione ed esclusione sociale, da disagio abitativo, da problematiche familiari dovute a separazioni conflittuali ed a
gravosi carichi assistenziali, da emarginazione sociale e situazioni di solitudine relazionale, da devianza sociale, da
disuguaglianza nell’accesso ai servizi ed infine povertà originata dalla immigrazione, da problematiche di integrazione
sociale ed educative.
Per la rilevazione delle risposte esistenti è necessario partire da un quadro approfondito di conoscenza del sistema attuale
dei servizi in ciascun territorio. In particolare si dovrà considerare, per ciascun livello organizzativo – domiciliare,
diurno, residenziale - la tipologia e i volumi delle prestazioni e dei centri di offerta, le modalità di accesso, i costi e
le relative forme di copertura, l’organizzazione delle responsabilità, la tipologia e la consistenza delle diverse figure
professionali, le modalità di garanzia dei livelli essenziali di assistenza.
All’interno di tale percorso è importante in particolare approfondire la congruenza delle risposte con l’effettiva presenza
dei bisogni e l’equità di accesso dei cittadini ai servizi.
A questo fine vanno utilizzate le schede per la raccolta delle informazioni dei bisogni e delle risorse previste dalle linee
guida.
Per quanto concerne gli aspetti che riguardano la scelta delle priorità, dovrà essere posta l’attenzione su due tipi di
obiettivi:
- di efficacia, cioè a impatto diretto sulla salute e sul ben essere delle persone e delle famiglie;
- di miglioramento del sistema di offerta e sulle soluzioni organizzative che possono contribuire a qualificarlo.
Anche per questa parte del Piano di zona dovranno essere tenuti in considerazione i settori di bisogno precedentemente
evidenziati.
Per ciascuno dovranno essere individuate le azioni ritenute prioritarie per il raggiungimento degli obiettivi, i tempi e le
risorse necessarie, le responsabilità, gli indicatori di verifica dei risultati.
Il primo Piano di zona deve contenere quindi tutti gli elementi indispensabili per il programmatore zonale per avviare il
processo e passare in ciascun territorio dalla “raccolta delle informazioni” al “governo delle conoscenze”.
Nel fare questo, la “regola” da tenere in considerazione è quella di mettere in evidenza le peculiarità storiche e culturali
che ciascun territorio ha nel tempo consolidato e, tenendo conto di questo dato, avviare il processo di programmazione lungo
due direttrici fondamentali:
- la direttrice strategica, mettendo a fuoco le scelte di politica sociale attraverso il collegamento tra l’analisi dei
bisogni e la individuazione dei livelli di offerta su base di equità e di giustizia sociale e la corrispondente
definizione delle priorità;
- la direttrice della partecipazione, nel percorso che dalla conoscenza dei bisogni e delle risorse porta al governo
solidale delle politiche sociali nelle loro diverse sfaccettature. Ciò si realizza nell’ottica di una programmazione
partecipata e condivisa, favorente un più efficiente utilizzo delle risorse – finanziarie, professionali e solidaristiche.
Solo così si potrà, nella successiva fase della programmazione, giungere a scelte condivise come comunità locale, capace di
un incontro consapevole e responsabile tra diritti e doveri su cui fondare il proprio sviluppo sociale e qualificare il
proprio sistema locale di welfare.
A questo fine il primo Piano di zona dovrà considerare le titolarità e le funzioni integrate sociali e sociosanitarie per la
messa in comune di tutte le risorse economiche ed operative, insieme con le rispettive responsabilità.
Le condizioni per promuovere l’integrazione sociosanitaria si basano sostanzialmente sulla capacità di articolare
l’integrazione e i suoi contenuti su quattro livelli: quello istituzionale, quello gestionale e organizzativo, quello
professionale e quello comunitario, grazie al coinvolgimento dei diversi soggetti della comunità locale.
In questa strategia il Piano della attività territoriali (PAT) ed il Piano di zona (PdZ) sono due facce di una stessa
medaglia; sono infatti strumenti di programmazione che devono - nel rispetto della metodologia dell’integrazione -
individuare le specifiche strategie di sviluppo dei servizi sociali, sanitari e sociosanitari, garantendo unitarietà al
processo programmatorio, al fine di rendere compatibili le due programmazioni. Questo risultato può essere ottenuto facendo
coincidere i rispettivi tempi e integrando i percorsi
decisionali, per pervenire ad una migliore condivisione politica e tecnica delle scelte.
Nel rispetto dell’autonomia e della singolarità di ciascuna area territoriale, il Piano di zona ha la seguente struttura
(schema-tipo):


Il contesto sociale del Piano
Analisi del contesto sociale dell’ambito: la situazione territoriale e la situazione istituzionale;
La situazione socio-demografica;
La situazione dei servizi alla persona;
Altri servizi a rilevante impatto sociale: trasporti, istruzione, formazione;


Approfondimenti
Aree di approfondimento e soggetti coinvolti nella conoscenza;
I bisogni della comunità locale (analisi);
L’offerta esistente e sua distribuzione (analisi).


Le risorse
Le risorse finanziarie e strutturali;
Le risorse operative e professionali;
Le risorse del volontariato e della comunità solidale.


Le scelte
Le priorità di intervento con riferimento ai bisogni;
Le priorità di intervento sull’offerta;
I risultati attesi;
Azioni di Piano e modalità di gestione;
I livelli essenziali di assistenza;
Le azioni strategiche.
Il sistema di responsabilità e di valutazione I soggetti istituzionali responsabili e le modalità d’integrazione e
collaborazione;
I soggetti sociali, le rispettive responsabilità e la loro partecipazione;
Altri livelli di responsabilità nella realizzazione degli obiettivi di Piano;
Forme di valutazione politica e tecnica dei risultati;
Forme di valutazione sociale dei risultati.


Fasi di predisposizione.
L’iniziativa per l’elaborazione del Piano di zona viene assunta dal Presidente della Regione o dall’Assessore competente per
materia delegato, che promuove la convocazione della Conferenza dei Sindaci dell’ambito distrettuale. Nella stessa fase la
Conferenza definisce gli indirizzi per il lavoro del “gruppo di piano”.
Sulla base degli indirizzi della Conferenza dei Sindaci il “gruppo di Piano”:
- definisce le modalità di partecipazione e di coinvolgimento dei soggetti interessati ed il percorso idoneo a favorire la
partecipazione di tutte le risorse attive del territorio;
- raccoglie le informazioni secondo le indicazioni e le modalità definite nelle linee guida e nelle schede allegate;
- acquisisce dagli uffici regionali le informazioni e i dati in loro possesso, in relazione alle esigenze evidenziate da
ciascun territorio. In questa fase interviene anche il contributo informativo e di conoscenza dell’OREPS;
- elabora, sulla base delle informazioni raccolte, un rapporto di analisi che diventa la base conoscitiva dei bisogni e
delle risorse dell’ambito territoriale.
La Conferenza dei Sindaci, sulla scorta del rapporto di fase 2, definisce le priorità per il “gruppo di Piano” che formula
gli obiettivi.
Il “gruppo di Piano” elabora il Piano di zona sulla base degli indirizzi della Conferenza dei Sindaci, seguendo lo schema
tipo precedentemente indicato.
La conclusione del percorso di programmazione avviene con l’approvazione del Piano di zona da parte della Conferenza dei
Sindaci.
Il Piano di zona è adottato con accordo di programma quale atto di impegno per la prosecuzione del processo di programmazione
e la realizzazione degli obiettivi definiti nel Piano stesso. All’accordo di programma partecipano, oltre ai soggetti
titolari - Comuni, Regione e Azienda U.S.L. - anche le Comunità Montane e gli altri soggetti pubblici che hanno partecipato
alla redazione del Piano, nella misura in cui abbiano conferito proprie risorse e si siano resi corresponsabili
nell’attuazione.
L’accordo di programma è approvato con atto formale del Sindaco Presidente della Conferenza dei Sindaci (Legge regionale n.
54/98).
Intese, contratti e convenzioni sono stipulati con i soggetti del “terzo settore” ed altri soggetti privati coinvolti nella
programmazione e nell’attuazione del Piano di zona.
Il Sindaco Presidente della Conferenza dei Sindaci inoltra alla Regione il Piano di zona per la valutazione, che viene
realizzata dal “gruppo di coordinamento regionale per i Piani di zona”.
I Comuni che non adottano nei termini e nelle modalità stabilite dalle presenti “linee guida” i rispettivi Piani di zona sono
esclusi da tutti i finanziamenti previsti dalla Regione allo scopo.
Il “gruppo di piano” è istituito dalla Conferenza dei Sindaci dell’ambito territoriale ed è finalizzato alla redazione del
Piano di zona. È costituito da referenti designati dai soggetti responsabili della programmazione che operano nell’ambito
territoriale: Comuni, Distretto sociosanitario, Regione, Comunità Montana e altri soggetti pubblici e del terzo settore
presenti nel territorio.
Al proprio interno il “gruppo di Piano” individua un coordinatore ed una segreteria tecnica con sede operativa nel Comune o
nella Comunità Montana del Presidente della Conferenza dei Sindaci.
Il “gruppo di Piano” può avvalersi di eventuali collaborazioni professionali finalizzate a specifiche esigenze operative e di
approfondimento legate alla programmazione non presenti nel gruppo. Il “gruppo di Piano” tiene costantemente informata la
Conferenza dei Sindaci sulle attività svolte.
Sulla base delle indicazioni della Conferenza dei Sindaci, predispone il rapporto di analisi della situazione zonale dei
bisogni e dell’offerta e, tenendo conto delle priorità indicate, redige il Piano di zona da sottoporre per l’approvazione
della Conferenza stessa.
Il “gruppo di monitoraggio e coordinamento regionale dei Piani di zona” viene costituito dalla Regione ed è composto, oltre
che dai Dirigenti dei settori regionali interessati, anche dal Direttore di “area territoriale” della Azienda U.S.L. e da due
rappresentanti del CELVA.
Tale gruppo svolge una funzione di supporto alla Regione nelle attività di valutazione dei Piani. Collabora nelle fasi di
attribuzione di risorse e di valutazione di efficacia. Nello svolgimento di tali funzioni è garantita la consultazione dei
soggetti sociali di cui all’art. 1 comma 5 della Legge n. 328/00.
Il “gruppo di monitoraggio e coordinamento regionale” predispone un rapporto annuale sullo stato di attuazione dei Piani di
zona da presentare, alla Commissione consiliare competente, entro il mese di marzo di ogni anno, contestualmente alla
relazione sull’attività e sui risultati delle azioni di cui all’obiettivo 16, attività B.


Livelli essenziali delle prestazioni.
Gli obiettivi di azione sui bisogni e sul sistema di offerta potranno essere meglio conseguiti – con specifiche azioni
programmate per diverse aree di bisogno – nella misura in cui il Piano di zona si pone nell’ottica di governare i diversi
fattori costitutivi delle politiche sociali.
In tale prospettiva uno dei passaggi fondamentali consiste nella definizione degli interventi che, per ciascuna area di
bisogno, costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali, erogabili sotto forma di beni e servizi, secondo
requisiti fissati dalla programmazione zonale e regionale.
Tali livelli sono definiti tenendo conto dei contenuti indicati dal comma 2 dell’art. 22 della l. 328/2000, e cioè:
- misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito familiare e servizi di accompagnamento;
- misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci
di compiere gli atti propri della vita quotidiana;
- interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio, tramite il sostegno al nucleo familiare, l’inserimento
presso famiglie o strutture di accoglienza di tipo familiare;
- interventi per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;
- misure per il sostegno delle responsabilità familiari, per favorire l’armonizzazione del tempo di lavoro e di cura
familiare;
- misure di sostegno alle donne in difficoltà;
- interventi per la piena integrazione delle persone disabili;
- interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio;
- prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare dipendenze;
- interventi di informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per
promuovere forme di solidarietà reciproca.
I traguardi che il primo Piano di zona deve prefigurare nel breve-medio periodo sono pertanto rappresentati
dall’articolazione sul territorio di livelli di offerta per le aree di bisogno sopra indicate. Deve inoltre precisare e
quantificare le risposte descritte al comma 4 del medesimo art. 22, e cioè l’organizzazione e qualificazione del segretariato
sociale e del servizio sociale professionale, l’individuazione di risposte di pronto intervento sociale, l’articolazione
dell’offerta di servizi domiciliari, diurni e residenziali in modo omogeneo nel territorio.
Ciò potrà essere facilitato con sperimentazioni finalizzate a qualificare l’accesso unitario dei servizi, la progettazione
personalizzata degli interventi, la presa in carico integrata dei bisogni, la continuità assistenziale.
Tali sperimentazioni dovranno inoltre favorire azioni sistematiche di verifica e valutazione dei risultati.


