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Sulla nozione dei "diritti reali" in generale
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a cura della redazione
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La categoria dei diritti reali assume tale denominazione in virtù di una caratteristica che accomuna tutte le situazioni giuridiche in essa ricomprese: esse hanno infatti sempre ad oggetto una res, ossia una cosa, un bene materiale. Gli elementi individuanti tali diritti sono generalmente identificati nell'immediatezza, nell'assolutezza, nell'inerenza al bene, nell'autosufficienza e nel diritto di seguito o sequela. I diritti reali, infatti, gravando direttamente sulla res, si contraddistinguono innanzitutto perché consentono ai loro titolari di soddisfare i propri interessi sulla cosa stessa, senza alcun bisogno della mediazione di terzi; essi, inoltre, possono essere fatti valere erga omnes, nei confronti di tutti i consociati, i quali sono pertanto tenuti ad astenersi da qualsiasi turbativa all'esercizio di tali diritti; da ultimo, è propria dei diritti reali anche la facoltà di seguire il bene presso qualsiasi successivo avente diritto. Va altresì precisato che i diritti reali si compongono di due momenti fondamentali, di diversa intensità a seconda della singola situazione giuridica presa in esame: la facoltà di godimento e la facoltà di disposizione, ossia, rispettivamente, la facoltà di trarre direttamente utilità dalla cosa, senza però mutarne la condizione giuridica e, invece, la facoltà di porre in essere tale modificazione, mutando la titolarità del diritto o costituendo a favore di terzi diritti reali minori, diversi dalla proprietà. Un ulteriore carattere essenziale dei diritti reali è la loro tipicità: essi, infatti, sono previsti dal nostro legislatore in numero chiuso, sfuggendone quindi l'individuazione all'autonomia privata. Si tratta della proprietà, della superficie, dell'enfiteusi, dell'usufrutto, dell'uso, dell'abitazione e della servitù. Quelli appena elencati sono i c. d. diritti reali di godimento; per quanto riguarda, invece, i diritti reali di garanzia, costituiti dal pegno e dall'ipoteca, di essi si farà menzione nella sezione contenente le risposte alle domande più frequenti.
La nozione di cosa oggetto di diritti reali
La definizione di cosa ai fini della disciplina dei diritti reali è fornita dall'art. 810 c. c., norma di apertura del Libro III "Della proprietà". Per "cosa" deve essere intesa ogni porzione materiale del mondo fisico che può costituire oggetto di diritti. Tali beni, inoltre, sono suscettibili di diverse classificazioni, la principale delle quali è rappresentata dalla suddivisione tra beni immobili e mobili, dettata dall'esigenza di differenti regimi di circolazione. Per il trasferimento dei beni immobili, infatti, l'ordinamento adotta maggiori cautele, prescrivendo, a pena di nullità, la forma scritta dell'atto traslativo di diritti su detti beni, nonché la trascrizione di tali atti presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari. I beni immobili vengono individuati dall'art. 812 c. c., il quale menziona in prima battuta il suolo, quale bene immobile per natura. Proseguendo nella lettura della disposizione, vengono inoltre indicati i c. d. immobili per accessione, che cioè sono considerati tali in virtù di un rapporto di incorporazione organica con il suolo. Si tratta delle sorgenti e dei corsi d'acqua, degli alberi, degli edifici e delle altre costruzioni, purché unite al suolo, anche se solo in via transitoria, così come i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti che risultino saldamente assicurati alla riva o all'alveo del fiume, in maniera stabile e funzionale alla loro utilizzazione. I beni mobili, invece, non sono elencati in alcuna norma di legge, ma vengono individuati in via residuale, posto che, ai sensi del terzo comma dell'art. 812 c. c., "sono mobili tutti gli altri beni". Una peculiare categoria intermedia di beni è rappresentata dai beni mobili registrati, in quanto iscritti in pubblici registri, per i quali vige un regime di circolazione controllata; si tratta degli autoveicoli, delle navi, dei galleggianti e degli aeromobili, espressamente dichiarati dalla legge suscettibili di ipoteca (art. 2810 c. c.).
