Usucapione, diritto di superficie, enfiteusi, usufrutto
a cura della redazione
 
L'usucapione, in latino usucapio, è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario basato sul perdurare per un determinato periodo di tempo del possesso su una cosa.
È regolata dagli articoli 1158 e seguenti del codice civile.
Può accadere che un bene abbia per anni un possessore non proprietario e un proprietario non possessore. Al protrarsi di questa situazione la legge ricollega una precisa conseguenza: il proprietario perde il diritto di proprietà, il possessore lo acquista. È l’usucapione ("prescrizione acquisitiva"): l’acquisto della proprietà a titolo originario mediante il possesso continuato nel tempo (articoli 1158).
É irrilevante agli effetti dell’usucapione, che il possesso sia di buona o di mala fede.
Questa circostanza può influire solo sulla durata del possesso necessario per l’usucapione.
Occorre però che il possesso sia goduto alla luce del sole:
se il possesso è stato conseguito con violenza o in modo clandestino, il tempo utile per l’usucapione comincia a decorrere solo da quando sia cessata la violenza o la clandestinità.
È cruciale però distinguere la detenzione dal possesso:
nel primo caso si tiene l'oggetto soltanto in custodia, ci si comporta cioè come se il possesso fosse altrui e ciò non da inizio ad alcun ciclo di usucapione. Ad esempio un libro preso in prestito da un amico, anche se mai chiesto indietro, non darà mai inizio a un processo di usucapione, se non interverrà un fatto oggettivo con il quale si manifesti la volontà di trasformare la detenzione in possesso vero e proprio. Seguendo il citato esempio solo quando colui che ha preso in prestito il libro comunicherà al prestante la volontà di appropriarsi del libro (per esempio negandone la restituzione in seguito a una richiesta del prestante) avrà inizio il calcolo del tempo di usucapione.
Il possesso ad usucapionem deve essere, per l’art. 1158, un possesso “continuato”. Qui va considerato il generale principio per cui il possesso si consegue corpore et animo, ma si conserva solo animo.
Per l’interruzione del possesso ad usucapionem, l’articolo 1165 richiama le norme sull’interruzione della prescrizione, in quanto compatibili con l’usucapione. Perciò l’usucapione è interrotta dall’atto con il quale il proprietario agisce in giudizio contro il possessore per recuperare il possesso della cosa e dal riconoscimento da parte del possessore del diritto altrui; non però dalla stragiudiziale diffida del proprietario.
L’usucapiente, se ha posseduto la cosa come libera da pesi o da diritti reali altrui, ne acquista la proprietà libera e piena ("usucapio libertatis") e i diritti sulla cosa costituiti dall’antico proprietario non sono opponibile all’usucapiente neppure se trascritti. Ma, se la cosa è stata posseduta come gravata dal diritto altrui, questo sopravvive all’usucapione.
Il fondamento dell’usucapione è in un’esigenza di ordine generale, che è quella di eliminare le situazioni di incertezza circa l’appartenenza dei beni: una consolidata situazione di fatto come il possesso di un bene protratto per un certo tempo è di per sé stessa considerata modo di acquisto della proprietà. Chi compera sa di comperare bene se compera da chi ha posseduto la cosa per il tempo necessario per usucapirla.
La prova in giudizio del diritto di proprietà sarebbe impossibile se si dovesse provare di avere acquistato la proprietà a titolo derivativo: occorrerebbe provare di avere validamente acquistato dal legittimo proprietario, che quello aveva a sua volta validamente acquistato da un proprietario, e così via (il giurista al riguardo parla di "probatio diabolica").
Gli effetti giuridici dell’usucapione si producono come conseguenza di un fatto giuridico:
la sentenza che li accerta ha valore solo dichiarativo.
Per usucapione si possono acquistare anche gli altri diritti reali su beni immobili o mobili. La durata richiesta è la stessa richiesta per l’usucapione della proprietà.
Il diritto di superficie è un diritto reale minore di godimento disciplinato dall'articolo 952 e seguenti del Codice Civile, che consiste nell'edificare e mantenere una costruzione al di sopra (o al di sotto) di un fondo di proprietà altrui. La costituzione di questo diritto vale a sospendere il principio di accessione.
Allo stesso modo si può alienare la proprietà della costruzione già esistente separatamente dalla proprietà del fondo, vendendo il solo diritto di superficie.
Se non diversamente specificato dal contratto, il diritto si intende concesso a tempo indeterminato. In caso di cessione a tempo determinato, una volta scaduto il termine, il diritto di superficie si estingue e riprende vigore il principio di accessione, con la conseguenza dell'acquisto della proprietà della costruzione da parte del proprietario del suolo (la cosiddetta elasticità del dominio).
