Pignoramento di denaro nei confronti degli enti pubblici. Espropriazione presso il terzo-tesoriere
a cura della redazione
 

Procedura.
La formula «espropriazione presso terzi» sta ad indicare l’espropriazione del danaro (o altri beni mobili) del debitore che si trovano presso terzi.
Per quanto ci riguarda, l’azionabilità di questo istituto è subordinata ad un rapporto che lega il debitore (Ente pubblico) ed il terzo (tesoriere) in ordine al bene. Se infatti il terzo detiene il denaro o altri beni senza titolo è evidente che il pignoramento avverrebbe nella forma del pignoramento diretto.
Ebbene questo titolo, oltre che in altri rapporti giuridici, lo si ravvisa nel deposito. In siffatta situazione il bene costituisce l’oggetto di un rapporto intercorrente tra debitore e terzo, rapporto che può, anzi deve essere opposto alla pretesa del pignoramento diretto.
Ne consegue che mentre nel pignoramento diretto si tratta di trasferire una cosa oggetto, cioè una situazione giuridica finale (proprietà), nell’espropriazione presso terzi si tratta di trasferire una situazione giuridica strumentale, ossia di sostituire un soggetto ad un altro nella titolarità di quella situazione (rapporto).
Perché l’esecuzione forzata (pignoramento) possa aver luogo è indispensabile che il creditore procedente sia munito di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile.
Per quanto interessa nel procedimento in esame esperito nei confronti della P.A., sono titoli esecutivi:
a) le sentenze e i provvedimenti giurisdizionali ai quali la legge attribuisce espressamente tale efficacia;
b) gli atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli, relativamente alle obbligazioni di somma di denaro in esso contenute.
Le sentenze, gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale, per valere come titoli per l’esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva (art. 475 c.p.c.).
L’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto. Quest’ultimo consiste nell’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di 10 giorni, salvo diversa disposizione dell’autorità giudiziaria, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. Esso va notificato alla parte inadempiente.
Il precetto può essere redatto anche di seguito al titolo esecutivo ed essere notificato al debitore insieme con questo.
Se neppure dopo la notifica del precetto il creditore ottiene il pagamento di quanto ad esso dovuto, inizia l’espropriazione presso terzi (nel caso in riferimento: il pignoramento presso il tesoriere dell’Ente inadempiente).
Quanto alla forma, il pignoramento presso terzi si effettua mediante atto notificato al terzo e al debitore nelle forme della citazione (artt. 137 e 543 c.p.c., come modificati dalla legislazione più recente ed in particolare dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52).
Tale procedura, fino al 2 giugno 1999 di competenza del Pretore, è ora assegnata alla competenza del giudice dell’esecuzione del Tribunale, alternativamente:
a) del luogo ove la persona giuridica-tesoriere ha la sede legale;
b) del luogo in cui la persona giuridica-tesoriere ha un suo stabilimento dotato di rappresentante munito di capacità processuale, relativamente al credito oggetto di pignoramento: nel caso specifico, il Tribunale nella cui circoscrizione territoriale ha sede la filiale della società presso la quale si svolge il servizio di tesoreria e si trovano, quindi, materialmente depositate le somme da escutere.
Forma del pignoramento.
Il pignoramento presso terzi si effettua mediante atto notificato al terzo (tesoriere) ed al debitore (Ente) nelle forme della citazione.
L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore (Ente) di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito, esattamente indicato, i beni (denaro) che si assoggettano all’espropriazione (art. 543 c.p.c. come modificato dall’art. 11 della legge n. 52/2006):
1) l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto;
2) l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice;
3) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il Tribunale competente;
4) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione di cui all’art. 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori, con invito al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda i crediti di cui all’art. 545, commi terzo e quarto; e negli altri casi a comunicare la dichiarazione di cui all’art. 547 al creditore procedente entro 10 giorni a mezzo raccomandata (il termine di 10 giorni deve ritenersi ordinatorio e non perentorio).
L’ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell’atto, è tenuto a depositare immediatamente l’originale nella cancelleria del Tribunale per la formazione del fascicolo previsto nell’art. 488. In tale fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della costituzione in giudizio.
I commi terzo e quarto dell’art. 545 c.p.c. prevedono che «Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del Tribunale o da un giudice da lui delegato.
«Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito».