Azioni di supporto.
La Regione accompagna con un adeguato supporto tecnico e informativo le diverse fasi di realizzazione dei processi
programmatori territoriali.
A questo fine realizza - in collaborazione con il CELVA - un percorso di accompagnamento che permetta, insieme alle “linee
guida”, una maggiore conoscenza da parte di amministratori e tecnici locali della legislazione sociale e sociosanitaria e
delle condizioni per attuare i Piani di zona.
La Regione, attraverso i propri uffici di settore, opera in modo da mettere a disposizione le informazioni - relative ai
bisogni e alle risorse - in suo possesso, in forma aggregata per area distrettuale.
La Regione garantisce inoltre, nella fase successiva all’emanazione delle “linee guida”, la realizzazione di percorsi di
aggiornamento e di formazione per gli operatori pubblici e del privato sociale, al fine di mettere ogni soggetto interessato
nelle condizioni di meglio collaborare in ragione del proprio ruolo e delle funzioni proprie nel percorso di programmazione
zonale.
L’apporto del “gruppo di coordinamento regionale per i Piani di zona”, in stretto rapporto con le Comunità Montane ed il
Comune di Aosta, favorisce un appropriato percorso di informazione e conoscenza.
Infine la Regione, per sostenere e incentivare azioni innovative e di riqualificazione del sistema di offerta, garantisce un
proprio apporto di risorse finanziarie in modo complementare ad analoghi investimenti degli Enti locali.
In particolare, il finanziamento regionale per la realizzazione del processo di programmazione consiste di:
- risorse gestite direttamente per le iniziative di accompagnamento del processo di programmazione;
- risorse per la messa a disposizione delle informazioni e delle conoscenze dei bisogni e dei servizi per ciascun ambito
territoriale;
- risorse, messe a disposizione degli ambiti territoriali, per la realizzazione del processo di programmazione attraverso
la Conferenza dei Sindaci, il gruppo di Piano e gli eventuali apporti professionali specifici che si rendessero
necessari;
- risorse per le funzioni del gruppo di coordinamento regionale per i Piani di zona.


ALLEGATO ALL’OBIETTIVO N. 25.
Estendere il regime dell’autorizzazione a tutte le strutture e le attività sanitarie e sociali, come garanzia del livello
qualitativo delle prestazioni, applicare e sviluppare il regime dell’accreditamento delle strutture, delle attività e dei
professionisti in ambito sanitario e sociale.
Il fabbisogno espresso di residenzialità nelle cure alla persona.
I parametri assistenziali.
I parametri fissati dalla programmazione nazionale per le regioni che hanno accesso ai finanziamenti statali per la sanità
prevedono entro il 2007 quanto segue:
• il contenimento del tasso di ospedalizzazione a 180 ricoveri ogni 1.000 abitanti;
• l’erogazione del 20% dei ricoveri con regimi di degenza diurna (day- surgery e day-hospital);
• un rapporto di 4,5 posti letto ogni 1.000 abitanti di cui 1 posto ogni 1.000 abitanti dedicato alla riabilitazione ed
alla lungodegenza.
Secondo i parametri fissati dalla programmazione nazionale, la Regione autonoma Valle d’Aosta evidenzia:
• un tasso di ospedalizzazione superiore a 180 ricoveri ogni 1.000 abitanti e pari a 200 ricoveri ogni 1.000 abitanti
(inclusa la mobilità sanitaria passiva ed esclusi i ricoveri presso la Casa di cura San Michele di Albenga);
• il rispetto del vincolo del 20% dei ricoveri in regime diurno rispetto al numero complessivo di ricoveri;
• il mancato rispetto del rapporto di 1 posto letto ogni 1.000 abitanti dedicato alla riabilitazione ed alla lungodegenza.
La necessità di realizzare un differente rapporto tra l’assistenza ospedaliera e quella residenziale territoriale è
strettamente correlata all’esigenza di contenere la mobilità sanitaria passiva, oltreché di migliorare le condizioni di
efficienza e di appropriatezza del sistema sanitario e sociale regionale.
I paragrafi che seguono contengono i principali punti di attenzione su cui orientare l’azione strategica e congiunturale
dell’Amministrazione regionale nel prossimo triennio.
L’offerta di residenzialità erogata presso strutture ospedaliere e territoriali regionali.
Nell’ambito dell’assistenza ospedaliera, l’offerta è risultata essere la seguente:


Tabella 1
Numero di ricoveri a residenti valdostani ovunque ricoverati, per regime, tipologia di ricovero ed anno. Valori assoluti e
tassi per 100.000 abitanti (anni 2002-2004).


In regione Ordinari 13.665 (70%) 13.350 (71,4%) 13.254 (59%) Diurni 5.852 (30%) 5.360 (28,6%) 5.477 (41%) Totali
19.517 (100%) 18.710 (100%) 18.731 (100%) Posti letto medi di degenza ordinaria 454,75 447,50 436,67 Posti letto
medi di degenza diurna 49,75 53,50 54,58 Fuori regione (fuga) Ordinari 3.311 3.539 3.576 Diurni 1.293 1.246
1.410 Outlier 48 61 50 Lungodegenti 12 6 7 Riabilitazione 311 327 370 Totale 4.975 5.179 5.413 Totale ai
residenti 24.492 23.889 24.144 Tasso di ospedalizzazione (senza fuga)* 162 155 155 Tasso di ospedalizzazione
Totale* 203 200 200
Per ricovero diurno si intende il day-hospital di tipo sia medico, sia chirurgico.
* calcolato sulla popolazione al 31.12.2001 di 120.909 abitanti.
Il triennio appena trascorso ha denotato quindi da un lato, una contrazione della domanda e, correlata ad essa, dell’offerta
di cure ospedaliere resein strutture regionali, dall’altro, un aumento di ricoveri inregime diurno, con una progressione più
rapida in Valled’Aosta rispetto a quanto indicato dai parametri nazionali per il2007.
Come indicato in premessa, il tasso di ospedalizzazione complessivo è oggi più alto dei parametri previsti a livello
nazionale per il 2007, mascorporando quanta parte del fabbisogno complessivo è statasoddisfatta entro i confini regionali e
quanta parte da strutturefuori regione, si osserva un tasso inferiore ai parametri nazionaliper il fabbisogno soddisfatto in
regione e un tasso superiore conl’inclusione dei ricorsi a strutture extra-regionali.
Dell’assistenza prestata nelle strutture ospedaliere regionali, i ricoveri ’outlier’, quelli cioè che superano la soglia di
degenza prevista per ogni DRG, sono stati suddivisi per fascia di età nel modo che segue:
Classi di età Dimessi 2003 Dimessi 2004 0-14 14 14 15- 64 88 94 Oltre 65 259 237 Totale 361 345
Da ciò si evince che nel 2003 il 71% e nel 2004 il 68% delle giornate dei ricoveri outlier è stata prodotta su anziani
ultrasessantacinquennicome indicatore indiretto di un fabbisogno di assistenza residenziale diversa da quella attualmente
prevista da una struttura per acuti.
Sul totale quindi delle unità organizzative ospedaliere, le giornate di degenzaprodotte dai casi ’outlier’ sono state:


Giornate di degenza Giornateoutlier Dimessi 2003 2004 2003 2004 2003 2004 Ospedale regionale 21.116 19.198 8.142 6.902 361
345
Tradotto in fabbisogno residenziale, le 6.902 giornate ’outlier’, se considerate a potenziale rischio di inappropriatezza,
producono una copertura di circa 20 posti letto.
Nell’ambito dell’assistenza territoriale, l’offerta di residenzialitàpubblica e privata a livello regionale è quella
descrittanella tabella 2.


Tabella 2.
Posti letto in strutture residenziali territoriali in Valle d’Aosta per distretto (anno 2006).


Assistenza socio-sanitaria in RSA (inclusa l’assistenza per malati del morbo di Alzheimer) Assistenza socio-sanitaria per
utenti psichiatrici Assistenza socio-sanitaria per utenti dipendenti da abuso di sostanze Assistenza socio-assistenziale per
anziani e per disabili Anni 2003 2006 2003 2006 2003 2006 2003 2006 Distretto 1 0 0 25 25 8 8 178 185 pubblico 0 0 0 0 0 0
113 120 privato 0 0 25 25 0 0 65 65 Distretto 2 0 20 0 8 40 40 412 417 pubblico 0 20 0 0 0 0 177 277 privato 0 0 0 8 40 40
235 140 Distretto 3 0 20 0 0 0 0 117 124 pubblico 0 0 0 0 0 0 52 59 privato 0 0 0 0 0 0 65 65 Distretto 4 11 11 0 10 0 0 217
242 pubblico 0 0 0 10 0 0 147 170 privato 11 11 0 0 0 0 70 72 TOTALE 11 51 25 43 48 48 924 968 P/L per 1.000 ab. 0,09 0,43
0,21 0,36 0,40 0,40 0,77 0,81
Rispetto alla disponibilità di posti letto in strutture residenziali registrata nel 2003, per fare fronte alla crescente
domanda di cure per le post-acuzie rilevata nell’ultimo triennio, l’Amministrazione regionale ha ampliato l’offerta
assistenziale sia in ambito sanitario sia in ambito sociale, mediante:
• l’apertura della residenza sanitaria assistenziale (RSA) di Antey- Saint-André e quella successiva di Aosta presso
l’Azienda pubblici servizi J. B. Festaz che hanno una capienza di venti posti letto ciascuna;
• l’incremento dell’offerta pubblica e privata accreditata per le cure psichiatriche;
• l’incremento di posti letto presso le strutture socio-assistenziali pubbliche e private per anziani da 924 a 968 ed il
contestuale avvio di un ampio programma di ristrutturazione e di ampliamento della capacità ricettiva delle strutture
pubbliche stesse.
Ne emerge pertanto che la riduzione delle giornate di degenza ordinaria nelle strutture ospedaliere di quasi il 5% ha avuto
come riscontro un incremento delle giornate di degenza nelle strutture residenziali socio-sanitarie e socio-assistenziali,
secondo un percorso che migliora l’efficienza e l’appropriatezza del sistema socio-sanitario regionale.
Tuttavia, una parte dell’assistenza di riabilitazione è ancora resa all’interno del percorso ospedaliero e non
sufficientemente con strutture dedicate e differenziate per tipologia e per intensità riabilitativa, soprattutto per gli
utenti ultrasessantacinquenni.
Anche il potenziamento e la valorizzazione dell’offerta regionale di cure a carattere termale, che trova citazione sia
nell’obiettivo 15 (azione 3), sia nel quadro di riferimento dell’obiettivo 28 con il richiamo alla legge regionale 26 maggio
1998, n. 38 e successive modificazioni, si configurerà come azione di contrasto alla mobilità extra-regionale offrendo, ad
esempio con il complesso sito nel comune di Saint-Vincent, non un centro termale senza caratterizzazioni in un mercato
nazionale già consolidato, quanto un’eccellenza regionale specifica, che unisce all’offerta turistica una capacità attrattiva
per residenti e turisti in materia di cura specializzata per patologie come quelle vascolari (secondo gruppo di diagnosi per
ricoveri fuori regione) e cardio-vascolari in particolare.
La valorizzazione del centro termale in un’ottica di ricerca e di cure specialistiche alla persona non in salute consente di
potenziare l’offerta territoriale di residenzialità nelle cure in una concezione, diversa da quella tradizionale, di salute
non solo intesa come assenza di malattia, ma anche e soprattutto di benessere in presenza di malattie per le quali risulta
doveroso ricercare la migliore qualità di vita.
L’offerta di residenzialità erogata presso strutture ospedaliere e territoriali extra-regionali.
Per valutare correttamente quanta parte del fabbisogno di residenzialità nelle cure ospedaliere e territoriali dovrà trovare
risposta entro i confini regionali, fatta sempre salva la libertà di scelta di ogni individuo e quanto già previsto dal
presente Piano, è sufficiente valutare la tipologia di cure ora prestate ai residenti fuori regione.
ANNI FUGA Valore Assoluto Variazione Valore Assoluto Variazione Valore % 1997 4.159 *** *** 1998 4.640 481 11,57% 1999
4.848 208 4,48% 2000 4.998 150 3,09% 2001 4.991 -7 -0,14% 2002 4.975 -16 -0,32% 2003 5.179 204 4,1% 2004 5.413 234 4,52%
Nell’anno 2004, relativamente ai DRG chirurgici, i ricoveri di cittadini residenti effettuati da strutture extraregionali
sono stati 3.145 (2.924 nel 2003), mentre, relativamente ai DRG medici, i ricoveri di cittadini residenti effettuati da
strutture extraregionali sono stati 2.172 (2.150 nel 2003).
L’analisi per tipologia di cure può essere condotta anche attraverso lo studio delle macro-categorie di diagnosi che hanno
portato ad un ricovero fuori regione, come illustra la tabella che segue.


