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I brevetti sulle idee
a cura della redazione
 

1. Premessa e copnsiderazioni di natura generale.
In questo lavoro cerchiamo di presentare in maniera sintetica ma precisa l' annosa questione dei brevetti sulle idee astratte, spesso detti «brevetti software» e ultimamente «invenzioni implementate al calcolatore». Le tre denominazioni sono assolutamente equivalenti, nonostante l'ultima dia come assunto che il brevetto sia appropriato in quanto si tratta di «invenzioni».
Il software, in realtà, è una pura elaborazione logica, in nulla dissimile dalla matematica; non a caso, «The Art of Computer Programming», uno dei più completi testi sulle metodologie di soluzione dei problemi tramite calcolatore, è opera di Donald Knuth, un matematico. In questo contesto ci troviamo in difficoltà a definire «invenzioni» i programmi per elaboratore, che sono molto più assimilabili alle dissertazioni che ai manufatti meccanici o di altra natura concreta.
Questo non preclude che una invenzione, un manufatto, possano includere una parte software al loro interno. L'argomento di discussione e` se il software senza il manufatto possa costituire invenzione e sia quindi brevettabile.



2. Il concetto di brevetto
Il brevetto è uno strumento nato per stimolare lo sviluppo della scienza e delle arti utili, come sancito da diverse costituzioni nazionali (1, 2, 3). In conseguenza, ogni modifica alla normativa in vigore deve essere giustificata in tal senso, verificando a priori se la modifica proposta aiuti lo sviluppo del settore cui si applica la modifica.
Al fine di stimolare lo sviluppo, un punto cardine della normativa brevettuale in tutte le legislazioni nazionali sta nella rivelazione dell'«insegnamento inventivo» (3), cioè della realizzazione per cui si chiede l'esclusiva, perché lo stato dell'arte possa progredire.
Non a caso, la convenzione europea dei brevetti (Monaco, 1973) vieta la brevettabilità dei metodi commerciali, delle teorie matematiche, dei programmi per elaboratore e altre categorie di invenzioni astratte (5), divieto presente anche nella normativa italiana (6). Interessante notare come anche Thomas Jefferson (7) si sia espresso contro la privatizzazione delle idee.
È importante ricordare come i programmi per elaboratore ricadano già sotto la normativa del diritto d'autore, come ratificato da tutti i maggiori trattati internazionali: convenzione di Berna (8), TRIPS (trade-related aspects of intellectual property rights) (9), trattato sul Copyright del WIPO (10). Su queste basi legali, ogni argomentazione sulla necessità di «proteggere» il software è infondata. Nessun settore dell'attività umana giova di entrambe le normative, quella brevettuale e quella autorale.



3. La tutela dell'inventore
Il concetto di tutela dell'inventore, spesso usato per giustificare un allargamento del campo di applicazione dei brevetti, ha la sua ragion d'essere nel momento in cui lo sviluppo di un'invenzione richiede costosi investimenti, anche considerando che non tutte le invenzioni si riescono a convertire in un prodotto commercialmente interessante. Il monopolio ventennale (il brevetto) sull'utilizzo dell'invenzione di successo serve anche a coprire le spese di ricerca che non hanno uno sbocco produttivo.
Questa situazione non ha alcun riscontro nel campo delle idee astratte; non esistono costi di ricerca concreti a fronte dello sviluppo di idee, per cui non è necessario concedere l'esclusiva sull'utilizzo della presunta invenzione, perche` l'idea viene realizzata in ogni caso. Ma come diceva Thomas Edison, «il lavoro dell'inventore è 1% ispirazione e 99% essudazione», e quando all'idea astratta viene aggiunto il vero lavoro, il 99%, otteniamo uno specifico programma, il cui autore è tutelato dalla normativa sul diritto d'autore.
Chiunque lavori in un campo informatico produce in continuazione nuove idee o nuovi programmi per elaboratore e spesso la stessa procedura viene realizzata indipentemente da vari attori. Permettere l'utilizzo esclusivo di tali realizzazioni ad uno solo degli autori significa quindi impedire l'attività indipendente di tutti gli altri. In un regime di brevettabilità delle idee, chi lavora usando gli elaboratori troverà quindi il suo cammino pieno di intoppi. Nemmeno chi detiene un brevetto risulterà tutelato, dovendosi scontrare con innumerevoli altri brevetti non appena svolgerà attività produttiva.
É anche importante ricordare che ottenere un brevetto non è una pratica semplice, per cui molte piccole imprese semplicemente non potranno usufruire di questa possibilità, ma dovranno lavorare in un campo minato dai brevetti realizzati dai loro concorrenti.



