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Limitazioni legali della proprietà. Servitù. Usucapione. Brevi considerazioni sui contenuti della sezione VII, libro III, capo II del codice civile alla luce della giurisprudenza della Suprema Corte
a cura della redazione
 
Secondo le disposizioni del c.c.,le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie:
- luci (901 ss.), quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino;
- vedute o prospetti (905 ss.), quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.
Le luci che si aprono sul fondo del vicino devono:
1. essere munite di una inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati
2. avere il lato inferiore a un`altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri, se sono ai piani superiori
3. avere il lato inferiore a un`altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l`altezza stessa.
In particolare, l' art. 905 stabilisce che non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi e la distanza di un metro e mezzo, l' art. 906 disciplina la distanza per l`apertura di vedute laterali od oblique statuendo che non si possono aprire vedute laterali od oblique sul fondo del vicino se non si osserva la distanza di settantacinque centimetri, la quale deve misurarsi dal piu` vicino lato della finestra o dal piu` vicino sporto, l'art. 907 fissa le distanze delle costruzioni dalle vedute precisando che quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non puo` fabbricare a distanza minore di tre metri.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita. Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia. Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul fondo del vicino, se non vi e la distanza di un metro e mezzo tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere. Il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi e una via pubblica.
L' articolo 900 definisce le aperture o finestre aperte in una parete e le distingue in
- finestre lucifere o luci che hanno solo la funzione di dare luce ed aria ad un locale e
- in vedute o prospetti se hanno anche la funzione di consentire di affacciarsi e di guardar fuori in una qualsiasi direzione.
Non rientrano quindi nella nozione di finestra le pareti di vetro o di vetrocemento che non sono aperture.
Il legislatore non ha preso in considerazione l'ipotesi di una parete tutta in vetro trasparente, come si usa nelle costruzioni moderne. Essa a nostro avviso vanno assimilate alle finestre perché non consentono la comunione del muro.
Le luci possono infatti avere le più svariate dimensioni, da semplici fori o feritoie a grandi aperture.
La luce non deve presentare all'esterno alcun aggetto o sporgenza, ma deve essere a filo della parete.
Le vedute o prospetti hanno invece la caratteristica di consentire di guardare fuori (finestre vere e proprie, dette finestre prospettiche, loggiati) oppure di sporgersi oltre la parete su cui insistono (balconi).
Sono vedute dirette quelle che consentono di guardare verso il fondo del vicino in linea perpendicolare rispetto alla parte su cui insiste l'apertura.
Sono vedute oblique quelle che consentono di vedere, senza sporgersi dall'apertura, un fondo che si trova alla sinistra o alla destra rispetto al fondo visibile con veduta diretta (ovviamente se su un fondo si ha veduta diretta e obliqua perché è molto ampio, la veduta si considera tutta diretta).
La veduta è laterale se per vedere l'altro fondo occorre sporgersi dall'apertura e guardare lateralmente; la veduta obliqua assorbe quella laterale.
Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie:
- luci, quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino;
- vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.
Qualora si aprano fra un vano e l'altro dell'edificio condominiale, le luci, essendo prive della connotazione della precarietà e della mera tolleranza, sono sottratte alla disciplina prevista dagli artt. 900-904 cod. civ. con riferimento all'ipotesi in cui le stesse si aprano sul fondo altrui; pertanto, è possibile - a favore di chi ne beneficia - acquisire la relativa servitù, per destinazione del padre di famiglia, o per usucapione,in virtù del possesso correlato all'oggettiva esistenza dello stato di fatto nel quale si manifesta l'assoggettamento parziale di in immobile a servizio od utilità dell'altro. In tal senso, Cass. civ., sez. II, 22 giugno 2006, n. 14442.
In tema di limitazioni legali della proprietà, le scale, i ballatoi e le porte, pur essendo fondamentalmente destinati all'accesso dell'edificio, e soltanto occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l'affaccio, possono configurare vedute quando - indipendentemente dalla funzione primaria del manufatto - risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l'esercizio della "prospectio" ed "inspectio" su o verso il fondo del vicino. In tal senso Cass. civ., sez. II, 13 gennaio 2006, n. 499.
Un'apertura munita di inferriata, che consenta di guardare sul fondo sottostante mediante una manovra di per sè eccezionale e poco agevole per una persona di normale conformazione fisica, costituisce una luce e non una veduta, con la conseguenza che, nel caso in cui essa non sia conforme alle prescrizioni indicate nell'art.901 cod. civ., il proprietario del fondo vicino può sempre esigerne la regolarizzazione, non potendo la mera tolleranza della sua difformità dalle prescrizioni di legge, ancorchè protratta nel tempo, far sorgere, per usucapione, un diritto a mantenerla nello stato in cui si trova. In tal senso, Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 2005, n. 20200.
