La riscossione in pendenza di giudizio
a cura della redazione giugno 2010
 
1. Normativa di riferimento.
D.Lgs. 15-11-1993, n. 507
D.Lgs. 30-12-1992, n. 504, art. 12
D.Lgs. 31-12-1992, n. 546, art. 68
La normativa sui tributi comunali omette di disciplinare il sistema della riscossione dei tributi comunali in pendenza di giudizio. Inoltre, la disciplina sulla riscossione coattiva degli avvisi di accertamento e liquidazione, per quanto attiene ai termini, non è uniforme, e in alcuni casi lacunosa.
In particolare:
1. Tarsu: l'art. 72, comma 1 del D.Lgs n. 507/1993 prevede che l'importo del tributo e addizionali, degli accessori e delle sanzioni liquidato sulla base degli accertamenti notificati è iscritto a cura del funzionario responsabile in ruoli da «formare e consegnare» a pena di decadenza entro l'anno successivo a quello nel corso del quale l'avviso di accertamento è stato notificato;
2. Tosap: l'art. 51, comma 4 del D.Lgs n. 507/1993 dispone soltanto
che la riscossione coattiva è attuata mediante ruolo;
- Imposta comunale sulla pubblicità: l'art. 9, comma 5 del D.Lgs n.
507/1993 prevede che la riscossione coattiva è effettuata mediante
ruolo che deve essere «formato e reso esecutivo» entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'avviso di accertamento o di rettifica è stato notificato ovvero, in caso di sospensione della riscossione, entro il 31 dicembre all'anno successivo a quello di scadenza della riscossione del periodo di sospensione;
3. Ici: l'art. 12 del D.Lgs n. 504/1992 prevede che le somme liquidate dal comune per imposta, sanzioni e interessi, se non versate entro il termine di novanta giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazione o dell'avviso di accertamento sono riscosse mediante ruolo «formato e reso esecutivo» non oltre il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'avviso di liquidazione o l'avviso di accertamento sono stati notificati al contribuente ovvero, in caso di sospensione della riscossione, non oltre il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di scadenza del periodo di sospensione.
Dal quadro normativo sopra riportato e sintetizzato emergono importanti differenze.
Per la Tarsu il ruolo deve essere «formato e consegnato», mentre
per l'imposta comunale sulla pubblicità e per l'Ici il ruolo deve essere «formato e reso esecutivo».
La differenza non è di poco conto.
La formazione e la consegna del ruolo, disciplinate dall'art. 12, comma 1 del DPR n. 602/1973 e dagli artt. 2 e 3 del DM n. 321/1999, termina con la consegna della minuta del ruolo al Cnc. Il Cnc successivamente, ed entro i termini stabiliti dall'art. 3 del DM n. 321/1999, restituisce ai comuni i ruoli informatizzati .
Entro 10 giorni dalla restituzione dei ruoli il comune rende «esecutivo» il ruolo con la sottoscrizione del prospetto e ne consegna un esemplare al concessionario della riscossione per il tramite del Cnc.
La data di sottoscrizione del ruolo, ovvero la data in cui esso diviene esecutivo, è molto importante in quanto è indicata (a partire da luglio 2001) nella cartella di pagamento; rappresenta quindi un elemento di verifica da parte del debitore circa il rispetto dei termini decadenziali per l'iscrizione a ruolo previsti dalla normativa .
Nel caso, invece, della Tarsu, la data di «formazione e consegna» non è direttamente conoscibile dal contribuente, il quale dovrà pertanto rivolgersi o al comune impositore e al concessionario della riscossione.
Un'altra differenza di rilievo tra Tarsu, Ici e Icp è data dal differente termine decadenziale previsto per l'iscrizione a ruolo: 1 anno per la Tarsu e 2 anni per Ici e Icp.
Per quanto riguarda la Tosap, non avendo il legislatore indicato alcun termine decadenziale, trova applicazione il termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 cod. civ.