Tabella 3.
Numero di ricoveri di residenti fuori regione per le prime tre macro-categorie di diagnosi (MDC). Valori assoluti e
percentuali (anni 2002-2004).


MDC 2002 2003 2004 Percentuale sulla fuga Codice 08 1.191 1.419 1.548 27 % Codice 05 549 554 669 11 % Codice
01 403 409 428 8 % Tutti i codici 4.975 5.179 5.413 100 %
08 = malattie e disturbi dell’apparato muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo;
05 = malattie e disturbi dell’apparato circolatorio;
01 = malattie e disturbi del sistema nervoso.
Ferme restando le cause di ricovero imputabili alle c.d. ’alte specialità’, le patologie ascrivibili alle tre grandi aree, su
cui peraltro verte buona parte dell’attività riabilitativa, costituiscono circa il 40% della mobilità extra-regionale ed è
pertanto evidente che l’offerta futura di assistenza può collocarsi entro queste aree di bisogno assistenziale.
In particolare le prestazioni di riabilitazione erogate fuori regione, a residenti valdostani, ammontano ad oltre il 7% di
quelle complessive e la componente più rilevante, che attiene l’apparato muscolo-scheletrico, è stata ulteriormente indagata.
Nel 2004, in base alle degenze con almeno un codice di procedura per prestazione di fisioterapia muscolo-scheletrica, su un
totale di 5.413 ricoveri, ben 315, pari al 5,8%, presentavano questo requisito indicativo di fabbisogno riabilitativo,
prestato ad una popolazione che per il 54,6%, pari a 172 ricoveri, è costituita da anzianicon un’età maggiore o uguale a 65
anni.
L’assistenza riabilitativa ospedaliera è inoltre integrata dall’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta che, annualmente,
acquisisce - mediante un apposito accordo contrattuale con la Casa di cura San Michele di Alberga - circa 11.000 giornate di
degenza ospedaliera. Il numero potenziale di pazienti annui oscilla tra le 650 e le 730 unità ed i posti letto riservati a
residenti valdostani risultano pari a circa 30.
Per completare il quadro di riferimento dell’assistenza resa in strutture residenziali fuori regione, si rammenta che ancora
36 utenti valdostani sono ospitati in centri per le cure psichiatriche, per un numero complessivo di giornate di assistenza
pari a circa 13.000 all’anno e che, da un recente studio concluso dal tavolo di lavoro interdisciplinare sulle problematiche
del bisogno di residenzialità delle persone anziane, da cui è scaturita una proposta tecnica per la definizione di standard
strutturali e gestionali dei servizi e delle attività ad esse connesse, è emerso che il fabbisogno tendenziale di assistenza
residenziale sarà di circa 1.400 posti letto entro il 2010.
La futura domanda di assistenza residenziale per le persone anziane siaggiunge a quella già espressa e non soddisfatta in
regione.
Complessivamente il gruppo (coorte) dei beneficiari era composto da 195 individui e l’arco temporale lungo il quale è stata
osservata la storia di questi casi (finestra di osservazione) è stato esteso a tutto il 2003.


ALLEGATO 2
CRONOPROGRAMMA DEGLI OBIETTIVI DEL PIANO REGIONALE PER LA SALUTE ED IL BENESSERE SOCIALE 2006-2008


Numero obiettivo
Descrizione dell’obiettivo
Lettera attività Descrizione dell’attività Tempi
I° semestre 2006
II° semestre 2006
I° semestre 2007
II° semestre 2007
I° semestre 2008
II° semestre 2008
Oltre 2008


