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Revoca dell’assegno divorzile in costanza di convivenza “more uxorio”
a cura dell'avv. Carla D'Amato
 
Con il termine convivenza more uxorio detta anche famiglia di fatto si in dica l'unione stabile e la comunione di vita materiale e spirituale tra due persone, non fondata sul matrimonio.
La volontà di condividere la vita, la stabilità e la non occasionalità del legame, il desiderio di creare un vincolo familiare che trova il suo fondamento nell'affetto e nel sostegno reciproco e l'assenza del vincolo giuridico del matrimonio sono le caratteristiche principali di tale istituto.
Nonostante il fenomeno sia in crescente aumento ed abbia assunto, in ambito sociale grande rilevanza, l'ordinamento giuridico riconosce una piena tutela solo alla famiglia legittima, quella cioè fondata sul matrimonio e disciplinata dalle norme del codice civile.
Non si può però negare il peso che in ambito sociale ha assunto la famiglia di fatto. Tale circostanza è infatti conclamata da una fervente attività legislativa, accompagnata da un altrettanto fervida attività giurisprudenziale che ne hanno riconosciuto l'importanza, attribuendo alla convivenza more uxorio aspetti giuridici prima ignorati o circoscritti, soprattutto per salvaguardare le posizioni del convivente pi debole ed, in primis, quella dei figli naturali:
Dal lontano 1958 con la legge n. 356, con la qua veniva riconosciuta assistenza materiale ai figli naturali non riconosciuti dal padre caduto in guerra nati in costanza di convivenza more uxorio, alla legge n 402 del 1975 (istitutiva dei consultori familiari) che riconosceva diritto alle prestazioni assistenziali anche alle coppie, ed ancora, alla legge del 1992 n. 179 che ha riconosciuto al convivente superstite il diritto di succedere ne contratto di locazione al coniuge titolare defunto, purché emerga che tra i due vi fosse una convivenza stabile da almeno due anni, tanto per comprendere l'excursus storico di tale istituto nel corso degli anni, ne è stata fatta di strada.
Anche in campo patrimoniale il raggio della tutela garantita dalla legge è stato allargato; in materia tributaria ad esempio il con. more uxorio è solidalmente responsabile per il pagamento delle imposte che il compagno deve al fisco, ed ancora, è ammessa la risarcibilità del danno morale e di quello patrimoniale nel caso in cui sia data prova del venir meno dell'apporto economico da lui offerto in vita, fino a considerare il nuovo nucleo familiare costituito dopo la separazione o il divorzio come parametro o meno di adeguamento dell'assegno di mantenimento.
E' proprio di questa materia, che, negli ultimi anni, si è interessata la Suprema Corte, con le non poche difficoltà dovute all'impossibilità di esprimersi con un orientamento univoco, a causa della diversità delle fattispecie e della grande delicatezza della materia trattata.
La pronuncia della Cassazione del gennaio 2010 (Cassazione civile, sez. I, sentenza 22.01.2010 n. 1096) chiamata ad esprimersi sulla possibilità di revoca dell'assegno di mantenimento al coniuge che aveva, nelle more del deposito della sentenza di divorzio, instaurato una relazione more uxorio dalla quale era nato un figlio, ha contribuito quanto meno ad una connotazione in chiave giuridica del fenomeno della famiglia di fatto soprattutto in ordine ai rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi in ordine alla corresponsione dell'assegno di mantenimento.
Nel caso oggetto della recente pronuncia, la corte ha affermato che : “Neppure la nascita di un figlio da altro partner e la convivenza con lo stesso, infatti, escludono, se la fase di divorzio è ancora aperta, il diritto della ex moglie ad ottenere l’assegno di mantenimento.”
Nel caso in esame, la nascita del figlio avveniva dopo il deposito dell’istanza divorzile e l’ex marito, all’oscuro di tutto, non aveva potuto allegare il fatto che la ex moglie avesse una nuova famiglia allo scopo di evitare il versamento dell’assegno di mantenimento.
a Suprema Corte ha chiarito che la circostanza non può essere considerata ai fini della sospensione del versamento dell'assegno e non può neppure essere oggetto per una revisione delle condizioni di divorzio in quanto solamente gli elementi successivi al divorzio (come ad esempio una nuova rendita) possono essere presi in considerazione come fatti nuovi.
Senza esito positivo il marito ha provato a spiegare di non aver potuto indagare nei fatti privati della ex moglie, per motivi di rispetto della privacy.
I giudici di legittimità hanno, però, ribadito che in sede di revisione possono prendersi in considerazione solo le circostanze sopravvenute e nel caso de quo non possono considerarsi come tali nè la relazione extraconiugale nè la nascita di una figlia dal nuovo compagno in quanto fatti precedenti la pronuncia di divorzio.
Ma c'è di più: oltre ad eccezioni di carattere meramente processuale, la Suprema Corte ha ribadito un principio di grande importanza: un nuovo rapporto di convivenza more-uxorio ha caratteristiche di precarietà e quindi i relativi benefici economici che ne possono derivare sono idonei solo a determinare una riduzione dell'assegno posto che l'art. 5 della legge sul divorzio ha inteso tutelare le condizioni minime di autonomia giuridicamente garantite fino a che l'avente diritto con contrae nuove nozze”.
Questa affermazione è anche il frutto di precedenti statuizioni della Cass. che ha spesso confermato che (vedi: Cass. n. 24858/08, n. 14921/07, n. 1179/06), in assenza di un nuovo matrimonio, il diritto all’assegno di divorzio, in linea, di principio, di per sé permane anche se il richiedente abbia instaurato una convivenza more uxorio con altra persona, salvo che sia data la prova che tale convivenza ha determinato un mutamento in melius delle condizioni economiche dell’avente diritto di fatto adeguatamente consolidatosi e protraentesi nel tempo pur se non assistito da garanzie giuridiche di stabilità.
Un rapporto di convivenza more uxorio, che per quanto possa essere considerato forte e duraturo è ben lontano dalla stabilità che solo il matrimonio può, anche se astrattamente, garantire. è dunque precario e non giustifica una revoca dell'assegno di mantenimento, ma solo, eventualmente una modifica, un adeguamento, laddove però sia effettivamente comprovato un miglioramento delle condizioni economiche del coniuge percepiente.


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