4. La tutela del patrimonio culturale
Altra caratteristica fondamentale dei sistema brevettuale, è la limitazione temporale del monopolio garantito all'inventore. Tale limitazione è stabilita al fine di non bloccare lo sviluppo tecnologico del sistema produttivo, pur garantendo all'inventore un arco di tempo in cui godere in modo esclusivo dell'invenzione e recuperare gli investimenti di ricerca. In questo arco di tempo l'insegnamento inventivo è comunque gia` stato pubblicato e arricchisce il patrimonio culturale complessivo.
Mentre garantire un monopolio di venti anni può essere sensato nel campo delle realizzazioni meccaniche o idrauliche, tale arco di tempo non ha la minima correlazione con il ciclo di vita di un pacchetto software, che si misura in due o tre anni al massimo. Una copertura brevettuale largamente superiore al ciclo di vita di un prodotto non può che bloccare la crescita culturale e limitare lo sviluppo complessivo di un settore produttivo, nuocendo quindi agli operatori del settore, con la sola esclusione dei pochi che si sono assicurati una copertura brevettuale sufficiente a non venire schiacciati da portafogli più nutriti.



5. Il brevetto sulle idee oggi
Nonostante il brevetto cosiddetto «software» non sia consentito dalla legge, almeno fino ad ora, sono state già concesse, anche in Europa, diverse migliaia di brevetti di tale tipo, anche perché la pratica è molto diffusa negli Stati Uniti.
Il brevetto «software» sarebbe proibito negli Stati Uniti come lo è stato finora in Europa, ma la pratica legale, che in quel sistema ha un peso normativo rilevante, ha rivoltato questa norma.
I brevetti astratti americani vengono in genere acquisiti da grosse società (IBM, Apple, Microsoft, ...) che li usano come merce di scambio con altre società, oppure da persone giuridiche create appositamente, le cosiddette «litigation companies», la cui unica attività è riscuotere licenze d'uso sui brevetti che detengono, senza svolgere alcuna attività produttiva né inventiva.
Ovviamente, la situazione è tutt'altro che rosea per chi produce nel campo tecnologico e non è stato ancora assorbito in una grossa azienda. Non a caso la piccola e media impresa nel campo tecnologico è quasi inesistente negli Stati Uniti.
Numerose organizzazioni e persone autorevoli hanno espresso questo tipo di problemi, ma il sistema legale non ha alcun interesse ad affrontare il problema. Si vedano per esempio gli interventi della «League for Programming Freedom» del 1991 o la lettera di Donald Knuth del 1995; interventi più recenti sono citati più avanti.
La galleria dell'orrore americana è ricca di esempi di brevetti dannosi per il mercato e la società Alcuni esempi sono «l'acquisto via rete con un singolo click» di Amazon (banale applicazione degli strumenti web esistenti), un algoritmo geometrico per linearizzare immagini panoramiche (realizzato in due ore da uno di noi, ignorando la questione del brevetto), il brevetto sul «link» di British Telecom (il «link» delle pagine web, un banale riferimento ad un documento esterno).
Il brevetto sul singolo click è a tutti gli effetti relativo ad un metodo commerciale, che viene precluso ad ogni altro venditore. Ma oggi sono brevettabili negli stati uniti i metodi commerciali in gernere, anche quando svincolati da un'implementazione tramite calcolatore.
In Europa, come sottolineato all'inizio, i brevetti «software» partivano da una situazione di divieto. Nel '97, però, la Commissione ha proposto di valutare l'introduzione legale dei brevetti astratti. Tale suggerimento era motivato dal «bisogno di uniformare il mercato europeo a quello americano», pensando con ciò di aiutare il mercato europeo. Cio` ha portato nel 2002 alla stesura di una proposta di Direttiva Europea in tal senso da parte della Commissione.