2. La sospensione dell'atto tributario
La normativa non specifica tuttavia quale sia il tipo di sospensione, ovvero se sia di natura giudiziale o di natura amministrativa.
La proposizione del ricorso non sospende gli effetti dell'atto impugnato.
Sospensione di natura giudiziale.
L'art. 47 del D.Lgs n. 546/1992 permette tuttavia al ricorrente di chiedere alla commissione provinciale competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, allorquando dall'atto stesso può derivagli un danno grave e irreparabile, con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato da notificare alle parti.
L'istanza di sospensione non può essere richiesta per tutti gli atti impugnabili. In dettaglio, può essere chiesta per l'avviso di accertamento, per l'avviso di liquidazione, per il provvedimento che irroga la sanzione, per il ruolo e la cartella di pagamento e per l'avviso di mora.
Non è possibile invece chiedere la sospensione per il rifiuto tacito o espresso della restituzione dei tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti o per il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari. Difatti con l'ordinanza di sospensione la commissione tributaria non può imporre all'amministrazione finanziaria o al comune un obbligo di facere positivo.
La sospensione dell'esecutività dell'atto impugnato può essere concessa quando si verificano le seguenti condizioni:
a) il fumus boni iuris, il ricorso, cioè, deve apparire ammissibile e fondato;
b) il pericolo di danno grave e irreparabile.
La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione di idonea garanzia mediante cauzione o fideiussione
bancaria o assicurativa.
Sospensione di natura amministrativa.
Per la sospensione amministrativa la norma di riferimento è l'art
27 della legge n. 28/1999 di modifica dell'art. 2quater della legge n. 656/1994.
La norma prevede che:
- nel potere di annullamento o di revoca deve intendersi compreso
anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell'atto
che appaia illegittimo o infondato;
- le regioni, le province e i comuni indicano, secondo i rispettivi ordinamenti, gli organi competenti per l'esercizio dei poteri indicati dai commi 1 e 1bis relativamente agli atti concernenti i tributi di loro competenza;
- in caso di pendenza del giudizio, la sospensione degli effetti dell'atto cessa con la pubblicazione della sentenza;
- la sospensione degli effetti dell'atto disposta anteriormente alla proposizione del ricorso giurisdizionale cessa con la notificazione, da parte dello stesso organo, di un nuovo atto, modificativo o confermativo di quello sospeso; il contribuente può
impugnare, insieme a quest'ultimo, anche l'atto modificato o confermato (1).
Da quanto detto emerge in primo luogo che i presupposti delle due
sospensioni sono diversi: la sospensione giudiziale è basata fondamentalmente su un ipotizzato danno che può derivare dall'esecuzione dell'avviso; la sospensione amministrativa si fonda sulla presunta fondatezza delle ragioni di fatto e di diritto dell'atto. In entrambi i casi gli effetti della sospensione cessano con la pubblicazione della sentenza.

3. La riscossione in pendenza di giudizio
Si è visto che le singole leggi d'imposta prevedono dei termini decadenziali entro i quali il comune deve provvedere alla
riscossione coattiva degli avvisi di accertamento e di liquidazione non pagati.
La proposizione del ricorso, come noto, non esime il contribuente
dal pagare integralmente gli importi degli avvisi tributari, salvo
il caso dell'ottenimento della sospensione giudiziale dell'esecuzione dei predetti avvisi.
Accanto alle norme speciali v'è però anche l'art. 68 del D.Lgs n. 546/1992 che dispone sull'esecuzione provvisoria delle sentenze
delle commissioni tributarie (2).
L'art. 68 dispone che, anche in deroga a quanto previsto dalle singole leggi d'imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo, il quale, con i relativi interessi previsti dalle legge fiscali, deve essere pagato:
a) per due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso;
b) per l'ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;
c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale.
Gli importi di cui sopra vanno comunque diminuiti di quanto già corrisposto.
Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d'ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza (3).
Le disposizioni contenute nell'art. 68 del D.Lgs n. 546/1992 valgono per le fasi successive alla sentenza, mentre nella fase che precede la sentenza continuano ad applicarsi le regole contenute nelle singole leggi d'imposta. Così ad, esempio, in tema di riscossione delle imposte dirette, l'art. 15 del DPR n. 602/1973 ammette l'iscrizione a ruolo, a titolo provvisorio, della metà delle imposte e degli interessi degli atti di accertamento non ancora definitivi (4).
L'art. 68 del D.Lgs n. 546/1992 è applicabile solo nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo, pertanto esso non trova applicazione nelle controversie riguardanti i tributi comunali, dato che le singole leggi d'imposta non prevedono la riscossione coattiva provvisoria ovvero la riscossione frazionata del tributo (5).
L'art. 68 del D.Lgs n. 546/1992 trova, invece, applicazione per la riscossione delle sanzioni previste dalle norme sui tributi comunali. L'art. 19 del D.Lgs n. 472/1997, come modificato dall'art. 2, comma 1, lettera i) del D.Lgs n. 203/1998, prevede che in caso di ricorso alle commissioni tributarie, «anche nei casi in cui non è prevista la riscossione frazionata», si applicano le disposizioni dettate dal più volte citato art. 68.