Annotazioni
n. 1 Garantire lo sviluppo della conoscenza dei bisogni di salute e di benessere sociale, con particolare riguardo
all’analisi delle disuguaglianze di salute e dei loro determinanti A Consolidamento dell’osservazione epidemiologica 1.
effettuare la revisione del Piano di attività e della Rete dei referenti regionali in conformità con gli obiettivi previsti
dal presente Piano per la salute ed il benessere sociale 2006-2008;
2. sviluppare nuove competenze professionali per l’uso integrato dei dati e la loro valorizzazione epidemiologica anche
attraverso la predisposizione di percorsi formativi;
3. provvedere alla progettazione e alla realizzazione di interventi minimi di correzione dei sistemi informativi sanitari
necessari a studiare, monitorare e valutare il problema dell’equità nella salute;
4. individuare politiche ed interventi (reddito, lavoro, ambiente e welfare) che hanno mostrato, in contesti diversi da
quello regionale, la loro efficacia nel ridurre le disuguaglianze nella salute e nell’accesso ai servizi e la conseguente
presentazione ai diversi livelli di responsabilità tecnica e politica di un programma di intervento per l’equità nella salute
e nella sanità;
6. Sviluppare, in collaborazione con la rete dei referenti regionali, un’attività di epidemiologica pediatrica, con
particolare attenzione alle patologie neuropsichiatriche
5. effettuare analisi geografiche di dati sulla salute e sull’offerta di servizi, con particolare attenzione alle
problematiche correlate alla salute nelle zone di montagna;
7. pianificare iniziative di comunicazione dei risultati dell’indagine epidemiologica e lo sviluppo di competenze in materia
di comunicazione del rischio, con particolare attenzione ai temi della salute nelle zone di montagna;
B Sviluppo dell’osservazione sociale 1. arruolare nuovi ulteriori indicatori rispetto a quelli già individuati relativi
all’attività, sempre più orientati alla valutazione dei processi e degli esiti; 2. consolidare l’attività editoriale
dell’Osservatorio per le Politiche sociali con la pianificazione programmata di una serie di pubblicazioni in materia di
politiche sociali sia a carattere generale, sia di carattere tematico, come ad esempio quello già avviato sulle problematiche
della famiglia e della disabilità, effettuando altresì indagini con strumenti di rilevazione ad hoc;
3. supportare la creazione e la razionalizzazione dei flussi informativi di settore, anche in un’ottica integrata sociale e
socio-sanitaria; 6. sviluppare competenze in materia di comunicazione, nonché la pianificazione di cicli di presentazione dei
risultati differenziati in base al loro recepimento in documenti tecnico-organizzativi o politico-programmatori. 5.
costituire ed avviare una rete di referenti stabile regionale che partecipi alla identificazione dei nuovi bisogni
conoscitivi, alla progettazione dei relativi interventi di rilevazione delle informazioni e alla lettura ed interpretazione
dei risultati nei diversi ambiti di competenza;
4. promuovere una cultura fondata sull’osservazione istituzionale come momento irrinunciabile della programmazione e della
valutazione delle politiche e degli interventi in ambito sociale anche mediante attività formativa;
n. 2 Estendere l’osservazione epidemiologica ai determinanti di tipo ambientale UNICA Istituzionalizzazione dell’osservazione
epidemiologica ambientale
2. formulare una proposta, condivisa con i referenti dell’ARPA della Valle d’Aosta, dell’OREPS e dell’Azienda U.S.L., per la
definizione e l’attribuzione regionale delle competenze in materia di epidemiologia ambientale;
3. avviare un percorso formativo dedicato, anche in collaborazione con altre Agenzie per la Protezione dell’Ambiente;
1. consolidare le attuali forme di collaborazione per la progettazione di competenze di epidemiologia ambientale in Valle
d’Aosta;
7. favorire il graduale e progressivo inserimento del referente regionale di epidemiologia ambientale nelel reti
specialistiche nazionali;avviare un percorso formativo dedicato, anche in collaborazione con altre Agenzie per la Protezione
dell’Ambiente;
4. supportare la progettazione di una piattaforma informativa corrente comune ai due ambiti disciplinari (salute ed
ambiente);
5. sviluppare sistemi informativi integrati di natura sanitaria ed ambientale, nonché di comuni metodologie di analisi ed
interpretazione dei risultati;
6. supportare l’individuazione e la definizione di indicatori regionali di salute sensibili agli obiettivi di qualità
ambientale in accordo con l’ARPA della Valle d’Aosta;
n. 3 Razionalizzare l’organizzazione delle attività di prevenzione e di promozione della salute UNICA Sviluppo della
distrettualizzazione delle attività e revisione dei compiti del Dipartimento di Prevenzione
1. completare l’intervento di revisione delle attività del Dipartimento di Prevenzione allo scopo di identificare, catalogare
e valutare le attività di prevenzione in corso, promuovere l’adozione delle sole pratiche di provata efficacia;
2. ridefinire il modello organizzativo del Dipartimento di prevenzione attraverso l’aggiornamento della normativa regionale
di riferimento e una distrettualizzazione delle sue attività che individui figure referenti che partecipano al Piano nelle
attività distrettuali e rispondono a specifiche necessità del territorio di riferimento;
3. potenziare a livello centrale la capacità di progettazione e indirizzo di attività di prevenzione efficaci attraverso
interventi di formazione e implementazione di progetti pilota come quello dello “Sportello unico” della Prevenzione e
l’attuazione dei registri per le cause di morte o per patologie;
4. progettare l’unificazione logistica delle attività centralmente svolte dal Dipartimento di Prevenzione;
5. sviluppare, in rete con l’Osservatorio epidemiologico regionale e per le politiche sociali (OREPS), le attività di
osservazione epidemiologica clinica e ambientale;
n. 4 Promuovere programmi di prevenzione primaria per la promozione della salute e per la tutela dai rischi UNICA Promozione
di corretti stili di vita
1. realizzare interventi, centrati su fasce di popolazione definite anche sulla base di dati riguardanti le disuguaglianze
sociali, che si pongano come obiettivo primario la modifica degli stili di vita e delle condizioni ambientali, con
particolare riferimento a campagne di informazione e di formazione riguardanti: * i percorsi nascita e le campagne vaccinali
rivolti in particolare alla popolazione immigrata e svantaggiata * le abitudini alimentari ed il modificarsi delle esigenze
nutrizionali dipendenti dai momenti e dal progredire della vita con particolare riferimento al periodo gestazionale ed
all’età evolutiva * l’importanza di un’attività fisica corretta, continua ed adeguata all’età, intevenendo sia sulla
popolazione sia sugli attoti del mondo dello sport amatoriale, agonistico e pre-agonistico e della scuola * il contenimento
delle abitudini voluttuarie errate (tabagismo, alcolismo) attraverso lo sviluppo e la diffusione territoriale di strumenti di
sostegno del singolo (ambulatori specifici, attività territoriali sanitarie e sociali) e di azioni mirate a popolazioni di
giovani e giovani adulti; * il contenimento dei comportamenti a rischio nelle carceri.
Azione 1) I piani di prevenzione e promozione della salute specificheranno i singoli interventi annuali 1. realizzare
interventi, centrati su fasce di popolazione definite anche sulla base di dati riguardanti le disuguaglianze sociali, che si
pongano come obiettivo primario la modifica degli stili di vita e delle condizioni ambientali, con particolare riferimento a
campagne di informazione e di formazione riguardanti: * i percorsi nascita e le campagne vaccinali rivolti in particolare
alla popolazione immigrata e svantaggiata * le abitudini alimentari ed il modificarsi delle esigenze nutrizionali dipendenti
dai momenti e dal progredire della vita con particolare riferimento al periodo gestazionale ed all’età evolutiva *
l’importanza di un’attività fisica corretta, continua ed adeguata all’età, intervenendo sia sulla popolazione sia sugli
attori del mondo dello sport amatoriale, agonistico e pre-agonistico e della scuola * il contenimento delle abitudini
voluttuarie errate (tabagismo, alcolismo) attraverso lo sviluppo e la diffusione territoriale di strumenti di sostegno del
singolo (ambulatori specifici, attività territoriali sanitarie e sociali) e di azioni mirate a popolazioni di giovani e
giovani adulti; * il contenimento dei comportamenti a rischio nelle carceri;
2. realizzare interventi di formazione per gli operatori sanitari e sociali volti a : * saper interpretare correttamente il
proprio fondamentale ruolo preventivo; * · saper distinguere gli interventi di prevenzione primaria da quelli di prevenzione
secondaria (diagnosi precoce); *· saper direttamente promuovere la salute; *· saper valutare l’efficacia degli interventi di
prevenzione;
3. realizzare interventi di comunicazione al pubblico, in alcune manifestazioni patrocinate dall’Ente pubblico, in setting
definiti (supermercati, scuole, servizi sanitari, ecc.) e di educazione sanitaria a gruppi definiti di popolazione;
4.avviare il servizio di medicina sportiva a gestione diretta dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta;
9. promuovere programmi per la sorveglianza e la riduzione dell’obesità infantile. 5. realizzare confronti, analisi e studi
per sviluppare proposte riferite al problema dell’educazione alla salute nell’Arco alpino, avendo cura di individuare le
caratteristiche simili, uguali, parallele tra le regioni coinvolte; 6. valutare, in base alle risorse disponibili, la
possibilità dell’inserimento di livelli di assistenza aggiuntivi nell’ambito della medicina scolastica; 8. sostenere le
associazioni di mutuo aiuto nell’ambito degli alcoolisti anonimi. 7.introdurre il monitoraggio del fenomeno del tabagismo e
dell’alcoolismo, così da valutarne l’entità e definirne, in prospettiva, le percentuali di diminuzione da perseguire;
n. 5 Promuovere la salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro, nonché la prevenzione degli incidenti domestici A
Prevenzione dell’infortunistica sul lavoro 1. costruire le mappe di rischio regionali per comparto e per gravità;
Azione 4) I piani di prevenzione e promozione della salute specificheranno i singoli interventi annuali
2. definire, in stretto coordinamento con il Dipartimento di Prevenzione dell’U.S.L. e l’I.N.A.I.L. Valle d’Aosta, un piano
preventivo regionale mirato ad una tutela della salute nei luoghi di lavoro che moduli efficacemente i vari strumenti della
prevenzione (educazione e formazione, gestione del rischio, repressione, ecc.);
3. realizzare il piano e verificare i risultati ottenuti;
4. sviluppare, anche in collaborazione con l’A.R.P.A. Valle d’Aosta, iniziative di promozione della salute e di prevenzione
dei rischi da esposizione a raggi UV con particolare riferimento ai comportamenti da adottare in relazione all’esposizione al
sole sia lavorativa sia extralavorativa, all’uso inadeguato dei mezzi di protezione ed al controllo periodico della propria
pelle;
5. migliorare la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati, in particolare quello relativo agli ambienti
di lavoro in cui è previsto l’utilizzo di agenti chimici;
B Prevenzione degli incidenti domestici 1. monitorare il fenomeno attraverso il Pronto Soccorso e il DEA aggiungendo un
supplemento d’informazioni (non tradizionalmente raccolte dal Pronto Soccorso) come da protocollo SINIACA dell’Istituto
Superiore di Sanità ed integrare queste informazioni con altri sistemi informativi correnti (SDO, mortalità);
2. Avviare una campagna di informazione mirata ai soggetti più a rischio, per sensibilizzare sulle potenziali fonti di
rischio all’interno delle mura domestiche;
3. Promuovere un Tavolo di lavoro coinvolgente i seguenti soggetti: Assessorato Lavori Pubblici, il competente servizio
dell’Azienda U.S.L., l’INAIL, l’ISPEL, i rappresentanti degli Enti Locali, gli ordini professionali, nonché altri soggetti
interessati, al fine di analizzare le problematiche concernenti la prevenzione degli incidenti domestici e di programmare
linee di intervento;
n. 6 Garantire la sicurezza degli alimenti conformemente alle indicazioni della normativa comunitaria e sostenere il
miglioramento qualitativo delle produzioni tradizionali A Responsabilizzazione dei produttori alimentari 1. favorire la
sperimentazione in campo delle modalità di gestione della documentazione obbligatoria per le aziende agricole e gli
allevamenti di bovini ed ovicaprini;
3. definire e formalizzare a livello regionale un elenco di medici veterinari e di agronomi e periti aziendali;
4. favorire la preparazione e applicazione di manuali di buone prassi igieniche nelle aziende agricole e negli allevamenti
2. consolidare la capacità di gestione dei piani di autocontrollo aziendale da parte degli operatori alimentari anche
attraverso la attenta valutazione da parte del Dipartimento di prevenzione della loro formazione ed aggiornamento
professionale;
5. favorire la preparazione di manuali di buone prassi igieniche da applicarsi da parte degli operatori che intervengono
sulla filiera dei prodotti aventi denominazione di origine protetta (DOP) o tradizionali, comprendendo anche la fase di
somministrazione. B Sviluppo del sistema di analisi del rischio
2.provvedere ad una nuova organizzazione del sistema informativo veterinario mediante la definizione dei flussi di dati,
l’integrazione con i dati provenienti dall’Assessorato competente in materia di agricoltura, dall’IZS e dall’ARPA;
1. provvedere ad una nuova organizzazione dell’anagrafe dei produttori di alimenti unificando le anagrafi esistenti;
3. costituire un Comitato Regionale per la Sicurezza Alimentare con il compito di effettuare la valutazione del rischio
alimentare;
5. adottare da parte del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta piani di controllo ufficiale
degli alimenti adeguati alle indicazioni fornite dal Comitato regionale per la sicurezza alimentare;
4. formulare un piano di allerta alimentare rapido compatibile con quello nazionale;
6. verificare mediante auditing l’efficacia dei controlli espletati dai servizi del Dipartimento di Prevenzione;
7. provvedere all’impostazione di un sistema di comunicazione del rischio con la partecipazione dei cittadini attraverso le
associazioni di categoria dei produttori e dei consumatori e la pubblicazione sul sito regionale e sui siti messi a
disposizione dalle associazioni dell’esito dei controlli ufficiali effettuati;
n. 7 Contrastare le principali cause di morte per malattia presenti nella popolazione, con particolare riguardo alle
patologie cardiovascolari, cerebrovascolari ed ai tumori A Realizzazione di programmi di prevenzione primaria e secondaria 1.
realizzare programmi integrati Azienda U.S.L., associazioni ed Enti locali per una adeguata educazione e formazione nel campo
nutrizionale; I piani di prevenzione e promozione della salute specificheranno i singoli interventi annuali
2. realizzare interventi di sensibilizzazione e promozione per l’adozione di corretti stili di vita indirizzati di specifici
gruppi di popolazione;
3. realizzare programmi di educazione sanitaria rivolti a modificare lo stile di vita di pazienti a rischio e dei familiari
in collaborazione con medici di medicina generale (MMG), i pediatri di libera scelta (PLS) e gli specialisti ospedalieri e
territoriali;
4.migliorare le conoscenze dei rischi legati al fumo da tabacco attivo e passivo soprattutto per le persone a maggior
rischio (bambini, donne in gravidanza, persone che soffrono di patologie respiratorie) e promuovere azioni di contrasto volti
a limitare o impedire l’iniziazione al fumo degli adolescenti e del sesso femminile;
B Sviluppo ed attivazione di programmi di screening
1. effettuare una campagna regionale di sensibilizzazione e promozione dello screening del colon-retto, di estensione e
miglioramento dei programmi di screening dei tumori femminili e di rafforzamento dei messaggi preventivi sia sulla
popolazione sia sugli operatori sanitari; L’azione 3 deve essere propedeutica all’azione 2
2.attivare e sviluppare lo screening del colon-retto;
3. consolidare i modelli di gestione integrata degli screening;
4. attivare il Registro dei tumori;
n. 8 Potenziare i rapporti tra ospedale e territorio e rendere effettivi la continuità assistenziale e lo sviluppo
dell’organizzazione unitaria dei servizi basata sul distretto A Sviluppo dell’integrazione tra ospedale e territorio 1.
completare le modalità di erogazione delle cure per profili di assistenza sanitaria anziché per competenze, così da
assicurare il rispetto della vera centralità dell’utente; L’azione 5 è correlata all’approvazione degli accordi regionali per
la medicina primariaL’azione 1 è propedeutica alla 2.
2. definire ed applicare modelli organizzativi integrati sia dipartimentali sia distrettuali;
3.definire le modalità di valutazione multidimensionale e multiprofessionale dell’utente che consentano la corretta e
completa rilevazione dell’insieme dei suoi bisogni;
4.definire ed applicare le modalità di lavoro in équipe territoriali - articolate su base distrettuale - che vedano la
presenza di tutte le professionalità (cliniche, specialistiche, organizzative, sociali), necessarie a garantire
l’indispensabile continuità di assistenza;
5. realizzare attività formative per sostenere la fase di transito verso un modello stabile di assistenza distrettuale
sinergico con l’assistenza ospedaliera e complementare ad essa nelle medesime aree;
6. provvedere al continuo aggiornamento ed allo sviluppo del sistema informativo, delle basi dati, della comunicazione
interprofessionale ed intraprofessionale, interistituzionale e intraistituzionale;
7. prevedere ed attuare forme di coinvolgimento dei rappresentanti degli enti locali in ordine alla programmazione
distrettuale delle attività;
B Potenziamento delle attività dell’area materno-infantile
1. individuare modalità per potenziare l’integrazione tra gli specialisti ospedalieri e gli specialisti territoriali ed i
pediatri di libera scelta;
2. implementare il progetto per l’allattamento al seno; 3. consolidare il “percorso nascita” dando particolare rilievo alla
valenza preventiva e di sostegno al ruolo genitoriale; 4.sviluppare l’attività di informazione e prevenzione
dell’interruzione volontaria di gravidanza, nell’ambito del “percorso nascita”, con particolare riferimento alla popolazione
immigrata;
5. analizzare, mediante il Dipartimento materno-infantile ed ai fini di un eventuale aggiornamento, il modello funzionale ed
organizzativo della rete dei consultorio sul territorio;
6. pubblicizzare e valorizzare il ruolo specifico delle ostetriche nel percorso della gravidanza fisiologica nei Consultori
stessi;
C Riduzione delle liste di attesa e potenziamento dei percorsi di cura
1. definire i principali percorsi assistenziali connessi ai bisogni;
L’azione 1 è concomitante con l’azione 1 dell’obiettivo 8 attività L’azione 1 è propedeutica alla 2
L’azione 1, 2 e 3 sono consequenziali e soggette a progressivo aggiornamento
2. determinare conseguentemente i fabbisogni di prestazioni sanitarie e sociali; 3. declinare i fabbisogni all’interno dei
piani annuali attuativi con le varie entità gestionali accreditate; 4. coinvolgere nel sistema premiante tutte le componenti
sanitarie operanti nel SSR;
5. istituire un tavolo di monitoraggio regionale delle liste di attesa che veda integrare anche il Difensore Civico, il
CELVA, le organizzazioni di tutela maggiormente rappresentative, il coordinamento dei servizi di volontariato;
6. realizzare la formazione specifica degli operatori in tema di Medicina ed Assistenza basate sulla Evidenza Scientifica;
7. ampliare il conferimento delle prestazioni diagnostiche, di visite e di ogni altra attività medico chirurgica nel sistema
informatizzato del CUP e nel contempo studiare nuove modalità di prenotazione avvalendosi della tecnologia internet nonché
del collegamento informatizzato con la rete dei medici di medicina generale;
n. 9 Sviluppare l’assistenza primaria, la medicina specialistica territoriale e le cure palliative e monitorare l’assistenza
farmaceutica
A Aggiornamento del modello di assistenza primaria 1. provvedere alla revisione ed all’applicazione di un modello
organizzativo distrettuale che sviluppi prioritariamente forme associative e di medicina di gruppo capaci di integrare
l’attività dei singoli, così da ampliare quantitativamente e qualitativamente l’assistenza primaria con il coinvolgimento
degli specialisti e della continuità assistenziale, anche attraverso forme aggregative che avranno modo e diritto di
partecipare alle attività distrettuali ed in particolare alla definizione dei modelli organizzativi, all’individuazione dei
meccanismi di programmazione e controllo, alla definizione degli obiettivi di budget;
L’azione 1 è correlata all’approvazione degli accordi regionali per la medicina primaria (vedi anche azione 2)
2. definire gli accordi regionali connessi alle CNU con particolare attenzione alle esigenze della qualità della continuità
di cure ed all’assistenza delle zone più periferiche; 3. definire nuove modalità di collaborazione tra MMG, PLS, MCA e
specialisti ambulatoriali in relazione alla continuità delle cure che consentano alla continuità assistenziale migliori
condizioni di lavoro e più stretto rapporto con loro colleghi e con i rispettivi assistiti;
4. definire percorsi formativi sia specifici che comuni rivolti ai medici di medicina generale, di continuità assistenziale,
specialisti e pediatri operanti sul territorio favorendo l’integrazione tra ospedale e territorio;
6. predisporre una nuova modalità di verifica delle condizioni economiche dei destinatari delle livelli regionali aggiuntivi
di assistenza sulla base dell’IRSE;
5. individuare ogni utile iniziativa per l’assunzione nei ruoli del Servizio sanitario regionale del personale medico
convenzionato per l’espletamento dell’emergenza sanitaria territoriale; 7. predisporre, congiuntamente con l’Azienda USL, uno
studio per la revisione delle attuali modalità di erogazione delle protesi odontoiatriche, con approfondimento sulle modalità
e proiezione dei costi ipotetici;
B Monitoraggio dell’assistenza farmaceutica e della sua appropriatezza 1. definire modalità di monitoraggio della spesa
farmaceutica ospedaliera, convenzionata, diretta e per conto; 2. definire un set minimo di indicatori per la raccolta delle
informazioni necessarie a descrivere in modo quali-quantitativo il consumo dei farmaci e la relativa spesa farmaceutica,
distinta nelle varie aree in cui essa si realizza (ospedaliera, territoriale, diretta, per conto e convenzionata); L’azione
2 è collegata con la 2 dell’obiettivo 8 attività AL’azione 5 è propedeutica alla 4 3. provvedere alla formazione ed al
supporto degli operatori coinvolti per quanto attiene alla raccolta e al confronto delle informazioni relative alle modalità
di assistenza dei pazienti; C Prosecuzione delle pratiche riconducibili alle medicine non convenzionali.
1.provvedere all’analisi degli esiti delle sperimentazioni avviate nel settore delle medicine non convenzionali, consolidando
le branche che hanno avuto riscontro di una positiva risposta rispetto ai fabbisogni della popolazione; 2. istituire un
gruppo di lavoro che verifichi l’evoluzione dell’evidenza scientifica nel settore delle medicine non convenzionali, che
predisponga un rapporto finalizzato alla conferma e/o all’ampliamento dell’offerta sanitaria valdostana in tale settore;
D Sviluppo delle cure palliative, della terapia del dolore e degli interventi assistenziali nella fase finale della vita.
1. Realizzare un sistema regionale a rete per le cure palliative finalizzato all’integrazione degli interventi professionali
e solidaristici offerti negli ambiti assistenziali domiciliari, ospedalieri e residenziali ed alla implementazione di una
loro adeguata offerta su tutto il territorio regionale;
2. coinvolgere il medico di medicina generale nei processi assistenziali;
3. predisporre un livello efficiente di interventi di controllo del dolore e degli altri sintomi, integrando gli interventi
nelle attività relative al Progetto regionale per l’ospedale senza dolore;
4. integrare la rete sanitaria con quella socio-assistenziale;
5. coinvolgere le organizzazioni no profit, in particolare le organizzazioni di volontariato. n. 10 Sostenere e
monitorare la qualità e la specificità del sistema di emergenza e urgenza sanitaria UNICA Monitoraggio dell’attività del
sistema di emergenza e urgenza sanitaria, finalizzato al miglioramento dell’appropriatezza delle prestazioni
1. Il sistema di emergenza regionale deve essere concepito come un’unica entità operativa superando la dicotomia attuale fra
componente territoriale e ospedaliera e prevedendo la massima rotazione del personale sanitario;
2. devono essere identificate soluzioni contrattuali professionali che tendano a ridurre il turnover dei medici del sistema
privilegiando il più possibile soluzioni contrattuali stabili, possibilmente di dipendenza a tempo indeterminato;
3. deve essere rivista l’organizzazione della Centrale operativa inserendola nella istituenda Centrale unica regionale;
4. deve essere intrapresa la riorganizzazione della continuità assistenziale integrandola completamente nelle attività
dell’assistenza primaria distrettuale ed identificando un sistema informativo informatizzato unico per tutto il sistema di
emergenza che comprenda la gestione della chiamata di soccorso, del dispatch e delle attività territoriali (ambulanza,
elicottero, PPS);
n. 11 Potenziare attività di assistenza domiciliare, semi-residenziale e residenziale alternative al ricovero, mediante
processi di integrazione fra servizi sanitari e sociali
A Sviluppo di servizi domiciliari, semi-residenziali e residenziali in un contesto di rete tra servizi sanitari e sociali 1.
provvedere alla definizione ed all’estensione al territorio regionale di modalità uniformi di accesso ai servizi domiciliari,
semiresidenziali e residenziali, sulla base della valutazione multiprofessionale e multidimensionale dei bisogni sanitari e
sociali dell’utente garantendo l’integrazione dei servizi sanitari territoriali con quelli socio-assistenziali gestiti dagli
enti locali, a vantaggio di tutta la popolazione adulta;
L’azione 1 è correlata con l’azione 4 dell’obiettivo 8 attività A
L’azione 3 è correlata con l’azione 2 dell’obiettivo 8 attività A
L’azione 2 è correlata con l’azione 3 dell’obiettivo 8 attività A 2. attuare la pianificazione a livello di singolo Distretto
delle attività e prestazioni sanitarie erogabili senza il ricorso alla struttura ospedaliera;
7. realizzare nel capoluogo o nelle sue immediate vicinanze, una sede di RSA per attività sia di riabilitazione che di
assistenza post-acuta, anche mediante il ricorso ad accordi contrattuali con strutture esistenti opportunamente accreditate;
3. effettuare il monitoraggio, a livello di singolo Distretto della razionalizzazione dei percorsi assistenziali;
4. estendere il servizio di Assistenza domiciliare integrata sull’intero territorio regionale, a seguito della positiva
sperimentazione svoltasi nel Comune di Aosta;
5. potenziare la centrale operativa telematica integrata unica con funzioni di supporto all’ADI;
6. qualificare il mercato privato relativo all’offerta del servizio di assistenza domiciliare attraverso specifiche azioni
formative e di accreditamento e, allo stesso tempo, orientare e sostenerne la domanda, anche tramite l’erogazione di
contributi economici rapportati alla capacità di spesa delle famiglie e all’effettività della spesa sostenuta;
8. definire un nuovo modello organizzativo di strutture semiresidenziali e residenziali per persone anziane caratterizzato da
tre livelli di strutture finalizzate ai bisogni e alle patologie delle persone anziane; 10. prevedere l’attivazione in Aosta
di un nucleo residenziale per la cura del morbo di Alzheimer;
9. avviare - non appena ultimata la struttura - il servizio residenziale per la cura dei malati terminali (Hospice);
n. 11 B Sviluppo e consolidamento dei servizi territoriali per la salute mentale 1. attuare, tramite specifici protocolli
di collaborazione, interventi di prevenzione mirati alla individuazione nella popolazione giovanile, soprattutto
adolescenziale, dei soggetti, delle culture e dei contesti a rischio;
2. portare a conclusione la realizzazione delle strutture assistenziali residenziali differenziandone i programmi, anche con
il fine di poter riaccogliere i cittadini valdostani attualmente ospitati in strutture specialistiche site fuori dalla
regione;
3. attivare strutture per la realizzazione di programmi di assistenza diurna;
4. sostenere la nascita ed il funzionamento di gruppi di mutuo aiuto di familiari e di pazienti e di cooperative sociali, con
finalità di inserimento lavorativo;
C Sviluppo della rete dei servizi per le dipendenze patologiche 1. promuovere la formazione integrata degli operatori
pubblici e privati, che sia coerente con i nuovi bisogni ed i nuovi obiettivi;
2.qualificare e adeguare l’offerta assistenziale e, ove necessario, riconvertire le strutture terapeutico-riabilitative per
una migliore risposta ai bisogni emergenti quali: gestione doppia diagnosi, alcolismo, nuove dipendenze (droghe di sintesi,
gioco d’azzardo, ecc..);
5. mettere in rete le informazioni e i dati prodotti in materia di dipendenza, devianza e disagio potenziando la raccolta
informatizzata dei dati anche in conformità agli indicatori fissati a livello europeo al fine di aumentare la conoscenza
epidemiologica sul fenomeno;
3. adottare modalità operative e collaborazioni continuative, condivise tra i vari soggetti coinvolti al fine di potenziare
le opportunità di reinserimento sociale, lavorativo ed abitativo;
4.individuare e definire una rete regionale integrata di servizi dedicata ai soggetti con problemi alcol-correlate per la
prevenzione, la diagnosi, la cura e la riabilitazione;
D Miglioramento della rete dei servizi per la tutela della salute dei detenuti
1. effettuare interventi di offerta attiva per la tutela della salute mentale (anche attraverso l’utilizzo di mediatori
culturali);
2. Prevenire e ridurre le malattie infettive (miglioramento delle condizioni igieniche ambientali e personali), la
tossicodipendenza e le forme di autolesionismo;
3. offrire supporto specifico ai detenuti immigrati (mediazione culturale);
4.realizzare percorsi socio-assistenziali per il reinserimento (accordi Azienda U.S.L., Comuni, Agenzia del Lavoro,
sindacati, volontariato, ecc..) n. 12 Sviluppare l’attività di lungoassistenza e l’attività di riabilitazione intensiva
secondo la logica di rete integrata di servizi alla persona UNICA Miglioramento dell’offerta assistenziale nei settori della
riabilitazione e della lungodegenza 1. definire con chiarezza gli ambiti ed i limiti dell’assistenza post-acuta nei confronti
dell’acuzie da un lato e delle cronicità dall’altro, giustificando percorsi coerenti e modelli di evidenza clinica
misurabili; Per quanto riguarda il 2006 l’azione 3 si riferisce all’apertura e consolidamento dell’attività della
RSA di Aosta.
2. analizzare il sistema attraverso flussi informativi oggettivi e coerenti atti a valutare quale sia il miglior modello
organizzativo intermedio in attesa dell’ammodernamento delle strutture ospedaliere in un unico presidio, con conseguente
specializzazione del presidio di Beauregard verso le attività di non acuzie;
3. ampliare l’offerta assistenziale territoriale di riabilitazione e di lungodegenza attraverso sia l’aumento del numero di
posti letto di RSA, sia il potenziamento quali-quantitativo dell’assistenza domiciliare;
5. diminuire progressivamente il livello convenzionale extraregionale;
4. sviluppare l’attività riabilitativa dal punto di vista sia della gestione clinica sia dell’offerta di programmi
riabilitativi che potrà essere ottenuta anche attraverso l’autorizzazione e l’accreditamento di nuove strutture pubbliche e/o
private in modo da contrastare e ridurre la mobilità passiva in questo settore;
n. 13 Promuovere una nuova organizzazione delle sedi ospedaliere secondo criteri di eccellenza UNICA Sviluppo
dell’organizzazione ospedaliera secondo logiche orientate ai processi e ai differenti gradi di intensità di cura 1. garantire
lo sviluppo delle capacità di direzione verso il governo clinico ed organizzativo; Nell’azione 2 la prima parte è
rivolta all’organizzazione dei dipartimenti misti mentre la seconda parte all’applicazione
2. garantire lo sviluppo della collaborazione fra personale medico dell’area delle degenze e servizi territoriali;
3. provvedere alla valorizzazione dell’attività di ricovero riorganizzandola secondo criteri che distinguano: * attività per
la cura delle acuzie: incentivando l’integrazione dipartimentale e lo sviluppo dell’eccellenza, sviluppando l’organizzazione
di aree assistenziali quali la sub-intensiva, l’area pediatrica e l’area dell’emergenza ; *­ attività a minore intensità
assistenziale (“low care”): grazie alle quali dare una risposta completa, integrata ed efficiente, ma funzionalmente
separata, ai bisogni di una popolazione che invecchia sempre più e quindi presenta necessità assistenziali maggiormente
complesse e multidimensionali; *­ attività di supporto territoriale: con cui supportare le esigenze specialistiche
territoriali di tipo ambulatoriale in misura più decentrata possibile ma anche di supporto specialistico a tutte le attività
domiciliari;
4. garantire il consolidamento delle attività di eccellenza attraverso il miglioramento delle conoscenze e del supporto
tecnologico inserendo queste attività in reti di servizio interregionali, nazionali e/o internazionali e prevedendo un
coinvolgimento dell’Università;
5. sostenere lo sviluppo della logica dei processi nell’ambito della organizzazione produttiva delle prestazioni;
6. svolgere iniziative di aggiornamento professionale centrate sui temi della organizzazione e del coordinamento; n. 14
Contenere la mobilità sanitaria passiva UNICA Controllo della domanda di prestazioni sanitarie e implementazione dell’offerta
in rapporto alle cause di fuga e allo sviluppo di attività di eccellenza
1. realizzare un sistema regionale di monitoraggio annuale necessario per la valutazione delle priorità di intervento
analizzando le prestazioni attraverso l’incrocio dei dati relativi ai flussi informativi delle schede di dimissione
ospedaliera e della mobilità sanitaria interregionale;
2. definire quali prestazioni di ricovero a maggior fuga debbano essere effettivamente recuperate presso il Presidio
ospedaliero attraverso il potenziamento qualitativo dell’offerta, sia con mezzi propri che attivando accordi interregionali,
soprattutto con il Piemonte, e con l’Università, per portare in loco alte professionalità in campi specialistici di
competenza; 3. definire, in applicazione della recente normativa statale e regionale, specifici accordi con le strutture e le
regioni interessate dalla mobilità, diretti a determinare volumi di attività e tetti di spesa, e, parallelamente, sviluppare
modalità di verifica dell’appropriatezza delle prestazioni;
4. individuare sulla base dei dati di mobilità le strutture di attrazione con le quali sviluppare accordi per specifiche
prestazioni alla cui effettuazione possa partecipare anche personale medico specialista operante nella Regione;
5. garantire appropriatezza, efficacia ed efficienza delle prestazioni di maggior fuga attraverso iniziative finalizzate alla
riduzione dei tempi di attesa, ad un maggiore e migliore utilizzo delle sale operatorie ed ad un arricchimento formativo dei
professionisti interessati, anche acquisendo le professionalità di specialisti extraregionali per operare, con criteri di
eccellenza, presso il presidio ospedaliero regionale;
6. intervenire sui MMG prescrittori agevolando l’interscambio di comunicazione tra gli stessi ed i medici ospedalieri al fine
di migliorare il rapporto interno; 7. prevedere interventi di formazione permanente nei confronti degli operatori dei
reparti soggetti a maggior fuga al fine di migliorare le competenze, le abilità cliniche, tecniche e manageriali;
n. 15 Consolidare l’attenzione della programmazione sanitaria verso le attività rivolte a garantire servizi di eccellenza ai
turisti UNICA Consolidamento e sviluppo delle funzioni dell’assistenza sanitaria maggiormente interessate dai flussi
turistici
1. integrare la rete dei centri traumatologici nelle sedi dei servizi territoriali, anche attraverso il potenziamento,
soprattutto nei periodi di maggior afflusso turistico, delle attività distrettuali svolte nei poliambulatorii centrali,
valutarne la distribuzione rispetto al reale utilizzo e collegarli con i servizi di emergenza ed urgenza;
4. favorire e promuovere l’inserimento dell’ambiente montano nei percorsi riabilitativi delle principali patologie croniche e
degenerative;
2. consolidare la flessibilità di risposta delle strutture del Servizio sanitario regionale alle varie esigenze assistenziali
legate ai flussi turistici; 3. sviluppare la medicina termale ed approfondirne i possibili sviluppi terapeutici nelle
cura delle patologie;
n. 16 Separare la definizione delle politiche sociali dalla realizzazione delle attività conseguenti e promuovere il
coordinamento delle politiche sociali con le altre politiche di attenzione alla persona A Individuazione dei soggetti con
compiti di realizzazione delle politiche sociali di livello regionale
3. Istituire un gruppo di lavoro per l’approfondimento degli aspetti giuridico-organizzativi funzionali ad individuare e
definire i soggetti con compiti di realizzazione delle politiche sociali;
2. individuare le eventuali funzioni regionali attinenti alla definizione delle politiche (l.r 18/2001, art. 5 nn 1-4 e 6-9)
e quelle attinenti alla loro realizzazione (l.r. 18/2001, art. 5 nn 5 e 10) da trasferire agli enti locali, prestando
attenzione a distinguere, tra queste, quelle di livello esclusivamente regionale, non suscettibili di frazionamento a causa
del loro carattere di elevata specializzazione e della complessità organizzativa e gestionale tale da non consentire ai
Comuni associati nelle Comunità montane il loro esercizio secondo criteri di efficienza ed economicità;
1. completare il trasferimento delle funzioni agli enti locali secondo quanto previsto dalla l.r. 1/2002 Il raggiungimento
dell’obiettivo richiede un processo complesso che prevede varie fasi di lavoro nell’ambito delle quali è necessario
sviluppare processi di concertazione e condivisione con diversi attori.
4. predisporre e realizzare attività di accompagnamento ai processi legati al trasferimento delle funzioni, nell’ottica di
assumere un effettivo ruolo di regia; B Promozione e sviluppo, nell’ambito dell’offerta di servizi sociali,
ell’interdisciplinarietà e del coordinamento con le politiche per la salute, per l’istruzione, per la formazione, per il
lavoro, per la casa, per i trasporti e per la tutela dei diritti
1. avviare il processo di coordinamento e integrazione delle politiche sociali con le altre politiche di attenzione alla
persona; Le azioni previste per il raggiungimento dell’obiettivo sono già avviate per alcuni settori di intervento: politiche
del lavoro, immigrazione, ecc. In particolare per quanto riguarda il problema dell’emergenza abitativa risulta fondamentale
dare avvio il prima possibile all’azione
3. Resta inteso che il perseguimento dell’obiettivo é trasversale a tutto il triennio di validità del Piano, ponendo
particolare e prioritaria attenzione ai settori del lavoro e dell’abitazione. 2. attivare Gruppi di concertazione
interistituzionali e multidisciplinari, tra Regione, Enti Locali e Terzo settore, per la condivisione di funzioni, ruoli e
modalità di intervento nelle scelte di valutazione e attuazione degli interventi sociali. 3. promuovere attivamente maggiori
coordinamento, collaborazione ed assunzione di responsabilità a tutti i livello istituzionali, al fine di concertare e
programmare adeguate risposte ai bisogni, in particolare per quanto riguarda l’emergenza abitativa e l’immigrazione;
4. presentare, alla Commissione consiliare competente, entro il mese di marzo di ogni anno, contestualmente al rapporto sullo
stato di attuazione dei piani di zona di cui all’allegato all’obiettivo 18, una relazione sull’attività e sui risultati delle
azioni suddette;
5. giungere, sulla base dei dati di conoscenza e monitoraggio del fenomeno, alla definizione di una legge-quadro
sull’immigrazione, che favorisca l’accoglienza, l’integrazione e la partecipazione alla vita comunitaria degli immigrati, nel
rispetto dei loro diritti;
n. 17 Definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) regionali quale strumento per assicurare l’uniformità dei
servizi e delle prestazioni in ambito assistenziale e socio-educativo ed istituire, anche per la parte della finanza locale,
il fondo regionale per le politiche sociali
A Definizione delle prestazioni che costituiscono i livelli essenziali
1. Provvedere alla ricognizione delle prestazioni attualmente erogate, distinguendo quelle che costituiscono il "livello
minimo", costituzionalmente garantito;
2. attivare un confronto sul tema coinvolgendo tutti gli attori sociali rilevanti;
3. definire le prestazioni rese a livello regionale che costituiscono il "livello essenziale" delle prestazioni sociali,
assumendo la caratteristica di diritti soggettivi perfetti per cui è sempre garantita la copertura finanziaria Nel corso del
2006 sarà predisposto lo strumento necessario alla ricognizione.Il 2008 sarà dedicato alla concertazione sulle modalità di
definizione e le caratteristiche delle prestazioni che costituiranno il "livello essenziale" e quelle che potranno essere
considerate esigibili secondo criteri di gradualità.
4. definire le ulteriori prestazioni che possono entrare nella programmazione dei servizi per divenire esigibili secondo
criteri di gradualità, compatibilmente con le risorse disponibili (principio della c.d. "esigibilità sostenibile")
B Istituzione, anche per la parte di finanza locale, del fondo regionale per le politiche sociali
1. concordare con gli enti locali le relative modalità per la destinazione, anche per la parte della finanza locale, di un
fondo vincolato all’effettivo esercizio delle funzioni socio-assistenziali e socio-educative;
2. correlare, avendo definito i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), il fondo di finanza locale all’effettiva
erogazione delle prestazioni sociali rese a livello locale; Per il raggiungimento dell’obiettivo è necessario un processo di
concertazione e condivisione con il gli Enti Locali ed i tempi di realizzazione dipendono dalla collaborazione e dall’impegno
di tutti i soggetti coinvolti:
n. 18 Assumere il territorio del distretto come ambito di lettura, di analisi e di soddisfacimento dei bisogni e come area
privilegiata della programmazione della rete di servizi UNICA Avvio delle azioni finalizzate alla stesura dei Piani di zona
1. avviare il procedimento per la stesura dei Piani di zona (percorso di accompagnamento e successiva costituzione della
Conferenza dei sindaci dell’ambito distrettuale che definisce gli indirizzi per il lavoro del "gruppo di piano"); Per la
completa definizione e approvazione dei Piani di zona sarà necessario un processo di concertazione, condivisione ed un attivo
impegno comune di tutti i soggetti interessati. In base alla valutazione dei percorsi intrapresi verrà stabilito se la
definizione e la successiva attuazione dei Piani di zona avverrà contemporaneamente su tutto il territorio regionale o
inizialmente solo in alcuni ambiti.
2. definire il lavoro preparatorio (il "Gruppo di piano" individua le modalità di partecipazione e di coinvolgimento dei
soggetti interessati, raccoglie le informazioni secondo le indicazioni e le modalità previste dalle "linee guida", acquisisce
dagli uffici regionali e dall’OREPS e da eventuali osservatori attivati dal Terzo settore le informazioni e i dati in loro
possesso, elabora, sulla base delle informazioni raccolte, un rapporto di analisi che diventa la base conoscitiva dei bisogni
e delle risorse dell’ambito territoriale);
n. 19 Sviluppare un Piano regionale di comunicazione sociale per ridurre gli ostacoli all’accesso ai servizi UNICA Sviluppo
di un Piano regionale di comunicazione sociale per ridurre gli ostacoli all’accesso ai servizi, mediante l’attivazione di una
strategia di informazione in una logica di rete
1. attivare un gruppo di lavoro per la definizione di azioni di miglioramento in tema di informazione sociale;
2. coordinare i diversi punti informativi e di orientamento sociale esistenti;
3. sviluppare un Piano regionale di comunicazione sociale;
n. 20 Completare la definizione degli standard delle prestazioni sociali e consolidare ed estendere l’utilizzo di strumenti
atti a garantire l’equità di accesso alle prestazioni ed ai servizi
A Completamento della definizione di standard delle prestazioni sociali
1. definire e applicare gli standard strutturali e gestionali dei servizi per anziani;
2. definire e applicare gli standard strutturali e gestionali dei servizi per la prima infanzia; Il riferimento
temporale pertiene alla definizione degli standard, mentre per la loro applicazione le tempistiche di riferimento sono: 3
anni dall’approvazione per i requisiti gestionali e 5 per quelli strutturali B Consolidamento ed estensione dell’utilizzo di
strumenti atti a garantire l’equità di accesso alle prestazioni e ai servizi 1. valutare gli esiti della sperimentazione
dell’I.R.S.E.E nel contesto delle politiche sociali, con il coinvolgimento delle parti sociali, sentita la competente
commissione consiliare;
2. estendere l’applicazione dell’I.R.S.E.E. ad altre aree di intervento della protezione sociale;
3. promuovere l’applicazione dell’I.R.S.E.E. ad altre aree di governo della programmazione regionale quali i trasporti,
l’istruzione, la casa, ecc.;
4. prevedere l’adeguato accompagnamento dei cittadini - per la presentazione della documentazione relativa al calcolo
dell’I.R.S.E.E. - e degli operatori - per definire l’accesso ai servizi e la contribuzione a carico degli utenti fruitori;