La Commissione Europea ha anche finanziato uno studio sugli effetti di una modifica della normativa, ma invece di commissionarlo ad un gruppo di studiosi di macroeconomia lo ha affidato all'«Intellectual Property Institute» di Londra, che evidentemente non può avere un atteggiamento scientifico e imparziale sul tema. Le conclusioni dello studio dicono che «lo sviluppo dell'economia statunitense ha beneficiato dalla brevettabilità del software» e che «le nostre piccole e medie imprese non reputano interessante usufruire dei brevetti, ma potrebbero benissimo cambiare idea». L'unica cosa dimostrata, insomma, è la posizione delle nostre imprese, contrarie all'estensione della brevettabilità.
In realtà, la proposta di direttiva in favore dei brevetti software costituisce una minaccia alla libera concorrenza e alle piccole e medie imprese. Se, al contrario, i brevetti software non verranno introdotti, la U.E. godrà di condizioni più favorevoli all'economia ed alla concorrenza tra gli attori, condizioni meno adatte a pratiche di monopolio camuffate da azioni legali di protezione delle invenzioni.
La Commissione Europea ha sollecitato pareri sul problema. I risultati della consultazione sono largamente contro i brevetti astratti da parte del mondo tecnico e produttivo, mentre i pareri favorevoli sono limitati principalmente ad organismi legali e grandi aziende già detentrici di brevetti negli Stati Uniti. In particolare, è interessante notare come il 90% delle piccole e medie imprese si sia espressa contro. Si noti come l'analisi delle risposte sia nascostamente ma decisamente di parte, in quanto si parla di «peso economico» delle risposte, e i dati vengono interpretati in maniera a dir poco bizzarra.
Nel frattempo, nonostante la norma vigente vieti tuttora la concessione di brevetti su concetti astratti, l'Ufficio Brevetti Europeo ha già approvato più di 30.000 di tali brevetti, arrivando al punto di piegare le normative, diramando direttive per gli esaminatori in diretto contrasto con la legislazione vigente.
La «galleria degli orrori» dei brevetti europei offre già un'idea di quello che ci aspetta.
Andiamo dal brevetto sul formato grafico JPEG alla diagnosi automatica (qualunque diagnosi), dal confronto della pronuncia dell'allievo con la pronuncia dell'insegnante, al ridimensionamento di una finestra grafica quando è oscurata da un'altra finestra, includendo la conversione di nomi da una convenzione ad un altra per rappresentarli.



6. L'iter della Direttiva Europea
La soria della Direttiva sulle «Invenzioni implementate al calcolatore», dopo la sua stesura inziale, e` stata abbastanza travagliata. Il 24 Settembre 2003, il Parlamento Europeo ne ha pesantemente emendato il testo, rendendendolo praticamente innocuo, facendo salvo il fine originale di armonizzazione della normativa comunitaria. Ignorando questo voto, il 18 Maggio 2004 il Consiglio dei Ministri della UE ha approvato un nuovo testo, definito «di compromesso», che avrebbe permesso la brevettabilità praticamente illimitata dei programmi per elaboratore.
Dopo varie peripezie e il rischio di un'approvazione senza discussione (evitato in extremis da alcuni Ministri dei paesi membri), la Direttiva approdava in Parlamento per la seconda lettura, dove veniva bocciata dalla maggioranza assoluta degli aventi diritto il 6 Luglio 2005. Questo risultato e` dovuto al lavoro di tante realta` industriali e non, che sono riuscite a far presente ai Parlamentari un punto di vista alternativo rispetto a quello delle potenti lobby presenti a Bruxelles.
La questione pero` non e` chiusa e dobbiamo aspettarci nuove mosse verso la brevettazione indiscriminata. Per esempio,la bozza di Direttiva sul «Brevetto Europeo», presentata il 20 Gennaio 2006, il cui scopo e` semplificare la burocrazia associata al rilascio dei brevetti, contiene una norma che da` mano libero all'Ufficio Europeo dei Brevetti nel definire le proprie regole per l'approvazione dei Brevetti, indipendentemente dalla Convenzione Europea cui ora dovrebbe essere soggetto.



