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NORMATIVA
Normativa nazionale - Circolari - Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture

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Circolare del Ministeri dei beni culturali (Comitato Nazionale per la Prevenzione Patrimonio Culturale dal Rischio Sismico) 18 luglio 1986 n 1032
Interventi sul patrimonio monumentale a tipologia specialistica in zone sismiche: raccomandazioni.
 

I numerosi interventi su edifici monumentali siti in zone sismiche, effettuati nel corso degli ultimi anni (e tuttora in corso), in particolare a seguito degli eventi sismici distruttivi del Friuli e della Campania Basilicata, nonché di altri eventi meno violenti, ma pur sempre dannosi per le costruzioni, sono caratterizzati da difficoltà spesso notevoli, legate a vari ordini di fattori:
- la intrinseca delicatezza connessa alla natura e all'età degli organismi interessati; la complessa esigenza di approccio inter-disciplinare che si richiede;
- la poca chiarezza normativa circa gli aspetti tecnici degli interventi, peggiorata dalla tendenza ad applicare in maniera impropria norme tecniche, quali il DT2 del Friuli la norma tecnica regionale per la Val Nerina, il decreto ministeriale 2-7-1981 per la Campania Basilicata, norme che sono state scritte per la edilizia ordinaria e non per gli edifici monumentali a tipologia specialistica quali ad esempio le chiese ed i palazzi comprendenti generalmente grandi ambienti, coperture a volta, pareti e orizzontamenti affrescati o di materiali pregiati;
Riferimenti
- il conflitto tra le esigenze di conservazione e restauro da un lato e la protezione dal rischio sismico della costruzione e delle vite umane dall'altro lato, con le connesse assunzioni di responsabilità che vengono attribuite ai professionisti coinvolti dagli interventi ed ai loro colleghi operanti negli organi di controllo;
- la poca chiarezza, tecnica, tecnologica e persino concettuale o culturale, che vi è intorno all'impiego dei moderni materiali nelle costruzioni antiche;
- l'assenza di modelli di calcolo e verifica riconosciuti validi per le tipologie speciali, assenza troppo spesso colmata in maniera del tutto impropria dall'adozione di modelli validi soltanto entro precisi limiti (si pensi ad esempio all'applicazione indiscriminata di metodi tipo POR).
Così, gli interventi sui complessi monumentali sono stati spesso concepiti come ristrutturazione statica attuata con una serie di massicci interventi che riprendono con criteri largamente estensivi la cultura dei nuovi materiali, in particolare dell'acciaio e del calcestruzzo armato, sviluppando così una strategia di restauro strutturale che cerca di rimodellare le antiche fabbriche secondo gli schemi resistenti propri dei materiali moderni.
I risultati di tale stato di fatto si traducono molto spesso in:
- interventi inutilmente «pesanti» (se non talvolta controproducenti), che spesso snaturano il monumento dal punto di vista della sua identità e valore;
- interventi eccessivamente costosi, ai quali si contrappongono i non interventi in altri organismi architettonici, per esaurimento dei fondi disponibili;
- garanzie di sicurezza spesso del tutto illusorie, essendo basate su modelli di calcolo inattendibili;
- diffusa incapacità, sostanziale e formale, di controllare la efficacia degli interventi effettuati (si pensi alle iniezioni armate, le iniezioni di malte o resine, ... ).
Come esemplificazione dei fenomeni citati si elencano alcune posizioni progettuali tanto diffuse quanto dannose:
- progetti elaborati senza alcun elemento oggettivo di conoscenza circa la struttura ed i terreni di fondazione;
- uso sistematico di pali trivellati di piccolo diametro (micropali) quasi sempre rivelatisi superflui ad un più attento esame geotecnico;
- ancoraggi di massicce strutture con tiranti in acciaio armonico iniettati nel terreno;
- inserimento di nuove strutture cui viene affidata completamente la funzione statica, riservando così all'antica struttura la sola funzione di elemento formale;
- inserimento di elementi strutturali che assolvono funzioni statiche ritenute dal progettista non compatibili con l'antico organismo; in tal caso, oltre ad originare un ibrido comportamento meccanico, possono essere introdotte particolari incertezze dovute all'interazione di schemi strutturali e materiali diversi;
- tentativo di conseguire mediante interventi un comportamento modellabile con schemi propri delle nuove costruzioni;
- uso ingiustificato, rispetto al quadro fessurativo presente ed alla originaria concezione strutturale del monumento, di «cuciture» ed «iniezioni»;
- uso non meditato di nuovi materiali specie con riferimento alla durabilità ed all'interazione con i materiali originari.
Rispetto alla sopra prospettata situazione la recente emanazione del Decreto Ministeriale 24-1-1986 del Ministero dei Lavori Pubblici, con il punto C9, introduce nella normativa tecnica per le costruzioni in zona sismica una nuova attenzione al problema degli interventi sulle costruzioni esistenti, consentendo di operare in sede di prevenzione, anziché soltanto di riparazione, nonché su tutto il territorio nazionale; l'innovazione principale è rappresentata dall'introduzione di un duplice livello di obiettivi perseguibili mediante gli interventi strutturali rivolti ad aumentare la resistenza degli edifici alle azioni sismiche; si individuano infatti:
- «gli interventi di adeguamento, definiti come un insieme di opere necessarie per rendere l'edificio atto a resistere ad azioni di progetto equivalenti a quelle previste per le nuove costruzioni»;
- «gli interventi di miglioramento definiti come insieme di opere atte a conseguire un maggior grado di sicurezza nei confronti delle azioni sismiche senza peraltro modificare sostanzialmente il comportamento globale dell'edificio».
La distinzione concettuale fra i due tipi di intervento citati, pur non essendo dirett-amente riferita agli edifici monumentali ai sensi dell'art. 16 della legge 64 del 1974 , ha rilevante importanza nei confronti degli obiettivi che si devono porre a base di un intervento sul patrimonio monumentale.