5. individuare i criteri per la definizione di omogenee politiche tariffarie per l’accesso alle prestazioni sociali e
socio-sanitarie, seguendo una strategia di concertazione partecipata; n. 21 Sviluppare la solidarietà e la responsabilità
sociale secondo il principio della sussidiarietà verticale ed orizzontale A Promozione di un coordinamento regionale per le
politiche giovanili
1. attivare un confronto con i soggetti pubblici e del privato sociale, nonché con i giovani, per condividere l’analisi delle
esperienze attualmente esistenti in Valle d’Aosta e sollecitare il protagonismo e la responsabilità sociale dei giovani in
progetti che li vedano chiamati ad agire;
3. costituire un coordinamento regionale che possa fungere da organismo di promozione, sviluppo e monitoraggio delle
politiche giovanili in Valle d’Aosta;
2. definire gli orientamenti regionali per la realizzazione di interventi nell’area giovanile, anche tenendo conto
dell’esperienza europea e di altre regioni italiane;
B Sostegno della famiglia come risorsa di coesione e solidarietà sociale 1. accompagnamento dell’attività del Gruppo
regionale; 3. organizzazione della 3° Conferenza regionale sulla famiglia;
2. accompagnare l’applicazione dell’art. 20 della l.r. 44/98; C Sostegno in ambito regionale, nazionale ed internazionale del
volontariato sociale 2. coinvolgere il volontariato nella sensibilizzazione alle iniziative di prevenzione nonché nella
conoscenza e analisi dei bisogni sociali, specie dei più deprivati;
1. rafforzare la collaborazione con le forze del volontariato nella realizzazione di iniziative di promozione e prevenzione
della salute con particolare riferimento agli screening oncologici; 3. consolidare l’esperienza nell’ambito del progetto
"Madagascar". Aiutare ospedali africani" promuovendo la partecipazione all’iniziativa da parte degli operatori sanitari;
4. Proseguire nel sostegno delle iniziative tese a contrastare le situazioni di povertà ed esclusione sociale;
n. 22 Attivare politiche di prevenzione del disagio minorile e giovanile e di intervento a favore di minori e giovani in
situazione di disagio A Prevenzione del disagio minorile e giovanile
1. avviare un sistema permanente di circolazione delle informazioni relativamente alle conseguenze sanitarie, sociali e
legali relative a comportamenti devianti;2. realizzare in collaborazione con le Forze dell’Ordine, l’Azienda USL, le
Istituzioni Scolastiche, il privato sociale, campagne stampa, conferenze pubbliche e interne alle scuole sui rischi connessi
a comportamenti devianti e alle nuove dipendenze;3. implementare la promozione di specifiche azioni di sensibilizzazione nei
punti di incontro privilegiati dai minori e dai giovani (discoteche, pub, centri giovani, oratori, ecc.).
B Realizzazione di interventi in favore di giovani ultradiciottenni in situazione di disagio 1. Prevedere nuove forme di
sostegno, anche economico, in favore delle famiglie affidatarie disponibili a proseguire l’accoglienza dell’affidato divenuto
maggiorenne;
2. attivare una struttura residenziale temporanea (comunità di transizione per ultradiciottenni) che accolga soggetti in età
compresa tra i 18 e i 21 anni, in carico ai servizi socio sanitari territoriali o inseriti nella comunità regionale per
adolescenti che non possano rientrare o restare nella famiglia di origine o affidataria e che presentino la necessità di
essere accompagnati e sostenuti nel raggiungimento di un sufficiente livello di autonomia personale al fine di consentirne l’inserimento nella vita sociale;
3. definire le caratteristiche della gestione e degli obiettivi educativi della struttura;
C Realizzazione di uno spazio suppletivo di emergenza alle comunità regionali per minori, idoneo ad accogliere minori stranieri non accompagnati
1. Individuare adeguati spazi preferibilmente nella Città di Aosta, per l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati;
2. definire le caratteristiche della gestione e gli obiettivi del servizio, anche in collaborazione con le strutture competenti in materia di istruzione e le agenzie formative;
3. prevedere una presa in carico del minore in collegamento con le due comunità regionali interessate, in base all’età del
minore segnalato; La realizzazione dello spazio suppletivo è collegata all’attività dell’Assessorato Territorio, ambiente e
opere pubbliche.
n. 23 Sviluppare gli interventi tesi a contrastare le situazioni di bisogno sociale, con particolare attenzione alla disabilità e alla non autosufficienza A Sostegno alle persone con disabilità e alle loro famiglie e potenziamento al lavoro di rete
1. ampliare l’offerta di comunità protette per persone con disabilità, con particolare attenzione a quelle rivolte a persone prive del sostegno familiare in considerazione dell’innalzamento della loro aspettativa di vita e dell’invecchiamento delle loro famiglie;
2. incrementare, in accordo con gli enti locali, la disponibilità di posti presso i C.E.A. su tutto il territorio regionale,
estendendone l’offerta al distretto n. 1 (Alta Valle); In tutto il triennio sarà attivato un confronto per l’incremento dei
posti presso i CEA: i relativi tempi non calendarizzabili e definibili a priori.
B Sostegno all’integrazione sociale delle persone con disabilità e il loro inserimento in contesti occupazionali 1. prevedere un servizio educativo di supporto territoriale per garantire percorsi differenziati al fine di potenziare al meglio le capacità lavorative e occupazionali residue delle persone disabili;
2. attivare laboratori occupazionali;
Le azioni legate alla promozione dell’inserimento lavorativo delle persone disabili sono collegate alle attività del Gruppo interistituzionale Disabilità.
3. promuovere, nell’ambito delle politiche del lavoro e delle attività di impresa, iniziative per favorire l’inserimento
lavorativo dei soggetti disabili; 4. attivare collaborazioni con Enti e istituzioni competenti in materia al fine di agevolare l’inserimento lavorativo delle persone disabili;
C Avvio di una sperimentazione di pronto intervento sociale
1. attivare un gruppo di lavoro promozionale tra soggetti istituzionali e non, titolari di responsabilità e competenze nel
settore delle emergenze;
2. definire, a partire dalla esperienza operativa, dai dati documentati sulle situazioni di emergenza, dalle risorse
disponibili, pubbliche e non, un modello organizzativo da sperimentare per dare risposta alle emergenze sociali e studiare ulteriori strumenti per prevenire la vulnerabilità diffusa;
n. 24 Assicurare lo sviluppo continuo delle professionalità sanitarie e sociali sulla base delle esigenze della domanda di prestazioni e del soddisfacimento dei bisogni della popolazione regionale UNICA Monitoraggio dei fabbisogni di risorse umane
e definizione di strumenti omogenei per la programmazione e l’attuazione dello sviluppo continuo delle professionalità in ambito sanitario e sociale