Il diritto di mantenere una costruzione (non quello di edificare) è suscettibile di usucapione: costruita la casa, opera il principio di accessione, ma l’usucapione opera in forza del possesso ventennale della costruzione accompagnato da atti di riconoscimento dell’altruità del fondo (altrimenti ci si avrebbe usucapione della proprietà del fondo).
Nei condomini accade che i condomini siano comproprietari dell’area su cui insiste l’edificio ed abbiano, individualmente, diritto di superficie sulla stessa in relazione alle loro porzioni di proprietà solitaria.
É anche possibile che il diritto di superficie riguardi la sopraelevazione di un preesistente edificio.
Se la costruzione perisce, il superficiario avrà diritto di ricostruire, ma dal momento del perimento della costruzione comincerà a decorrere il termine ventennale di prescrizione.
Nel codice civile in vigore non è più consentito, come per il codice civile del 1865, il diritto di superficie per le piantagioni..
L’ enfiteusi è, fra i diritti reali su cosa altrui quello di più esteso contenuto, al punto di essere stato considerato nei secoli precedenti come una forma di “piccola proprietà” (tant'è che tuttora si ritiene che il cosiddetto "dominio utile" spetti all'enfiteuta, a differenza del caso di usufrutto, in cui il dominio utile spetta al nudo proprietario).
Una conferma normativa si ha nella disciplina del rinvenimento del tesoro, che spetta al nudo proprietario in caso di usufrutto mentre spetta all'enfiteuta nel caso di enfiteusi.
L’enfiteusi è un diritto perpetuo o, se è previsto un termine, ha durata non inferiore a venti anni. Non è però suscettibile di subenfiteusi. Ha per oggetto tradizionalmente fondi rustici, ma dalla legislazione speciale è stata estesa anche ai fondi urbani.
Sul fondo l’enfiteuta ha la stessa facoltà di godimento che spetta ad un proprietario (art. 959 c. c.), ma con due obblighi specifici:
1. di migliorare il fondo;
2. di corrispondere al nudo proprietario (“concedente”) un canone periodico(una somma di danaro ovvero una quantità fissa di prodotti naturali), per la cui determinazione l’autonomia delle parti è vincolata dai criteri previsti dalle leggi speciali in materia.
L’affrancazione è l’acquisto della proprietà da parte dell’enfiteuta mediante il pagamento di una somma pari al canone annuo moltiplicato per quindici. Il diritto di affrancazione è un diritto potestativo dell’enfiteuta: il concedente non può rifiutarsi di prestare il proprio consenso.
Il diritto di enfiteusi è suscettibile di comunione ("coenfiteusi"), ma non può costituirsi su una quota del fondo indiviso, giacché l’obbligo di migliorare il fondo presuppone la piena materiale disponibilità di questo da parte dell’enfiteuta.
Al concedente spetta il diritto di domandare al giudice la devoluzione del fondo, ossia l’estinzione del diritto di enfiteusi:
1. se l’enfiteuta non adempia l’obbligo di migliorare il fondo;
2. se non paga due annualità di canone.
Fra domanda di devoluzione ed affrancazione prevale la seconda.
Una causa di estinzione dell’enfiteusi è il perimento totale del fondo (art. 963)
Una dei casi più celebri di concessione di terreni in enfiteusi, riguarda l'abbazia di Nonantola che per centinaia di anni aveva concesso una vasta estensione di terreno alla Partecipanza agraria di Nonantola.
L'usufrutto è un diritto reale minore di godimento su cosa altrui regolato dagli articoli 978 e seguenti del Codice Civile, consistente nella facoltà di godimento di un bene uti dominus (utilizzandolo per il proprio vantaggio, potendo percepirne anche i frutti), limitata solo dal non poterne trasferire la proprietà principale ed al rispetto della destinazione economica impressavi dal proprietario.
Si tratta di un diritto reale di godimento su cosa altrui dal contenuto molto vasto: le facoltà dell'usufruttuario hanno infatti un'estensione che si approssima, pur senza raggiungerla, alla facoltà di godere delle cose spettante al proprietario, al quale residua la nuda proprietà.
Il diritto di usufrutto è sempre temporaneo. Non può infatti durare oltre la vita dell'usufruttuario o, se questo è una persona giuridica, oltre il termine di trenta anni.
L'usufrutto, che viene disposto contro il proprietario, può essere costituito anche a favore di una pluralità di viventi, ed opera fra questi il diritto di accrescimento, estinguendosi in questo caso l'usufrutto alla morte dell'ultimo superstite.
Le spese e le imposte relative alla cosa sono ripartite tra nudo proprietario (spese per le straordinarie riparazioni ed imposte che gravano sulla proprietà) ed usufruttuario (spese per l'ordinaria manutenzione ed imposte che incombono sul reddito). Il nudo proprietario può rifiutarsi di pagare le spese straordinarie relative alla proprietà, in questo caso l'usufruttuario