Tenuto conto che il denaro dell’Ente pubblico è in deposito presso il tesoriere, gli effetti della procedura si estrinsecano in una esecuzione forzata e quindi in una espropriazione nei confronti del tesoriere, terzo pignorato, per il rapporto che lega il terzo (tesoriere) al debitore (Ente).
Dal giorno in cui è notificato al terzo-tesoriere l’atto previsto nell’articolo in esame, il terzo è soggetto, relativamente alle somme da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà (ved. art. 2, comma 3, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, che ha così modificato l’art. 546 c.p.c.), agli obblighi che la legge impone al custode. Il che sta a significare che l’ufficiale giudiziario, nel notificare l’atto al terzo, fissa l’importo necessario per soddisfare il creditore procedente e nomina contestualmente il custode del denaro pignorato. L’atto va notificato altresì all’Amministrazione inadempiente, con esplicita avvertenza di non compiere atti che possano ledere il creditore.
Nel procedimento di espropriazione presso terzi sono diversi gli obblighi che la legge impone al custode relativamente alle «cose» ed alle «somme» da lui dovute: infatti, mentre rispetto alle cose, qualora ne rifiuti la consegna o le sottragga, risponde penalmente (art. 328 e 334 c.p.); rispetto al denaro, che non è un bene individuato, l’eventuale pagamento ad altri creditori da parte del debitore esecutato (nel nostro caso del tesoriere-custode) non ha alcuna rilevanza per il creditore, essendo esso custode tenuto ugualmente al pagamento per effetto del provvedimento di assegnazione (l’Istituto gerente la tesoreria risponde così del tandundem).
Nel pignoramento di denaro non è pertanto configurabile una vera e propria custodia; è obbligatorio e indispensabile che la somma precettata venga resa indisponibile, venga cioè vincolata per i fini di «giustizia», e per gli interessi del creditore procedente.
Dichiarazione del terzo (tesoriere) di cui all’art. 547 c.p.c.
Con dichiarazione all’udienza o, nei casi consentiti, a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente, il terzo deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna.
Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato.
Il terzo, all’atto della dichiarazione, deve poi indicare i pignoramenti che sono stati eseguiti presso di lui e cioè i pignoramenti notificatigli prima e nell’intervallo fra la citazione a comparire per rendere la dichiarazione e l’effettiva comparizione. Se viceversa i pignoramenti successivi sono eseguiti dopo che il terzo ha reso la dichiarazione egli, rendendo le successive dichiarazioni, può limitarsi a richiamare la dichiarazione precedente con riferimento a tutti i pignoramenti ai quali tale dichiarazione si riferiva (e cioè a quello originario e ai successivi intervenuti nell’intervallo fra la citazione e la dichiarazione) (art. 550 c.p.c.).
La dichiarazione del terzo pignorato ha natura giuridica di confessione giudiziale, e, pertanto, può essere revocata soltanto per errore di fatto.
Il terzo-tesoriere che rende la sua dichiarazione al giudice di esecuzione, non avendo il dovere di stare in giudizio col Ministero e di assistenza di un difensore, non ha diritto di pretendere il rimborso di eventuali compensi; ciò non toglie che, dopo aver reso la dichiarazione e alla fine della stessa, possa richiedere il rimborso delle spese effettivamente sostenute.
Poiché il terzo tesoriere non è parte del procedimento esecutivo, ma un mero custode delle somme appartenenti al debitore, egli ha il compito di mettere in grado il creditore ed il giudice dell’esecuzione di concretamente determinare la capienza del pignoramento, dichiarando tutte le somme di pertinenza del debitore escusso, ivi comprese quelle a specifica destinazione.
Pertanto la dichiarazione ha la funzione di delimitare l’ambito dei beni aggrediti in funzione del compimento dei successivi atti di espropriazione, tant’è che se la dichiarazione è positiva ed accettata dal creditore procedente, il terzo rimane ad essa vincolato a meno che non la revochi per errore di fatto o violenza. Ed il tesoriere non può di sua iniziativa fare menzione dei beni impignorabili. Non solo, ma il tesoriere-terzo pignorato non è legittimato neppure ad eccepire eventuali vizi del titolo esecutivo, che possono essere dedotti soltanto dall’Ente debitore.
Sussiste, inoltre, la responsabilità personale del terzo in caso di dichiarazioni menzognere o renitenti.