Le universalita' di mobili e le pertinenze Una pluralità di beni separabili tra loro, a cui, però, il proprietario ha impresso una destinazione unitaria, costituisce la c. d. universitas rerum disciplinata dall'art. 816 c. c. La norma parla espressamente di universalità di beni mobili, escludendo, dunque, apparentemente la stessa possibilità di un insieme di beni mobili e immobili aventi la medesima duratura destinazione e qualificabili come universalità di beni. Per questo motivo in dottrina, accanto ai classici esempi di una biblioteca e di una collezione di quadri, si è a lungo parlato dell'azienda, che, per sua stessa definizione, è da intendersi come il complesso di beni organizzato dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa. L'azienda, per sua natura, è costituita anche da beni immobili, ma essa presenta una peculiare disciplina, che pare discostarsi da quella prevista per l'universitas. Il vincolo derivante dall'appartenenza di un bene ad un'universalità può, peraltro, essere fatto cessare in ogni momento dal proprietario, disponendo con separati atti giuridici delle cose formanti oggetto dell'universalità stessa. A norma dell'art. 817 c. c. le pertinenze (corrispondenti agli immobili per destinazione del codice previgente del 1865) sono quei beni accessori posti durevolmente a servizio o ad ornamento di un altro bene, denominato principale. Affinché sia configurabile un vincolo pertinenziale tra due o più cose, sono dunque necessari due tipi di requisiti: - uno di carattere oggettivo, costituito dalla sussistenza di un rapporto di complementarità funzionale tra i beni, cosicché la cosa accessoria rappresenti un'utilità supplementare per la cosa principale, - ed uno di carattere soggettivo, da individuare nella necessità che tale relazione funzionale sia sorta a seguito di una destinazione ad hoc impressa ai beni da un soggetto a ciò legittimato, ossia il proprietario del bene principale o il titolare di un diritto reale minore sullo stesso. Esempi di pertinenze sono la presa d'acqua per l'irrigazione del fondo e il viale d'accesso ad un'abitazione. Peraltro la configurabilità di una pertinenza, secondo la giurisprudenza, ha valore molto relativo, essendo condizionata dalle abitudini, dal costume e dal livello di sviluppo civile che concorrono a far concepire un determinato elemento come necessario all'esistenza di una cosa ovvero soltanto utile ad essa, e quindi, a seconda dei casi, come parte o soltanto pertinenza di essa (Cass., 22 giugno 1974, n.1899). Del tutto irrilevante, poi, è da ritenere il valore economico dei beni considerati, posto che quel che conta è soltanto il valore funzionale: il rapporto pertinenziale, dunque, può venire ad esistenza anche se il costo della cosa accessoria è superiore a quello della principale (tra le altre, Cass., 19 luglio 1983, n.4242). Per quanto riguarda il regime giuridico delle pertinenze, esso è stabilito dall'art. 818 c. c., il quale enuncia la regola "accessorium sequitur principali", prevedendo che la cessione del bene principale comprenda anche la pertinenza, salvo che sia disposto diversamente. Dunque, purché il proprietario non abbia fatto cessare anteriormente il vincolo pertinenziale, disponendo dei beni con separati atti e rapporti giuridici, chi acquista la cosa principale acquista anche la cosa accessoria. Un'ipotesi particolare di pertinenza è costituita dalle aree di parcheggio degli edifici di nuova costruzione, definite come pertinenziali direttamente dalla Legge 6 agosto 1967, n.765. In base a tale normativa, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione; in particolare, la Cassazione ha precisato che, qualora, in occasione della realizzazione di un edificio, non venga predisposta un'apposita area di parcheggio, contrariamente al progetto approvato dall'autorità competente, il bene soggetto "ex lege" al vincolo pertinenziale non è mai venuto ad esistenza e il contratto di trasferimento delle unità immobiliari non ha avuto ad oggetto alcun porzione di esso. Pertanto non può farsi ricorso alla tutela ripristinatoria di un rapporto giuridico mai venuto ad esistenza, ma semmai solo ad una tutela risarcitoria, in ragione dell'ampio campo applicativo proprio degli artt. 871 e 872 cod. civ., in favore degli acquirenti delle singole unità immobiliari (Cassazione Civile, sent. 18/04/2003, n. 6329).
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