4. Conclusioni.
Nel campo dei tributi comunali occorre coordinare i meccanismi di
riscossione coattiva previsti dalle singole leggi d'imposta con le norme che disciplinano l'esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie (art. 68 del D.Lgs n. 546/1992) e con le modalità di riscossione delle sanzioni (art. 19 del D.Lgs n. 472/1997.
Dall'intreccio di queste norme, e tenendo conto della durata dei processi tributari, emerge che:
a. gli atti di accertamento e liquidazione debbono essere pagati dal contribuente anche se gli atti non sono definitivi, in quanto impugnati;
b. se il contribuente non paga gli avvisi il comune deve procedere, alla riscossione coattiva entro i termini decadenziali previsti dalle varie norme sostanziali;
c. se il contribuente ha pagato l'imposta e le sanzioni, contenute negli atti di accertamento o nella cartella di pagamento e la commissione accoglie totalmente o parzialmente il ricorso si rende
applicabile l'art. 68, ma limitatamente alle sanzioni, la cui riscossione viene quindi graduata a secondo dell'esito e del grado di giudizio.
Per ovviare a questo intricato meccanismo, il comune può anche congelare la riscossione degli avvisi in contestazione emettendo d'ufficio, in autotutela, un provvedimento di sospensione dell'esecuzione degli atti fino alla pubblicazione della sentenza.

Note
1. Sulla possibilità di disporre la sospensione amministrativa in pendenza di giudizio si veda anche la risoluzione ministeriale n. 65/E del 16 aprile 1999.
2. Le sentenza delle commissioni tributarie sono dotate di un'efficacia esecutiva parziale, mentre le sentenza civili sono immediatamente esecutive (art. 282 c.p.c.).
3. L'art. 69 dispone, per i ricorsi avverso il diniego tacito o espresso al rimborso, che l'ufficio è obbligato ad eseguire il rimborso solo quando la sentenza di condanna al rimborso è passata in giudicato.
4. Analoghe disposizioni sono previste, ad esempio, anche per
l'Iva (art. 60, DPR n. 633/1972) e per l'imposta complementare di
registro (art. 56, DPR n. 131/1986).
Si ricorda che nel campo dei tributi comunali non trova applicazione l'art. 15 («Iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi») del DPR n. 602/1973, per quanto previsto dall'art. 19 del DLgs n. 46/1999.
5. La Corte costituzionale, con sentenza n. 464 del 30 dicembre
1999, nel decidere sulla legittimità costituzionale dell'art. 72
del D.Lgs n. 507/1993, ha avuto modo di affermare quanto segue:
«Invero, di fronte a una pretesa impositiva patrimoniale (in base
a legge) della pubblica amministrazione, l'esigenza, costituzionalmente garantita, di adeguata tutela del soggetto, che
subisce l'imposizione, non comporta necessariamente che l'esazione coattiva dell'intero debito debba essere preceduta dalla pronuncia di un giudice che abbia definito il tributo dovuto. Infatti, per il principio di esecutività degli atti provenienti da un'autorità
nell'esercizio di pubblici poteri, il soggetto privato è tenuto ad adempiere e l'adeguata tutela di fronte all'amministrazione può risultare dalla facoltà riconosciuta di ricorrere a un giudice entro un termine ragionevole, in modo da poter ottenere la sospensione della esecuzione dell'atto impugnato. L'adeguata tutela dei propri diritti, attraverso la possibilità riconosciuta a tutti di agire in giudizio, non esige come soluzione obbligata per il legislatore, né l'indifferenziata sospensione ope legis della esecuzione per il fatto della impugnazione, né una graduazione o frazionamento della esazione coattiva. Nell'ipotesi considerata relativa a tributo comunale attribuito alla giurisdizione delle commissioni tributarie è previsto, in via generale, che il ricorrente possa chiedere e ottenere la sospensione dell'atto impugnato in presenza di danno grave ed irreparabile (ipotesi nella specie verificatasi) e, in caso di eccezionale urgenza, è prevista la possibilità di provvisoria sospensione con decreto del presidente del collegio in attesa della pronuncia del collegio stesso».