1. rilevare il fabbisogno dei medici specialisti e di altre figure professionali sanitarie e
sociali per programmare interventi volti ad agevolare la formazione specifica;
2. attivare protocolli d’intesa e convenzioni con le istituzioni accademiche per la riserva di posti a favore degli studenti
valdostani per le discipline carenti, nonché per lo svolgimento di parte del tirocinio nelle strutture sanitarie e sociali
regionali;
4. organizzare con frequenza annuale corsi di formazione per operatori socio-sanitari che svolgano attività finalizzate a soddisfare i bisogni primari della persona favorendo il benessere e l’autonomia dell’utente e garantendo - in ambito
ospedaliero – un adeguato supporto alla figura dell’infermiere tale da promuovere una diversa e più appropriata assistenza
ospedaliera; 5. organizzare corsi post-universitari di specializzazione in discipline mediche correlate alla montagna ed al
soccorso alpino; 6. completare lo sviluppo del sistema regionale di educazione continua in medicina (ECM) prevedendo anche
l’attivazione della formazione a distanza (FAD) al fine di offrire a tutti gli operatori sanitari la possibilità di
conseguire i crediti formativi previsti attraverso un offerta completa di formazione;
1. rilevare il fabbisogno dei medici specialisti e di altre figure professionali sanitarie e sociali per programmare
interventi volti ad agevolare la formazione specifica; Le azioni 1., 2. e 3 sono comuni ad ogni annualità del triennio.
3. finanziare, mediante l’erogazione di assegni di formazione, gli studenti che frequentano corsi di base e corsi di
perfezionamento per incentivare la frequenza a percorsi formativi necessari alla qualificazione di professionisti carenti nel
sistema sanitario e sociale regionale;
7. realizzare un nuovo sistema informativo regionale che consenta di gestire e di monitorare il modello regionale ECM
partendo dalla richiesta di accreditamento dell’evento fino alla registrazione dei crediti finalizzato ad una attività di analisi e di controllo del sistema stesso;
8. promuovere la definizione del sistema regionale di certificazione delle competenze rivolto alla creazione del repertorio
delle qualifiche professionali delle figure sociali e dei relativi standard formativi minimi. n. 25 Estendere il regime
dell’autorizzazione a tutte le strutture e le attività sanitarie e sociali, come garanzia del livello qualitativo delle
prestazioni, applicare e sviluppare il regime dell’accreditamento dell strutture, delle attività e dei professionisti in
ambito sanitario e sociale
A Autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di strutture e di attività sanitarie, socio-sanitarie,
ocio-assistenziali e socio-educative 1.determinare, con deliberazione della Giunta regionale, i limiti quantitativi alle
prestazioni sanitarie e sociali necessari a garantire il soddisfacimento di bisogni di salute e di benessere sociale