Nuove norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali.
Con il D.L.vo n. 267/2000 (T.U.E.L.) viene riproposta una disposizione già prevista dall’art. 113 del precedente D.L.vo n. 77/1995, con la quale vengono introdotte innovazioni alle norme sull’esecuzione forzata nei confronti degli enti locali (province, comuni, comunità montane, unioni di comuni e comunità isolante – ved. artt. 159 e 248 per gli enti dissestati).
Il comma 1 dell’art. 159 del D.L.vo n. 267/2000 cit., come per il pregresso, sancisce l’improcedibilità delle azioni della specie presso soggetti diversi dal tesoriere dell’Ente debitore e, di conseguenza, l’inefficacia degli atti eventualmente intrapresi.
Il comma 2 statuisce che: «Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali … destinate a:
a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi;
b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso;
c) espletamento dei servizi locali indispensabili».
Pertanto, per i predetti enti, dovranno essere sottratte ad esecuzione forzata le somme destinate alle spese di cui sopra, previa acquisizione da parte del tesoriere di apposita delibera semestrale dell’Ente che in tal senso le destina.
L’impignorabilità delle somme di cui trattasi è subordinata dunque alla delibera esecutiva, adottata dall’organo esecutivo dell’Ente: l’efficacia della stessa è subordinata alla sua notifica, nelle forme di rito, al tesoriere e decorre dalla data della notifica.
È evidente che la prevista destinazione legislativa di detti fondi non consente in alcun modo l’utilizzo degli stessi per finalità diverse da quelle previste nella predetta delibera.
Risulta, altresì, evidente che, qualora le somme individuate in delibera non vengano spese nel corso del semestre di riferimento, affinché possano essere ancora sottratte ad esecuzione forzata nel successivo, dovranno essere, riquantificate nella deliberazione del semestre seguente.
In sostanza il vincolo derivante dal pignoramento non incide sulle somme destinate alle retribuzioni ed agli oneri previdenziali dei dipendenti, alle rate dei mutui scadenti nel semestre in corso ed ai servizi essenziali purchè quantificate con delibera, formalmente notificata al tesoriere anteriormente al pignoramento.
Le incombenze del tesoriere connesse a tale funzione, che con la riferita norma avevano acquistato certezza definitiva, sono state rimesse in discussione dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 69 del 12-20 marzo 1998 e n. 211 del 4-18 giugno 2003. Infatti, la Corte, accogliendo alcuni ricorsi con i quali erano state sollevate questioni di legittimità costituzionale dell’art. 113 cit., commi 2 e 3, del D.L.vo n. 77/1995 nella parte in cui non prevedeva, quale condizione ulteriore per l’impignorabilità delle somme di pertinenza degli enti, la mancata emissione, dalla data della delibera semestrale di quantificazione preventiva degli importi delle somme destinate al pagamento delle retribuzioni e dei conseguenti oneri previdenziali, delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari e all’espletamento dei servizi locali, indispensabili, di mandati di pagamento, a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l’ordine cronologico delle fatture e in mancanza di queste, degli impegni di spesa, volendo allineare il trattamento relativo alle somme impignorabili previsto per i creditori degli enti locali a quello già disposto per le A.S.L. la Corte – ripetesi – ha accolto le eccezioni sollevate ed in tali termini ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 113 del D.L.vo n. 77/1995; e con successiva sentenza 4-18 giugno 2003, n. 211, ha reiterato la stessa decisione nei confronti del vigente art. 159 del D.L.vo n. 267/2000 che ripropone il medesimo contenuto.
Si richiamano in questa sede le considerazioni fatte nel paragrafo precedente relativamente alla sentenza della Corte n. 285/1995 in quanto, con la dichiarazione di incostituzionalità già adottata negli stessi termini nei confronti di norme di identico contenuto, si ripresentano per il tesoriere degli enti locali le difficoltà operative evidenziate per le aziende sanitarie. Infatti anche il tesoriere degli enti locali potrebbe essere chiamato a rispondere del tantundem ove renda indisponibili le somme quantificate nella deliberazione semestrale e gli enti non si attengono alle prescrizioni della Corte.