Poichè, ai sensi dell'art. 900 cod. civ., per veduta deve intendersi l'apertura che consenta di esercitare in modo permanente la "inspectio" e la "prospectio" direttamente sul fondo del vicino, non può essere considerata tale una finestra aperta nel muro interno di un fabbricato che affacci verso un ambiente dello stesso proprietario, anche se - attraversando detto ambiente - si possa poi raggiungere altra apertura ricavata nel medesimo edificio sul muro esterno di confine verso il vicino, qualora le aperture esistenti nel muro interno, arretrato per tutta la sua estensione, non consentano dal loro davanzale la "inspectio" e la "prospectio" dirette sul fondo del vicino, dal quale siano separate per la presenza del muro esterno, che si frappone da ostacolo, e ciò indipendentemente dal fatto che detto muro abbia un'apertura dal quale possa esercitarsi la veduta e che questa sia raggiungibile agevolmente dalle aperture praticate nel muro interno. In tal senso, Cass. civ., sez. II, 24 agosto 2005, n. 17207.
In tema di limitazioni legali della proprietà, all'apertura tra due vani di un medesimo edificio, realizzata allo scopo di dare aria e luce ad uno di essi attraverso l'altro, non è applicabile la disciplina dettata dagli artt. 901 - 904 c.c. giacchè tale apertura non costituisce estrinsecazione del diritto di proprietà, ossia manifestazione di una "facultas" del diritto di dominio, ma, ponendo in essere una vera e propria incursione sulla sfera di godimento della proprietà altrui, ha sostanza, struttura e funzioni di uno "jus in re aliena", acquisibile perciò mediante usucapione o destinazione del padre di famiglia, sempre che l'apertura si concreti in opere visibili e permanenti, strutturalmente destinate ad un inequivoco e stabile assoggettamento del vano, sì da rivelare all'esterno l'imposizione di un peso a suo carico per l'utilità dell'altro. In tal senso, Cass. civ., sez. II, 20 luglio 2005, n. 15248.
Requisiti necessari, quindi, per l'esistenza di una veduta sono non soltanto la inspectio ma anche la prospectio, che - ai sensi dell'art. 900, non determina un comportamento tipico dell'atto di affacciarsi, ma consiste nella possibilità di vedere e guardare non solo di fronte ma obliquamente e lateralmente sul fondo del vicino in modo da consentirne una visione mobile e globale. E' rimesso all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, verificare in concreto se l'opera - in considerazione delle caratteristiche strutturali e della posizione degli immobili rispettivamente interessati - permetta a una persona di media altezza l'affaccio sul fondo del vicino o il semplice prospetto. In tal senso anche Cass. civ., sez. II, 17novmbre 2003, n. 17343.
In tema di possesso di una servitù di veduta - tutelabile con l'azione di spoglio in presenza di opere che, pur non essendo in via esclusiva destinate all'affaccio, siano obiettivamente idonee all'inspicere e al prospicere in alienum - è configurabile una servitù di veduta - prospetto esercitata da terrazze, lastrici solari e simili, allorchè per l'ubicazione, la consistenza e la struttura questi manufatti, in quanto destinati in modo normale e permanente a rendere possibile l'affaccio sul fondo del vicino, ne determinano lo stabile assoggettamento al peso della veduta (Cfr. Cass. civ., sez. II, 17 novembre 2003, n. 17341).
Affinché sussista una veduta, a norma dell'art. 900 cod. civ., è necessario, oltre al requisito della "inspectio" anche quello della "prospectio" nel fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale. In tal senso, Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2002, n. 480.
Le luci che si aprono tra un vano e l'altro dello stesso edificio condominiale, quando insistono su muro comune, sono subordinate al consenso del vicino e, pertanto, a differenza di quelle che si aprono sul fondo aperto altrui, sono prive di quella connotazione di precarietà e di mera tolleranza che caratterizza queste ultime, con la conseguenza che sono sottratte alla disciplina di cui agli art. 901 e segg. cod. civ., e che, in particolare, essendo condizionata al consenso del vicino, la loro permanenza nonostante il mancato consenso integra l'ipotesi tipica dell'usucapione, consistente nall'aver subito un peso sulla proprietà per il tempo occorrente alla costituzione della servitù. In tal senso, Cass. civ., sez. II, 04 giugno 2001, n. 7490.
Esula dall'applicazione della normativa prevista dagli artt. 901 e 904 cod. civ. quell'apertura che si apre in un muro comune tra un vano e l'altro del medesimo edificio con lo scopo di dare ad uno di essi aria e luce attraverso l'altro. Tale apertura non costituisce estrinsecazione del diritto di proprietà , ossia manifestazione di una "facultas" del diritto di dominio, ma ponendo in essere in via effettuale l'invasione della sfera di godimento della proprietà altrui, ha sostanza, struttura e funzione di uno "ius in re aliena" acquistabile, quindi, "ex lege" mediante usucapione o destinazione del padre di famiglia, sempreché l'apertura si concreti in opere visibili e permanenti destinate ad un inequivoco e stabile assoggettamento del vano, sì da rilevare all'esterno l'imposizione di un peso a suo carico per l'utilità dell'altro (cfr. Cass. civ., sez. II, 08 marzo 2001, n. 3441).


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