2. rivedere il quadro normativo regionale di riferimento per il regime autorizzativo, estendendo l’ambito di applicazione dal oncetto della "particolare complessità" a quello più ampio di "rischio per la sicurezza del paziente"; 5. ridefinire ed applicare gli standard strutturali e gestionali dei servizi per la cura delle dipendenze patologiche; 6. definire ed
applicare norme regionali per l’attività di day-surgery;
3. definire ed applicare gli standard strutturali e gestionali dei servizi per anziani; 4. ridefinire ed applicare gli
standard strutturali e gestionali dei servizi per la prima infanzia; B Accreditamento delle strutture, delle attività e dei
professionisti in ambito sanitario al fine di orientare i processi di crescita della qualità del Servizio Sanitario Regionale verso l’eccellenza 2. mantenere i livelli di accreditamento attuali ed estendere l’accreditamento alla totalità delle
attività sanitarie, socio-sanitarie e socio-educative pubbliche e private;
3. predisporre la normativa in materia di accreditamento dei professionisti in ambito sanitario e sociale, in presenza di linee guida definite a livello statale;
1. consolidare la normativa regionale in materia di accreditamento al fine di orientare la programmazione sanitaria e sociale
e di assicurare il soddisfacimento dei bisogni di qualità percepita da parte della popolazione;
n. 26 Estendere la rete dei sistemi informativi sanitari e sociali regionali al fine di favorire l’accesso ai servizi da
parte del cittadino e di sostenere i processi di programmazione e di controllo delle risorse umane, economiche e tecnologiche
in ambito sanitario e sociale A Estensione della rete dei sistemi informativi sanitari e sociali regionali, al fine di favorire l’accesso ai servizi da parte del cittadino e l’attività di comunicazione
2. introdurre e diffondere la tessera sanitaria (TS) per l’accesso ai servizi sanitari regionali; 3. integrare l’anagrafe degli assistiti del Servizio sanitario regionale (SSR) e degli assistiti dei servizi sociali con il centro di smistamento regionale delle informazioni anagrafiche (CSIA);
5. estendere in senso verticale ed orizzontale il sistema informativo di collegamento telematico dei medici di medicina generale (MMG) ed ai pediatri di libera scelta (PLS) con le strutture sanitarie ospedaliere e territoriali;