L’eventuale constatazione del mancato rispetto da parte dell’Ente del requisito della cronologia dei pagamenti porterebbe a far decadere il regime della indisponibilità dei fondi dichiarati in deliberazione con le note conseguenze negative per il tesoriere, per cui, se le somme dichiarate impignorabili sono state spese non rispettando la predetta cronologia, questi, in mancanza di ulteriori disponibilità dell’Ente, dovrebbe mettere a disposizione risorse proprie delle quali poi rivalersi nei confronti dell’Ente medesimo, con tempi non sempre brevi e con esiti non sempre positivi.
Non esistono allo stato soluzioni del tutto rassicuranti. Pertanto, è opportuno ricordare all’Ente esecutato la situazione che si è venuta a creare con il pignoramento, invitandolo a costituirsi in giudizio, per rendere una dichiarazione di conformità alle prescrizioni della Corte, tenendo cautelativamente vincolato l’importo pignorato fino al giorno della dichiarazione del terzo e conformandosi comunque al comportamento dell’Ente.


Ordinanza di assegnazione e incombenze del tesoriere.
La procedura esecutiva si conclude in base alla dichiarazione resa dal terzo-tesoriere. Conclusione della procedura:
a) ove la dichiarazione sia positiva, il giudice dell’esecuzione provvede all’assegnazione in pagamento a favore del creditore procedente delle somme per le quali si procede, maggiorate degli interessi e rivalutazione, spese di giustizia, diritti e onorario del difensore, somme tutte appartenenti al debitore esecutato, depositate presso il terzo pignorato-custode delle stesse. Frequentemente, all’assegnazione segue l’ordine al terzo pignorato (tesoriere) di provvedere al pagamento;
b) nel caso in cui vi sia mancata o contestata dichiarazione, il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte, provvede all’istruzione della causa rimettendo le parti dinanzi al giudice competente;
c) ove infine la dichiarazione sia negativa, il giudice dichiara estinto il procedimento.
All’atto della notifica dell’ordinanza di assegnazione (o assegnazione e ordine) il tesoriere dovrà accertare che essa sia munita di formula esecutiva o accompagnata da certificato o dichiarazione della cancelleria competente attestante la mancata proposizione di opposizione nei termini di 5 giorni.
Dopo di che darà corso al pagamento, a richiesta del creditore e del suo avvocato, ovvero di quest’ultimo se previsto espressamente nell’ordinanza, anche senza attendere il mandato di pagamento, avendo cura di acquisire la relativa quietanza. Ovviamente il pagamento avverrà su presentazione della notula o del precetto da parte dell’avvocato, parcella che comprenderà sia la somma dovuta al creditore (sorte capitale, interessi ecc., sia le spese legali, diritti e onorario del difensore).


Il pagamento.
Il pagamento potrà avvenire allo sportello presso la sede della tesoreria. In questo caso il tesoriere farà apporre la firma di quietanza da parte del creditore procedente e del suo procuratore legale sulla parcella che quest’ultimo avrà cura di produrre, unitamente alla ordinanza giudiziale di assegnazione della somma; provvederà a registrare l’importo pagato a «partite sospese» in uscita dell’Ente, dopodiché provvederà a richiedere all’Amministrazione debitrice l’emissione del mandato a conferma del pagamento avvenuto, inviando contestualmente copia dell’ordinanza di assegnazione, la notula o il precetto dell’avvocato del creditore procedente contenente anche la firma di quietanzamento apposta dal creditore medesimo e dell’avvocato od eventualmente solo da quest’ultimo.
Nei casi in cui il creditore richieda espressamente per iscritto il pagamento presso uno sportello bancario diverso da quello interessato all’operazione, si procederà nei modi di uso, curando di acquisire, nel caso in cui il creditore sia una persona giuridica, in uno alla richiesta, l’indicazione del soggetto autorizzato a quietanzare.
Anche in questo caso, il tesoriere, al ricevimento della quietanza liberatoria, richiederà all’Ente esecutato l’emissione del mandato di pagamento a conferma e regolarizzazione di quanto già avvenuto per ordine del giudice.
Ove l’Ente non emetta il mandato di pagamento a copertura della spesa, questa può essere discaricata ugualmente in sede di consuntivo, allegando la relativa documentazione (Cfr. parere del Ministero dell’interno reso alla Prefettura di Catanzaro con prot. n. 1234/T9 in data 11 marzo 1997; ved. altresì D.P.R. 31 gennaio 1996, n. 194, modd. 11 e segg.).