7. Problemi pratici
La brevettabilità delle idee astratte non solleva solo problemi di principio, ma anche problemi pratici non indifferenti.
Tali problemi vengono riconosciuti anche dai sostenitori dei brevetti software, anche se non ne viene riconosciuta la strutturale irrisolvibilità.
La maggior parte dei brevetti rilasciati coprono realizzazioni che sono obsolete al momento stesso della richiesta. Ovviamente, una volta concesso il brevetto, nessuno può muoversi in quella parte dello scibile umano senza pagare o essere portato in tribunale.
Lo stesso Gregory Aharonian, strenuo sostenitore dei brevetti sul software sottolineava già nel 1994 come non sia possibile evitare di concedere un enorme numero di brevetti su idee banali(11). Ora Aharonian sostiene anche la brevettablita` delle creazioni artistiche e ricreative (12), lavorando come consulente nell'invalidare i brevetti che non meritavano di essere assegnati.
Altro problema insolubile è come valutare il «passo inventivo» necessario per l'ottenimento di un brevetto. La maggior parte dei brevetti «software» in effetti non contengono alcun passo inventivo, come esemplificato da Richard Stallman.
Inoltre, come citato all'inizio, l'«insegnamento inventivo» relativo al brevetto deve essere rivelato. Invece questo requisito viene spesso aggirato nel caso dei brevetti sulle idee astratte, in quanto la rivelazione dell'invenzione consiste semplicemente nella descrizione a grandi linee del problema (l'1% nella suddivizione di Edison) più che della soluzione allo stesso; questo nonostante il passaggio dall'idea astratta alla realizzazione pratica sia la parte più impegnativa del lavoro inventivo.
Negli altri campi tecnologici il brevetto si riferisce al prodotto finito, cioe` l'idea e l'arduo lavoro di realizzarla al fine di produrre un «unsegnamento inventivo sull'uso delle forze naturali controllabili». Le forze della natura non entrano nel software, che rimane una creazione logica, e l'opera completa e`, come gia` notato, ambito del diritto d'autore.
In effetti, quasi tutti gli esempi nelle varie gallerie degli orrori si riferiscono proprio a brevetti sul problema piuttosto che sulla soluzione del problema stesso.



8. Perché brevettare il software?
In un quadro come quello descritto, perché c'è così tanta spinta a brevettare il software?
Forse il software non è già «protetto» dal diritto d'autore, e nessun altro ambito di produzione umana rientra contemporaneamente nel dominio del diritto d'autore e del brevetto?



9.Le argomentazioni a favore
Chi argomenta a favore della brevettablità del software in genere usa due argomentazioni: «la tutela del povero inventore» e «l'uniformità del mercato internazionale».
Ma nessuna delle due argomentazioni è sostenibile. Il povero inventore dopo aver investito in spese legali per avere il suo brevetto non potrà far altro che sostenere ulteriori spese legali per difendersi dalle cause legali per violazione di altri brevetti. Se ciascuno recintasse il suo metro quadrato di terreno il risultato sarebbe che nessuno potrebbe muoversi e gli unici a guadagnarci sarebbero i venditori di recinzioni. L'uniformità del mercato sicuramente non è un argomento sostenibile non appena si verifica la situazione negli Stati Uniti, dove le aziende minori vengono spesso soffocate o acquisite a causa di supposte violazioni di brevetto (gli esempi fanno parte della galleria degli orrori già citata).
É interessante notare, poi, come chi spinga per la brevettabilità delle idee sia sempre qualcuno che ha interessi personali nella questione: o si tratta di dirigenti degli uffici brevetti, o si tratta di studi legali specializzati nella questione, o si tratta di aziende dotate già di un consistente portafoglio brevettuale.