4. sviluppare il
sistema anagrafico di base dell’assistenza sociale in ambito regionale finalizzato alla progettazione ed all’allineamento rispettivamente dei nuovi e degli esistenti sistemi gestionali per l’erogazione di prestazioni sociali complesse;

1. sviluppare interventi di realizzazione di infrastrutture telematiche ad alta velocità, anche nel settore dell’assistenza sanitaria e sociale; B Sviluppo della rete dei sistemi informativi sanitari e sociali regionali, al fine di sostenere i processi di programmazione e di controllo delle risorse umane, economiche e tecnologiche in ambito sanitario e sociale 2.
attuare il “progetto Mattoni del SSN”, con particolare riferimento allo sviluppo dei sistemi informativi per la programmazione e per la gestione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie erogate nell’area territoriale (incluso il livello della salute mentale e delle dipendenze patologiche); 1. introdurre l’utilizzo della firma digitale per gli operatori del Servizio sanitario regionale e dei Servizi sociali regionali;
3. aderire, nell’ambito del progetto “mattone 1”, al sistema informativo nazionale di classificazione delle strutture sanitarie; 4. consolidare il sistema informativo aziendale ospedaliero e territoriale su piattaforma MEDTRAK mediante la progressiva integrazione dei sistemi informativi esistenti (con particolare riferimento a RIS, a SAGO ed a programmi di gestione dei programmi di screening) e lo sviluppo di nuovi sistemi informativi (come ad esempio quello correlato alle ttività chirurgiche);
7. realizzare un sistema informativo regionale sugli stabilimenti di produzione degli alimenti;
6. procedere alla revisione dei sistemi informativi caratteristici dell’area della prevenzione con particolare riferimento ai registri della mortalità, dei tumori e degli infortuni;
9. sviluppare sistemi di controllo a supporto dei principali applicativi di gestione di servizi di assistenza sociale, con particolare riferimento ai servizi di affido, all’assistenza per le persone disabili mediante la classificazione internazionale (ICF) ed all’assistenza residenziale per le persone anziane; 10. progettare e realizzare un sistema
di gestione per l’erogazione di benefici economici aventi natura socio-assistenziale e di un sistema informativo direzionale a supporto delle pratiche di assistenza economica per gli invalidi civili;
5. estendere e revisionare i sistemi informativi relativi alla gestione delle graduatorie regionali per medici di medicina generale (MMG), nonché alla SDO ed alla mobilità sanitaria;
8. consolidare e sviluppare una banca dati unica delle prestazioni rese dal Servizio sanitario regionale (c.d. “data warehouse socio-sanitario regionale”) e del personale del Servizio sanitario regionale (c.d. “data warehouse del personale
del Servizio sanitario regionale”), anche con riferimento alla programmazione ed alla gestione della formazione continua del personale sanitario (c.d. sistema ECM);
n. 27 Realizzare l’unificazione delle sedi ospedaliere al fine di organizzare l’assistenza per acuti in base al migliore rapporto tra tipologie di prestazioni e risorse impiegate UNICA Ammodernamento delle strutture ospedaliere in un unico presidio

1. realizzare lo studio di fattibilità previsto dall’articolo 3, comma 3, della legge regionale 21/2004 che prende in esame le diverse ipotesi progettuali dell’ammodernamento delle sedi ospedaliere in un unico presidio;
2. avviare - in collaborazione con le strutture interne ed esterne all’Amministrazione regionale competenti in materia - procedure per accedere a fonti alternative di finanziamento dell’intervento, con particolare riferimento a quelle di
provenienza dello Stato e dell’Unione Europea;
4. avviare e realizzare la progettazione delle opere di edilizia sanitaria necessarie per realizzare la concentrazione delle unzioni ospedaliere per acuti rese dall’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta;

5. avviare la realizzazione delle opere di edilizia sanitaria necessarie per realizzare la concentrazione delle funzioni ospedaliere per acuti rese dall’Azienda U.S.L. della Valle d’Aosta;
3. individuare ed utilizzare forme ad evidenza pubblica di affidamento della progettazione e della realizzazione dell’opera che garantiscano tempi e modi certi di conclusione dell’intervento;
n. 28 Sostenere il processo di rinnovamento strutturale e tecnologico delle strutture e delle attività sanitarie e socio-sanitarie regionali commisurato al grado di innovazione tecnologica ed organizzativa prevalente in ambito sanitario
UNICA Conclusione degli interventi di ristrutturazione e di manutenzione straordinaria presso il presidio ospedaliero di Viale Ginevra ad Aosta ed attuazione di progetti mirati per lo sviluppo della rete assistenziale sanitaria territoriale

2. predisporre strumenti amministrativi e finanziari per la programmazione triennale degli interventi di manutenzione straordinaria da realizzare da parte dell’Azienda U.S.L., inclusi di quelli conclusivi della c.d. “terza fase”;

8. accedere ai nuovi sistemi informatici per la gestione dei dati relativi agli investimenti strutturali e tecnologici (Osservatorio degli investimenti pubblici in sanità) e per la classificazione delle strutture sanitarie e socio-sanitarie.

5. adottare formalmente, in accordo con l’Azienda U.S.L., strumenti per la valutazione propedeutica all’acquisto di tecnologie da parte
dell’Azienda U.S.L. (health technology assessment);

4. definire un accordo contrattuale con l’Azienda U.S.L. per la disciplina della presenza stabile del personale regionale nelle strutture ospedaliere e territoriali in possesso dell’Azienda stessa;
L’azione 1. "adottare un modello di riferimento per l’esecuzione degli interventi in strutture sanitarie che preveda: in capo alla struttura regionale del Dipartimento sanità, salute e politiche sociali competenze di programmazione e di controllo degli interventi in materia di edilizia sanitaria, in capo alle strutture regionali competenti in materia di opere pubbliche competenze per l’esecuzione di opere di nuova concezione in ambito sanitario, in capo alle strutture tecniche ed amministrative dell’Azienda U.S.L competenze per l’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria ed ordinaria in ambito
sanitario" è comune al triennio di riferimento. 3. realizzare da parte dell’Azienda U.S.L. gli interventi di edilizia sanitaria cofinanziati dallo Stato, con particolare riferimento all’adeguamento del presidio ospedaliero di Viale Ginevra alla normativa antincendio, alla realizzazione di spazi dedicati alla libera professione intramuraria, alla realizzazione dell’Hospice per la cura dei malati terminali ed alle restanti opere previste dalla terza fase degli interventi presso il presidio ospedaliero di Viale Ginevra; 6. realizzare, da parte della Regione, una struttura a ciclo diurno o continuativo da adibire a residenza sanitaria assistenziale (RSA) nel capoluogo regionale o nelle sue immediate vicinanze;
7. attivare procedure per l’accesso ai finanziamenti previsti a livello europeo o statale in materia di edilizia sanitaria;
n. 29 Dotare la rete dei servizi sociali di strutture logistiche adeguate a sostenere il processo di decentramento dell’assistenza sociale UNICA Adeguamento della rete delle infrastrutture dei servizi sociali ai fabbisogni emergenti della popolazione regionale, con particolare attenzione all’attuazione di progetti mirati nell’ambito dell’assistenza alle persone
anziane e disabili 1. completare il trasferimento agli enti gestori dei beni immobili di proprietà regionale destinati all’assistenza delle persone anziane, ai sensi dell’art. 40 della legge regionale n. 5/2000 e successive modificazioni;
2. adottare un programma pluriennale di finanziamento degli interventi di adeguamento funzionale delle strutture per l’assistenza alle persone anziane, anche in relazione ai fabbisogni derivanti dall’applicazione degli standard strutturali ed rganizzativi per il funzionamento delle strutture stesse;
3. adottare un programma pluriennale di finanziamento degli interventi di realizzazione e di adeguamento funzionale delle strutture socio-educative, con particolare riferimento agli asili nido;
5. definire – in accordo con il Consiglio permanente degli enti locali - procedure che disciplinino la compresenza degli operatori sanitari e sociali, appartenenti anche ad enti diversi, all’interno delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali dislocate sul territorio regionale, garantendo loro ottimali condizioni di lavoro e favorendo l’integrazione socio-sanitaria;
4. avviare la progettazione e le opere di realizzazione dei due nuovi centri educativi assistenziali (CEA) nel comune di Hône e nel capoluogo regionale o nelle sue immediate vicinanze;
n. 30 Sostenere con adeguate risorse finanziarie le azioni del presente Piano UNICA Adeguamento della rete delle infrastrutture dei servizi sociali ai fabbisogni emergenti della popolazione regionale, con particolare attenzione all’attuazione di progetti mirati nell’ambito dell’assistenza alle persone anziane e disabili 8. avviare in collaborazione con le strutture interne ed esterne all’Amministrazione regionale competenti in materia – procedure per accedere a fonti alternative di finanziamento del sistema socio-sanitario regionale, con particolare riferimento a quelle di provenienza dell’Unione europea;
7. prevedere formule amministrative che, con gradualità, condizionino l’accesso ai finanziamenti regionali da parte degli enti erogatori di servizi sanitari e sociali al possesso dei requisiti previsti dalle norme in materia di autorizzazione e di accreditamento, allo scopo di accrescerne progressivamente il livello qualitativo;
5. istituire, anche per la parte di finanza locale, il Fondo regionale per le politiche sociali, come già riportato nell’obiettivo specifico;
6. individuare formule per l’istituzione di fondi assistenziali di natura pubblica in grado di coprire una parte del fabbisogno per la spesa sanitaria e sociale, al fine di alleviare il carico finanziario sul bilancio regionale; Le azioni 1., 2., 3 e 4. sono comuni ad ogni annualità del triennio.


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