D.M. 24.1.86
C.9. Interventi sugli edifici esistenti
Ragionando per analogia, infatti, si può osservare che, al punto C.9.1.1., il decreto ministeriale 24-1-1986 precisa i casi nei quali è fatto obbligo di adeguamento per gli edifici ordinari; d'altra parte gli interventi sul patrimonio monumentale non rientrano, per loro natura, in nessuno di tali casi: l'obbligo di adeguamento infatti scatta in presenza di interventi configurabili come sopraelevazioni, ampliamenti, ristrutturazioni edilizie e comunque tali da modificare sostanzialmente il comportamento statico e dinamico dell'organismo edilizio.
Si può pertanto affermare che, alla luce di quanto previsto per l'edilizia ordinaria, l'obiettivo degli interventi sul patrimonio monumentale per quanto attiene alla sicurezza alle azioni sismiche, è assimilabile al miglioramento.
In questa ottica si può concludere che gli interventi sul patrimonio monumentale devono essere caratterizzati da un aumento di sicurezza nei confronti delle azioni sismiche senza però che sì ponga in modo rigido il problema del rispetto delle verifiche formali nei confronti delle azioni sismiche di progetto previste per le nuove costruzioni.
Si individua quindi, in attesa della definizione di norme tecniche specifiche per il patrimonio monumentale, alla quale il Comitato Nazionale per la Prevenzione del Patrimonio Culturale dal Rischio Sismico è chiamato a dare un contributo propositivo, una linea di comportamento impostata sul ricorso sistematico agli interventi di miglioramento così come previsto dal citato decreto ministeriale 24-1-1986 e su una conduzione delle operazioni progettuali che abbia diretto riguardo al valore culturale della costruzione considerata e che quindi, anche nello spirito dei punti C.9.2.3. e 4 dello stesso Decreto implichi:
- una particolare attenzione ai materiali e magisteri originali, nonché alle trasformazioni successive;
- una attenta ricostruzione della storia sismica del manufatto, con particolare riguardo per le eventuali riparazioni seguite ad eventi sismici passati;
- un rigoroso e sistematico approccio interdisciplinare in tutte le fasi progettuali, con particolare riferimento agli apporti architettonici, storici, geotecnici, strutturali, impiantistici (se del caso);
- il ricorso a tecniche e materiali il più possibile vicini agli originali, con severo esame critico interdisciplinare di eventuali interventi difformi dai suddetti.
In definitiva: in presenza di una «patologia ordinaria» del monumento ed in mancanza dei vincoli di cui ai commi a) - e) del punto C.9.1.1. del citato Decreto, si deve effettuare la scelta della conservazione diffusa che, abbinata al sopra illustrato concetto normativo di miglioramento, consente di conseguire l'obiettivo della prevenzione dal rischio sismico.
Le operazioni da compiere saranno, a titolo esemplificativo, del tipo seguente:


D.M. 24.1.86 punto C.9.1.1
E’ fatto obbligo di procedere allo adeguamento a chiunque intende:
a) sopraelevare o ampliare l'edificio. Si intende per ampliamento l'eventuale sopraelevazione di parti dell'edificio di altezza inferiore a quella massima dell'edificio stesso. In tal caso non sussiste più l'obbligo del rispetto delle prescrizioni di cui al punto C.3.
b) apportare variazioni di destinazione che comportino, nelle strutture interessate dallo intervento, incrementi dei carichi originari (pesi permanenti carico accidentale com-preso) superiori al 20%.
c) effettuare interventi strutturali rivolti a trasformare l'edificio mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente;
d) effettuare interventi strutturali rivolti ad eseguire opere e modifiche per rinnovare e sostituire parti strutturali dell'edificio, allorché detti interventi implichino sostanziali alterazioni del comportamento globale dello edificio stesso;
e) effettuare interventi strutturali rivolti a reintegrare l’organismo edilizio esistente nella sua funziona-lità strutturale mediante un insieme sistematico di opere.
- interventi coordinati sui collegamenti, specie se compromessi dai sismi precedenti o da mancata manutenzione;
- verifica e riparazione degli orizzontamenti (tetti, solai, archi, volte, piattabande) con procedimenti prevalentemente
- etradizionali (sostituzione parziale dei soli elementi lignei degradati, ripristino della tensione di catene e capichiave, irrigidimenti dei tavolati con un secondo tavolato chiodato, collocazione di nuove tirantature ai piani a bassa tensione di esercizio, reintegrazioni parziali di archi o piattabande, ecc.);
- verifica e riparazione delle lesioni verticali o subverticali con procedimenti tradizionali ai fini di ricostituire, pur senza eccessivi irrigidimenti, la continuità della compagine muraria;
- scarnitura dei giunti, rabboccatura e ripristino con malta tradizionale degli intonaci laddove esistevano e sono caduti, a reintegrazione delle capacità portanti della compagine muraria, con attenzione ad eventuali intonaci decorati.
Si può osservare che le esemplificazioni ora prospettate si configurano in gran parte quali interventi di manutenzione, atti a mitigare il degrado e riportare la costruzione alle sue capacità originarie di resistenza, ovvero di miglioramenti, atti ad incrementare le suddette capacità senza stravolgimento degli schemi resistenti propri; soltanto in presenza di una < patologia straordinaria > dovuta a difetti di origine nella concezione strutturate, o ad uno stato di degrado molto accentuato, o a danni considerevoli, si pone l'esigenza di una più complessa valutazione; tale esigenza si pone anche quando si configurano interventi di grande scala quali ad esempio quelli previsti all'interno dei progetti finalizzati.
Al fine di perseguire gli obiettivi sopra indicati assume fondamentale importanza la completezza degli elaborati di analisi e di progetto, quale risultato di una metodologia organizzata in fasi operative strettamente connesse tra di loro attraverso il coordinamento dell'esperto in restauro architettonico, sicché la mancanza di una o più fasi non può che portare alla non accettabilità della proposta finale rappresentata dal progetto.
Pertanto gli elaborati progettuali dovranno di regola essere almeno i seguenti:
- uno studio storico critico sul complesso da restaurare che individui tutte le trasformazioni intervenute nel tempo e le illustri in apposito grafico;
- uno studio della storia sismica del sito;
- un accurato rilievo plano-altimetrico del complesso, comprendente le strutture di fondazione;
- un dettagliato rilievo critico che riporti i dati acquisiti incrociandoli con dati ricavabili attraverso l'utilizzo di strumentazioni diagnostiche;
- una dettagliata analisi dei carichi con l'individuazione da parte del progettista di tutti gli elementi portanti, incluse le fondazioni, attraverso i quali si individua un razionale schema strutturale;
- un rilievo metrico e fotografico dei dissesti riscontrati;
- una descrizione della costituzione del sottosuolo e delle condizioni di stabilità dell'area circostante;
- una relazione che individui cause ed entità dei dissesti; è opportuno che tale relazione indichi, se ed in quale misura, i dissesti hanno danneggiato gli elementi portanti della struttura;
- una relazione sui materiali strutturali presenti con una valutazione del loro stato di conservazione, ove possibile suffragata da indagini sperimentali;
- il progetto sia qualitativo sia quantitativo degli interventi previsti, indicando le motivazioni che li suggeriscono e gli incrementi di resistenza che si presume ad essi si accompagnino;
- nella base grafica del progetto vanno altresì evidenziati tutti gli interventi (consolidamenti, impianti, ecc.) che per loro natura comportino sostituzioni o alterazioni di materia e superficie originale del manufatto, in maniera tale da rendere complessivamente valutabile l'entità di trasformazioni conseguenti all'intervento.
Per quanto riguarda il collaudo, espressamente previsto dal punto C.9.4 del decreto ministeriale 24-1-1986, assume particolare importanza la preferenza indicata nello stesso decreto, per il collaudo in corso d'opera, in quanto consente la sospensione tempestiva di eventuali interventi irreversibili ritenuti errati; inoltre risulta essenziale che il collaudo stesso non si limiti ad esaminare gli aspetti cosiddetti tecnici, bensì si rivolga all'intervento nel suo complesso.



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