10. Conclusioni
L'istituzione della brevettabilità del software è nociva per la piccola e media impresa. L'attuale spinta verso questa direzione viene da soggetti con un diretto interesse personale nella questione (uffici brevetti, studi legali, grandi aziende). Qualsiasi programma per elaboratore di una qualche utilità infrange dozzine di brevetti software già validi in USA e che verrebbero riconosciuti anche qui da noi, perciò il mito della «tutela del piccolo inventore» risulta, appunto, soltanto un mito.
Non mancano gli studi economici indipendenti a sostegno di questa tesi, mentre gli studi in direzione opposta vengono invariabilmente da parti con specifici interessi.
La piccola e media impresa si è finora schierata contro la brevettabilità delle idee astratte, ma occorre prestare molta attenzione agli eventi «informativi» sul problema, valutando con attenzione la posizione di chi prende la parola.
L'attuale impostazione rappresenta un vantaggio competitivo dell'Europa rispetto a USA e Giappone. Non abbiamo motivo di cambiarla, per non esporci a pratiche di monopolio e di eliminazione sleale della concorrenza, proprio nel campo strategico delle nuove tecnologie informatiche.



Note
1) «The Congress shall have power to... promote the progress of science and useful arts, by securing for limited times to authors and inventors the exclusive right to their respective writings and discoveries» («Il parlamento ha il potere di [...] promuovere il progresso della scienza e delle arti utili garantendo ad autori ed inventori diritti esclusivi sui propri scritti e sulle proprie scoperte»).
2) L'articolo 14 della costituzione tedesca, secondo il Bundestag è incompatibile con la brevettazione delle idee.
3) La costituzione italiana non tocca l'argomento e la normativa sui brevetti (decreto 1127/39, decreto 244/40, decreto 360/1994) si limita a descrivere le modalità di attuazione.
4) «The European patent application must disclose the invention in a manner sufficiently clear and complete for it to be carried out by a person skilled in the art» («La domanda di brevetto europeo deve rivelare l'invenzione in una modo sufficientemente chiaro e completo perché possa essere realizzata da una persona esperta nel settore»). European Patent Convention, Art. 83
5) «2. The following in particular shall not be regarded as inventions within the meaning of paragraph 1: ... (c) schemes, rules and methods for performing mental acts, playing games or doing business, and programs for computers» («In particolare, non sono considerate invenzioni nel significato del paragrafo 1: ... (c) schemi, regole e metodi per svolgere atti mentali, disputare giochi o fare commercio, e i programmi per elaboratore»). European Patent Convention, Art. 52.2c
6) Decreto 1127/1939 e successive modificazioni, articolo 12, comma 2: «Non sono considerate come invenzioni ai sensi del precedente comma in particolare: ... b) i piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, per gioco o per attività commerciali e i programmi per elaboratori»
7) «If nature has made any one thing less susceptible than all others of exclusive property, it is the action of the thinking power called an idea» («Se la natura ha reso una specifica cosa meno passibile di proprietà esclusiva rispetto alle altre, questa è l'azione della facoltà intellettuale chiamata idea»). Citato per esempio in «The Economy of Ideas: A Framework for Patents and Copyrights in the Digital Age ((Everything you know about intellectual property is wrong)», di John Perry Barlow (http://www.eff.org/cafe/barlow.html).
8) Convention de Berne pour la protection des oeuvres litteraires et artistiques
9) Art. 10 - Computer Programs and Compilations of Data Computer programs, whether in source or object code, shall be protected as literary works under the Berne Convention (1971).
10) Article 4 Computer Programs Computer programs are protected as literary works within the meaning of Article 2 of the Berne Convention. Such protection applies to computer programs, whatever may be the mode or form of their expression.
11) Nota Aharonian come gli Stati Uniti hanno visto una crescita esponenziale dei brevetti software (e delle cause legali associate), mentre la crescita dell'innovazione non può essere più che lineare («In short, we have strong exponential growth in the number of software patents, and everything that derives from these patents, including lawsuits. Now it can probably be shown that the number of unobvious, novel, unpublished news ideas in the software world grows linearly at best.»). In http://www.eff.org/Intellectual_property/crisis_softpatent.article.
12) «The Anatomy of a Trivial Patent», pubblicato da LPF: http://lpf.ai.mit.edu/Patents/anatomy-trivial-patent.txt.



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